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lunedì 31 agosto 2020

SatisPaglia!

La Rivoluzione di Paglia: come ti distruggo la morale cattolica

Sulla questione aborto non c'è solo la fuga in avanti di Avvenire. In una intervista al quotidiano americano Crux, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nega l'esistenza di princìpi morali non derogabili e accusa di strumentalizzazione politica chi usa il diritto alla vita come criterio di voto. Il riferimento implicito è alle elezioni americane, ma le affermazioni di Paglia sono coerenti con una impostazione ormai consolidata che stravolge le basi fondamentali della teologia morale cattolica.


Quanto affermato dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nella sua recentissima intervista a Crux (qui) corrompe il senso della teologia morale cattolica con delle affermazioni sconvolgenti. Prima di esaminarle, però, può essere utile fare una premessa.

Davanti all’impegno morale del voto alle elezioni politiche la prima cosa che ci è stato insegnato di fare è di vedere se nel programma dei partiti ci sono violazioni al diritto primario alla vita. Se ci fosse scritto che quel tale partito ammette l’aborto o l’eutanasia, quel partito non sarebbe votabile. Ciò anche se in quello stesso programma ci fossero elementi buoni e condivisibili. Non si può fare il bene attraverso il male.

Dove troviamo questi insegnamenti? In tutta la teologia morale cattolica come ci è stata (finora) insegnata. In particolare li troviamo nella Nota Dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2002: «La coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale sono sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti”.

Il cattolico non deve mai isolare un elemento dal contesto complessivo della Dottrina sociale della Chiesa perché il bene comune non è fatto di un solo contenuto, tuttavia ci sono “dei principi morali che non ammettono deroghe” e nei loro confronti la responsabilità si fa “più evidente e carica di responsabilità”. Il diritto alla vita è senz’altro tale, dato che il bambino non nato non può godere di nessun altro diritto. Il diritto alla vita ha quindi una sua priorità fondamentale, richiede rispetto assoluto e, quindi, è il primo criterio per la valutazione del voto. Un partito che lo difende potrà essere magari non votabile per altri motivi, ma un partito che lo nega non è mai votabile per nessun motivo.

Questo è stato finora l’insegnamento della teologia morale cattolica. Ora, nella intervista a Crux monsignor Paglia nega tutto ciò e fornisce un quadro opposto. Egli pensa che “strumentalizzare qualche argomento per fini politici o per pigrizia [nel proprio] orizzonte sia dannoso”. Utilizzare per motivi politici un tema etico, come può essere quello della difesa della vita, è fare dell’ideologia e strumentalizzare i principi morali. Ciò viene detto, evidentemente, sia per il politico che mette nel proprio programma la difesa della vita umana dall’aborto di Stato, sia per l’elettore che assume la difesa della vita come principale criterio di voto. Ambedue farebbero ideologia, ossia userebbero il principio morale per i propri interessi. L’elettore cattolico dovrebbe lasciare fuori dalla cabina elettorale “i principi morali che non ammettono deroghe”, sicché tutti i partiti indistintamente risultano moralmente votabili.

Il motivo indicato da monsignor Paglia è che i cattolici devono impegnarsi, assieme agli altri uomini, in “una prospettiva di bioetica globale, che coinvolga tutti i grandi temi che toccano la vita, dell'individuo e della famiglia umana", sicché isolare un elemento della difesa della vita, come la questione aborto, significa strumentalizzare per motivi ideologici la questione morale.

Non è chiaro come si possa difendere la vita in tutte le sue manifestazioni senza anche difenderla in ognuna di esse, né come sia possibile favorire la vita in tutte le sue manifestazioni negando una priorità ordinativa al momento iniziale della vita stessa. I valori da perseguire sono senz’altro molti, ma non sono un insieme indistinto, non sono un “mucchio” di valori, ma un ordine valoriale e ogni ordine ha bisogno di principi ordinativi. La vita è uno di questi e quindi non può essere messa sullo stesso piano di altri.

Paglia, invece, vede l’insieme dei valori morali come un tutto indistinto, come una somma o un elenco, e proponendo di perseguirli tutti insieme, cade nell’utopia, quella sì sempre strumentale a interessi di parte. Al bimbo che nel ventre della mamma chiede di vivere, come si può rispondere che deve pazientare, perché i valori della vita devono essere perseguiti tutti insieme? 

Molti osservatori hanno detto che Paglia ha parlato così in rapporto alle prossime elezioni americane, in appoggio a Biden e contro Trump. Non abbiamo difficoltà a crederci. Tuttavia è necessario vedere in queste enunciazioni i passi verso un ripensamento globale della teologia morale cattolica. Gli interventi sorprendenti di Paglia sono in realtà coerenti tra loro, coerenti con il nuovo statuto della Pontificia Accademia per la Vita, coerenti con l’assorbimento/trasfigurazione dell’Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia, coerenti con la cancellazione dalla teologia morale cattolica della dottrina dei principi non negoziabili, coerenti con tanti insegnamenti di papa Francesco che non distingue all’interno dei movimenti popolari e tutti ugualmente li incoraggia e che afferma di non capire nemmeno il senso dell’espressione principi non negoziabili.

La rinuncia ai cosiddetti principi non negoziabili, intesi come principi ordinativi della morale naturale, sta producendo (volute) conseguenze molto gravi. Monsignor Paglia lo sa senz’altro. Se non c’è qualcosa che non può essere mai fatto – né da parte del politico né da parte dell’elettore – allora tutto può essere fatto. Se tutti i partiti possono essere votati, allora i partiti che vincono possono fare tutto. Sarà quindi inevitabile che l'elettore, al momento del voto, faccia quel “bilanciamento dei beni” che la Veritatis splendor vieta. Sarà anche inevitabile che gli eletti facciano lo stesso una volta eletti. Più che un nuovo quadro della morale cattolica, sembra una sua distruzione.

Stefano Fontana
https://lanuovabq.it/it/la-rivoluzione-di-paglia-come-ti-distruggo-la-morale-cattolica

PAGLIA SULL’ABORTO: CHIACCHIERE PER LA PARALISI MORALE.


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo Paglia, ha concesso un’intervista al quotidiano americano Crux su un tema che dovrebbe stargli particolarmente a cuore, e cioè la difesa della vita. Ci sembra interessante e giusto offrirvi qui nella nostra traduzione il commento di un laico cattolico impegnato, Jeff Mirus, su Catholic Culture. Mons. Paglia è legato strettamente a Sant’Egidio, le cui posizioni di sinistra politica, sia in Italia che negli Stati Uniti sono evidenti. In pratica Paglia annacqua quello che è un problema drammatico, e ben specifico, in una vaga difesa dell’essere umano nel suo complesso…probabilmente per non creare difficoltà all’abortista democratico Joe Biden e non riconoscere che Donald Trump è su posizioni che in teoria dovrebbero essere più vicine alla Chiesa cattolica sull’argomento. Buona lettura. Il tutto con un bel discorso in ecclesiale, tanto, ma tanto buono. Che pena infinita. 

§§§

Da quando l’arcivescovo Vincenzo Paglia è stato nominato presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sembra che sia diventato impossibile per l’Accademia far luce su una particolare minaccia alla vita nel nostro mondo. Non c’è bisogno di guardare oltre per stabilire la vacuità dell’Accademia se non le sue osservazioni amorfe e secolarizzate sul Coronavirus nel mese di luglio. Ora, in un’intervista a Crux, l’arcivescovo Paglia ha ulteriormente avvelenato lo stagno brulicante della vita sostenendo, in effetti, che la politicizzazione dei problemi della vita deve essere sempre evitata come gravemente dannosa.
L’intervista è stata volutamente inquadrata in parte sullo sfondo della campagna presidenziale americana, quindi è giusto leggere i commenti di Paglia in questo contesto. In verità, però, i suoi commenti sono estremamente disorientanti in qualsiasi contesto. In realtà, Paglia ricorre essenzialmente alla tattica dell'”abito senza cuciture”, che usa la verità che tutti i problemi che incidono negativamente sulla persona umana sono questioni di “vita umana”, e poi enfatizza quell’intuizione molto marginale al punto che diventa immorale dare priorità a queste questioni. Così la nostra energia morale si disperde, impedendoci di produrre qualsiasi effetto positivo.
Pur non usando il termine “abito senza cuciture”, Paglia articola chiaramente questo tema inefficace. Per citare la storia di Crux:
Paglia] ha detto che le chiese cristiane negli Stati Uniti dovrebbero sentire “una responsabilità universale” nei confronti della vita, e ha chiesto un maggiore impegno sulla questione della vita “in tutte le sue dimensioni… Cioè, una prospettiva di bioetica globale, che coinvolge tutti i principali temi che toccano la vita, dell’individuo e della famiglia umana”.
Si tratta di un ordine talmente alto che, in termini pratici, non può realizzare assolutamente nulla al di là di una pallida approvazione di ciò che la cultura dominante sta sottolineando come buono in questo momento. Quando ci viene insegnato che tutto richiede sempre la nostra attenzione, diventiamo inerti, prendendoci il merito di galleggiare sui venti del cambiamento.
Così, come raccontato con le citazioni di Crux, Paglia ci ha magnanimamente messo in guardia dal:
trasformare la causa pro-vita in un’arma ideologica, dicendo che fare della protezione della vita un sport politico rischia di fare “un grande male”… [e] … “Farebbe un grande male”, diceva, “se qualche argomento di bioetica venisse estratto dal suo contesto generale e messo verso strategie ideologiche”. Farebbe un grande male”.
Questo può essere interpretato solo come un abbandono dell’impegno politico a favore della vita come “ideologia”, ed è un enorme travisamento. Che cosa può significare questo monito contro le “strategie ideologiche” nel contesto della necessità di cercare un governo giusto e leggi che limitino la portata del male e promuovano il bene comune – il che è precisamente lo scopo della politica?
Consideriamo invece queste due realtà: (a) La priorità deve essere chiaramente ed enfaticamente posta sul diritto alla vita stessa, senza il quale nessun altro bene umano può essere ricercato; e (b) In tutto il mondo, nella nostra vita, la politica è stata usata, attraverso leggi, decisioni giudiziarie e regolamenti, per attaccare il diritto alla vita. Se è così, come può un leader cattolico cercare deliberatamente di dissipare l’energia e l’impegno che tutti gli uomini e le donne di buona volontà dovrebbero applicare proprio alla politica, per rimediare a tali stupendi torti? Tale azione è radicata nella legge naturale; è l’esatto contrario dell’ideologia. Infatti, ci si chiede quando e dove qualsiasi affermazione a favore della vita sia mai stata il prodotto o il servo dell’ideologia!
Di recente ho visto diverse indicazioni della confusione creata da una guida semi-ecclesiastica così amorfa. (Io la chiamo “semi-ecclesiastica”, perché l’arcivescovo Paglia non ha alcuna autorità didattica come presidente della Pontificia Accademia per la Vita). In primo luogo, c’è la nostra recente notizia sulle osservazioni di mons. Paul Garrity di Boston, che afferma con fiducia che è possibile essere a favore della vita e continuare a sostenere l’aborto. Al suo attivo, il vescovo di Garrity (il cardinale O’Malley) ha rilasciato una dichiarazione contraria. Ma non è la prima volta che Garrity contraddice pubblicamente la Fede cattolica e, finora, rimane un sacerdote in regola.
In secondo luogo, nel rispondere ai messaggi di coloro che sono registrati su CatholicCulture.org, troviamo occasionalmente cattolici che rifiuteranno ogni ulteriore contatto, perché evidenziamo le contraddizioni intrinseche della pretesa del candidato alla presidenza Joe Biden di essere cattolico. In due occasioni, nell’ultimo mese, i lettori hanno cancellato le loro iscrizioni presso di noi perché intendono sostenere Biden. Entrambi hanno considerato Donald Trump come un razzista, in contrapposizione a quelle che apparentemente considerano le opinioni più accettabili di Biden.
Invano si ricorda che il presunto “razzismo” di Trump non può essere dimostrato da nessuna politica da lui sostenuta o attuata che sia specifica della razza, mentre Biden ha sostenuto e continua a sostenere politiche che soffocano la vita di persone di tutte le razze, oltre a sfidare la legge naturale in modi che minano seriamente la famiglia e, quindi, l’intero ordine sociale. Sono il primo ad ammettere che il presidente Trump si rifiuta di intraprendere (o è incapace di intraprendere) qualsiasi discorso o comportamento da statista che possa conquistare più persone al suo fianco, e che è davvero molto sciocco a non prendere più sul serio le profonde preoccupazioni dei neri e degli ispanici, soprattutto in una cultura liberale dominante che demonizza costantemente i leader politici e religiosi più conservatori proprio per renderli impopolari con quei gruppi.
Ma non c’è paragone morale tra la retorica insensibile e la difesa e l’attuazione di leggi e politiche che soffocano direttamente le vite umane.
Questo è il nostro mondo! Un’azione morale efficace, sia privata che politica, è resa molto più difficile dai leader cattolici che si parlano della totalità del bene umano in modo tale che nessun bene particolare può mai essere considerato prioritario. Quando i cattolici sono costantemente rimproverati per aver insistito sul fatto che i mali più grandi e più direttamente voluti del nostro tempo devono essere affrontati per primi, possono sentirsi perfettamente giustificati nel ripiegare su qualsiasi piccolo brandello di giustificazione retorica si possa trovare in cause culturalmente dominanti, anche quando queste cause sono, nel loro carattere essenziale e negli effetti diretti, oggettivamente e singolarmente malvagie.
E così ci si perde in un labirinto. Per la persona umana finita, l’enfasi costante sulla responsabilità totale diventa sempre una scusa per non assumersi alcuna responsabilità reale. Di fronte a tutte le cause, si può sempre giustificare il fatto di non fare nulla per correggere un male particolarmente grave, o addirittura di contribuire ad esso. Così Paglia: “Tutto ciò che non rispetta la persona umana… è un peccato contro il Vangelo della vita”. Questa inutile affermazione porta inesorabilmente alle parole conclusive del rapporto Crux sull’intervista:
“Per la prima volta viviamo insieme con quattro generazioni”, ha detto Paglia, aggiungendo che promuovere un “Vangelo della vita” significa favorire il dialogo tra le generazioni e sostenersi a vicenda mentre l’umanità affronta il complesso compito di imparare a guidare la tecnologia e il mercato, piuttosto che lasciarsi guidare da essi. “È un compito enorme – ha detto – e ha esortato i cristiani a impegnarsi in “un dialogo attento in tutti i sensi, l’umanista e il tecnologico”.
Questo consiglio è straordinariamente altisonante. Ma nessuno può seguirlo senza una paralisi morale.
Marco Tosatti

31 Agosto 2020 Pubblicato da  2 Commenti

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