ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 2 agosto 2020

Thesaurus Ecclesiae

LA DOTTRINA
Porziuncola e indulgenze, dono dell'amore di Dio

San Francesco, quando ottenne il Perdono di Assisi, aveva chiesto un’indulgenza plenaria, che rimette tutta la pena temporale dovuta ai peccati. La realtà delle indulgenze illumina sulla meraviglia della comunione dei santi. Alla sua base c’è l’idea del thesaurus Ecclesiae, cioè del tesoro dei meriti di Gesù, Maria e tutti i santi, che la Chiesa può elargire in virtù della Misericordia di Dio




Secondo il Diploma di Teobaldo, quando san Francesco, insieme a fra Masseo, si recò da Onorio III per chiedergli quanto, in un confidente e audace colloquio, aveva già “ottenuto” dal Signore stesso, le parole rivolte al Pontefice furono le seguenti: «Santo Padre, voglio, se ciò piace alla vostra santità, che quanti verranno a questa chiesa confessati, pentiti e, come conviene, assolti dal sacerdote, siano liberati dalla colpa e dalla pena in cielo e in terra, dal giorno del Battesimo al giorno ed all’ora dell’entrata in questa chiesa».

San Francesco domandò dunque un’indulgenza completa o plenaria, ossia la remissione di tutta la pena temporale dovuta ai peccati commessi. Insomma, una cosa grossa.

Quella delle indulgenze è una dottrina e una pratica purtroppo sempre più in disuso e spesso oggetto di perplessità, quando non di critica e derisione; si pensa a Lutero, agli abusi, e via con le solite storie di una Chiesa attaccata al denaro, ingannatrice delle anime, etc.

Se si riflettesse seriamente sulle indulgenze, però, non si potrebbe far altro che rimanere a bocca aperta per l’ammirazione e pieni di gratitudine verso Dio e la Chiesa. Ogni nostro peccato, che lo sappiamo o meno, comporta sempre un disordine; la rottura dell’ordine, poi, causa inevitabilmente una serie di guai, che ricadono su noi stessi e sugli altri; e ogni guaio si presenta a braccetto con una pena da sopportare. Si capisce dunque che ristabilire l’ordine infranto da una colpa significa provare nel contempo un sincero pentimento per quello che si è commesso e la disposizione a riparare in modo congruo i danni provocati. Colpa e pena sono intrinsecamente legate, sebbene sia chiaro che risultano irriducibili l’una all’altra; connesse, ma distinte.

Quando noi pensiamo che ogni peccato è un’offesa contro Dio, Sommo ed eterno Bene, e contro il nostro prossimo, anche se si tratta di un peccato commesso nella solitudine della propria camera, quando pensiamo questo è chiaro che dobbiamo anche ammettere che la pena proporzionata non può essere uno scherzo. L’assoluzione sacramentale ci libera dalla colpa e anche dalla pena eterna che abbiamo meritato, ma non da tutto quel corteo di pene temporali che accumuliamo giorno dopo giorno, ora dopo ora, con la nostra cattiveria, indifferenza, freddezza, doppiezza verso Dio e verso il prossimo. “Figlio mio, tutto si paga, e a caro prezzo”, diceva padre Pio.

Non si tratta di fredda contabilità, ma della realtà delle cose. Se io offendo una persona, e magari le provoco una grave lesione, posso essere perdonata, ma non posso evitare di aver causato sofferenza, sia fisica che morale. Perciò, devo riparare e risarcire, in modo commisurato all’offesa. Queste pene gravano su di noi in molti modi, rendendo questa vita una valle di lacrime. E non solo questa vita, perché questo processo di purificazione ed espiazione prosegue, se necessario, anche nell’altra; è la realtà del Purgatorio, un grande dono della misericordia di Dio, senza il quale nessuno di noi sarebbe degno di vivere la vita dei beati.

Questa misericordia è all’origine anche delle indulgenze, che alleggeriscono il peso da portare a causa delle nostre colpe; e alleggeriscono anche il peso delle pene altrui, perché abbiamo la possibilità di lucrarle sia per suffragare i defunti che per cedere ai nostri fratelli ancora in questo mondo la parte soddisfattoria delle indulgenze.

La realtà delle indulgenze spalanca davanti ai nostri occhi la meraviglia della comunione dei santi. Il domenicano Hughes de Saint-Cher (Ugone di Provenza) è stato il primo a sostenere l’idea di un thesaurus Ecclesiae, un tesoro di meriti a disposizione della Chiesa accumulato dai meriti di Cristo, della Santa Vergine e dei santi, siano essi canonizzati o meno, come fondamento delle indulgenze. Questo immenso tesoro viene in nostro soccorso e ci permette così di abbreviare la pena da noi meritata, o meritata da altri, per i quali noi cediamo l’effetto dell’indulgenza. Paolo VI, nella bellissima Costituzione Apostolica Indulgentiarum doctrina, riprende questo insegnamento, come anche l’espressione “tesoro della Chiesa”, descrivendolo non «come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l’umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre» (§ 5). I meriti di Cristo, della Madonna e di tutti i santi sono a disposizione di tutta la Chiesa, in virtù di quella «solidarietà soprannaturale, per cui il peccato di uno nuoce anche agli altri, così come la santità di uno apporta beneficio agli altri. In tal modo i fedeli si prestano vicendevolmente l’aiuto per conseguire il loro fine soprannaturale» (§ 4).

Non si deve pensare che Ugone abbia inventato le indulgenze; egli ha solo orientato il motivo per cui la Chiesa può concedere indulgenze appunto verso la verità di questo tesoro, laddove invece altri autori sostenevano che l’indulgenza avesse senso quale supplenza delle opere della Chiesa militante.

Così come la conosciamo noi, la pratica delle indulgenze ha origine intorno all’XI-XII secolo, ed è esplosa all’epoca delle Crociate, per prolungarsi poi nelle indulgenze giubilari. In realtà, l’idea di fondo risale ai primissimi secoli della Chiesa, dove già troviamo qualcosa di simile (ma non uguale) nella relaxatio e nella redemptio. Allora la penitenza era una cosa estremamente seria; poteva durare anni e richiedere pratiche molto pesanti, che erano condizione per poter essere riammessi alla comunione ecclesiale. Dunque si confessava la colpa, ci si assoggettava a una lunga penitenza e poi si veniva “assolti”. La relaxatio, come suggerisce il termine, era in sostanza una sostituzione di pena: da una pesante a una più leggera. Anche la redemptio, che inizia ad essere menzionata nel VII secolo, era una commutazione della pena; è in quest’epoca che si incominciano ad introdurre digiuni, preghiere ed elemosine, in sostituzione di pene più severe.

Sempre nel Medioevo si diffonde l’uso dell’absolutio, cioè formule di remissione dei peccati alla vigilia di certe feste liturgiche, praticata soprattutto nei monasteri o anche inserite nei testi liturgici, come attesta la formula assolutoria, ancora presente nel Messale del 1962, dopo il Confiteor. Non è chiaro se queste absolutiones fossero delle vere e proprie indulgenze, ma certamente attestano un maggiore zelo nel ricercare occasioni per attingere a questo tesoro della Chiesa.

Questi possono essere considerati prodromi del successivo sviluppo storico della pratica delle indulgenze, che dev’essere dunque inteso come «un progresso nella stessa dottrina e nella disciplina della Chiesa, non un mutamento, e dal fondamento della rivelazione è stato tratto un nuovo bene ad utilità dei fedeli e di tutta la Chiesa» (Indulgentiarum doctrina, § 7).

San Francesco l’aveva ben chiaro; e anche il Signore, che si preoccupò di mandare il Suo servo dal Papa a chiedere il Perdono d’Assisi o Indulgenza della Porziuncola (vedi qui le condizioni per lucrarla), perché fosse manifesta al mondo la magnanimità del Suo amore.

Luisella Scrosati
https://lanuovabq.it/it/porziuncola-e-indulgenze-dono-dellamore-di-dio
San Francesco e il Perdono di Assisi


Anche quest’anno, sebbene in forma particolare a causa del Covid-19, il 2 agosto ci sarà la celebrazione del Perdono di Assisi nella Basilica di Santa Maria degli Angeli.  «La Porziuncola è una “porta sempre aperta” per tutti quelli – pellegrini e gente del luogo – che vogliono attingere alla grazia di Dio attraverso l’esperienza della Riconciliazione», si legge sul sito della Porziuncola dei frati minori. Il programma è consultabile QUI. Ma quali sono le origini di questa celebrazione? Quali i misteri che legano la vicenda di san Francesco e questa indulgenza? Li possiamo scoprire in questo articolo redatto per il Timone da padre Ferdinando Campana, Ministro provinciale dei frati minori delle Marche


“Circondava di indicibile amore la Madre del Signore Gesù, per il fatto che ha reso nostro fratello il Signore della Maestà e ci ha ottenuto misericordia” (S. BONAVENTURA, Legenda major, 9, 3; FF 1165). Con queste parole S. Bonaventura presenta la devozione filiale di S. Francesco d’Assisi nei confronti della Madre del Signore, la Beata Vergine Maria. Particolarmente nel luogo della Porziuncola, ovvero S. Maria degli Angeli, Francesco aveva sperimentato la gioia e la presenza della dolce Madre di Dio, che lo aveva accolto e custodito nel cammino della sua conversione e del progredire spirituale suo e dei suoi frati: “Questo luogo il santo amò più degli altri luoghi del mondo. Qui, infatti, umilmente incominciò; qui virtuosamente progredì: qui felicemente arrivò al compimento. Questo luogo al momento della morte raccomandò ai suoi frati come il luogo più caro alla Vergine” (S. BONAVENTURA, Legenda major, 2,8; FF 1048).

Lo Specchio di perfezione, uno dei testi delle fonti francescane antiche, scritto, però all’inizio del 1300, sintetizza con un linguaggio poetico ed entusiasta il valore ed il significato di questa chiesetta e di questo luogo:

“Questo luogo è veramente il santo dei santi
meritatamente stimato degno di grandi onori. …
Qui le presenze angeliche irradiano la loro luce
qui sogliono passare le notti facendo risuonare degli inni.
Era tutta in rovina e Francesco la restaurò
fu una delle tre chiese che egli stesso rinnovò.
Questa scelse il padre, quando indossò il saio,
qui domò il suo corpo, soggiogando lo spirito.
In questo tempio fu generato l’Ordine dei minori,
mentre una folla di uomini seguiva l’esempio del padre.
Chiara sposa di Dio, qui all’inizio ebbe recise le chiome,
e seguì Cristo abbandonando gli splendori del mondo.
Sacra madre, essa diede alla luce «fratelli» e «signore»
e per loro mezzo partorì Cristo rinnovando il mondo. …
Qui fu composta le Regola, qui rinacque la povertà,
la vanagloria fu umiliata, innalzata di nuovo la croce. …
Qui viene dimostrato il vero di cui si dubita,
e viene concesso tutto quello che il Padre domanda”.

Qui, dunque, “viene concesso tutto quello che il Padre domanda”: è evidente il richiamo al perdono dei peccati, legato ad una indulgenza particolare. Questo luogo, infatti, oltre che noto per le vicende personali di San Francesco e comunitarie dell’Ordine dei Frati Minori, è conosciuto in tutto il mondo per la famosa Indulgenza della Porziuncola o Perdono di Assisi. Le origini di questo grande dono di misericordia sono un po’ soffuse di mistero, di un alone di riservatezza spirituale, comprensibile credo per fatti mistici e personali a cui fanno riferimento. C’è da ricordare che durante il Concilio Lateranense IV (1215) era stato stabilito le indulgenze legate ad un luogo, ossia una chiesa, non dovevano superare l’anno, e quindi non potevano essere plenarie, e per l’anniversario della consacrazione della chiesa, soltanto quaranta giorni. L’indulgenza della Porziuncola si fa risalire soltanto ad un anno dopo il Concilio Lateranense IV. Come aveva potuto il Papa Onorio III, succeduto ad Innocenzo III, proprio in quel 1216, concedere a Francesco un Indulgenza plenaria per un luogo talmente piccolo e povero, come era la Porziuncola?

Lo spazio ristretto di questa breve presentazione non ci concede ovviamente di entrare nei particolari (rimando ad uno studio serio e documentato, quale quello di Mons. MARIO SENSI, Il Perdono di Assisi, Edizioni Porziuncola, 2002). Mi limito a riportare dei testi che in maniera più dettagliata riferiscono l’accaduto o la memoria di quanto tramandato.

Secondo il famoso Diploma di Teobaldo, Vescovo di Assisi, Francesco aveva avuto una grande tentazione e, oltre che con la preghiera insistente, aveva vinto la tentazione buttandosi in mezzo ad un roveto, pieno di spine, che meravigliosamente si era trasformato in un roseto senza spine, ancora oggi visibile nel piccolo orto adiacente alla Basilica (cfr. Assisi 10 agosto 1310, Diploma di Teobaldo Pontano, Vescovo di Assisi [1296-1329], in MARIO SENSI, Il Perdono di Assisi, Edizioni Porziuncola, 2002, 175-177).

Secondo, poi, il Privilegio di Corrado, Vescovo di Assisi, nel 1335: «Essendo una notte santo Francesco nella cella ch’era allato alla chiesa di Santa Maria [degli Angeli] in ferventissima orazione, gli fu revelato che ‘l nostro Signore Gesù Cristo, colla Vergine Maria sua Madre, era nella detta chiesa con grande moltitudine d’angeli; di che elli subito con molta devozione e letizia spirituale sì muove e viene alla chiesa, e con somma reverezia entra dentro, e gittasi boccone in terra dinanzi al cospetto di Cristo e della sua gloriosa Madre. E poco stante, disse Cristo a san Francesco: “Leva su e addomada ciòcche ti piace per salute dell’umana gente; perocché tu se’ dato in luce della umana gente, e in reparazione della Chiesa”. Allora san Francesco, levato su il capo dice così: “Santissimo Padre e Signore mio, io misero e peccatore sopplico umilemente e addomando alla tua clementissima Maestà, che tu degni di fare questa grazia alla umana generazione, cioè che conceda perdonanza e indulgentia piena a chiunque verrà ed entrerà divotamente in questa chiesa, di trutti isuoi peccati universalmente e particolarmente de’ quali sarà comtrito e confesso e ricevutone penitenzia dal suo confessore: e supplico alla tua Madre santissima, avvocata dell’umana generazione, che ad impetrare questa grazia mi debbia  aiutare, e alla tua piatossissima e misericordissima Maestà interceder e pregare”.

Allora la regina del cielo, inclinata a prieghi di San Francesco, immantanente incominciò a supplicare al suo Figliuolo, dicendo così: “Altissimo, Iddio, onnipotente, io supplico alla tua Deità, e umilmente la priego che si degni d’inchinare a’ prieghi del tuo fedele servo frate Francesco”. Rispose allora la divina Maestà: “Assai è gran cosa, frate Francesco, quella che tu domandi; ma di maggiore se’ degno, e però io esaudisco la tua orazione: ma voglio che questa indulgenzia, che tu addimandi, tu la vada a chiedere da mia parte al Sommo Pontefice, mio Vicario”». Francesco, insieme a frate Masseo, suo fedele compagno, si recò a Perugia da Papa Onorio III ed espose così il suo desiderio: «Padre santo, per lo tempo passato, io, coll’aiuto di Dio, vi racconciai una chiesa ad onore della Vergine Maria madre di Cristo: ora supplico alla vostra Santità, che in essa chiesa, voi poniate grande indulgenzia, senza offerta”. Rispose il Papa: “Non si puote acconciamente fare nel modo che tu addimandi; perocché chi vuole indulgenzia, conviene che la meriti con la mano aiutrice. Ma dimmi, quanti anni tu vuogli ch’io vi ponga di indulgenzia?”. Risponde san Francesco: “Padre santo, piaccia alla vostra santità, non darmi anni, ma anime”. Dice il papa: “In che modo vuogli tu anime?”. Risponde san Francesco: “Voglio, se piace alla vostra Santità, che qualunque persona verrà a quella chiesa, confessa e contrita di tutti i suoi peccati, e secondo che bisogna assoluta [assolta] dal sacerdote, sia prosciolta e assoluta in cielo da colpa e da pena di tutti i peccati che mai commise dal dì del suo battesimo insino a quella ora che entrerà nella detta chiesa”. Risponde messer lo Papa: “Grandissima cosa chiedi, frate Francesco; e non è usanza della Chiesa di Roma di conceder cotale indulgenzia”. Dice allora san Francesco: “Padre santo, quel ch’io v’addimando, non ve l’addimando per parte mia, ma par parte del nostro Signore Gesù Cristo; il quale m’ha mandato a voi suo Vicario per questa cagione”. Allora il papa, istato che fu per alcuno ispazio molto pensoso, finalmente in fervore di spirito gli risponde: “Ed io concedo che così sia, e piacemi che tu l’abbia: Fiat in nomine Domini”» (Diploma di Corrado, Vescovo di Assisi, Assisi 1335, in MARIO SENSI, Il Perdono di Assisi, Edizioni Porziuncola, 2002, 183-194.

Avuto il dono dell’indulgenza, Francesco se ne tornò felice ad Assisi, e dopo alcuni giorni avvicinandosi il 2 di agosto, giorno dell’indulgenza, vengono invitati tutti i Vescovi dell’Umbria  e questi pregano Francesco di tenere lui stesso il discorso di circostanza, per presentare al popolo l’indulgenza concessa dal Papa; Francesco cominciò a predicare dicendo: “Voglio mandarvi tutti in paradiso e vi annuncio l’indulgenza che ho ottenuto dalla bocca del Sommo Pontefice e tutti voi che siete venuti oggi e tutti coloro che verranno ogni anno in questo giorno, con il cuore buono e contrito avranno l’indulgenza di tutti i loro peccati” (cfr. Assisi 10 agosto 1310, Diploma di Teobaldo Pontano, Vescovo di Assisi [1296-1329], in MARIO SENSI, Il Perdono di Assisi, Edizioni Porziuncola, 2002, 177).

Continua, invece, il Diploma di Corrado: «Francesco si leva su e, stando in quella parte del pulpito che più rispondeva al popolo, comincia a predicare; e con tanto fervore di spirit, con tanta devozione e benignità predicò della carità ismisurata di Dio e della sua madre, Vergine Maria ibveso d’ peccatori, e misericordia infinita inverso di loro, quando ritornano a Lui pe rpenitenzia e contrizione e confessione de’ peccati, che pare aa ogni gente che parlasse più veramente un angelo celestiale, che uomo carnale: ed alla fine, della predica sì denunziò, pubblico e palesò da parte del misericordioso Iddio e della sua misericordiosa madre, Vergine Maria, e del santo Padre Vicario di Dio in terra, questa indulgenzia in questa forma, cioè: “Che qualunque persona del mondo verrà a questa chiesa, ed in essa entrerà una volta, contrita e confessa di tutti i suoi peccati, e ricevutone penitenzia dal suo confessore da oggi al vespero insino al vespero di domani, le saranno perdonati da Dio tutti i suoi peccati ricordatisi e non ricordatisi, confessati o per dimenticanza non confessati, dal dì del suo battesimo insino all’ora di quella entrata; e quanto alla colpa e quanto alla pena: e durerà questa indulgenzia per sempre, mai [non solo] ogni anno per cotal dì naturale, dal vespero del primo dì d’agosto insino al vespero del seguente dì, includendosi così la notte come il dì nella detta indulgenzia»  Diploma di Corrado, Vescovo di Assisi, Assisi 1335, in MARIO SENSI, Il Perdono di Assisi, Edizioni Porziuncola, 2002, 191).

Per concludere la storia, tracciata qui soltanto delle origini, si può ricordare che Benedetto XV nel 1921 ha riconosciuto e concesso l’Indulgenza della Porziuncola tutti i giorni a coloro che visitano la chiesa di Santa Maria degli Angeli e Paolo VI l’ha confermata il 14 luglio 1966, estendendola a tutte le chiese cattoliche, francescane e parrocchiali.

di padre Ferdinando Campana Ofm

http://www.iltimone.org/news-timone/san-francesco-perdono-assisi/

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