ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 11 agosto 2020

Il solo che non ci abbandona

 Lo Stato di rovescio


Si chiama Stato di diritto – locuzione derivata dall’espressione Rechtsstaat, coniata dalla teoria giuridica tedesca del XIX secolo – quella forma di governo che sottopone se stessa alla legge attraverso la divisione dei poteri e la formazione di istituzioni di garanzia. Presupposto dello Stato di diritto è che l’esercizio arbitrario del potere venga contrastato con la regolazione dell’organizzazione e del funzionamento dei pubblici poteri, attraverso istituti normativi e modalità istituzionali.

Se la definizione è corretta, l’Italia è entrata trionfalmente nel territorio dello Stato di rovescio. All’inserimento progressivo nel corpus giuridico di norme che limitano l’esercizio della libertà di parola e la possibilità concreta di diffusione del pensiero, potrebbe presto aggiungersi la proposta di legge “Costanzo e altri” (Atto camera 2592) tesa a introdurre i reati di “istigazione a disobbedire alla legge elettorale, di isolamento sociale o affettivo e di istigazione alla rinuncia o al rifiuto dei trattamenti sanitari”. La politica del carciofo – o della rana bollita – continua senza posa: pezzi di libertà concreta si perdono progressivamente nella passività di massa.
La dittatura si nasconde sempre meno. Nel 2020 ha assunto la maschera dell’emergenza sanitaria per il contagio da Coronavirus, senza perdere di vista l’ampliamento della sorveglianza digitale e informatica. Almeno fino alla metà di ottobre, il governo si è attribuito poteri d’emergenza, il che significa che – per il nostro bene! – molte delle nostre libertà più comuni sono sequestrate, a partire dal diritto a manifestare pubblicamente il dissenso nei suoi confronti, al tempo in cui si fa reale lo spettro di un impoverimento irrimediabile del nostro popolo (meno dodici punti e mezzo di PIL).
A molti cittadini è impedito di salire sui mezzi pubblici nonostante abbiano regolarmente stipulato un contratto di trasporto attraverso l’acquisto dei biglietti di viaggio. L’affollamento di treni e bus mette in crisi il distanziamento sociale, prologo dell’isolamento che la proposta di legge citata vuole imporre e proteggere dalle grinfie di quella che un tempo era chiamata società civile. Guai se obiettiamo a programmi di vaccinazione massiva: tutta la forza (benevola!) dello Stato cadrà su di noi, popolo in maschera.
Il capo dell’opposizione andrà a processo per rapimento in quanto ha impedito l’approdo in porti nazionali a navi estere su cui erano imbarcati cittadini stranieri decisi a entrare in Italia senza essere invitati, al di fuori delle leggi internazionali e domestiche. La cosa grottescamente più assurda è che il voto parlamentare che manda a processo Matteo Salvini è stato determinato dagli stessi che erano in maggioranza con lui (il partito grillino) e addirittura dalle medesime persone fisiche che – in qualità di membri del governo e persino di capi dello stesso (Giuseppe Conte) avrebbero potuto, anzi dovuto, se erano convinti che Salvini commettesse un delitto, impedire gli atti criminali imputati al “mostro” milanese.
Nessun problema: la magistratura giudicante provvederà a fare giustizia. Peccato che i capi delle correnti organizzate dei giudici, nelle famose e famigerate chat intercettate al loro potentissimo factotum, Luca Palamara, invitassero gli inquirenti in toga ad attaccare Salvini “anche se ha ragione”. É lo Stato di rovescio, bellezza. Contemporaneamente, in Lombardia si indaga su certe forniture sanitarie (gratuite!), all’evidente scopo di mettere in difficoltà la giunta di centrodestra. Nessuna curiosità giudiziaria sulle mascherine mai pervenute alla regione Lazio, il cui presidente, il fratello del commissario Montalbano, è segretario, nel tempo libero – del partito – Stato PD. Silenzio sull’ospedale fantasma anti Covid in Campania, mai utilizzato. Anche a Napoli, però, comandano i Buoni e i Giusti. Il potere del denaro svuota la democrazia, l’egemonia della magistratura rende impotente la politica- ovvero la volontà popolare – e abolisce lo Stato di diritto. Stato di rovescio, come la faticosa, vana ricerca, sulla grande stampa e sulle principali televisioni, della notizia del rinvio a giudizio dell’ex ministro Luca Lotti, uomo ombra di Matteo Renzi.
Dobbiamo tuttavia entusiasmarci (“orgoglio italiano” esulta la televisione per dovere d’ufficio) per il completamento del ponte autostradale di Genova. Possiamo sommessamente ricordare che è del tutto ovvio che un’infrastruttura strategica distrutta venga rapidamente ripristinata? Per la verità, ci si attenderebbe che il concessionario sotto la cui gestione il ponte Morandi è crollato fosse cacciato, come avevano garantito mano sul cuore i governanti. Niente da fare: la società dei Benetton è sempre lì ed è giustificata l’indignazione dei parenti delle vittime, decisi a rimanere estranei alla parata dell’inaugurazione, con gran sventolio di bandiere tricolori e pistolotti grondanti retorica.
Ci permettiamo un’autocitazione tratta da un nostro intervento sul concetto di “dromocrazia”, il potere postmoderno della velocità secondo Paul Virilio, che “incute meraviglia, timore, ma fa di più: dissuade. La mondializzazione impone una dissuasione civile su scala globale, in cui i divieti di agire, pensare, si moltiplicano e ci rendono, appunto, dei dissuasi. La prigione senza sbarre di cui parlava Aldous Huxley non è più in costruzione, ma in via di completamento. Siamo dissuasi dall’agire, perché c’è la prigione; dal parlare, per timore di ammende, risarcimenti e cause civili; dal pensare perché è inutile, un esercizio di autismo ai limiti della patologia. E oggi, persino dal vivere, poiché la nostra presenza inquina.”
Il contrario dello Stato di diritto: operazioni che cercano di produrre effetti nei comportamenti e negli immaginari. Minacce, parole d’ordine, obblighi, perché la gestione di una crisi è uno strumento di comunicazione. Impera la retorica dissuasiva. Il nuovo Stato etico più la società dello spettacolo, nel senso indicato da Guy Debord. Paul Virilio ricordava che siamo dei “dissuasi”, il che significa che lo Stato di diritto è liquidato di fatto. Un sistema che dissuade, con la minaccia o anche con il suadente appello all’istinto di conservazione non è diritto, ma biopotere, come scoprì Michel Foucault. Suoi obiettivi sorvegliare e punire. Il combinato disposto delle leggi, delle sanzioni e delle intimidazioni prima scoraggia, poi inibisce.
Siamo degli alieni abbrutiti dai chierici dei media e dagli esperti. Il sistema “corporativo” (multinazionali, potere finanziario più l’apparato repressivo degli Stati nazionali) impone le sue maschere, i suoi marchi e le sue leggi eccezionali ed emergenziali senza inconvenienti. Al tempo in cui il contagio non uccide quasi più, continuiamo ad alienarci gaiamente, mentre qualcuno cerca con accanimento nuovi contagiati, gli “asintomatici”, per giustificare il blocco della nazione. Ci accontentiamo, al più, di cliccare sull’icona “non mi piace “di qualche profilo dissenziente sulle reti sociali. Il sistema – che pare sempre a un passo dal crollare – trionfa senza problemi.
La rilettura di Guy Debord (La società dello spettacolo) è illuminante. Così scrive nel paragrafo 12 della sua opera capitale: “Lo spettacolo si presenta come un’enorme positività indiscutibile e inaccessibile. Non dice niente di più che quel che appare è buono, e quel che è buono appare”. La condotta che esige per principio è l’accettazione passiva, che “ha già ottenuto per il suo modo di apparire senza diritto di replica, per il suo monopolio dell’apparenza”. Nel successivo paragrafo, continua dimostrando che il sistema è senza replica, altro che Stato di diritto. Avevano le loro ragioni quei marxisti che denunciavano la natura formale delle libertà “borghesi” liberali. “Il carattere fondamentalmente tautologico dello spettacolo risiede nel semplice fatto che i suoi mezzi sono allo stesso tempo il suo scopo. É il sole che non tramonta mai sull’impero della passività moderna. Ricopre l’intera superficie del mondo e si bea indefinitamente della propria gloria. “
Ateo e marxista, Debord attacca la religione, che secondo Feuerbach era già diventata una maschera nel secolo XIX e non aveva tutti i torti, visti gli esiti del cristianesimo ufficiale odierno. “La filosofia, come potere del pensiero separato, e pensiero del potere separato, non ha mai potuto di per sé oltrepassare la teologia. Lo spettacolo è la ricostruzione materiale dell’illusione religiosa. La tecnica spettacolare non ha dissipato le nuvole religiose: le ha soltanto collegate a una base terrestre. Così è la vita più terrestre che diventa più opaca e irrespirabile. Non pone più in cielo il suo rifiuto, ma presenta in terra la sua sfida assoluta, il suo paradiso fallace. Lo spettacolo è la realizzazione tecnica dell’esilio dei poteri umani in un aldilà; la divisione è stata completata all’interno dell’uomo” . Perdoni il lettore l’asperità del linguaggio “situazionista “delle citazioni debordiane, che tuttavia danno conto dell’immensa menzogna della cosiddetta società aperta.
“Con il successo stesso della produzione separata come produzione del separato, l’esperienza fondamentale legata nelle società primitive al lavoro principale si sta spostando, nel polo dello sviluppo del sistema, verso il non-lavoro, l’inattività. Ma questa inattività non è in alcun modo liberata dall’attività produttiva: dipende da essa, è una sottomissione ansiosa e ammirata ai bisogni e ai risultati della produzione; è esso stesso un prodotto della sua razionalità. Non ci può essere libertà al di fuori dell’attività e nell’esecuzione dello spettacolo viene negata ogni attività, così come l’attività reale è stata completamente catturata per l’edificazione complessiva di questo risultato. “

Insomma, siamo separati da noi stessi e dagli altri, prigionieri di futili diritti individuali legati prevalentemente alla sfera dell’istinto, diritti che un brillante polemista spagnolo, Juan Manuel De Prada, chiama “penevulvari”. Il demone del sistema che si ammanta di diritto ci isola sempre di più. Come dice Debord, siamo riuniti nel separato. “Il sistema economico basato sull’isolamento è una produzione circolare di isolamento. L’isolamento è il fondamento della tecnica e il processo tecnico isola a sua volta. Dalle automobili alla televisione, tutte le merci selezionate dal sistema dello spettacolo sono altresì le sue armi per rafforzare costantemente le condizioni di isolamento delle folle solitarie”. Siamo ontologicamente inferiori a ciò che viene mostrato: “Nello spettacolo, una parte del mondo si rappresenta davanti al mondo ed è superiore ad esso. Lo spettacolo è solo il linguaggio comune di questa separazione. Ciò che unisce gli spettatori è solo una relazione irreversibile con il centro stesso che mantiene il loro isolamento. Lo spettacolo unisce i separati, ma li riunisce come separati”.

Diventiamo contemplatori passivi, recettori e a nostra volta diffusori di menzogne, zombie, non viventi “L’alienazione dello spettatore a beneficio dell’oggetto contemplato (che è il risultato della sua stessa attività inconscia) è espressa come segue: più contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti, meno capisce la propria esistenza. L’esternalità dello spettacolo in relazione all’uomo che recita appare nel fatto che i suoi gesti non sono più suoi, ma di un altro che li rappresenta. Ecco perché lo spettatore non si sente a casa da nessuna parte, perché lo spettacolo è ovunque”.
Debord aveva evocato questa unificazione del pianeta nella rappresentazione (il “divenire-merce del mondo”), con la conseguenza che il successo del sistema economico di separazione finisce nella proletarizzazione del mondo. Il diritto del predatore.
Il sistema può trionfare solo perché ci ha imposto il programma e lo ha chiamato diritto. Siamo istruiti e condizionati a obbedire e guardare le sue immagini. L’astuzia straordinaria del potere non è soltanto aver edificato una prigione senza catene, ma aver fatto credere a imponenti masse umane, a generazioni intere, che il rovescio è diritto, i suoi interessi sono i nostri, la vita mera sopravvivenza, la realtà la sua rappresentazione. Tuttavia, c’è una linea di rottura, un punto di non ritorno. La società dello spettacolo non funziona, toglie l’essere e si appropria dell’avere. Dissuade, ma non persuade. Anche lo Stato di rovescio finirà. Quel giorno, in tanti dovranno guardarsi dalla collera di chi avrà scoperto l’imbroglio.
Roberto Pecchioli
Agosto 11, 2020

IN OSTAGGIO A DEGLI SQUILIBRATI

Una società in ostaggio a degli "squilibrati psichici". La diffusione dei mali sociali dipende dal fatto che "il mondo moderno si è ribellato a Dio": questa è la causa prima della pazzia che sembra sconvolgere la nostra società di Francesco Lamendola


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La società contemporanea si distingue soprattutto in una cosa da tutte le società del passato: il fatto che in essa non è la minoranza responsabile, sana, animata da un atteggiamento positivo verso la vita, a svolgere la funzione trainante, non necessariamente in qualità di classe dirigente, ma anche solo come coscienza e modello ideale per gli altri; bensì una costellazione composta di spostati, di nevrotici, degenerati, libertini, ossessi e disperati che condiziona la vita dell’intero corpo sociale che, pur non essendo capace di svolgere funzioni direzionali, ha fatto in modo da pesare in maniera decisiva sulle scelte di tutti, condizionando la politica, l’economia, la cultura, e svolgendo di fatto una funzione contro-dirigente, nichilista e distruttiva, che si compiace del nulla e gode di bloccare i processi virtuosi e le possibilità espansive. Stiamo parlando di una minoranza, peraltro sempre più consistente, di persone disancorate, senza saldi valori, senza punti di riferimento, e che neppure ne vorrebbero avere; di persone che detestano l’ordine, la pace, il bene, e rivestono la loro malattia psichica di nobili panni, ad esempio auto-proclamandosi coscienza critica di una borghesia ipocrita e imbelle; di falliti rancorosi, di relitti sociali che galleggiano alla deriva ma non ammettono il proprio fallimento, non riconosco la loro pochezza e riversano su tutti gli altri le cause dei loro insuccessi, sventolando improbabili patenti di nobiltà morale o di genialità creativa o di autentico amore del progresso civile, che si manifesterebbe anzitutto, secondo loro, nello smascherare le finzioni altrui e nel denunciare le colpe nascoste di quelli che hanno la sola, vera colpa di saper vivere, di aver cresciuto una famiglia, di aver creato una piccola impresa, di aver lavorato duramente per costruire qualcosa che resta, mentre essi nulla sanno produrre se non amari lamenti e rampogne interminabili, sovente tirando in ballo i diritti conculcati dei “lontani”, dei migranti, dei “diversi” e di tutti quelli che, a loro dire, soffrono sotto il giogo d’un ignobile sfruttamento, non da parte dei Padroni Universali, ma proprio di quei piccoli imprenditori e quei padri e madri di famiglia che a loro danno tanto fastidio perché ricordano loro il nulla che sono.

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Una società in ostaggio a degli "squilibrati psichici"?

Questo, da parte degli intellettuali: un esercito di artisti senza talento, scrittori senza originalità,  pensatori senza spessore, scienziati incompetenti, tutti però accomunati da una smisurata ambizione e un sordo rancore e da un desiderio di rivalsa e di vendetta. C’è poi un numero ancor più grande di persone comuni, alcune delle quali sofferenti di autentiche patologie psichiatriche, depressione, bipolarità, manie di vario genere, o di soggetti che, pur non essendo malati nel senso clinico della parola, sono tuttavia degli anormali, per scelta e per comodità: disadattati che vogliono farsi mantenere, tossicodipendenti che sfruttano i genitori, caratteriali che tiranneggiano il coniuge o i figli, femministe incattivite, falliti che vogliono rivalersi su chiunque abbia del talento, egoisti e narcisisti cronici, piccoli despoti capricciosi e viziati, prepotenti per vocazione, incapaci che si atteggiano a incompresi e perseguitati: tutto un vasto esercito di mostri sociali, di schizzati, di paranoici, di ossessi nel vero significato della parola, molti dei quali sono divenuti tali a forza di frequentare circoli spiritisti, giocare col paranormale, frequentare ambienti occultistici ed esoterici o pendere dalle labbra di chiromanti, maghi e ciarlatani. Né mancano, come è giusto, preti senza vocazione, religiosi sessualmente deviati e prelati massoni e satanisti, i quali rimestano nel torbido, propagano ogni sorta di sporcizia e di eresia  e aumentano la confusione generale con il loro stile malefico, la loro pastorale capovolta e il loro contro-vangelo infernale.
Scriveva uno psicologo oggi pressoché dimenticato anche nella sua patria, in quanto sarebbe giudicato troppo politicamente scorretto: Maurice Verdun, già professore di Antropologia presso l’Institut Catholique di Parigi, nel suo libro – il titolo è già tutto un programma - Il pericolo mentale (titolo originale: Le péril mental, Lyon-Paris, Éditeur Emmanuel Vitte; traduzione integrale dal francese di  A. Bernardini e L. Bianco, Biblioteca di Psicologia e Pedagogia, Roma, Edizioni Paoline/SAIE, 1955, 1973, pp. 199-200):
Abbiamo descritto i principali tipi di persone tarate che circolano in gran numero nella nostra società contemporanea e popolano le case di detenzione, di rieducazione e gli ospedali psichiatrici. Ora intendiamo precisare IL PESO, IL DISORDINE E IL PERICOLO ch’esse causano alle persone rimaste sane nei diversi settori della vita sociale.
Quante FAMIGLIE hanno a loro carico un debole mentale o un demente internato? Quante, soprattutto, sono turbate dalla convivenza con uno squilibrato del dinamismo, della sensibilità psichica, dell’affettività passionale, del giudizio pratico e dell’emotività? Quante sono minacciate nell’onore, nei beni, nelle più legittime speranze, nell’equilibrio intellettuale e sentimentale e nella stessa vita, in seguito ad una unione che ha introdotto nel loro focolare, e persino nel loro sangue, un agitato o un malinconico, uno scioperato o un prodigo, uno spirito falso illuminato o perseguitato, un ossessionato, un violento, un paranoico? Nessuna statistica esiste al riguardo, ma il caso è così frequente che, senza dubbio, sarebbe più facile enumerare le famiglie che sono immuni da disturbi della vita mentale.
Nessuna statistica è in grado di darci un ragguaglio completo , ma è certo che oggigiorno le famiglie fortunate, che non hanno nel loro seno uno dei grandi invalidi o dei semplici minorati dello psichismo, sono praticamente senza difesa contro il contagio di questo flagello della vita familiare, costituito dai disordini della vita mentale, mentre nelle famiglie che ne sono affette, le persone sane devono sopportare il peso di quelle malate con il turbamento continuo che esse provocano alla loro esistenza.
Quanto BAMBINI devono soffrire, proprio durante gli anni decisivi della loro formazione fisica e morale, gli squilibri dell’uno o dell’altro dei loro genitori, o, peggio ancora, di ambedue? Senza dubbio, non sono sempre le gravi sevizie d’un padre alcolizzato, furioso e dissoluto, né lo spettacolo pietoso d’una madre dipsomane o la mancanza delle cure più elementari d'una paranoica snaturata… (in questi casi estremi i tribunali possono pronunciare l’annullamento dei diritti paterni o materni e provvede per il loro ricovero in un istituto d’assistenza), ma almeno gli choc emotivi ripetuti, i traumatismi affettivi permanenti, determinati dalla presenza di un padre tirannico, impulsivo e violento, d’un malinconico pericoloso, d’un ipersensibile impressionabile e capriccioso, d’un indifferente, d’un sognatore o d’un ossessionato... e, ciò che è peggio, di una madre ansiosa, spendereccia, mai stanca di movimenti e spostamenti, civetta, vanitosa, imbrogliona, chiacchierona incoerente nelle parole o negli affetti, come nei suoi ordini e nelle sue relazioni…
Come stupirsi dello smarrimento dei bambini sotto la direzione di questi individui? Come meravigliarsi dei loro riflessi di evasione presso i nonni e gli amici, ove il focolare è più accogliente; del sollievo che provano rifugiandosi presso club giovanili o in qualche convitto, nell’impaziente attesa dei 16 anni che permetterà loro di entrare come apprendisti in qualche fabbrica o dei 18 per arruolarsi nell’esercito? Come meravigliarsi della facilità con cui le ragazze si lanciano nell’avventura matrimoniale, sposando il primo arrivato, in pieno disaccordo con i genitori dai quali cercano soltanto di allontanarsi il più presto possibile? (…)
I direttori di coscienza, i confessori di quei giovani penitenti che si accusano di avere addolorato la mamma o di nutrire rancori nei confronti del papà, non potranno fare altro che raccomandare il rispetto e l’amore vero i genitori, pur sapendo che le esortazioni a dominare i propri sbalzi di umore, ad assolvere meglio i doveri familiari, rivolte a loro volta a questi poveri educatori, saranno efficaci quanto un cauterio su una gamba di legno…

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Se siamo circondati da tutto un vasto esercito di mostri sociali, di schizzati, di paranoici, di ossessi nel vero significato della parola: che cosa si può fare?

Che cosa si può fare, allorché un numero rilevante di persone è in balia di patologie psichiatriche o si abbandona a comportamenti e stili di vita paranoci, distruttivi, egoisti e violenti, anche “solo” di violenza psicologica, e la maggioranza sembra soggiacere davanti ad esse, non reagisce con la dovuta fermezza, si direbbe paralizzata da oscuri sensi di colpa e si lascia maltrattare, si lascia aggredire, si lascia ricattare, si lascia tenere perennemente in ostaggio, come se non si ritenesse degna di condurre una vita migliore, libera da una simile oppressione, o, almeno, libera di agire e regolarsi in maniera da aiutare i soggetti problematici, ma non già assecondandoli e inchinandosi davanti ad essi, bensì imponendo loro di sottoporsi a delle cure o, nel caso di aberrazioni volontarie, di desistere dal loro atteggiamento di parassitismo sociale? Sperare qualcosa dallo Stato è vano o rischia di rivelarsi un male ancora più grande che subire in silenzio. Certo, vi sono moltissimi bambini che soffrono per l’inadeguatezza dei genitori, i quali di tutto hanno voglia, tranne che di assumersi seriamente le responsabilità che il loro ruolo comporta; e tuttavia, specialmente dopo il caso di Bibbiano, ci siamo resi conto che una rete perversa di amministratori giacobini e di assistenti sociali criminali non aspetta altro che il pretesto per togliere ai genitori, e non sempre i peggiori, la patria potestà, e sottrarre i loro figli, per darli in affido ai propri amici, magari in nome di un’ideologia perversa e pervertitrice. Nel qual caso il male che quei disgraziatissimi bambini rischiano di subire è perfino maggiore di quello cui sono quotidianamente esposti fra le mura di casa loro, in balia dei loro irresponsabili genitori. E allora, a chi rivolgersi, che fare? La chiesa? Sì, un tempo il prete conosceva bene le famiglie della sua parrocchia, era in grado di esercitare una certa influenza, mettere una parola buona, anche se poi, in pratica, una volta lontani da occhi estranei, i mariti alcolizzati ricominciavano a maltrattare i loro familiari, e così le madri isteriche o paranoiche. Ad ogni modo, i preti oggi hanno altro cui pensare che simili inezie: devono occuparsi dei migranti, devono sponsorizzare i corsi di affettività gay, devono incitare i parrocchiani contro l’omofobia e contro quell’orribile cosa che sono le veglie di preghiera in occasione dei Gay Pride. Poi devono sensibilizzare le anime alla cura dell’ambiente, ai problemi dell’ecologia, al dramma del sole che si sta spegnendo (quest’ultimo argomento è stato al centro della più recente intervista di Eugenio Scalfari al signor Bergoglio: questione urgentissima ed estremamente drammatica, come ciascuno può bene immaginare). Se avanza loro del tempo, devono occuparsi della pastorale di papa Francesco, devono insegnare le preghiere alla Pachamama, devono predicare il dialogo con l’islam e l’ecumensimo coi protestanti, e soprattutto devono tuonare e fulminare contro gli orribili peccati del sovranismo, del populismo e del razzismo, causa di ogni disgrazia e di ogni ingiustizia sulla faccia della terra.

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Oggi è necessario fare una scelta chiara fra Dio e il mondo. Chi sceglie il mondo, non può poi lamentarsi se le forze scure travolgono la sua esistenza, i suoi sogni, i suoi affetti. Solo chi confida in Dio costruisce sulla roccia, e le tempeste non l’abbatteranno!

La scuola, allora; la maestra, il professore? Una volta, senza dubbio. Ma oggi, il meno peggio che ci si può aspettare è che se essi notano qualcosa che non va nel comportamento dei ragazzini delle loro classi, si rivolgano a quei tali assessori comunali e a quei tali assistenti sociali di cui sopra, per cui è sperabile che non notino nulla, che non s’imnmischino, che non s’interessino, perché il loro zelo malriposto rischia di trasformarsi in un’ulteriore fonte di sofferenza per quelle sfortunate famiglie che già stanno male. Una volta c’era un nonno, uno zio, un parente che si faceva carico di certe situazioni difficili, che aveva sia l’autorevolezza, sia la buona volontà per intervenire, per offrire almeno un po’ di sollievo ai nipoti in difficoltà, al genero o alla nuora disperati, insomma per dare una mano nei frangenti più tormentosi. Oggi, però, ciascuno bada a se stesso; ciascuno fa già fatica a pensare alla propria famiglia; e nessuno sarebbe disposto a tollerare la minima intromissione, anche se dettata unicamente da sincero interessamento. Tutti, anche i genitori più disgraziati, si ricordano di avere un diritto alla privacy, di essere soggetti di un’autorità parentale, nel momento in cui la loro incapacità appare manifesta e il bisogno di ricevere un aiuto dall’esterno si rivela in maniera impietosa.
E allora? E allora ci resta Dio, il solo che non ci abbandona, non ci delude, non ci tradisce. La forza della preghiera è immensa; l’aiuto della grazia è incommensurabile. Fortificati dalla preghiera, illuminati dalla grazia, quanti si rimettono a Dio, gli affidano le loro pene, domandano umilmente il suo soccorso, ricevono il sostegno, il consiglio, la prudenza, la sapienza necessari. I paurosi diventano coraggiosi, i pigri laboriosi, gli sfiduciati riprendono animo, gl’incerti ritrovano la fermezza. Certo, questi sono i mezzi straordinari di ordine soprannaturale. E nell’ordine naturale? È nostro profondo convincimento che la diffusione dei mali sociali dipenda essenzialmente dal fatto che il mondo moderno si è ribellato a Dio: questa è la causa prima della pazzia che sembra sconvolgere la nostra vita, che ha introdotto nel corpo sociale elementi incontrollabili di disordine, confusione, conflitto e angoscia. Dobbiamo perciò condurre un’ampia opera di bonifica, ripensando tutto il nostro progetto di vita. È necessario fare una scelta chiara fra Dio e il mondo. Chi sceglie il mondo, non può poi lamentarsi se le forze scure travolgono la sua esistenza, i suoi sogni, i suoi affetti. Solo chi confida in Dio costruisce sulla roccia, e le tempeste non l’abbatteranno.

Una società in ostaggio degli squilibrati psichici
  
di Francesco Lamendola

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