Il giorno dopo essere stato costretto a dimettersi dal suo incarico vaticano e a rinunciare ai suoi diritti di cardinale, Angelo Becciu ha difeso le sue azioni e si è detto “pronto” a spiegare se chiamato dalle autorità giudiziarie vaticane.
Un articolo di Hannah Brockhaus, pubblicato sul Catholic News Agency (CNA), nella mia traduzione. 
Becciu Angelo, cardinale
 Il giorno dopo essere stato costretto a dimettersi dal suo incarico vaticano e a rinunciare ai suoi diritti di cardinale, Angelo Becciu ha difeso le sue azioni e si è detto “pronto” a spiegare se chiamato dalle autorità giudiziarie vaticane.
“Non ho commesso alcun crimine”, ha detto Becciu ai giornalisti il 25 settembre. “Non ho ricevuto alcuna comunicazione da parte dei magistrati [vaticani]. Sono pronto. Se vogliono che spieghi [le mie azioni], lo farò”. 
“Mantengo la mia serenità”, ha detto. “Rinnovo la mia fiducia nel Santo Padre”.
Becciu ha parlato con i giornalisti in una conferenza stampa ad invito vicino al Vaticano il 25 settembre. CNA ha ottenuto una registrazione audio della conferenza stampa dopo lo svolgimento della stessa.
Il cardinale ha risposto alle domande sulle azioni da lui intraprese in qualità di “sostituto”, o di funzionario di secondo grado della Segreteria di Stato, dal 2011 al 2018.
Nuove notizie hanno rivelato che Becciu ha utilizzato milioni di euro di fondi della carità vaticana in investimenti speculativi e rischiosi, e che ha indirizzato il denaro del Vaticano e dei vescovi italiani verso “prestiti” per progetti posseduti e gestiti dai suoi fratelli. 
Gli investimenti speculativi sono stati fatti dal finanziere Enrico Crasso, che, ha riferito CNA in precedenza, ha ricevuto da Becciu il controllo di milioni di euro in fondi di investimento vaticani.
Becciu ha detto venerdì che non ha seguito le azioni di Crasso “passo dopo passo”, e che si sono incontrati solo una volta all’anno. Secondo Becciu, Crasso lo avrebbe informato di quali investimenti stesse facendo, “ma non è che mi stesse dicendo le ramificazioni di tutti questi investimenti”. 
“Non so” cosa facesse Crasso, ha detto Becciu.
Secondo il cardinale, investire fondi vaticani era nella sua mansione presso la Segreteria di Stato. “Certo, abbiamo fatto investimenti”, ha detto. “Li abbiamo fatti con il desiderio di farli nell’interesse della Santa Sede, non nei miei interessi personali”.
Crasso gestisce il Centurion Global Fund, un fondo d’investimento utilizzato dalla Segreteria di Stato, con collegamenti a due banche svizzere indagate o implicate in scandali di corruzione e riciclaggio di denaro. Come ha riferito Cna, si tratta dello stesso fondo in cui la Segreteria di Stato vaticana ha investito milioni di euro, anche con i soldi donati all’Obolo di San Pietro, una raccolta annuale intrapresa dalla Santa Sede.
I rapporti mostrano che gli investimenti del fondo hanno perso denaro, mentre i suoi gestori, tra cui Crasso, hanno guadagnato milioni di euro in commissioni.
Crasso, a quanto si dice, ha anche presentato Becciu a Lorenzo Vangelisti, CEO del Gruppo Valeur, una società di gestione patrimoniale, consulenza, trading e immobiliare.
Vangelisti è stato coinvolto nell’acquisto da parte del Vaticano dell’immobile di Sloane Avenue a Londra, insieme al direttore della  Valeur capital, Alessando Noceti, che ha lavorato in precedenza per Suisse Credit a Londra.
Becciu ha negato di aver conosciuto Vangelisti o Noceti. “Non so chi siano”, ha detto. “Non li ho mai incontrati”.
Il cardinale ha detto che lui e papa Francesco non hanno parlato della proprietà di Londra durante il loro incontro di circa 20 minuti di giovedì. Ha anche negato che il denaro dell’Obolo di San Pietro sia stato usato per acquistare la proprietà al 60 di Sloane Avenue.
Il cardinale ha descritto l’incontro con il papa e le sue successive dimissioni come “surreale”, perché “ieri, fino alle 18:02, mi sono sentito un amico del papa, un fedele agente del papa… e poi lì, parlando, mi dice che non si fida più di me”.
“Che non si fida più di me perché aveva visto le accuse dei magistrati [vaticani] secondo le quali io avrei fatto appropriazione indebita”, ha detto.
Dopo che il cardinale si è dimesso dalla carica di prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, carica che ricopriva dal settembre 2018, il papa gli ha chiesto di dimettersi anche dai “privilegi” dei cardinali, ha osservato Becciu.  
Le denunce di appropriazione indebita, ha detto Becciu, sostenevano che quando è stato sostituito aveva sottratto 100mila euro per donarli a una cooperativa di proprietà del fratello, che faceva parte dell’opera di beneficienza della sua ex diocesi.
Becciu ha detto di aver cercato di spiegare l’azione a papa Francesco, dicendo che era vero che aveva donato 100.000 euro, ma che erano stati inviati alla Caritas diocesana di Ozieri da fondi vaticani destinati a “varie” opere caritative, e quindi legittimi.
Ha detto che l’accusa che il denaro era andato invece alla cooperativa del fratello legata alla Caritas gli “sembrava strana”, e che quando ha chiamato il fratello e il vescovo per chiedere del denaro, gli hanno confermato che era nei conti della Caritas, ancora intatto.
Alla domanda se pensava che la questione costituisse un conflitto di interessi, dato che il fratello lavora per la Caritas diocesana, il cardinale ha detto: “un conflitto di interessi? Non so se fosse davvero un conflitto di interessi. Io volevo aiutare la diocesi, non mio fratello, la diocesi”.
Un comunicato stampa del vescovo di Ozieri e presidente della Caritas diocesana, Corrado Melis, il 24 settembre, ha detto che la diocesi “non è mai stata beneficiaria” di favori indebiti o illegittimi.
Si dice che Becciu abbia usato le sue conoscenze per aiutare altri due fratelli, fin da quando era nunzio apostolico a Cuba e in Angola.
Ha cavillato sui dettagli del rapporto de L’Espresso, che diceva che la ditta di falegnameria del fratello aveva ricevuto progetti ecclesiastici nei due Paesi. Secondo Becciu, in Angola il fratello ha aiutato a riparare solo “due porte” della nunziatura, e a Cuba, il fratello ha fatto i lavori di ristrutturazione della nunziatura perché “era difficile trovare” materiali a Cuba, così li hanno importati dall’Italia.
Al suo terzo fratello, che possiede un distributore di cibo e bevande, chiamato Angel’s, Becciu ha detto “non ha mai dato soldi, né miei né dell’istituzione” della Chiesa.
Ha anche indicato che dovrebbero essere fornite prove o “farà causa per diffamazione”.
La famiglia di Becciu ha rilasciato una propria dichiarazione il 25 settembre, definendo i rapporti “infondati e maliziosamente falsi…” e “calunniosi, offensivi e denigratori”. 
Hanno detto che Francesco Becciu aveva svolto “alcuni lavori di falegnameria per conto di entità ecclesiali”, ma essi non sono “attribuibili al cardinale Becciu”.
Di Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/il-cardinale-becciu-difende-le-sue-azioni-accoglie-con-favore-la-possibilita-di-spiegare/

Becciu si difende. In un quadro di minacce, ricatti e “pulizie” che non puliscono

“Non ho commesso alcun crimine. Non ho ricevuto alcuna comunicazione da parte dei magistrati vaticani. Sono pronto. Se vogliono che spieghi, lo farò”.
Angelo Becciu si difende davanti ai giornalisti e dice: “Mantengo la mia serenità. Rinnovo la mia fiducia nel Santo Padre”.
Le notizie parlano di milioni di euro di fondi della carità vaticana dirottati in investimenti speculativi e rischiosi, ma anche di denaro del Vaticano e dei vescovi italiani andati a foraggiare attività dei fratelli del prelato. Gli investimenti erano curati dal finanziere Enrico Crasso, ma Becciu dice di non aver seguito le azioni di Crasso “passo dopo passo”, e che si incontravano molto raramente. Secondo Becciu, Crasso lo informava, ma senza entrare nei dettagli. Investire denaro, precisa, faceva comunque parte dei suoi compiti quando era sostituto in segreteria di Stato: “Certo, abbiamo fatto investimenti. Li abbiamo fatti con il desiderio di farli nell’interesse della Santa Sede, non nei miei interessi personali”.
Becciu ha detto che l’incontro con il papa è stato “surreale”. Fino a poco prima, ha riferito, “mi sentivo un amico del papa e poi lì, parlando, mi dice che non si fida più di me perché aveva visto le accuse dei magistrati vaticani secondo le quali io avrei fatto appropriazione indebita”.
L’accusa di appropriazione indebita riguarda, in particolare, centomila euro che sarebbero stati sottratti al Vaticano per dirottarli a una cooperativa di proprietà del fratello del prelato, nell’ambito delle attività della Caritas diocesana di Ozieri, in Sardegna. Fondi, ha riferito Becciu, destinati a varie opere caritative e che sarebbero ancora nei conti della Caritas. Conflitto d’interessi? “Non so se fosse davvero un conflitto di interessi. Io volevo aiutare la diocesi, non mio fratello”.
Un comunicato del vescovo di Ozieri e presidente della Caritas diocesana, Corrado Melis, precisa che la diocesi “non è mai stata beneficiaria” di favori indebiti o illegittimi.
Altre accuse respinte: aver aiutato e favorito altri due fratelli (uno per lavori di falegnameria, un altro titolare di un’azienda che distribuisce cibo e bevande), fin da quando era nunzio apostolico a Cuba e in Angola. Il primo avrebbe solo “riparato due porte” e fatto lavori di ristrutturazione perché in quei paesi “era difficile trovare materiali” e quindi furono mandati dall’Italia. Al secondo, “non ho mai dato soldi, né miei né dell’istituzione”.
La famiglia Becciu ha diffuso un comunicato nel quale definisce le accuse “infondate e maliziosamente false”, e Becciu promette che farà causa per diffamazione se non saranno fornite prove.
In un commento, Lucetta Scaraffia, già collaboratrice dell’Osservatore romano dal 2012 al 2019, scrive: “Sono una cattolica che vive con dolore e angoscia questi giorni che alcuni media vogliono far passare per ‘grande pulizia in Vaticano’. Come qualcuno ha notato, in realtà quel che succede è più simile alle grandi purghe politiche dei regimi totalitari che a un serio e ponderato ricorso alla giustizia. Sono ormai molti anni, da quando cioè Benedetto XVI ha messo mano a una riforma dello Ior, la banca vaticana, che si susseguono scandali, fughe di notizie, arresti improvvisi, processi farsa. Dietro questo fuoco di sbarramento costituito da ‘operazioni di pulizia’ è difficile capire cosa succede veramente. A ciò si aggiungono le voci insistenti di possibili ricatti sulla base di scandali sessuali, più spesso omosessuali e pedofili, che avvelenano la vita e l’operato delle gerarchie vaticane. Ricordiamo che fino a pochi anni fa tutti i vescovi – e sottolineo tutti – erano tenuti a coprire di fatto gli scandali sessuali. Operazioni che oggi, se emergessero, potrebbero provocare gravi terremoti fin nelle posizioni apicali. Proviamo a fare una ipotesi: se, come molti sospettano, lo Ior è servito per decenni a ripulire il denaro sporco delle organizzazioni criminali, non è pensabile che queste ultime accettino senza fiatare che una simile risorsa venga loro sottratta. Da qui la logica ipotesi, per l’appunto, che esse cerchino d’impedire l’auspicata pulizia minacciando di rendere pubblica ai fedeli di tutto il mondo questa attività sotterranea della banca vaticana”.
Prosegue Lucetta Scaraffia: “È facile immaginare quale effetto devastante avrebbe questa pubblicità sulla vita della Chiesa. Proprio tutto ciò spiega forse le infinite difficoltà che incontra ogni tentativo di riforma economica in Vaticano. E infatti i conati di riforma finanziaria si ripetono, senza alcun vero effetto dal punto di vista della pulizia, ma ogni volta producendo contraccolpi e rivelazioni utili alle lotte delle fazioni interne. Ogni volta qualcuno viene defenestrato, qualche colpevole viene messo all’indice e di conseguenza la sua ascesa viene così bruscamente interrotta. È lecito allora un sospetto: che le operazioni di pulizia finanziaria servano solo a stabilire nuovi equilibri di potere, a far fuori gli avversari. Per fare questo è fondamentale l’appoggio dei media. Sono loro infatti a diffondere la notizia, e a creare il colpevole, che quindi è condannato a priori e senza scampo, senza possibilità di difendersi. Dunque non si arriva quasi mai a un vero processo, e se vi si arriva è spesso un processo poco credibile – le regole della giustizia vaticana cambiano sempre e si ha la sensazione che siano più che altro pro forma – sicché di fatto è quasi sempre la stampa che in realtà stabilisce chi è colpevole. Anche in questo caso, iniziato mesi fa con le denunce di malversazione a proposito dell’acquisto di un palazzo a Londra, lo scandalo è scoppiato subito, grazie a un tempestivo invio ai media delle foto dei sospettati. Trovato un capro espiatorio – il comandante dei gendarmi Giani, costretto alle dimissioni per una fuga di notizie – si è passati alla frettolosa condanna mediatica per gli accusati che infatti, nonostante nessun processo, sono stati licenziati. Una giustizia molto sbrigativa, sebbene presentata ai giornali come esemplare, è ora toccata anche al cardinale Becciu. Senza processo, senza dargli alcuna possibilità di difendersi, è stato privato del ruolo e della carica cardinalizia, con l’unico effetto di lasciare sconcertati i fedeli, e non solo loro. Ma noi non sappiamo se sia colpevole, e in assenza processo non lo sapremo mai”.
A.M.V.