di Antonello Iapicca
Proprio per essere di Cristo, gli apostoli sono indifesi, esposti agli attacchi di tutti. Non c’è nulla di cui stupirsi, perché l’apostolo incarna Colui che lo manda. E’ Lui che perseguitano, è Lui che odiano. Quante volte anche noi abbiamo rifiutato e perseguitato, ucciso nei nostri cuori i messaggeri del Signore.
Lui è la Verità, la Parola che ci annuncia la Chiesa, ci smaschera, e questo non piace a nessuno. L’orgoglio ferito muove rabbiosamente le acque torbide della violenza nascosta. Per questo il Signore invia i propri discepoli come pecore in mezzo ai lupi, indifesi dinanzi alla violenza bruta di chi è accecato dall’orgoglio e dalla presunzione.
E’ necessaria la debolezza di una pecora: un apostolo capace di difendersi, potente in mezzi e strategie, renderebbe vana la predicazione perché sconfesserebbe la Croce, l’unica capace di svelare la stoltezza nel cuore di chi ascolta.
Quando nell’evangelizzazione la sapienza mondana prende il posto della sapienza della Croce il Vangelo è rifiutato senza che gli apostoli se ne accorgano. E’ l’opera del demonio che, astutamente, spoglia il Vangelo della sua forza originale, rendendolo un irrilevante contorno al pensiero del mondo. O, peggio, facendone un imprimatur al falso buonismo incapace di sanare alla radice il cuore delle persone.
Quando la Chiesa – un sacerdote, un padre, una madre, un amico, tu ed io – cerca nel mondo le formule per annunciare il Vangelo stravolge il mandato del Signore: essa allora va come un lupo in mezzo agli agnelli, perché in fondo, che cos’è il mondo se non un grande gregge di pecore senza pastore?
Quando la Chiesa, per la paura del rifiuto e del fallimento, accetta le subdole lusinghe del mondo e su questo sintonizza le sue parole e i suoi criteri, diventa un branco di lupi travestiti da agnelli, e da sposa si trasforma in un’isterica zitella sempre insoddisfatta. Per questo Gesù invia gli apostoli prudenti e semplici, afferrati completamenti dalla sua Parola da annunziare senza orpelli e glosse mondane; la prudenza che sa discernere gli eventi, e in essi svelare l’opera di salvezza di Dio e quella distruttiva del demonio.
Solo un apostolo semplice e prudente saprà stare nella pace e potrà annunciare con coraggio e misericordia il Vangelo che lo Spirito farà sorgere sulle sue labbra, anche dinanzi alle difficoltà più grandi, ai turbamenti, ai peccati e ai rifiuti di coloro ai quali è inviato, ai loro tribunali, alle flagellazioni nelle loro sinagoghe, davanti ai governatori e ai re della cultura e del potere di questa società. Tutto ciò che accade agli Apostoli è “per causa” di Cristo, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
Ogni secondo della nostra vita è legato alla missione e per il suo bene. Siamo, con gli Apostoli di ogni generazione, il suo vessillo innalzato sul mondo, una profezia di verità sulle tenebre della menzogna. Per tutti vi è una sola salvezza, la Croce del Signore, le sue braccia distese sul male per distruggerlo nell’amore.
Non v’è nulla da pre-occuparsi, non c’è tempo per occuparsi in anticipo di ciò che è ancora nella mente di Dio; non siamo noi a dirigere e ispirare la sua volontà: lo Spirito Santo, il respiro e il pensiero di Dio in noi opereranno in ogni occasione compiendo il piano d’amore del Padre. Unica occupazione, istante dopo istante, è per noi restare aggrappati al Signore, perché il suo amore colmi ogni spazio della nostra vita.
Sappiamo come San Paolo che non ci aspettano altro che catene e persecuzioni, incomprensioni e odio. Il Vangelo è chiaro e duro: sarete odiati da tutti, perché il mondo è sotto il dominio del suo principe. La pazienza e la misericordia di Dio non sono però opzioni strategiche per prevenire il rifiuto, le persecuzioni e le sofferenze. In questo caso sarebbero delle caricature, atteggiamenti ipocriti di chi non ha a cuore la salvezza dell’altro ma solo il proprio successo e il salvare la pelle.
Pazienza e misericordia invece sono le attitudini del cuore dell’apostolo che ha annunciato il Vangelo a tutti, la carità più grande, ed è stato, da tutti odiato e rifiutato. Se l’apostolo vive la vita di Cristo in ogni circostanza, essa si rivela a tutti quelli che incontra, senza adeguarla e scolorirla per renderla commestibile alla carne dell’altro. E incontrerà sempre resistenza e odio, perché la carne non accetta lo Spirito, gli muove guerra; in tutti c’è qualcosa che rifiuta Cristo, quando l’annuncio raggiunge la famiglia e il modo di educare i figli, il rapporto con il denaro, le situazioni incancrenite di peccato. Per questo il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. Ma se la carne non è punta dal Vangelo e non lascia fuoriuscire il pus che rivela gli affetti morbosi e malsani che in essa si nascondono, non può essere salvata.
Se la verità non raggiunge la menzogna e non la denuncia, colui che vive nelle tenebre resterà schiavo. Solo quando il Vangelo plana sulla morte e la svela, come ad esempio Gesù ha fatto in occasione degli esorcismi, esso diviene fonte di salvezza e può compiere con potenza ciò che annuncia. E’ inevitabile che i demoni, stanati e attaccati, si agitino e odino Cristo: è un aspetto insostituibile della missione della Chiesa. Solo chi non ama e cerca nella Chiesa la propria realizzazione fugge dall’annuncio autentico della Croce, legato indissolubilmente a quello della resurrezione.
Dove non c’è denuncia dei peccati non c’è buona notizia, perché dove la morte non appare anche la resurrezione diviene inutile. La “perseveranza sino alla fine” è il frutto dell’intimità con Cristo da cui discernere in ogni circostanza l’occasione per rendere testimonianza: nessun istante della nostra vita è inutile, perché ciascuno, anche quelli più tristi e noiosi, costituiscono l’occasione per offrire noi stessi al martirio della Verità che salva questa generazione.
Un dolore di denti, un’umiliazione sul lavoro, la solitudine, tutto è santo perché ogni istante è un frutto preziosissimo della Passione del Signore, maturo per essere mangiato da tutti coloro che, affamati e accecati, hanno smarrito la vita.
Stiamone certi, Lui ci verrà incontro e ci porterà con Lui, già qui quando riterrà opportuno che fuggiamo in un’altra città senza ostinarci a voler convertire le persone, quando esse si ostinano nel rifiuto, lasciando a ciascuno la libertà che il Padre ha donato sin dal principio.
Ma Gesù verrà “prima” di quanto pensiamo, e si manifesterà con potenza confermando il Vangelo annunciato: è Lui che compie l’opera dell’apostolo, ogni giorno; forse a noi non sarà dato di vederlo, ma non importa, perché quando Lui giungerà alla nostra vita, il suo amore ci colmerà, consolerà e rallegrerà nel riposo che attende ogni umile lavoratore della sua vigna.
Don Antonello Iapicca è missionario da 30 anni in Giappone. Ora opera nella città di Takamatsu.
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di Antonello Iapicca
Il passaggio di Santa Sofia a moschea è solo la cifra della immane crisi di fede che affligge l’Europa. Crisi che il Covid ha e sta evidenziando, con il potere assoluto che tantissimi battezzati hanno dato alla paura, cadendo nella trappola satanica di sostituire nel profondo del cuore, la cura per la salvezza dell’anima con quella per la carne (al netto di precauzioni che sappiamo offrire poche certezze).
La sorte del Tempio di Gerusalemme non è preclusa alle più belle cattedrali e chiese cristiane, tirate su dalla fede del popolo di Dio. Se la fede sparisce spariscono i suoi frutti, tra cui le costruzioni di mattoni, immagini di una Chiesa costituita di pietre vive.
Dove sono le pietre vive? Dov’è la bellezza della fede che risplende in una vita santa, separata dal mondo e ad esso non omologabile? In una sparuta minoranza, il resto piccolo delle minoranze creative che aveva profetizzato Ratzinger all’alba degli anni ’70. Un resto che cresce nella fede, che cioè crede davvero in Dio e nella risurrezione del suo Figlio, che vive mosso dallo Spirito Santo. Un resto che testimonia il Cielo anche se le Chiese diventano moschee o ristoranti.
Come attraverso il Covid, Dio ci sta parlando anche con la triste vicenda di Santa Sofia: non si può più differire un rinnovato annuncio del Vangelo perché la fede viene donata attraverso la predicazione.
Di nuovo, risuonano forti le parole di Gesù ai suoi discepoli: “quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla terra?”. Non ci sono altri impegni, altre responsabilità che annunciare il Vangelo e formare nella fede il Popolo di Dio. E vedremo sorgere nuove e bellissime cattedrali, costruite con le pietre preziose dei martiri del Terzo Millennio, oggi in grembo della Madre Chiesa.
Don Antonello Iapicca è missionario da 30 anni in Giappone. Ora opera nella città di Takamatsu.
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