ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 15 luglio 2020

Contro il nefasto minimismo mariano

CORREDENTRICE
Articolo tratto dalla Enciclopedia Cattolica



Nuestra Señora Coredentora (Argentina)

La disinvoltura con cui l’inquilino di Santa Marta esterna giudizi incompatibili con la Fede cattolica, il piú delle volte espressi in modo volgare e comunicativamente sciatto, è ben nota. Abbiamo sentito dire che Gesú fa lo scemo, che le Persone della Santissima Trinità litigano fra loro, che la Madonna Santissima si è sentita ingannata da Dio, che Dio vuole l’esistenza delle diverse religioni, e via farneticando. Studiosi ben piú qualificati del modesto sottoscritto hanno, da diverse angolazioni, commentato questi obbrobrii. 

Il 12 dicembre 2019, nell’omelía pronunciata durante una celebrazione di Nostra Signora di Guadalupe tenuta nella Basilica di San Pietro, il Capo dello Stato della Città del Vaticano, parlando una volta di piú con incredibile leggerezza della Vergine Santissima, ha esplicitamente rifiutato il titolo, che piú documenti del Magistero avevano ricordato, e illustri teologi avevano patrocinato, di “Corredentrice” del genere umano. «Fedele al suo Maestro, che è suo Figlio, l’unico Redentore, non ha mai voluto prendere per sé qualcosa di suo Figlio. Non si è mai presentata come co-redentrice. No, discepola».
In compenso Jorge Mario Bergoglio ha gratificato María Santissima del titolo di “meticcia” (prendendo ovviamente spunto dall’immagine miracolosa della “Morenita” di Guadalupe), aggiungendo, con uno sprezzo del ridicolo insolito anche per lui, che Maria “ha meticciato Dio”. L’Incarnazione diventa quindi un’ibridazione, e tutta la teología dell’Unione Ipostatica viene imbrattata e cancellata da una battuta sacrilega.
Poi, riferendosi a coloro che avevano sollecitato una dichiarazione dogmatica sulla Corredenzione della Santissima Vergine, ha aggiunto questo capolavoro di raffinata ponderatezza teologica: «Cuando nos vienen con la historia de declararla esto o hacer ese dogma, no nos perdamos en tonteras» («Quando ci vengono con la storia di dichiararla questo, o di fare questo dogma, non perdiamoci in fesseríe»). In un documento molto esauriente emesso a questo proposito, la FSSPX parla di “empietà oltraggiosa”.

Ora, come ho già detto, io non ho nessuna capacità per commentare teologicamente la “Corredenzione” di María Santissima. Avendo però due mani, le ho usate per trascrivere l’articolo “Corredentrice” contenuto in quella benemerita opera, redatta sotto il glorioso pontificato di Pio XII, che è l’Enciclopedia Cattolica, di cui ho la fortuna di possedere una copia completa. Dal momento che su internet se ne trovano soltanto pochissimi articoli, e che non è facile per la gente consultarla (non tutti hanno voglia di andare in biblioteca!), spero di far cosa non inutile presentando quest’articolo, redatto dal grande teologo mariano Gabriele Roschini.
Leggiamolo non solo come autorevole documento scientifico, ma anche come testimonianza di vero amore per la Chiesa e di vera devozione alla Vergine Santissima.

Michele Vallaro


L'articolo “Corredentrice”

CORREDENTRICE. – È il termine tecnico usato dai teologi per esprimere la cooperazione di Maria S.ma all’opera della redenzione del genere umano.

    SOMMARIO: I. Il termine e la realtà. - II. Errori e opinioni. – III. Il magistero ecclesiastico. – IV. La S. Scrittura. – V. La tradizione. – VI. L’elaborazione della ragione.

I. IL TERMINE E LA REALTÀ . – Il termine fu usato la prima volta nel sec. XIV, nel Tractatus de praeservatione gloriosissimae Virginis Mariae di un anonimo Minorita. Recentemente è entrato nell’uso ecclesiastico, trovandosi in alcuni decreti del S. Officio (cf. AAS, 5 [1913], p. 364; 6 [1914], p. 1018) e della Sacra Congregazione dei Riti (cf. ASS, 41 [1908], p. 409).

La corredenzione è remota o mediata se si esaurisce tutta in un atto previo all’atto redentivo (ad es. dando la carne al Verbo di Dio); è invece prossima o immediata se si estende, in modo secondario e subordinato, all’atto stesso redentivo, ossia al sacrifizio con il quale il Redentore acquistò i suoi meriti e le sue soddisfazioni, prezzo della nostra redenzione, di modo che i meriti e le soddisfazioni di Cristo e di Maria costituiscono un solo principio totale di salvezza: i meriti e le soddisfazioni condegne di Cristo ad simpliciter esse e i meriti e le soddisfazioni congrue di Maria (le quali traggono la loro efficacia da quelle di Cristo) ad melius esse redemptionis.

II. ERRORI E OPINIONI. – I protestanti antichi e recenti negano qualsiasi cooperazione della Vergine S.ma all’opera della Redenzione, e rigettano perciò il titolo di C. Secondo essi Maria non sarebbe stata che un canale attraverso cui è passato Gesù unico nostro Mediatore (I Tim. 2, 5) per giungere fino a noi (cf. Zöckler, Maria, in Realencyklopädie für protestantische Theologie und Kirche, XII, pp. 309-36). Tutti i cattolici invece ammettono una vera cooperazione; si dividono soltanto allorché si tratta di determinare se tale cooperazione sia remota o mediata (Lennerz, Goossens, Smith e pochi altri), oppure prossima o immediata (Bittremieux, Bover, De la Broise, Friethoff, Lebon, Dillenschneider, Carol e molti altri).

III. IL MAGISTERO ECCLESIASTICO. – I Romani pontefici, da Pio IX a Pio XII, hanno ripetutamente insegnato, in modo sufficentemente chiaro, la cooperazione immediata di Maria S.ma alla Redenzione. Così, ad es., Pio X, nell’encicl. Ad diem illum del 2 febbr. 1904 (ASS, 36 [1904], pp. 449-62), dopo aver ricordata la compassione di Maria presso la Croce, asserisce: «da questa comunanza di dolori e di volontà tra Maria e Cristo, meritò Essa di diventare la degnissima riparatrice del mondo perduto e perciò la dispensatrice di tutte le grazie divine acquistateci da Gesù con la sua morte e col suo sangue».

Il Pontefice distingue la cooperazione immediata alla Redenzione oggettiva (cioè: con la sua partecipazione alla passione di Cristo meritò di diventare C.) dalla cooperazione immediata alla Redenzione soggettiva (e perciò divenne la dispensatrice di tutte le grazie divine). E scendendo più al particolare conclude: «Siccome Maria è superiore a tutti per santità e per la sua unione con Cristo, associata da Cristo all’opera della Redenzione, ci merita, come si suol dire, de congruo ciò che Cristo ci ha meritato de condigno, ed è la prima ministra della distribuzione della Grazia».

Benedetto XV, nella lettera apostolica Inter sodalicia del 22 marzo 1918 (AAS, 10 [1918], pp. 181-84), asserisce che la B. Vergine «non senza un divino disegno fu presente alla crocifissione del Figlio», vale a dire, «talmente patì e quasi morì col Figlio suo che pativa e moriva, talmente abdicò ai suoi diritti materni sul Figlio per la salvezza degli uomini, e immolò il Figlio, per quanto a Lei spettava, per placare la giustizia di Dio, da potersi dire con diritto che Essa ha redento con Cristo il genere umano». Qui si parla della cooperazione immediata di Maria alla Redenzione oggettiva, e si mettono in rilievo le parti che Ella vi ebbe.

Pio XI, in una orazione radiodiffusa per la chiusura del giubileo dell’umana redenzione (28 apr. 1935) diceva: «O Madre di pietà e di misericordia, che fosti presente come compaziente e C. presso il tuo dolcissimo Figlio nell’atto in cui compiva la Redenzione del genere umano…, conserva ed aumenta continuamente in noi, te ne preghiamo, i preziosi frutti della Redenzione e della tua compassione» (L’osserv. rom., 29-30 apr. 1935). Due cose esprimono qui la cooperazione immediata: la compassione corredentrice di Maria durante la passione redentrice del Figlio, e il frutto immediato sia della passione redentrice di Cristo che della corredenzione di Maria, ossia tutte le grazie che ci vengono impartite.

IV. LA S. SCRITTURA. – Il Protovangelo (Gen. 3,15), secondo l’interpretazione data dalla bolla dogmatica Ineffabilis Deus, esprime una indissolubile unione di Maria con Cristo nella Redenzione, ossia nella lotta con il serpente e nella piena vittoria sopra di lui (schiacciamento del capo), per mezzo della quale fu cancellato il decreto di morte. Questo schiacciamento del capo o Redenzione oggettiva fu effetto comune di Cristo e di Maria, fu cioè operato direttamente e simultaneamente da Cristo e da Maria (da Maria «insieme con Cristo e per mezzo di Cristo»). Questa «piena vittoria» dice che Cristo e Maria non solo non furono mai vinti dal serpente (lato negativo della vittoria) poiché furono tutti e due segregati dal peccato e dalle sue conseguenze, ma furono sempre i vincitori del serpente (lato positivo della vittoria), ossia operarono ed operano insieme la nostra Redenzione consistente non solo nella distribuzione delle grazie ma anche nell’acquisto delle medesime.

Questa interpretazione è confermata dalla nota lezione della Volgata in cui lo schiacciamento del capo del serpente (ossia la redenzione oggettiva) è attribuita in modo prossimo alla sola donna, ossia a Maria (sottintendendo con Cristo e per Cristo): «Ipsa conteret caput tuum». Orbene, il Concilio di Trento ha dichiarato autentica la Volgata, a causa dell’uso che se n’è fatto nella Chiesa per tanti secoli. In forza di tale dichiarazione, la lezione della Volgata dev’essere ammessa da tutti (cf. J. Vosté, De latina Bibliorum versione quae dicitur «Vulgata», Roma 1927, p. 27). Ha quindi un valore dogmatico (non già scritturistico) decisivo. Sembra perciò che non si possa rifiutare alla Vergine una cooperazione immediata alla Redenzione oggettiva.

La corredenzione, profetizzata da Dio nel Protovangelo subito dopo la colpa originale, incominciò a verificarsi nel giorno dell’Annunciazione (Lc. I, 38 sgg.). Un angelo, mandato da Dio, si presenta alla Vergine e le chiede, da parte di Dio, il consenso a divenire Madre del Redentore in quanto tale, poiché l’Incarnazione conteneva in se stessa la Redenzione. Dal suo consenso, dipendeva, poiché così aveva disposto Iddio, l’esistenza stessa della Redenzione, poiché il Verbo s’incarnava per redimerci. La Vergine, offrendosi al più grande dei dolori per dare all’umanità la più ineffabile delle gioie (la Redenzione), dà liberamente il suo consenso pronunziando il suo fiat. Con esso quindi cooperava alla nostra redenzione, e vi cooperava in modo immediato, poiché da esso Iddio ha voluto che dipendesse quanto alla sua stessa esistenza (non già quanto all’essenza) la Redenzione, che si iniziava e si operava virtualmente con l’Incarnazione. Senza quel consenso il mondo non sarebbe stato redento.

Che Iddio poi abbia voluto che l’Incarnazione redentrice fosse dipesa dal libero consenso di Maria, apparisce evidente dalla stessa narrazione evangelica. Se Iddio infatti non avesse voluto far dipendere l’Incarnazione redentrice dal consenso di Maria, a che scopo gliel’avrebbe fatto chiedere? In tale ovvio senso infatti ha interpretato la narrazione di Luca tutta la tradizione cristiana (cf. G. Roschini, Mariologia, 2a ed., II, pp. 292-295) di cui il più autentico rappresentante è s. Tommaso (Sum. Theol., 3a, q. 30, a. 1, c. e ad 1).

V. LA TRADIZIONE. – La cooperazione immediata di Maria S.ma alla Redenzione oggettiva viene espressa, innanzi tutto, nel parallelismo Eva-Maria. Fin da s. Giustino, Ireneo, Tertulliano, la B. Vergine ci è stata costantemente presentata dai padri, dai dottori e scrittori ecclesiastici come la nuova Eva, riparatrice della prima, in quel modo stesso con cui s. Paolo ci aveva presentato Cristo come nuovo Adamo, riparatore del primo. Ciò posto, dalla S. Scrittura (Gen. 3, 1-13; Eccli., 25, 33) risulta che Eva fu causa morale e diretta della nostra rovina, poiché indusse Adamo ad acconsentire al peccato. Altrettanto si deve dire di Maria. Ella sapeva che al suo libero consenso erano state legate, per libera disposizione divina, le sorti stesse dell’umanità, ossia la sua salvezza. Dando perciò questo consenso diveniva cooperatrice immediata, ossia causa morale e diretta della Redenzione del mondo.

Certo sono i meriti e le soddisfazioni condegne di Cristo che hanno operato la nostra Redenzione e che ci vengono applicati, poiché i meriti e le soddisfazioni congrue di Maria traggono tutta la loro efficacia corredentrice dai meriti e dalle soddisfazioni condegne di Cristo. Con ciò però non si escludono i meriti e le soddisfazioni congrue di Maria, e non già ad simpliciter esse ma soltanto ad melius esse della Redenzione, affinché cioè il piano della Redenzione fosse analogo al piano della prevaricazione.

Per questo i SS. Padri, i dottori e gli scrittori ecclesiastici, oltre a paragonare Maria ed Eva, attribuiscono immediatamente ad Eva la nostra rovina con tutte le sue conseguenze, ed a Maria la nostra salvezza, con tutti gli effetti della medesima: la placazione della divina giustizia, la nostra riconciliazione con Dio, la soddisfazione per il peccato originale, il merito della Grazia, la liberazione dalla schiavitù del demonio, la riapertura della porta del cielo (cf. Roschini, opcit., pp. 304-309): ciò non si spiegherebbe senza una cooperazione prossima, immediata alla Redenzione.

VI. L’ELABORAZIONE DELLA RAGIONE. – La cooperazione o causalità redentrice di Cristo (Sum. Theol., 3a, q. 48), fu a modo di merito, di soddisfazione, di sacrificio, di redenzione e di efficenza. Maria cooperò alla Redenzione: 1) a modo di merito, poiché nel suo libero consenso all’Incarnazione redentrice, si riscontrano tutte le condizioni richieste per il merito, cioè la carità, l’opera buona liberamente compiuta e la preordinazione divina; 2) a modo di soddisfazione, poiché con la sua libera sottomissione, manifestata con il suo consenso, a tutta una vita di grandi dolori, animata dalla più ardente carità, compensò, per quanto le fu possibile (ossia almeno de congruo) il piacere che spinse i nostri progenitori alla ribellione a Dio con il peccato; 3) a modo di sacrificio, ossia al sacrificio con cui Cristo, per riconciliarci a Dio, meritò e soddisfece per il genere umano, in quanto che Ella offrì il suo Figlio, rinunziando, fin dal momento stesso in cui li acquistò, ai diritti materni ch’Ella aveva su di Lui, per la Redenzione del mondo. Con ciò, tuttavia, non meritò di essere chiamata Sacerdote in senso proprio e formale; 4) a modo di redenzione, poiché con l’offerta meritoria e soddisfattoria della Vittima divina, sulla quale aveva, come si è già detto, diritti materni, partecipò al versamento del prezzo con il quale il genere umano è stato redento. Fu il suo libero consenso, infatti, che determinò, per disposizione divina, il versamento stesso del prezzo per la nostra Redenzione; 5) a modo di efficenza, poiché la sua partecipazione alla Redenzione, come il compimento della medesima da parte di Cristo, essendo stata preordinata da Dio per tale scopo, non poteva rimanere senza effetto.

Ma oltre alla elaborazione teologica del fatto o realtà della cooperazione immediata alla Redenzione, la ragione, basandosi sulla Rivelazione, scioglie anche varie difficoltà mosse contro di essa.

A chi obietta che, secondo l’insegnamento perenne della Chiesa, Cristo solo ci ha redento, si risponde distinguendo tra la Redenzione principale, universale e per se stessa sufficiente, e la Redenzione secondaria, dipendente, per se stessa insufficiente. La prima, tutta propria di Cristo, non esclude la seconda, propria di Maria. Siccome poi la seconda dipende e trae il suo valore dalla prima, si può semplicemente parlare, come effettivamente si è fatto e si fa ancora, della prima senza parlare della seconda. Del resto, se l’unicità del Redentore dovesse prendersi nel senso di esclusione di qualsiasi cooperazione immediata, ne seguirebbe che sarebbe da escludersi non solo la cooperazione immediata alla Redenzione oggettiva, ma anche la cooperazione immediata alla Redenzione soggettiva ammessa da quelli stessi che propongono la suddetta obiezione.

A chi obietta che la Madonna fu anch’Essa redenta, e perciò non poté essere C. (poiché sarebbe stata, nello stesso tempo, effetto e causa) la ragione risponde che la cooperazione di Maria fu ordinata alla Redenzione degli altri, e non già alla propria Redenzione. Cristo, perciò, prima redense Maria (la quale forma da sola un ordine a sé, superiore a quello in cui si trovano tutti gli altri) con Redenzione del tutto speciale, ossia preservativa (non liberativa, come gli altri) e poi, insieme a Maria, redense tutti gli altri. Cristo, infatti, poté porre il medesimo atto redentivo (senza il bisogno di ammettere due atti distinti di Redenzione o due Redenzioni) con doppia intenzione e con doppio effetto, l’uno dei quali riguardava soltanto Maria, e l’altro, insieme alla cooperazione di Maria, tutto il resto del genere umano. Essendo redenta da Cristo, con priorità di natura (o logica) prima e in modo diverso da tutti gli altri, Maria poté con simultaneità di tempo (ossia nel medesimo istante di tempo) cooperare con Cristo alla Redenzione di tutti gli altri. La Vergine quindi può essere salutata con diritto, in senso stretto, C. del genere umano, e perciò si è meritata, in ogni tempo, l’ardente gratitudine di tutta l’umanità.

BIBL.: G. Smith, Mary’s Part in our Redemption, Londra 1938; H. Lennerz, Considerationes de doctrina B. Virginis mediatricis, in Gregorianum, 19 (1938), pp. 419-44; W. Goossens, De cooperatione immediata Matris Redemptoris ad Redemptionem obiectivam, Parigi 1939; G. Roschini, De Corredemptrice. Perpensatio difficultatum Goossens, Roma 1939; H. Seiler, Corredemptrix. Theologisches zur Lehre der letzten Päpste über die Miterlöserschaft Mariens, ivi 1939; N. García Garces, Mater Corredemptrix, Torino-Roma 1940; H. Lennerz, De Redemptione et cooperatione in opere Redemptionis, in Gregorianum, 22 (1941), pp. 301-24; J. Bover, Deiparae consensus Corredemptionis ac Mediationis fundamentum, Madrid 1942; id., María Mediadora universal, o Soteriología Mariana, ivi 1946; H. Lennerz, De cooperatione B. Virginis in ipso opere Redemptionis, in Gregorianum, 28 (1947), pp. 574-79; C. Dillenschneider, Marie au service de notre Rédemption, Haguenau 1947.

Gabriele Roschini
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3643_Vallaro_Corredentrice.html

MARIA CORREDENTRICE. UNA RISPOSTA A PAPA BERGOGLIO.


Carissimi Stilumcuriali, abbiamo ricevuto questa riflessione, da parte di un religioso, ampia e documentata, su un tema che è emerso anche di recente in alcuni commenti sul nostro blog. E cioè il nodo del ruolo di Maria corredentrice. Buona lettura. 

§§§

Con questo commento, frutto di approfonditi studi, s’intende difendere la dottrina della Corredenzione Mariana, oscurata dalle affermazioni di Papa Bergoglio, rilasciate nel corso dell’omelia del 30 Aprile 2020, nella cappella Santa Marta.
La riflessione presente sulle asserzioni del Pontefice è supportata principalmente dalle dichiarazioni dei santi e dei beati della scuola francescana, come san Bonaventura da Bagnoregio, il Beato Duns Scoto e san Bernardino da Siena, san Lorenzo da Brindisi, santa Veronica Giuliani e san Massimiliano Maria Kolbe, san Leopoldo Mandic, san Pio da Pietrelcina e il Beato Gabriele Maria Allegri; nonché da santi padri della Chiesa come sant’Ireneo.
Essa, altresì, si fa forte degli studi di teologi e mariologi di ogni lingua, impegnati nella più alta docenza presso le Facoltà Pontificie di Teologia e di altri insigni studiosi, tra cui ricordiamo A. Romeo, G. M. Roschini, Manfred Hauke, il salesiano mariologo D. Bertetto, P. Pietrafesa, Bea, Vagaggini, Scheeben, Dillenschneider e altri ancora che, insieme al contributo di san Giovanni Paolo II fino all’umile suor Lucia di Fatima, arricchisce la base dottrinale e teologica della Corredenzione mariana, alla cui luce si esaminano le dichiarazioni di Papa Francesco.
UN FULMINE A CIEL SERENO . . .
A proposito della verità di fede “proxime definibilis”, – che è la Corredenzione Mariana –  ecco un fulmine a ciel sereno,  a sorpresa del tutto isolata e vagolante nel vuoto, che arriva dalle parole esplicite di Papa Bergoglio, il quale, per il posto e le responsabilità di cui è carico, sembra dimostrare invece, ad evidenza, una ignoranza e insensatezza di molto alto profilo.
Ecco le sue parole esplicite:
«La Madonna non ha voluto togliere a Gesù alcun titolo; ha ricevuto il dono di essere Madre di Lui e il dovere di accompagnare noi come Madre, di essere nostra Madre. Non ha chiesto per sé di essere quasi-redentrice o di essere co-redentrice: no. Il Redentore è uno solo e questo titolo non si raddoppia. Soltanto discepola e Madre. E così, come Madre dobbiamo pensarla, dobbiamo cercarla, dobbiamo pregarla. E’ la Madre, Madre nella Chiesa Madre… Nella Maternità della Madonna vediamo la maternità della Chiesa che riceve tutti, buoni e cattivi: tutti».
Altre frasi ancora dell’Omelia del Papa Bergoglio: «La Madonna non ha mai chiesto qualcosa per sé, mai …Mai ha detto: “Io sono la madre, guardatemi: sarò la regina madre”. Mai lo ha detto. . .
Seguiva Gesù.  Fino al Calvario. E lì, in piedi … la gente sicuramente diceva: “Ma, povera donna, come soffrirà”, e i cattivi sicuramente dicevano: “Ma anche lei ha colpa, perché se lo avesse educato bene questo non sarebbe finito così”. Era lì, con il Figlio, con l’umiliazione del Figlio.
A leggere queste parole, si potrebbe subito pensare a un buon parroco anziano che parla con tono dimesso e stanco, conoscendo egli ben poco la Teologia biblica e dogmatica poiché non s’interessa affatto di essa e dei suoi sviluppi di fede e di dottrina secondo il contenuto immutabile della rivelazione divina.
Sono affermazioni di Papa Bergoglio, queste, tutte gratuite e a vuoto, ossia, sono affermazioni anche sballate e superficiali, affermazioni, anzi, persino maliziose impregnate di quel minimismo mariano tutto malsano e malefico: ecco il contenuto perverso di chi vuole negare una verità di fede  –  la “Corredenzione mariana” – che, da lungo tempo, invece, la più sana e grande Teologia l’ha portata ad   essere, oggi,  “proxime definibilis”, e che è stata approfondita e sostenuta soprattutto dalla famiglia francescana, dal suo sorgere fino ai nostri giorni più travagliati[1].
Un breve commento, adesso, alle seguenti affermazioni del nostro Papa Bergoglio:
=  “La Madonna non ha voluto togliere a Gesù alcun titolo”.
Ma non era proprio Gesù a volere sicuramente che la Sua e nostra Madre cooperasse alla missione del Redentore, quale unica Corredentrice per la salvezza dell’umanità?… La Mamma non deve forse cooperare per prima alla salvezza dei propri figli?… Ragionare diversamente sarebbe soltanto un ragionare insensato e contro natura… La cosa più sicura, difatti, è che proprio la Mamma non può non partecipare al vivo, con il Figlio, portando avanti, in prima persona, la missione salvifica per tutti i propri figli.
E quando l’Angelo Gabriele rivelò alla “piena di Grazia” che il suo Figlio sarebbe stato “Gesù”, ossia il Messia divino Redentore, la Madonna non poteva non comprendere che come Mamma di tale Figlio aveva il dovere di assistere e cooperare unitamente al suo Figlio Gesù, il «Primogenito fra molti fratelli»  (Rom 8, 29), con il quale doveva  portare avanti, sino al compimento, la missione della salvezza per tutti gli altri suoi fratelli.
= La Madonna “non ha chiesto per sé di essere quasi-redentrice o co-redentrice: no”.
C’era forse bisogno che la Madonna chiedesse di diventare quasi-redentrice  o  co-redentrice? Per qualsiasi mamma, infatti, non c’è molto da riflettere  quando si tratta di salvare i propri figli. Non c’era nessun bisogno, quindi, che la Madonna, la Mamma dell’intera umanità, dovesse sentirsi impegnata a chiedere di ricevere l’incarico di salvare i propri figli. Sarebbe stato contro natura per una mamma non sentirsi di per sé immediatamente impegnata, in prima persona, a dover salvare i propri figli, soprattutto nel bisogno così grave come quello del pericolo della dannazione nell’inferno eterno per tutti i suoi figli non redenti dalla missione salvifica dell’Incarnazione redentrice.
Ecco qui un pensiero sublime del Papa San Giovanni Paolo II che conferma magnificamente questo punto affermando che
«la  sollecitudine  della  Madre  del  Salvatore e’ la
sollecitudine   per  l’opera  della  salvezza:  l’opera
del suo Figlio. E’ sollecitudine  per  la  salvezza, per
la salvezza eterna di tutti gli uomini».

=  “Il nostro Redentore è uno solo e questo titolo non si raddoppia”.
Quanta sicurezza di autorità in queste parole di Papa Bergoglio, che paiono davvero parole imperiose di un dittatore assoluto! E tutte le affermazioni al contrario sul mistero divino della Redenzione universale, come si trovano nelle Fonti della Rivelazione divina, –  che sono la Sacra Scrittura, la Tradizione e il Magistero vivo dei Papi lungo i duemila anni di Cristianesimo –  a che cosa dovevano servire se non a salvaguardare sempre la custodia dell’integrità del deposito divino della nostra Fede? Non conosce e non sa proprio nulla di tutto ciò questo Tizio ritenuto e chiamato Vicario di Cristo? E non avrebbe proprio Lui, quale Papa,   – prima di voler parlare e  insegnare  –  il sacrosanto dovere di studiare per conoscere prima, e debitamente, tutto ciò che riguarda e può interessare  una cosa così sacra e grande quale è la fedeltà alla totale e intatta custodia del deposito della nostra Santa Fede, tesoro inestimabile della Chiesa di Cristo?
La  Preghiera mariana più antica . . .
Persino la Preghiera mariana più antica  –  il “Sub tuum praesidium”, che risale al secondo e terzo secolo  –   approfondita più accuratamente, di recente, quale “Singolare preconio di misteri mariani”, tratta anche con grande finezza di acume del valore specificamente “Soteriologico” di questo prezioso tropario mariano, che costituisce davvero una valida conferma e sostegno della verità di Maria Santissima quale nostra amatissima Madre Immacolata,  unica  “Corredentrice  Universale”.
=  “ Maria  e’ “Soltanto discepola e Madre. E così, come Madre dobbiamo pensarla, dobbiamo cercarla, dobbiamo pregarla”.             .
Vorrebbe essere bella questa sequenza di parole, da parte di Papa Bergoglio, nell’insegnare  a noi tutti il  comportamento nei riguardi di Maria Santissima… Ma  sarebbe bella solo se non fosse una sequenza di parole che sembrano studiate apposta per tacere (o negare!) più verità sante e preziose della nostra santa Fede in Maria Santissima.
Infatti: ridurre la Madonna a una “soltanto discepola” di Cristo –  come noi tutti  che dobbiamo diventare “discepoli di Cristo” (cf ….. )  –  significa offendere la Madonna e anche l’intera Chiesa cattolica che biblicamente, “ab antiquo”,  ritiene, venera  e invoca la Madonna quale sublime  «Sede della Sapienza» (… ).
L a   S a c r a  S c r i t t u r a . . .
Le sublimi pagine della Sacra Scrittura  –  Siracide (24, 3-21) e  libro dei Proverbi (8, 22-35), –  dalla santa Chiesa sono stata riferite, liturgicamente a Maria Santissima fin dal secolo VII per la celebrazione della solennità dell’Assunzione e per la festa della sua Natività.
In particolare nella pagina del libro dei Proverbi (8, 22-35), nella sua meraviglia di contenuti altissimi e di mirabile dettato del pensiero eterno di Dio Creatore, come ha scritto il biblista A. Romeo, la “Sapienza” «si traspone per riflesso e partecipazione a Maria , la Madre del Verbo di Dio».
Si tenga anche presente, del resto che Maria Santissima fu da Dio predestinata fin dall’eternità «uno eodemque decreto» con il Verbo Incarnato, come dice luminosamente la Bolla Dogmatica  Ineffabilis Deus, con esplicita applicazione a Maria delle parole della Sapienza.
E ancora, lo stesso biblista A. Romeo continua ad affermare che «a causa della sua intima partecipazione attiva all’Incarnazione del Verbo di Dio, Maria riveste in certa misura la missione  e le prerogative della Sapienza ipostatica che “ha posto la sua abitazione fra noi “ (Gv 1, 14). . . La Sapienza increata, incarnandosi in Maria, fa di essa il centro della Verità e della Vita (Sedes Sapientiae)».
Madre    “D i v i n a” della  Santa  Chiesa 
Inoltre, se Maria è la Madre naturale che, soprannaturalmente, per opera dello Spirito Santo, ha concepito e generato verginalmente Gesù, che è Dio fatto uomo, non è forse essa, per questo, Madre anche “Divina”? Perché tacere la sua prerogativa suprema della Maternità Divina, definendo Maria soltanto discepola “e Madre”, come ha fatto appunto Papa Bergoglio, mentre il Papa Paolo VI insiste esplicitamente nell’esortare il popolo dei fedeli ad onorare molto più, d’ora innanzi, la MADRE DELLA CHIESA  “con tale titolo soavissimo” ?
«A  gloria  dunque  della  Vergine  e  a  nostro  conforto,
Noi proclamiamo Maria Santissima
M A D R E   D E L L A   CHIESA
cioè  di  tutto il  Popolo  di  Dio, tanto  dei  fedeli  quanto
dei  Pastori,  che  la   chiamano   Madre   amorosissima;
e  vogliamo  che con tale  titolo  soavissimo  la  Vergine
d’ora innanzi venga ancor più  onorata  e  invocata dal
popolo  cristiano»
Questa fu, esattamente, la solenne proclamazione di Maria Santissima, quale Madre della Chiesa, fatta pubblicamente a Roma  dal Sommo Pontefice San Paolo VI, il giorno 21 novembre del 1964, alla fine della terza sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II.
E’ indubbio, dunque, che la proclamazione di Maria Santissima “Madre della Chiesa” fu un evento di grandissima importanza per l’intera Chiesa figlia di Dio e di Maria. Il fondamento del titolo “Madre della Chiesa” si lega alla Eva novella, Madre di tutti i membri della Chiesa, secondo l’espressione di sant’Ireneo, grande Padre della Chiesa, che vede in Maria Santissima la Chiesa quale «grembo materno che fa rinascere gli uomini in Dio». Nella grande Patristica furono molto importanti anche i riferimenti altissimi di Sant’Atanasio, uniti agli scritti sublimi di grandi Santi Padri, quali furono, nel quarto secolo, sant’Efrem, sant’Ambrogio,  sant’Agostino, san Pietro Crisologo.
=  “Maria e’ la Madre, Madre nella Chiesa Madre . . .”.
Ma, Maria non è forse la Madre  proclamata e definita solennemente “MADRE DELLA CHIESA”  dal Sommo Pontefice Paolo VI, durante la celebrazione del Concilio Vaticano II?
Perche’ il Papa Bergoglio, invece, definisce la Madonna Madre  “n e l l a”  Chiesa  e non  Madre  “d e l l a”  Chiesa” …?   La ragione c’è, purtroppo, ed è una ragione ben triste, legata alla grande vicenda rovinata da uno dei molti intrecci disonorevoli che furono presenti nello svolgimento del Concilio Vaticano II e che misero il santo Papa Paolo VI in grave difficoltà.
Si sa bene, infatti, che il Papa Paolo VI voleva fare approvare come atto solenne dell’intero Concilio Vaticano II  la verità di fede di Maria Santissima  Madre “d e l l a”  Chiesa, ma non gli fu possibile ottenere il consenso da parte dell’intero Concilio Ecumenico, e dovette perciò rassegnarsi a compiere un atto personale di Sommo Pontefice nel presentare e approvare la verità di fede della Maternità Divina di Maria quale Madre “della” Chiesa.
Contro la Madre “della” Chiesa
Si sa, difatti, che il titolo  ‘Madre “della” Chiesa’  è stato sempre evitato in ogni punto della discussione conciliare, e il padre Meo, mariologo di alto prestigio, ne spiega con chiarezza il vero motivo, ossia:  il Concilio «evitò di nominarla quale madre della Chiesa, perché non si pensasse che Maria avesse in qualche modo generato la Chiesa, che questa fosse nata da Lei (LG 60-62)».
Queste parole del padre Meo sono di particolare gravità e vogliono far ben capire come, secondo il Concilio, la Maternità spirituale di Maria nei riguardi della Chiesa non abbia pressoché nessuna reale consistenza e si riduca, in effetti, ad una maternità solo metaforica, morale, analogica, una maternità che non genera, in sostanza, ossia una maternità ‘sterile’!  Ma questa non può essere affatto una vera “maternità”. Sarebbe, semmai, una maternità in contraddizione con se stessa.
Secondo lo stato delle cose, purtroppo, «il Papa Paolo VI si vide perciò costretto a proclamare Maria “Madre della Chiesa” soltanto di propria iniziativa, il 21 novembre del 1964 –  festa della  Presentazione di Maria Santissima al Tempio  –,  pur avendo, comunque, il favore di molti Vescovi presenti al Concilio. Fu un gesto di immenso valore, in ogni caso, da parte del Papa Paolo VI, e il Padre Bertetto  – altro grande mariologo –  precisa che Papa Paolo VI ha tributato a Maria tale titolo di  “Mater Ecclesiae” «in forza del suo supremo magistero ordinario, che nessun Concilio ecumenico può annullare».
Ed è evidente la portata teologica della proclamazione fatta dal Papa Paolo VI contro il nefasto minimismo mariano di parecchi mariologi modernisti che finiscono col rovinare la realtà più preziosa della Maternità Divina di Maria, che è l’unica vera Madre divina dell’intero Corpo Mistico di Cristo, ossia la vera Madre della Chiesa, –  costituita dal Capo e Corpo con tutte le singole membra –  da Lei misticamente generata per opera dello Spirito Santo, nell’Incarnazione redentrice del Divin Verbo, divenuto Gesù, il divino Figlio «Primogenito» di Maria Santissima, il divino Figlio «Primogenito fra molti fratelli» (. . . . ).
=  La Madonna non ha mai chiesto qualcosa per sé …  Mai ha detto: “Io sono la Madre, guardatemi:  saro’ la regina madre”. Mai lo ha detto …
Quale discorso è mai questo? Il Papa avrebbe voluto forse la Madonna quale egoista come noi che pensiamo solo alle cose nostre e ben poco ci interessano le sofferenze o il bene degli altri?
La Madonna mai ha detto: “Io sono la Madre. Guardatemi: sarò la regina madre”. Queste parole sarebbero state un incredibile pavoneggiamento di prima classe… Ma non poteva Maria  allora dire:  io sono la Madre di Dio, perché sono la Madre Genitrice del Figlio Gesù, che è Dio in Persona del Verbo?…  Perché non l’ha mai detto?… Se Maria non ha detto di essere la regina perché non lo era, ugualmente non ha detto di essere la Madre di Dio, perché non lo era?… : incredibile falsificazione,  questa, di primissima classe …
Ma perché ridursi a questi ragionamenti del tutto fuori posto?… Perché gli evangelisti, nei loro Vangeli, hanno parlato molto poco della Madonna? Si sa bene che la Madonna stessa voleva che si parlasse e si scrivesse soltanto di Gesù-Dio, per l’evangelizzazione cristiana del mondo, mentre il parlare di Lei avrebbe fatto continuare sulla terra l’aberrazione delle numerose false divinità pagane inesistenti,  sia maschili che femminili.
Il silenzio, il nascondimento di Maria con la sua sublime ed eccelsa grandezza  –  che verrà fuori col tempo e con la Tradizione ­–  erano umiltà tutta sapiente e divina della Madre di Dio.
Come disse Gesù: «Chi può capire, capisca» (…  ).
=  Seguiva Gesù.  Fino al Calvario. E lì, in piedi … la gente sicuramente diceva: “Ma, povera donna,  come soffrirà”, e i cattivi sicuramente dicevano: “Ma anche lei ha colpa, perché se lo avesse educato bene questo non sarebbe finito così”. Era lì, con il Figlio, con l’umiliazione del Figlio».
Anche queste parole del Papa Bergoglio non possono che disorientare e amareggiare grandemente, trattandosi della realtà più sublime della nostra sante Fede, ossia dell’atroce  Passione e Morte di Gesù, unito alla sua santissima Madre,  per la salvezza eterna dell’intera umanità.
Nelle parole del Papa Bergoglio, non c’è la minima comprensione della missione materna salvifica di Maria che s’immola con il Figlio Crocifisso per la nostra salvezza. Il Papa si ferma alla più superficiale espressione di pietà della gente verso una mamma che soffre per la condanna [ g i u s t a?…]  del figlio all’orrenda crocifissione sul monte
E qui siamo a quell’infausto  “iminimismo mariano”, che dopo il Vaticano II si è lasciato trasportare in piazza e quasi in trionfo, legato al  “pensiero debole” che trascina al disperato “nichilismo”,  ritenendo che la Madonna fosse realmente soltanto una povera donna come le altre, con i suoi problemi e debolezze anche di fede…, scoronata un po’ di tutto, tutt’altro che «sublimis inter sidera» o «Mulier amicta sole» (Ap 12, 1) come canta la Chiesa nella Liturgia da secoli e secoli
A l me n o   u n  ‘c e n n o’. . .
Se il Papa Bergoglio avesse dato almeno un ‘cenno’  alla reale carità di quella “povera Donna” nel voler soffrire con il Figlio Crocifisso per la salvezza dell’umanità, non sarebbe sceso tanto in basso, riducendosi all’uso della semplice e vaga espressione della povera gente: “Povera Donna, come soffrirà”.
Dov’è, in questa espressione almeno un cenno della tragica missione redentrice operata dal Figlio e dalla Madre, sul Calvario, per la tremenda disfatta del peccato delle origini che ha fatto precipitare l’intera umanità, bisognosa quindi della salvezza eterna dalla condanna terrificante alle pene dell’inferno eterno per tutti?
Nessun cenno del Papa Bergoglio in questo senso che più avrebbe dovuto interessarlo perché anche lui correva lo stesso tremendo pericolo della perdizione eterna nell’inferno, senza la redenzione operata dal Redentore e dalla sua Madre Corredentrice, che era «a Lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo», come si esprime lucidamente la Lumen Gentium (53) del Concilio Vaticano II.
Ancora più esplicito, inoltre, è stato il Concilio Vaticano II nel garantire la missione di Maria Corredentrice, unita al Figlio Redentore «da uno stretto e indissolubile vincolo» (LG 53), quando afferma che la Madre di Gesù «abbracciando con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato, la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui» (LG 56).
Di queste parole così nobili del Concilio, purtroppo, nessun minimo cenno c’è stato da parte del Papa Bergoglio, come avrebbe potuto e dovuto fare, omettendo quelle altre espressioni a misera sconfitta per tutti.
In più, anzi, il Papa Bergoglio ha tenuto a farsi personale  portavoce del pensiero dei “cattivi” contro la Madonna e contro Cristo Crocifisso, affermando che  –  riferisce  appunto il Papa Bergoglio  –  contro la Madonna ai piedi della croce  « i cattivi sicuramente dicevano: “Ma anche lei ha colpa, perché se lo avesse educato bene questo non sarebbe finito così”.
Sembra che il Papa Bergoglio, con queste insane parole, si sia voluto non soltanto scostare, ma anche mettersi direttamente contro le nobilissime parole della Lumen gentium:
Maria Santissima «serbò fedelmente la sua unione col Figlio fino
alla croce, dove non senza un disegno divino se ne stette  (cf  Gv, 19, 25)
soffrendo  profondamente col  suo Unigenito  e  associandosi  con animo
materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione
della vittima da lei generata» (LG 58).
La cosa che più dispiace è la negazione diretta dell’importantissima missione salvifica della Madonna, di cui proprio il Concilio Vaticano II ha parlato e scritto in termini di grazia grandissima e preziosissima per l’intera umanità peccatrice: si tratta, infatti, della missione salvifica svolta dalla divina Madre Corredentrice unita con uno «stretto e indissolubile vincolo» (LG 53) al suo Divin Figlio Redentore. Come è spiegato benissimo in un breve testo della Lumen gentium, la Madonna , sul monte Calvario, in pieno strazio materno,
«soffrendo col Figlio suo morente in croce, cooperò in modo
tutto speciale all’opera del Salvatore […] per
r e s t a u r a r e   l a  v i t a  s o p r a n n a t u r a l e  d e l l e  a n i m e.
Per questo fu per noi madre nell’ordine della Grazia (LG 61).

Si vuol comprendere bene, dunque, l’importanza vitale della missione materna di  Maria Santissima Corredentrice, impegnata a  «r e s t a u r a r e   l’ i n t e r a   v i t a  s o p r a n n a t u r a l e   d e l l e   a n i m e »  di tutta l’umanità che è sua figlia, da condurre in Paradiso salvandola dalla perdizione eterna nell’inferno?
E’ stato bene scritto, infatti, che : «Non si può non restare più che convinti che la Redenzione sia stata operata in simbiosi, “per modum unìus”, da Gesù Redentore unico, e da Maria Corredentrice unica, a Gesù associata e consociata «sotto di Lui e con Lui» (LG 61).
Che cosa sente e riesce a dire, invece, il Papa Bergoglio?… Ecco le sue ultime parole che sembrano proprio un  atroce   s f r e g i o   f i n a l e :
La  Madonna  «Era lì, con il Figlio, con l’umiliazione del Figlio»
Ecco a cosa è ridotta la meraviglia sublime e divina della redenzione universale:
E’  SOLTANTO UNA VISIONE MISERANDA DI FALLIMENTO E DI UMILIAZIONE DEL FIGLIO E DELLA MADRE.

E  P  I  L  O  G  O

Leggiamo, invece, la visione soprannaturale e radiosa che aveva la Serva di Dio, Suor Lucia di Fatima, la grande veggente di Fatima, che così scrive con penna agile e delicata:

«L’opera della nostra Redenzione è iniziata nel momento in cui  il  Verbo
è  sceso  dal  cielo  per  assumere  un  corpo  umano  nel  grembo  di  Maria.  Da
quell’istante e per nove mesi, il sangue di Cristo era il sangue di Maria colto alla
fonte  del  suo  Cuore  Immacolato, i  battiti  del  Cuore  di  Cristo  battevano  all’
unisono  con i palpiti del Cuore di Maria»..

«Da  Maria  Cristo ha ricevuto il  corpo e  il  sangue che dovevano essere
Immolato e versato per la salvezza del mondo. Perciò Maria, diventata  una con
Cristo, è  la  Corredentrice  del  genere  umano: con  Cristo  nel  suo grembo, con
Gesù Cristo  fra le  sue  braccia, con Cristo a Nazareth, nella sua vita pubblica»..

…  e negli ultimi giorni della Passione e  Morte  di  Gesù  Crocifisso, la  Divina
Madre Corredentrice «con Lui  ha  percorso  la  via  stretta  della  vita, la strada
scabrosa  del Calvario; con  Lui ha  agonizzato ricevendo nel suo cuore  le  ferite
dei  chiodi,  il  colpo  della  lancia  e  gli  insulti  della moltitudine ribelle [. . .] per
realizzare   la   missione   che   Egli   le   aveva  affidato  di   C o r r e d e n t r i c e
d e l l ’ u m a n i t à   con Cristo».

[1]
Marco Tosatti
15 Luglio 2020 Pubblicato da  25 Commenti


                                           

1 commento:

  1. "Minimismo mariano" bergoglian/bergoglioso?
    A voler essere molto molto molto buoni...
    Qui siamo proprio alla glaciazione mariana di sicura radice satanica.
    E chi nega queste abominazioni (e tutto il resto) si accolla l'intera responsabilità. Ed è complice.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.