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martedì 28 luglio 2020

La legge è “pedagogica”

LIBERTA' E LEGGE SULL'OMOFOBIA


Vediamo cose che fanno parlare le pietre. I gravissimi rischi del disegno di legge Zan-Scalfarotto in termini di libertà? Torna il Ministero della Verità di orwelliana memoria il "proibizionismo" delle idee si estende a dismisura 
di Roberto Pecchioli  
  
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Cosa veredes, amigo Sancho, que haran fablar las piedras. Vedrai cose, amico Sancho, che faranno parlare le pietre, è un detto spagnolo fatto risalire a Don Chisciotte. Si tratta in verità di un apocrifo: nell’opera di Cervantes, il Cavaliere dalla Triste figura non pronuncia quella frase. Se tornasse in vita, presumiamo, gli sgorgherebbe dalla labbra osservando quel che è diventata l’Europa e l’intera civilizzazione occidentale.  Gli esempi non mancano davvero: ne faremo oggetto di ulteriori interventi. In questa occasione, ci preme levare la nostra voce contro il disgustoso disegno di legge sulla cosiddetta “omotransfobia “, che minaccia di rendere reati penali le opinioni negative nei confronti dell’omosessualità e della transessualità, punite con pesanti pene detentive e persino con il contrappasso dantesco, tipo lavorare gratis per associazioni LGBT.


Pensare, giudicare, distinguere con le categorie della legge naturale e dei criteri adottati da millenni in ogni società umana, diventa odio. La punizione per chi odia – solo alcune cose, esclusivamente in determinate direzioni – è il carcere, la rovina. Siamo tornati all’aborrito Stato etico che decide ciò che è buono e ciò che non lo è. Unica differenza con il passato: il capovolgimento perfetto. Quel che era giusto, adesso è sbagliato, il male di ieri diventa il bene della post modernità.  Si resta sgomenti dinanzi ad affermazioni come quelle rilasciate al Manifesto da Giulia Locatelli, giudice torinese dirigente di Magistratura Democratica, la corrente di ultrasinistra delle toghe organizzate. Con notevole franchezza, sostiene che “ogni norma che prevede che un comportamento sia un reato è per certi versi pedagogica” e che, alla base della proposta di legge sull’omofobia, “non c’è una cultura della punizione, ma dell’inclusività”.
Voce dal sen fuggita, probabilmente, poiché la Locatelli rivela una verità che sbigottisce: la legge è “pedagogica”. Le parole sono pietre- pietre che parlano! – e allora andiamo all’origine. La pedagogia – citiamo l’Enciclopedia Italiana Treccani – è la “disciplina che studia i problemi relativi all’educazione e alla formazione dell’uomo, allo scopo di indicare i principî, i metodi, i sistemi su cui modellare la concreta prassi educativa”. Ecco il punto: la nuova pedagogia intende modellare il cervello delle generazioni negando la realtà sino a colpirla come reato penale. Nello specifico, affermando che il giudizio negativo sull’ omosessualità e la transessualità, con il corollario dell’ideologia “gender” e sull’ asserzione che essere uomo o donna è una scelta soggettiva e il cosiddetto “orientamento sessuale “è un fatto revocabile e provvisorio, va considerato non un convincimento magari errato, ma lecito, bensì un delitto il cui movente è l’odio.

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Vediamo cose che fanno parlare le pietre. I gravissimi rischi del disegno di legge Zan-Scalfarotto in termini di libertà?

E’ già impressionante doversi difendere dall’accusa di albergare un sentimento, e che a qualcuno rivestito di toga venga attribuito il potere di stabilire se un comportamento, una frase, un atteggiamento sia determinato da odio. Se poi da quel giudizio dipende la mia libertà personale, il mio stesso ruolo nel mondo, il timore si trasforma in terrore. Se il giudizio sarà affidato a chi la pensa come la dottoressa Locatelli, la mia sorte è segnata. Per motivi pedagogici, ovvero diffondere, proteggere o ristabilire le idee a cui ci si deve conformare obbligatoriamente, la condanna è già scritta. Al danno si aggiunge la beffa, poiché la legge non sarebbe animata da vendetta o castigo (“la cultura della punizione”), ma dal nobile principio dell’“inclusività”. Qui il rovesciamento, il bispensiero, è impressionante. Condannare a dure pene detentive per il delitto di odio nei confronti dell’omotransfobia, è un gesto “inclusivo”. Escludere dal consesso civile, scaraventare tra le sbarre per delitto di pensiero (libero pensiero e odio si avvicinano fino a sovrapporsi, nel gaio Occidente terminale) è “includere”: il mondo invertito.
Torna il Ministero della Verità di orwelliana memoria. Il proibizionismo delle idee si estende a dismisura, ma in nome dell’”inclusione”. Non ci risulta che esista una discriminazione per legge in base alle preferenze sessuali; è, oltretutto, proibito dal principio costituzionale di uguaglianza proclamato dall’articolo 3 della Carta. Un avvocato ripeteva spesso che non serve a nulla avere ragione, se nessuno te la riconosce. L’articolo 21 è carta straccia come tanti altri: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Aria fritta se leggi ordinarie non solo derogano il principio, ma lo capovolgono. L ‘unico “mezzo di diffusione” da vietare è la violenza. Per l’eventualità di ingiurie o menzogne a carico di individui o categorie esistono già – giustamente – norme specifiche.
Un maestro, Giano Accame, diceva che per capire chi comanda, basta riconoscere di chi e di che cosa “non si può dir male”. Lasciamo al lettore il penoso esercizio di elencare i soggetti che è impossibile- di fatto o per legge -  criticare. Naturalmente, è altrettanto vietato dubitare di vivere in un regime libero e democratico. Evitiamo di discutere del reato anacronistico di vilipendio, di anticaglie come la legge Scelba sui rigurgiti del fascismo e della legge Mancino che proibisce la discriminazione, ovvero impedisce, a parte gli indifendibili insulti, di distinguere, esercitare il libero arbitrio, il giudizio critico che differenzia la persona umana dagli altri viventi.

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Torna il Ministero della Verità di orwelliana memoria: il "proibizionismo" delle idee si estende a dismisura!

Vediamo cose che tolgono la favella. Nel caso dell’omotransfobia, è proibito esprimere la convinzione che “maschio e femmina li creò “(Genesi), che il matrimonio (“dono della madre”) attiene al rapporto naturale uomo-donna, (anzi è vietato chiamare “naturale” quella relazione) che l’omosessualità è sì un orientamento sessuale libero tra adulti consenzienti, ma non un orgoglio o un modello sociale. Tutto ciò è “odio”: guai se lo venisse a sapere la dottoressa Locatelli. L’analisi dei codici giuridici racconta di una società, dei suoi valori e dei suoi tabù quanto lo studio della storia. Le pene previste dal ddl anti omofobo sono pesantissime, paragonabili e talora superiori a quelle relative a reati di violenza o di pericolo sociale, quali il furto, la truffa, la rapina. La stessa vita umana – nei casi di omicidio colposo – vale poco più del “delitto di odio “omofobo o transfobico. Questa è la dura realtà: la coscienza si ribella, il popolo manipolato no. 
Nelle ultime settimane assistiamo con piacere misto a sorpresa al lento risveglio di parte della Chiesa italiana. Alcuni vescovi hanno acquisito consapevolezza dei gravissimi rischi del disegno di legge Zan-Scalfarotto in termini di libertà e – sotto il profilo culturale ed ecclesiale- della negazione del principio di realtà. Non stiamo penetrando soltanto nel campo minato dei reati d’opinione, che si sa dove cominciano e a quali vergogne conducano, ma di riconoscere un’ideologia totalitaria alimentata da uno schiacciante potere culturale e mediatico. Citiamo con gioia un giovane vescovo, Corrado Sanguineti, titolare della diocesi di Pavia, che riconosce senza mezze parole “lo scontro in atto tra due visioni opposte della vita e dell’uomo “, in cui la cultura dominante rigetta “il mistero della creazione “, portando a una “disarticolazione dell’umano”.
Restiamo liberi è il titolo di un’interessante intervista, rilanciata da diversi siti, cattolici e non. Infine, Sanguineti non proclama nessuna crociata né si abbandona ad affermazioni azzardate, ma a stupire è ormai anche il pacato buon senso del monsignore, tanto diverso dalle acrobazie verbali di troppi suoi confratelli. “Mi pare che le urgenze degli italiani siano altre. Desta qualche sospetto questa fretta, incluso il tentativo di approvare la legge in piena estate. Abbiamo il recente esempio della legge sulle unioni omosessuali, che ci era stata presentata come urgente: eppure, da quando è entrata in vigore, le coppie che hanno chiesto il riconoscimento legale sono numericamente molto contenute. L’impressione è che si tratti di una bandiera politico-culturale piantata da lobby che agiscono in Italia e in tutto l’Occidente.” Vorremmo ascoltare più spesso tali argomenti in bocca alla politica. L’’ambiguità di Forza Italia non stupisce: si tratta di un partito disinteressato ai temi etici e a quelli “societari”. Contano solo gli affari: business, as usual
Sanguineti addita la cattiva fede di chi dichiara di sanzionare forme odiose di discriminazione, ma crea reati d’opinione che stroncano la libertà di espressione di chi esprime diversità culturale e distinta valutazione morale. Ancor più grave è proclamare di voler proteggere alcuni dalla discriminazione, ma nei fatti obbligare per legge a una visione della sessualità che considera come normale la separazione tra il sesso biologico e il genere “percepito”, saltando il principio di realtà.

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Vediamo cose che tolgono la favella. Nel caso dell’omotransfobia, è proibito esprimere la convinzione che “maschio e femmina li creò “(Genesi). È strano, come ha notato spesso Benedetto XVI, che in questo tempo - in cui c’è un culto che quasi divinizza la natura - l’unico ambito in cui la natura viene negata o considerata superabile è quello dell’uomo e della donna, l’ambito umano”!

Legge sull’omofobia. Vediamo cose che fanno parlare le pietre
  
di Roberto Pecchioli

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