ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 15 luglio 2020

Come al tempo di Noè; lo prendevano in giro…

NOBILE: LA MOSCHEA DI ROMA DIVENTI BASILICA. LOGICA DI ERDOGAN.

Carissimi amici e nemici di Stilum Curiae, Agostino Nobile ci ha inviato una riflessione sulla recente decisione di Erdogan di convertire Santa Sofia, finora un museo, in una moschea. E non manca uno spunto provocatorio, utilizzando gli stessi schemi logici del dittatore turco…buona lettura.

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Perché non trasformare la moschea di Roma in Basilica? La Profezia di padre Paisios
La Basilica Santa Sofia dal VI secolo fu cattedrale greco-cattolica e poi ortodossa. Rappresentava la più grande chiesa del mondo cristiano, almeno fino a quando nel 1626 non fu terminata la costruzione della Basilica di San Pietro in Vaticano. Nel 1453, con la caduta di Costantinopoli per mano dei turchi ottomani di Mehmed II, fu trasformata in moschea.
Abbattuto il sultanato, il fondatore della Turchia laica Mustafa Kemal, definito Atatürk (che significa padre dei turchi, nato nella Salonicco ottomana), per avvicinarsi alla cultura occidentale durante il suo mandato, tra il 1923 e il 1938, cambiò l’alfabeto detto Orkhon con il latino. Da buon massone nel 1934 trasformò Santa Sofia in museo, sia per compiacere i compagni di merenda delle logge, sia per non dare spazio agli islamisti.
Tra il 1894-1896 il sultano ottomano Abdul-Hamid II iniziò le stragi di cristiani armeni che si conclusero con il genocidio attuato tra il 1909 e il 1915 dai laicisti Giovani turchi, di cui Atatürk faceva parte, e dagli islamisti. Con metodi disumani massacrarono circa un milione e mezzo di cristiani, donne, uomini e bambini. Cosa che, nonostante i numerosissimi documenti, foto e alcuni filmati, i laicisti e l’attuale sultano turco negano.
Recep Tayyip Erdoğan già prima di diventare presidente della Turchia, aveva promesso di utilizzare la spada dell’islam, quindi nessuna meraviglia sul ritorno dei veli sulle donne e la decisione di trasformare ancora una volta la Basilica di Santa Sofia in moschea.
Ziya Meral, ricercatore e scrittore turco-britannico esperto di Turchia, Medio Oriente, diritti umani e libertà religiosa, intervistato due settimane fa da Aljazeera, pur facendo un’analisi condivisibile sulla mossa politica di Erdoğan, considera, legalmente parlando, lecita la sua volontà di trasformare Santa Sofia in moschea. Ogni paese sovrano ha diritto di gestire i propri affari socio-politici. Non fa una grinza.
Alcuni mesi fa su Stilum Curiae scrissi che la dichiarazione Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa è stata la vittoria di tutte le religioni e la sconfitta della cristianità. Santa Sofia ne è solo l’ultimo esempio. Comunque, seguendo il ragionamento dell’esperto di Turchia Meral e di molti giornalisti turchi e non, legalmente parlando in Italia potremmo benissimo trasformare la più grande moschea d’Europa edificata a Roma in Basilica.
Ma c’è un problema, anzi due. Il Vaticano e la sinistra alzerebbero le barricate. Moschea si, basilica no. Sui quotidiani Corsera, la Repubblica e Avvenire gli aggettivi velenosi come razzisti, oscurantisti e sovranisti aumenterebbero in maniera esponenziale. Gli estremisti di sinistra, con migliaia di musulmani appena sbarcati a dargli manforte, potrebbero scendere per le strade per incendiare tutto ciò che incontrano, chiese incluse, abbattendo statue e monumenti cristiani. Black lives matter docet.
Se poi qualche politico italiano (che non esiste) decidesse di trasformare la moschea di Roma in basilica, probabilmente Bergoglio, prima che ciò possa avvenire, e non dopo, come è avvenuto con la decisione irrevocabile dei giudici turchi su Santa Sofia, direbbe: “Penso alla moschea di Roma, sono molto addolorato”. Per non vanificare il suo dolore, chiamerebbe i politici di tutti gli schieramenti per fermare la follia islamofoba.
Anche i cattolici dalla “moralità igienica” si indignerebbero con i soliti paradossi: noi siamo diversi dai turchi; Erdoğan è un dittatore (anche se è stato eletto democraticamente); da noi non c’è la dittatura (anche se da anni abbiamo governi non eletti), e la libertà religiosa è un fondamento della nostra civiltà. Bingo!
Nel frattempo nel mondo islamico abbiamo qualche centinaio di milioni di cristiani perseguitati e spesso barbaramente eliminati per la loro fede. E dato che i media e il Vaticano con i suoi  preti bergogliani ne parlano quanto basta per non disturbare i fratelli musulmani, gli Erdoğan continueranno a fare i loro comodi.
Forse si avvererà la profezia di padre Paisios?  Il monaco del Monte Athos (1924-1994), è stato canonizzato dalla Chiesa ortodossa nel 2015. A un amico, sacerdote cattolico, tra l’altro predisse qualcosa che sembra essersi già avverata: <L’Europa diventerà una grande potenza, avrà un capo ebreo (Soros?), non solo, ma cercheranno anche un capo spirituale per avere più forza, e sarà il papa (difficile non pensare a Bergoglio) il quale metterà assieme tutti, cattolici, protestanti, musulmani e li metterà insieme lasciando a ciascuno libertà. Viviamo in tempi di Apocalisse, siamo come al tempo di Noè; lo prendevano in giro… Oggi nessuno ci crede, ma siamo al colmo. I pii avranno grandi prove, ma il tempo sarà breve. Queste cose sono chiaramente annunciate da Ezechiele e Zaccaria>.
Agostino Nobile
Marco Tosatti
15 Luglio 2020 Pubblicato da  14 Commenti

Se l’occidente si è arreso, tocca alla Turchia laica fermare l’espansione del sultano


Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan procede indisturbato nella realizzazione del suo progetto di ricostruzione della nuova edizione dell’impero ottomano. Tutto ha avuto inizio nel 2003, con l’arrivo al potere in Turchia del partito di Giustizia e Sviluppo, fondato da lui e dall’ex presidente della Repubblica Abdullah Gul. Giustizia e Sviluppo è nato dopo lo scioglimento, da parte della Corte Costituzionale turca, del partito Benessere (Rafah) di Necmettin Erbakan, sempre di matrice islamica, ma ancora più estremista.
La trasformazione della Chiesa di Santa Sofia ad Istanbul, da museo a Moschea, è solo l’ultimo atto di questo processo, lento ma inesorabile.
Il partito che governa oggi la Turchia, Giustizia e Sviluppo, fa parte, anzi guida, una rete di partiti islamisti chiamata “Fratelli musulmani”, fondata in Egitto nel 1928 dallo Sceicco Hasan Al Banna. In cima ai loro programmi politici c’è il ritorno del Califfato e l’applicazione della Sharia. Il loro motto dichiarato è: “Allah il nostro fine ultimo, il Profeta è la nostra guida, il Quran è la nostra costituzione, la jihad è la nostra strada e la morte in nome di Allah è il più alto dei nostri desideri”.
Con la caduta dell’impero Ottomano nel 1923 e la nascita della Repubblica turca, si compie una profondissima trasformazione laica, guidata da chi viene considerato, oggi, il padre della Turchia moderna: Mustafa Kemal Ataturk.
Attualmente Erdogan e il suo partito, dopo aver sottomesso i vertici dell’esercito turco, unico vero custode dell’eredità ataturchiana, stanno mettendo a dura prova la tenuta della laicità della Repubblica turca.
Il Presidente turco sa che per realizzare il suo sogno deve vincere due battaglie: una interna alla Turchia ed una esterna. Solo vincendo entrambe potrà dire di aver cancellato per sempre le conseguenze della prima guerra mondiale o almeno gran parte di esse, in primo luogo gli accordi di Losanna.
Sul fronte esterno, approfittando dell’instabilità del quadro geopolitico internazionale, dell’inconsistenza dell’Unione Europea e dell’indebolimento delle potenze europee firmatarie del trattato di Losanna (sottoscritto il 24 luglio del 1923 dalla Turchia e dalle potenze dell’Intesa a seguito della prima guerra mondiale e della guerra d’indipendenza turca), Erdogan ha cominciato da una parte a sostenere i partiti di matrice islamica (i Fratelli) in Tunisia, Libia, Egitto, Iraq, Libano e Siria, allo scopo di rovesciare i loro governi e sostituirli con nuovi di orientamento islamista; dall’altra ad appoggiare, insieme al Qatar, formazioni terroristiche provenienti da diversi Paesi musulmani del mondo, con l’obiettivo di cancellare i confini nati dalla sconfitta della prima guerra mondiale e dalla caduta dell’Impero Ottomano.
A solo titolo di esempio la Turchia occupa oggi, direttamente o indirettamente, una parte del nord della Siria, alcune zone del nord-ovest dell’Iraq, comprese le acque dei due fiumi Eufrate e Tigri (essenziali per gran parte delle popolazioni della Siria e dell’Iraq), oltre a più della metà della Libia, ad una parte di Cipro e dello Yemen.
Quello di Erdogan è un disegno strategico che sta procedendo per tappe. La trasformazione della chiesa di Santa Sofia è una tappa importantissima per la sua carica simbolica: l’occidente cristiano dev’essere mortificato, i musulmani, anche i più riluttanti,
devono capire che è finita un’epoca, che il Sultano è tornato e che l’occidente non è altro che una tigre di carta. Oltretutto c’è il sospetto che una parte dei governanti occidentali sia d’accordo con lui: come si spiegherebbe altrimenti l’appoggio incondizionato alla destabilizzazione del Medio Oriente e dell’intera area mediterranea? Del resto lo scontro di civiltà prospettato da Samuel Huntington nel suo libro “The Clash of Civilzations” ha pur bisogno di due o più protagonisti.
La reazione dei governanti occidentali è stata estremamente blanda, riducendo la decisione del presidente turco ad una faccenda interna, estrapolandola dal suo contesto e privandola dal suo vero significato.
Unione Europea, Grecia, USA, Russia e Francia hanno espresso il loro rammarico per la decisione del Consiglio di Stato turco di trasformare la Chiesa di Santa Sofia in Moschea. La risposta di Erdogan è stata chiara ed inequivocabile: ha pubblicato su Twitter il testo della copia del decreto, a sua firma, con il quale consegna la “Moschea di Aia Soffia” alle autorità religiose del suo Paese e sancisce l’apertura della stessa alle attività di religiose. In un’altra sua dichiarazione ha sottolineato: “Abbiamo preso questa decisione esercitando un nostro diritto e perché è la volontà del popolo turco”. E, rivolgendosi ai musulmani del mondo, ha detto: “Le critiche che abbiamo ricevuto provengono principalmente da quei Paesi che non hanno fatto nulla contro l’islamofobia nei loro Paesi”.
Erdogan promette che entro il 23 luglio 2023 avrà cancellato tutte le conseguenze e le imposizioni figlie della prima guerra mondiale e della rivoluzione turca di Kemal Ataturk.
In attesa del 24 luglio 2023, centesimo anniversario della caduta dell’Impero Ottomano e della firma della convenzione di Losanna, attendiamo altri gesti eclatanti e altre provocazioni. Prendiamo atto che i governanti occidentali hanno stretto un patto con l’Islam politico (i Fratelli Musulmani) guidato dal leader turco Erdogan. Solo allora sapremo se i termini del baratto Occidente-Islam politico comprende, come sembra, anche la rinascita del nuovo “impero Ottomano”.
Ma, baratti a parte, penso che Erdogan ha fatto i conti senza l’oste, perché la laicità in Turchia è molto più radicata di come crede e spera il Sultano e, a giudicare da come è andata la prima parte della cosiddetta “primavera araba” in Siria, Egitto, Iraq ecc., il suo sogno di annettere di nuovo il medio oriente, ha la stessa probabilità di riuscita di quello di Satana di entrare in paradiso.
di Mimmo Srour 15 LUGLIO 2020

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