ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 12 settembre 2020

Bisogna agire insieme, non da sol"..

Un'immigrazione senza muri: ecco il piano di papa Francesco

Papa Francesco è il pontefice degli "ultimi", quindi anche dei migranti. Ma la destra ecclesiastica non ci sta e rilancia contro il multiculturalismo

Quante volte papa Francesco ha lanciato appelli in favore dei migranti nel corso di questi primi sette anni di pontificato? In alcune circostanze, Jorge Mario Bergoglio ha parlato di gestione dei fenomeni migratori in senso "aperturista" per più giorni, all'interno della stessa settimana. Le medie riguardanti queste occasioni, per via delle tante volte in cui un pontefice si eprime in pubblico o no, con dichiarazioni o commenti ufficiali o no, sono difficili da calcolare ma, nel caso in oggetto della tutela dei migranti e dunque della neccessità della loro accoglienza, per Jorge Mario Bergoglio sono alte.

Coloro che cercano rifugio sulle nostre coste, provenendo da quelle che il Santo Padre chiama "periferie economico-esistenziali", abitano certamente nel cuore della pastorale dell'argentino.
L'ultimo monito è arrivato nel corso di un incontro con i primi cittadini delle realtà italiane più interessate dal fenomeno degli sbarchi, con Lampedusa ed il suo sindaco in prima linea: "...nessuno può rimanere indifferente alle tragedie umane che continuano a consumarsi in diverse regioni del mondo", ha detto il pontefice argentino, che poi ha continuato: "Lo scenario migratorio attuale è complesso e spesso presenta risvolti drammatici. Le interdipendenze globali che determinano i flussi migratori sono da studiare e capire meglio". E ancora, il niet: "Non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso". Sono argomentazioni che l'ex arcivescovo di Buenos Aires usa presentare sin da poco dopo l'elezione al Conclave. Una pastorale - quella di Francesco - che non è monopolizzata dal tema dei migranti, ma che certo riserva ai diritti di quest'ultimi uno spazio esteso.
I cattolici conservatori vorrebbero che la Chiesa cattolica si occupasse più di spiritualità e meno di questioni che attengono alla politica. Anche la gestione dei fenomeni migratori farebbe parte del paniere di competenza del legislatore. A questa argomentazione, si ribatte di consueto con gli insegnamenti del Vangelo. O almeno una larga fetta di base cattolica usa quella "difesa". Ma non basta: i tradizionalisti continuano a criticare Francesco per la continuità con cui questo tema viene posto. Nel 2019, Bergoglio ha lanciato una quarantina di appelli in metà anno. Giusto per fare un esempio. Poi c'è la macro-questione del "diritto a emigrare": la destra ecclesiastica si è schierata con Joseph Ratzinger e con il suo "diritto a non emigrare". Benedetto XVI non è stato un papa sovranista, ma Ratzinger non poneva il tema dei migranti con la stessa cadenza con cui lo pone Francesco. Anzi, l'emerito durante il suo pontificato, ha spiegato come, in primis, debbano essere garantite le condizioni affinché una persona possa restare, e lavorare, nella propria patria. Una differenza che i conservatori non fanno fatica a sottolineare, mentre i progressisti rimarcano come la tipologia pastorale di Bergoglio sia prossima agli "ultimi", com'è peraltro proprio dell'Ecclesia. Lo scontro tra gli "schieramenti" non è relativo soltanto a questo ambito, ma attorno alla linea del vescovo di Roma sui migranti ruota parte della dialettica contemporanea degli ambienti culturali, politici e comunicativi, siano essi ecclesiastici o no.

Perché Bergoglio parla sempre di migranti

Come mai la pastorale del vertice universale della Chiesa cattolica è così centrata su chi arriva in Occidente dalle "periferie economico-esistenziali"? Molti addetti ai lavori, in questi anni, hanno provato a fornire delle spiegazioni. Gli ambienti culturali della sinistra politica sono rimasti sorpresi: non si aspettavano di poter contare su un "alleato" così importante. E tanti radical chic hanno iniziato a simpatizzare per il primo pontefice sudamericano della storia. Ma Bergoglio è davvero di sinistra? Le letture divergono. C'è pure chi afferma che Francesco è un populista di sinistra. L'antropologo Roberto Libera, interpellato di recente da ilGiornale.it, ha allontanato qualunque etichetta ideologica associata al vescovo di Roma, ricordando la centralità del Vaticano II: "Uno dei motivi dell’apertura “a sinistra” che sembrava scaturire dalle decisioni conciliari era anche quello di conquistare degli spazi nel mondo del proletariato dominato dalle rivendicazioni comuniste. Ma vorrei chiudere con due riflessioni, a proposito dell’entusiasmo da parte progressista verso l’attuale pontefice, la prima è che in realtà le attenzioni verso i più deboli, i sofferenti, i diversi, sono parte integrante e imprescindibile dell’opera del Cristianesimo, fin dalle sue origini, anzi, costituiscono il messaggio rivoluzionario del Cristo stesso, questo avveniva qualche millennio prima della nascita dell’ideologia marxista; infine, mi permetto di affermare che sbagliano quanti sono soliti attribuire appartenenze di “destra” o di “sinistra” ai pontefici, la Chiesa opera su piani molto distanti da quelli politici, la sua visione del mondo deve essere, necessariamente, altra e alta rispetto alle contingenze della politica", ha dichiarato l'antropologo. Bergoglio, insomma, parlerebbe spesso di migranti per via di quanto scritto sul Vangelo.
La Chiesa cattolica ha aderito al "migrantismo"?
Da parte tradizionalista, d'altro canto, sollevano polemiche per via della presunta adesione ad un'ideologia: il cosiddetto "migrazionismo" o "migrantismo". La dottrina che vorrebbe ogni muro abbatutto ed ogni frontiera divelta, in funzione di un globo terrestre non più basato sui confini. Nella interpretazione del maestro Aurelio Porfiri, cui ci siamo rivolti per dipanare i dubbi sul presunto "migrazionismo" della Chiesa contemporanea, qualche problema sembra persistere: " I fenomeni migratori sono certamente parte del cammino dell’umanità. Quello che dobbiamo chiederci se essi siano accettabili quando passano una certa misura, quando vanno a scontrarsi con difficoltà già presenti nei luoghi d’arrivo. E non tutte le migrazioni sono uguali. Roger Scruton diceva che “non tutte le culture sono tutte ugualmente da lodare e che non con tutte si può convivere pacificamente a fianco a fianco”. Poi arriva la fotografia del momento: "Questa consapevolezza mi sembra assente in alcuni settori della Chiesa attuale, per via di alcune “parole d’ordine” che con la scusa del Concilio vengono propalate a ogni piè sospinto e di cui parlo nel libro scritto con Aldo Maria Valli “Decadenza”, a cui rimando". Il "migrantismo", insomma, farebbe rima con il multiculturalismo. E il Vaticano II non basterebbe a giustificare certe tendenze, che non sarebbero proprie del pontefice, bensì di "alcuni settori". Questo, almeno, secondo l'opinione di Porfiri che, oltre ad essere un compositore ed un maestro di coro, è anche un editore ed un autore.

La vicinanza della Chiesa di Bergoglio alle Ong

"Muri" e "confini" non piacciono all'ex arcivescovo di Buenos Aires, che preferisce un mondo aperto. La nave di Sea Eye sostenuta dalla Chiesa cattolica è forse il simbolo più evidente: il "popolo" delle Ong è parte integrante del "popolo di Francesco". Ma di casi simili ce ne sono stati altri. Come quello della donazione del cardinale teutonico Reinhard Marx. La "Chiesa in uscita" promossa da Jorge Mario Bergoglio è tanto vicina alle Ong pro migranti da essere accusata di essere diventata a sua volta qualcosa di simile ad una Ong. Del resto, il pontificato di Francesco è quello dei migranti. Diventa legittimo domandarsi il perché filosofico di questa spinta. Il professor Renato Cristin, professore di ermeneutica filosofica all'Università di Trieste, non ha dubbi: "Bergoglio ha portato in Europa la visione anti-occidentale della teologia della liberazione, che ha come obiettivi socio-politici la distruzione di quello che essa chiama "l’uomo nord-atlantico" e la creazione dell’uomo nuovo. E i migranti oggi sono funzionali a questo obiettivo, sia perché permettono la sostituzione dell’uomo europeo sia perché rappresentano il concetto di povertà, che è il principale cardine teologico-politico di Bergoglio. L’avversione bergogliana al sistema capitalistico trova infatti nei migranti una sponda non solo simbolica ma anche operativa". E il processo di trasformazione della Chiesa in una Ong a che punto è? Il professor Cristin ci racconta di come sia già avvenuto: "Con Bergoglio, la Chiesa è già diventata una Ong: una trasformazione coerente con la logica di una "Chiesa povera per i poveri"". E la "base"? Perché molti reagiscono con scontentezza? "Ovvio che la gran parte dei fedeli, in Italia e in Europa, si senta a disagio in questa situazione imposta da Bergoglio, e la stessa sensazione prova una parte non marginale del clero, al punto che in un paese di radicata tradizione cattolica come la Polonia, fedeli e clero hanno sui migranti una posizione opposta: chiusura totale, perché vedono nell’accoglienza indiscriminata l’inizio della distruzione della civiltà europea", ha concluso Cristin.

Chi ha occupato spazi "grazie" a questo pontificato

Non si tratta soltanto di messaggi scagliati contro la cattiva distribuzione delle risorse, che sarebbe dovuta alla presunta ed altrettanto cattiva gestione dei processi legati alla globalizzazione, ma anche di disegnare il futuro del cattolicesimo sulla base delle istanze portate avanti in questi sette anni: i conservatori ne sono sicuri. Il Papa avrebbe dunque premiato quei consacrati "fedeli alla linea", e poco inclini a criticare chi pensa che i porti debbano essere sempre aperti a tutti. Un caso di specie sarebbe di certo rappresentato dalla sostituzione nella diocesi di Ferrara-Comacchio di monsignor Luigi Negri, considerato conservatore, col vescovo Giancarlo Perego, della fondazione Migrantes. Ogni papa, del resto, organizza la Chiesa "a sua immagine e somiglianza". Più in generale, sembra vero che correnti dottrinali e gruppi, più o meno politicizzati, di sacerdoti abbiano acquisito spazio comunicativo nel corso di questo settennato. Ambienti ecclesiastici che, durante il regno di Joseph Ratzinger, non avevano grosse possibilità di emergere e che sarebbero invece emersi, distribuendo anche opinioni dal tenore politico. Più che di sigle associative, dunque, si parla di uomini e delle loro espressioni. Quelle che vertono anche sull'ideologia. Per illustrare la situazione, basta citare l'attivismo dei "preti di strada": dai "digiuni a staffetta" contro l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini agli attacchi subiti dallo stesso per via dell'utilizzo del rosario in campagna elettorale. Sarebbe avvenuto anche con un altro pontefice ed un altro "clima"? Difficile rispondere a questa domanda senza le evidenze storiche.
Il caso dei finanziamenti di Open Society alle fondazioni dei gesuiti
Stando a quanto riportato da Marco Tosatti nel suo blog Stilum Curiae qualche giorno fa, un altro collegamento potrebbe essere operato tra la "Chiesa in uscita" e i fautori di un mondo privo di confini: "Tre enti di beneficenza gesuiti hanno ricevuto negli ultimi anni più di 1,5 milioni di dollari da Open Society Foundations, la fondazione del magnate pro-choice George Soros. La Jesuit Refugee Service Foundation ha ricevuto 176.452 dollari nel 2018 per “sostenere il lavoro del beneficiario sui diritti dei migranti” in America Latina e nei Caraibi", si legge nelle prime righe del testo, che è ripreso da un'inchiesta di Aciprensa. I gesuiti odierni sono per lo più "aperturisti" in materia di fenomeni migratori. Il pontefice regnante, che è un gesuita, non può essere chiamato in causa da un punto di vista politico, ma ha più volte espresso simpatie nei confronti dell'universo che comprende le Ong. E questo, con buone probabilità, deriva anche, nella disamina del pontefice, da un "vuoto" che sarebbe stato lasciato dalla politica.

L'ultimo appello di Francesco

Nell'udienza all'organizzazione Snapshot from the Borders, Bergoglio ha espresso pure quanto segue: "La comunità internazionale si è fermata agli interventi militari, mentre dovrebbe costruire istituzioni che garantiscano uguali opportunità e luoghi nei quali i cittadini abbiano la possibilità di farsi carico del bene comune (...). Nel contempo - ha proseguito il Santo Padre, nel corso del suo intervento -, non accettiamo mai che chi cerca speranza per mare muoia senza ricevere soccorso (...). Certo - si legge su quanto ripercorso pure dall'Agi - , l'accoglienza e una dignitosa integrazione sono tappe di un processo non facile; tuttavia, è impensabile poterlo affrontare innalzando murì. Di fronte a queste sfide - ha continuato - , appare evidente come sono indispensabili la solidarietà concreta e la responsabilità condivisa, a livello sia nazionale che internazionale. 'L'attuale pandemia ha evidenziato la nostra interdipendenza: siamo tutti legati, gli uni agli altri, sia nel male che nel bene. Bisogna agire insieme, non da sol". In questo senso, l'universo Ong, in specie quello che sarebbe dedito ad evitare le tragedie in mare, riuscirebbe a sanare un gap che sarebbe dipeso dal non interventismo delle istituzioni.

FINANZIAMENTI IMMORALI
Gesuiti in trappola: Soros "se li compra" a suon di dollari

Le fondazioni gesuite hanno ricevuto più di un milione e mezzo di dollari da George Soros e una di queste lo annovera tra i suoi partner. Prosegue la campagna della Open Society Foundations per condizionare la Chiesa cattolica e modificarne la sensibilità dottrinale. 




Le fondazioni gesuite hanno ricevuto più di un milione e mezzo di dollari da George Soros e, a quattro giorni dalla pubblicazione della notizia da parte del quotidiano on-line Aciprensa, nessuno da Piazza del Gesù, Sede Generale della Compagnia di Gesù, né da Casa Santa Marta dove vive Francesco, ha dato un segno di sconcerto e preoccupazione. 

Ma come? George Soros, il benevolo filantropo e benefattore dell’aborto libero, della eutanasia, della liberalizzazione delle droghe, della ideologia colonizzatrice LGBTI dona soldi per influenzare la Compagnia di Gesù e nessuno ha nulla da ridire? 

La scoperta di Aciprensa dei giorni scorsi squarcia l’ennesimo velo sul grado di efficace penetrazione di Soros e delle sue “buone intenzioni” nella Chiesa Cattolica.

La Fondazione Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, un opera quarantennale di educazione ed aiuto per i poveri e bisognosi del mondo, ha ricevuto nel 2018 ben 176.452 dollari con l'obiettivo di “sostenere i diritti dei migranti” in America Latina e nei Caraibi.

Lo sappiamo, Soros non è tirchio, tantomeno se vuole “penetrare” nelle trincee altrui e perciò, lo stesso anno ha donato pure al Servizio dei Gesuiti per i Migranti in Spagna (SJM - Spagna), 75mila dollari belli freschi dalla fondazione George Soros nel 2016 e 151.125 nel 2018 e per il Programma di educazione superiore ed universitaria dei gesuiti americani (JWL), 890.000 dollari nel 2016 e altri 410.000 nel 2018.

Questa organizzazione è l'unica che sul suo sito web attribuisce alla Open Society Foundations il ruolo di "partner" negli altri siti ufficiali si è preferito oscurare la pagina dei partners o non citare la benvolente fondazione di Soros. Un bel malloppo di 1.702.577 di dollari negli ultimi quattro anni da Soros ai Gesuiti e alle opere caritatevoli. Solo per carità, solo per comunanza di scopi.

ACI Prensa ha consultato le tre fondazioni gesuite sui loro legami con il "munifico filantropo" e solo i gestori del Programma di educazione superiore ed universitaria dei gesuiti americani (JWL) hanno risposto  lo scorso 5 settembre: nulla è stato dichiarato sui generosi doni di Soros per “motivi di privacy”. Privacy di chi? Non certo degli studenti interessati alle borse di studio che non conoscono il benefattore.

I fatti presentati da Aciprensa e ripresi da moltissime ed autorevoli testate cattoliche di tutto il mondo, meritano una risposta chiara e limpida: c’è una alleanza di fatto tra una parte della famiglia cattolica ed il grande benefattore che vuole condizionarne la dottrina e la ragione sui temi della vita, del matrimonio, della educazione e della morale pubblica? Che Soros sia tra i più ossessi  finanziatori della liberalizzazione dell’aborto e dell’ideologia LGBTI, che sia l’attore principale della devastante campagna relativista che sta sradicando l’Irlanda dalle sue radici cristiane e che voglia attuare lo stesso programma in Argentina, Messico, Colombia, Brasile, Polonia, Ungheria, Malta e diversi paesi dell’Africa non interessa?

Perché la Chiesa censura, interrompe e vieta le processioni o le donazioni in odore di mafia (perché la mafia uccide e taglieggia innocenti) ed invece accetta in silenzio complice le prebende di Soros? Sono notissimi a tutti i tanti soldi spesi da Soros per tentare di condizionare la Chiesa cattolica e modificarne la sensibilità dottrinale attraverso le donazioni, solo due esempi possono bastare: i soldi dati per sostenere i Catholic for Choices   (200 mila dollari solo nel 2018) e i 650 mila dollari donati da Soros a ai due gruppi gesuiti americani PICO  e “Faith in Public Life” per condizionare la visita del Papa Francesco negli USA nel 2015.

Nella Catholica vige ancora il divieto assoluto e la consolidata “inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria”, che quel “peccato grave” lo compie anche chi  collabora con  coloro che “complottano contro la Chiesa” e Soros è esplicitamente uno di questi. Sia chiaro, noi preghiamo per il Papa e per la Chiesa ogni giorno e confidiamo che a questo scandalo si metta fine presto…perché già è tardi.

Luca Volontè

https://lanuovabq.it/it/gesuiti-in-trappola-soros-se-li-compra-a-suon-di-dollari

Il socialista mondialista George Soros finanzia fondazioni dei gesuiti?

Il Commissario UE all’economia Gentiloni (PD) con il socialista mondialista Soros.
La notizia è talmente incredibile che, se non venisse dal maggior circuito cattolico di informazione del mondo (Aci Press di ETWN, clicca qui), meriterebbe di essere accantonata come fake. A conferma della possibile veridicità c’è l’assenza di tale notizia sul circuito in lingua italiana, da sempre attentissimo a non irritare i Sacri Palazzi.
ACI Prensa riassume: «Tre organizzazioni caritative della Compagnia di Gesù negli ultimi anni hanno ricevuto oltre un milione e mezzo (di dollari) dalla Open Society Foundations, la fondazione del magnate abortista George Soros».
Inoltre, nel sito Web della Jesuit Worldwide Learning Higher Education at the Margins «riconosce la Open Society come uno dei suoi soci».
Aci rivela anche che l’Arcivescovo di Santiago del Guatemala (anch’egli gesuita) è stato legato per un decennio alla Fundación Soros Guatemala (il servizio rimanda a una precedente pagina, qui), ma che oggi “non ricorda”.
Da sinistra: il Cardinal Zuppi, Mons. Mazza, il Governatore dell’Emilia-Romagna Bonaccini (PD)
L’agenzia di stampa si dilunga poi sui finanziamenti di Soros alle organizzazioni abortiste e genderiste nel mondo (ad es. i 12 milioni di dollari donati alla International Planned Parenthood), aspetti che per i cattolici italiani sono abbastanza noti grazie al lavoro di agenzie di stampa cattoliche e indipendenti.
Quel che ACI – e molti altri – ignora è che persone di Soros sono entrate nei gangli del sistema di potere italiano, quali le giunte regionali a guida Partito Democratico.
Una per tutte, Elly Schlein (vedi qui), attuale vice presidente della “Regione rossa” e collegata alla Open Society di Soros quando era eurodeputata (vedi qui).
Sono altresì poco noti i finanziamenti dati dal Partito Democratico ad alcune componenti del mondo cattolico.
Basti come esempio il milione e mezzo di Euro donati ai dossettiani, portati alla luce dal coraggioso consigliere regionale Daniele Marchetti della Lega (vedi qui).
Più di recente, ha destato scalpore il protocollo d’intesa tra il presidente dei vescovi emiliano-romagnoli,  Card. Zuppi, e la Regione rossa,  che intende promuovere il turismo religioso in modi e con forme di finanziamento non rese note alla stampa (vedi qui).
Fino a qui abbiamo parlato di fatti. Inoppugnabili fatti, confermati dai diretti interessati.
E’ tuttavia doveroso fare il classico 2+2: ACI collega i gesuiti a Soros; persone di Soros sono oggi nel PD; il PD finanzia una certa parte della Chiesa Cattolica.
Se si pensa che Soros e altri (più importanti) organismi mondialisti (ad es. Bilderberg, Rockfeller foundations) NON hanno come unico scopo quello di sopprimere la vita umana e distruggere la famiglia, bensì di instaurare un governo planetario di uguali, retto da una legislazione centrale che stabilisce cosa è bene e cosa è male… si ha uno scenario inquietante.
Ma non vogliamo fare dietrologia e ci fermiamo, in attesa che inchieste e partiti dell’opposizione al PD facciano saltar fuori ulteriori prove.
David Botti

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Soltanto un migrante su dieci in Italia è realmente un profugo

I numeri per questo 2020 sono impietosi per il nostro Paese sul fronte migratorio. Dal primo gennaio ad oggi sono stati 20.624 i migranti approdati irregolarmente in Italia, un dato di gran lunga superiore a quello dello scorso anno quando invece a metà settembre si era fermi 5.868 persone sbarcate. La domanda è: chi sono e quale sarà il destino di chi è arrivato irregolarmente nel nostro territorio? Spesso per i migranti viene usato il termine “profughi“. E questo perché chiunque giunge in Italia può avanzare regolare domanda d’asilo e fino a quando non ci sarà una risposta è quindi etichettato come profugo. Ma la situazione in realtà è un po’ più diversa.

I numeri delle richieste d’asilo accolte

Anche in questo caso sono i numeri a poterci fornire un quadro esaustivo del problema e mostrare uno stato dei fatti diverso da come comunemente lo si immagina. I veri profughi in Italia sono una decisa minoranza tra coloro che sbarcano irregolarmente. In questo 2020, tra tutte le domande di asilo esaminate soltanto nell’11% dei casi l’esito è stato positivo. Anna Bono su Atlantico Quotidiano ha esaminato la situazione nel mese di giugno. Durante questo arco temporale, sono state esaminate 2.359 richieste di asilo, di queste ben 1.906 sono state respinte. Tradotto in termini percentuali, l’81% delle domande è stato accantonato e andando più nel dettaglio, il 12% ha ottenuto lo status giuridico di rifugiato, mentre il 6% ha avuto riconosciuta la protezione sussidiaria e infine l’1% invece ha ottenuto la protezione speciale. Quest’ultimo è un istituto esistente soltanto nel nostro Paese, introdotto con i decreti sicurezza voluto dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini con il quale si è voluta sostituire la protezione umanitaria. L’istituto dovrebbe sopravvivere alle modifiche che l’attuale maggioranza giallorossa vorrebbe introdurre alle norme varate dal precedente governo, anche se l’intenzione è quella di allarga la base dei casi previsti per il riconoscimento dello status. La protezione sussidiaria è invece stata introdotta dall’Unione Europea e riguarda coloro che non possono tornare nei Paesi di origine “per il rischio effettivo di subire un grave danno”.
Considerando quindi i rifugiati veri e propri e coloro che hanno ottenuto la protezione in base agli altri due istituti descritti, la percentuale di coloro che possono essere considerati profughi è molto bassa. Ed è stato così anche negli altri anni: nel 2016 la percentuale tra le domande esaminate non è andata oltre il 5.4%, a fronte di un numero record di richieste giunte in quell’anno nei tribunali tutt’ora ineguagliato.

I migranti irregolari rimangono in Italia

Il problema però è che nella stragrande maggioranza dei casi, coloro che vedono esitata negativamente la propria domanda d’asilo riescono a rimanere nel nostro Paese. Si tratta a quel punto non di profughi bensì di irregolari. In Italia fare un computo preciso di quanti siano coloro che rimangono stabilmente nel nostro territorio pur non avendone titolo è pressoché impossibile. Questa volta poter ragionare su numeri certi è difficile, c’è però una stima approssimativa che parla di oltre mezzo milione di persone. Quando durante il lockdown il ministro per le Politiche Agricole Teresa Bellanova ha proposto una maxi sanatoria per gli irregolari, ha fatto riferimento ad una platea potenziale di 600.000 migranti. E forse questo è il dato che più si potrebbe avvicinare alla realtà. Anche perché l’iter che porta alla definizione dell’esito della domanda d’asilo è molto lungo e a volte può durare anche quattro anni. E una volta arrivato il diniego, è possibile fare ricorso con lo Stato che garantisce un patrocinio gratuito al soggetto ricorrente. I tempi si dilatano e alla fine gli irregolari rimangono a tempo indeterminato in Italia.
Come scritto su IlGiornale.it, anche quando un soggetto riceve il foglio di via è difficile rimpatriarlo: dal 2010 in poi in media sono stati 7.000 ogni anno i rimpatri effettivamente effettuati. In particolare, è tornato nel proprio Paesi di origine il 30% dei tunisini e degli egiziani espulsi, percentuale che scende sotto il 10% per molti cittadini provenienti da Stati dell’Africa sub – sahariana e dell’Asia. Anche con il foglio di via in tasca, spesso si continuano a chiamare profughi coloro che invece sono irregolarmente presenti nel territorio nazionale. Una confusione che rischia di alimentare ulteriormente il problema legato al fenomeno migratorio.

I problemi dati dal trattato di Dublino

Dati, cifre e numeri che mettono il nostro Paese con le spalle al muro: il problema legato alla questione migratoria è ogni anno sempre più serio, in primis perché nel nostro territorio aumentano anno dopo anno le persone presenti irregolarmente. Una circostanza dovuta all’onere che ha l’Italia di essere chiamata da sola a rispondere delle domande d’asilo di chi arriva lungo le coste. Questo perché secondo il trattato di Dublino del 1990, soltanto il Paese di primo sbarco deve farsi carico dell’accoglienza e delle richieste di asilo. Per l’Italia tutto ciò si è sempre tradotto in costi sociali ed economici molto elevati: dai tribunali ingolfati dalle domande fino alle spese per l’accoglienza e per garantire ai migranti quei diritti di cui godono mentre sono in attesa dell’esito della loro richiesta, questi sono soltanto alcuni degli effetti pagati cari dal nostro Paese. La riforma del principio di Dublino non è mai stata una priorità per l’Europa, nonostante tanti annunci negli anni scorsi. E il destino dell’Italia da questo punto di vista è quello di veder continuare a crescere i problemi nella gestione del fenomeno.
Mauro Indelicato 12 SETTEMBRE 2020

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