ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 4 settembre 2020

Lo “stato di disastro”

IL PRETESTO DEL COVID
Australia, dittatura sanitaria in azione. E fa paura

Stato di Victoria, una donna incinta viene arrestata in casa davanti ai suoi figli per aver promosso su Facebook una manifestazione anti-lockdown che pure prevede mascherina e distanziamento. È la punta dell’iceberg di un regime totalitario (polizia in casa anche senza mandato, chiese chiuse, coprifuoco, ecc.), imposto da un governo di sinistra, che ha introdotto lo “stato di disastro” senza alcuna giustificazione nei numeri




I peggiori incubi stanno diventando realtà: dove non può il Coronavirus, può la gestione del Coronavirus. Ballarat, stato di Victoria, Australia. Una donna incinta, ancora in pigiama, viene arrestata dalla polizia in casa, di fronte ai propri figli, per aver promosso su Facebook un evento contro il ferreo regime di lockdown imposto nello stato federato australiano con capitale Melbourne. L’accusa: istigazione a delinquere. Zoe Buhler, 28 anni, aveva usato il noto social network per pubblicizzare il “Freedom Day” di Ballarat, una manifestazione in programma per sabato 5 settembre e ora in forte dubbio, visto il pugno duro e le multe salate che la polizia ha promesso a chi si azzarderà a partecipare.

Quando la donna - “Zoe Lee” su Facebook - si è vista arrivare i poliziotti in casa è rimasta comprensibilmente storditaUn video, che ieri sera contava circa otto milioni di visualizzazioni, mostra un agente nell’atto di esibire il mandato di perquisizione e successivamente spiegare a Zoe che il suo arresto è dovuto a quanto pubblicato su Facebook. Computer e cellulari sequestrati.


Eppure, nella descrizione dell’evento pubblicizzato dalla giovane si legge subito che si tratta di una «protesta pacifica» e si chiede a chi desidera partecipare di rispettare le misure di distanziamento sociale per non incorrere in arresti e di indossare una mascherina, eccetto che per eventuali deroghe mediche. Nessun proclama “negazionista” (come viene bollato ormai chiunque protesti a torto o a ragione), nessun invito all’eversione o all'imprudenza, ma solo l’idea di riunirsi per esprimere il proprio dissenso rispetto a un lockdown ritenuto eccessivo.

Dal filmato si vede che gli agenti di polizia non si fermano nemmeno quando apprendono che la donna è incinta e che di lì a un’ora, come dichiara lei, deve fare un’ecografia. «… she made a post» («ha fatto un post») dice a un certo punto il suo fidanzato, James Timmins, per sottolineare l’assurdità dell’arresto. E la donna, scossa, aggiunge che avrebbe preferito cancellare il post - dai contenuti assolutamente normali, come abbiamo visto - anziché essere ammanettata davanti ai suoi figli. Zoe è stata poi rilasciata su cauzione. Il 25 gennaio 2021 è attesa in tribunale e, secondo 9 News Australia, le è stata comminata una multa da 20.000 mila dollari.

Il caso di Zoe è solo la punta dell’iceberg del regime totalitario in cui sono stati catapultati i cittadini di Victoria - dove è al governo la sinistra - con il pretesto dello “stato di disastro”, un passo oltre il già allarmistico “stato di emergenza”, superato dalle misure di agosto. A Melbourne, 5 milioni di abitanti, alla polizia è stato dato il potere di entrare nelle case anche senza mandato per fare “controlli a campione”. Il capo della polizia di Victoria, Shane Patton, ha dichiarato il 3 agosto che il suo più importante impegno è «far rispettare le linee guida delle autorità sanitarie». Costi quel che costi, potremmo aggiungere. Nella stessa circostanza, Patton ha rivelato infatti che «in almeno tre o quattro occasioni nella scorsa settimana» gli agenti hanno rotto i vetri delle automobili con all’interno persone che si rifiutavano di fornire i dettagli anagrafici e di dire dove stessero andando.

Le nuove misure di lockdown per lo stato di Victoria prevedono il coprifuoco tra le 20 e le 5 del mattino, tranne che per ragioni di lavoro e di salute; durante il resto della giornata gli spostamenti sono possibili solo per lavoro, esercizio fisico, ricevere e dare assistenza, acquistare beni essenziali; le scuole sono chiuse, a parte che per bambini con bisogni particolari o figli di lavoratori autorizzati; le chiese sono chiuse, con l’eccezione dei funerali, a cui possono partecipare 10 persone al massimo; le mascherine sono obbligatorie anche all’aperto e perfino se si è da soli (l’ammanettamento della ragazza ripresa in questo video insegna); ci si può incontrare in pubblico solo con un’altra persona. E questo è il motivo per cui Zoe è stata accusata di istigazione a delinquere.

Ma su quali basi sono state prese misure talmente restrittive delle libertà personali? Toby Young ha spiegato che le nuove misure sono state adottate dopo che nei giorni precedenti era aumentato il numero di contagi accertati (su livelli, peraltro, percentualmente molto bassi) per via di un simultaneo, massiccio, incremento del numero di test eseguiti. Una situazione a cui stiamo assistendo anche in Italia. Scrive Young: «Sembra uno schema diffuso: su consiglio dei funzionari della sanità pubblica, un leader politico intensifica i test e introduce un programma di tracciamento; poi, quando il numero di casi inevitabilmente aumenta, il leader semina il panico e introduce nuove misure draconiane». Elementare.

Se allarghiamo lo sguardo all’intera Australia, abbiamo i seguenti dati ufficiali: 26.049 persone contagiate dal Covid, 678 morti. Seicentosettantotto morti su 25 milioni di abitanti. Praticamente, la terra dei canguri è fin qui tra le meno colpite dalla pandemia. Anche se i decessi e i contagi fossero tutti - e non lo sono - nello stato di Victoria (6,6 milioni di abitanti), si sarebbe ancora in una situazione proporzionalmente molto migliore di quella di tanti altri Paesi e in assoluto tale da non giustificare il terrore trasmesso alla popolazione, con relative restrizioni, come se si morisse solo e sempre di Covid.

In quel di Victoria è premier Daniel Andrews, laburista. Parlando ad agosto con Life Site News, padre Glen Tattersall, un parroco di Melbourne, ha definito Andrews «un radicale di sinistra con un amore per il potere dispotico». Cattolico di facciata, Andrews «ha un atteggiamento negativo contro la Chiesa: supporta l’aborto, i matrimoni tra persone dello stesso sesso, l’agenda Lgbt, l’eutanasia», ha sostenuto una legge che viola il sigillo sacramentale nei casi che riguardano abusi sessuali, si è espresso di fatto con disprezzo sull’assoluzione del cardinale George Pell. Padre Tattersall ha anche spiegato che i laburisti hanno governato lo stato di Victoria in 17 degli ultimi 21 anni e così «la sinistra radicale domina il sistema giudiziario e civile vittoriano a causa delle nomine politiche».

Ma lo stato di polizia seguito al Covid-19 sta anche avendo un risvolto positivo. Secondo il sacerdote alcune persone stanno realizzando le ingiustizie subite, la sproporzione tra la limitazione della libertà e la situazione reale: in breve, si stanno «svegliando e tornando a Dio». La conferma che fede e ragione camminano insieme.

Intanto, un parlamentare federale australiano, Craig Kelly, liberaleha paragonato l’arresto della giovane incinta a un atto da Germania nazista. E non gli si può dare torto. Se non è dittatura sanitaria, questa, come la si dovrebbe chiamare?

Ermes Dovico
https://lanuovabq.it/it/australia-dittatura-sanitaria-in-azione-e-fa-paura

AUSTRALIA, MADRE INCINTA ARRESTATA E AMMANETTATA DAVANTI AI FIGLI PER POST SU FB CONTRO IL LOCKDOWN

#Byoblu #Byoblu24
È stata prelevata e arrestata davanti agli occhi increduli di suo marito e dei figli. Ammanettata e portata in carcere nonostante lo stato di gravidanza e un’ecografia da effettuare dopo poche ore. La protagonista di questo incubo è Zoe Lee, giovane madre che vive a Melbourne, in Australia. “Istigazione a delinquere”, sarebbe il reato commesso dalla donna per aver pubblicato un post sul suo profilo Facebook con il quale invitava i suoi concittadini a partecipare a un corteo contro le nuove misure di lockdown. In Australia, nello Stato di Victoria, dove si trova la città di Melbourne, il Premier Daniel Andrews ha dichiarato lo stato di calamità e ha stabilito un nuovo lockdown. I provvedimenti sono entrati in vigore lo scorso 2 agosto e prevedono anche il coprifuoco notturno, dalle 20 fino alle 5 del mattino, per gli abitanti di Melbourne. Zoe Lee sarebbe solo l’ultima di una serie di fermi della polizia effettuati nello Stato negli ultimi giorni. La manifestazione sponsorizzata dalla donna non sarebbe stata autorizzata, per questo la polizia ha deciso di intervenire individuando uno ad uno tutti i possibili partecipanti. Dopo le proteste e le indignazioni innescate con la diffusione del video, la donna è stata rilasciata sotto cauzione e fra qualche mese dovrà presentarsi davanti alla Corte.

https://www.youtube.com/watch?v=HoHETcEET5g

EPIDEMIA DA COVID AGLI SGOCCIOLI
Vaccino italiano, se i malati si cercano in Sudamerica

Conferenza stampa allo Spallanzani di Roma, presente Nicola Zingaretti, che annuncia trionfante il vaccino italiano anti-Covid. Ma poco dopo interviene il direttore sanitario dell’ospedale, Francesco Vaia, con una dichiarazione bomba perlopiù ignorata dai media: «In Italia - al di là di quello che si dice - non c’è questa catastrofe, non abbiamo tutti questi pazienti e malati». Malati che verranno probabilmente cercati in Sudamerica. È la conferma, come avvertono altri medici onesti contro ogni narrazione terrorizzante, che nel nostro Paese l’epidemia è al capolinea.




Ospedale Spallanzani di Roma, 24 agosto: il segretario del PD, nonché presidente della Regione Lazio, convoca una conferenza stampa. Attorno a lui, nell’occasione in mascherina di ordinanza (sono lontani i tempi dell’aperitivo a Milano), c’è ressa di giornalisti coi microfoni protesi, e Nicola Zingaretti ha in serbo una notizia clamorosa: l’annuncio del vaccino anti-Covid italiano.

Ormai il vaccino miracoloso lo stanno da giorni annunciando un po’ tutti: dallo Sputnik russo - accolto con freddezza e diffidenza - a quello cinese, inglese e così via. Può l’Italia restare indietro nella grande corsa voluta da Bill Gates e incoraggiata perfino dal Romano Pontefice, che a quanto pare non lascerà Santa Marta finché non sarà pronta la vaccinazione? Ovviamente no, e l’annuncio di Zingaretti gronda orgoglio nazionalista: il genio italico, supportato ovviamente dall’organizzazione della Regione Lazio, ancora una volta dà prova di sé. Le parole del segretario del PD vengono scandite mentre i giornalisti devotamente prendono appunti: siamo alla Prima Fase, ma presto dai Colli fatali di Roma arriverà il vaccino che ci libererà tutti. Un grande momento di orgoglio: abbiamo il vaccino italiano.

Senonché, poco dopo, mentre Zingaretti si sta allontanando godendosi il momento di trionfo, ecco arrivare il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia. Anche lui rilascia delle dichiarazioni che sono un’autentica bomba, ma perlopiù ignorate dai media.

Quello che il dirigente medico dice è che il vaccino in realtà ha bisogno di ulteriori fasi di sperimentazione sull’uomo, ma qui c’è un grosso problema: non ci sono malati su cui sperimentare. Non ci sono casi. Le parole del direttore sono chiarissime: “In Italia - al di là di quello che si dice - in questa fase non c’è questa catastrofe, non abbiamo tutti questi pazienti e malati”.

Insomma, quello che dicono da tempo i medici alla ricerca della verità, che cercano quasi disperatamente di far sapere all’opinione pubblica che l’epidemia è finita, viene confermato clamorosamente dallo stesso Spallanzani, che pochi minuti prima Zingaretti aveva decantato come il centro di ricerca per eccellenza. E lo stesso Spallanzani ci dice che di casi non ce ne sono più.

Quindi, ci si può chiedere, come si potrà mettere a punto il vaccino italico, vanto della scienza medica del Belpaese? Anche in questo caso la sincerità e l’onestà intellettuale del direttore è disarmante: ci sarà una seconda e terza fase che probabilmente verrà fatta in un Paese sudamericano. Insomma: dal Gianicolo alla Pampa, a cercare affannosamente dei casi, dei malati, là dove “il virus è in una fase di crescita”, come afferma il dirigente dell’ospedale, la cui sottolineatura - “al di là di quello che si dice”, riferita al modo in cui viene presentata all’opinione pubblica la situazione epidemiologica italiana - è clamorosa. “Quello che si dice” è l’esito delle scelte governative, e di un’informazione addomesticata al suo servizio. La narrazione terrorizzante che da mesi stiamo denunciando.

E l’aumento di casi, anche gravi, di cui ci viene detto ogni giorno? Anche qui sarà necessario andare a fare i necessari accertamenti. Magari anche sui tamponi che ormai si stanno facendo al ritmo di 100.000 al giorno. Proprio l’altro giorno in Svezia è emersa una realtà inquietante: sono 3.700 circa i falsi positivi in Svezia per un errore nei test diagnostici, test di fabbricazione cinese. Lo ha riportato l’Agenzia di Sanità pubblica nazionale, che mette sotto accusa i tamponi forniti da BGI Genomics, che non riuscivano a distinguere il risultato negativo da cariche virali molto basse. La BGI Genomics si trova in una black list statunitense di società implicate in violazione dei diritti umani riguardanti il trattamento dei musulmani uiguri in Cina. La società ha ricevuto l’autorizzazione dalla FDA per l’uso emergenziale dei suoi tamponi per il Coronavirus a marzo, e due mesi dopo dall’OMS.

Questi dubbi sulla validità e l’attendibilità dei tamponi, così come la possibilità che in molti kit esistano addirittura delle tracce di Coronavirus, dovrebbero essere attentamente valutati. Così come la sicurezza di questi vaccini in sperimentazione rapidissima.

Inoltre, le notizie arrivate dallo Spallanzani, oltre a dirci che l’epidemia è di fatto finita perché non si riesce nemmeno a trovare dei casi su cui sperimentare il vaccino, ci dice anche un’altra cosa: se questi casi non si trovano non c’è problema, perché il vaccino tricolore verrà sperimentato in Sudamerica. E qui si dovrebbero aprire altri campi di discussione, di tipo etico. Ma attualmente la sperimentazione su cavie umane sembra non suscitare la preoccupazione di nessuno, tantomeno dei vertici vaticani, che sembrano anzi spingersi decisamente nella direzione della realizzazione di un vaccino ad ogni costo, fosse pure ottenuto da linee cellulari di feti abortiti, fosse pure sperimentato su cavie sudamericane. In questo caso il “grido di dolore” dell’Amazzonia e dintorni sembra non venire colto.

E nemmeno vengono prese in considerazione le preoccupazioni di molti scienziati che sostengono la pericolosità di un vaccino fatto troppo in fretta senza rispettare i necessari parametri di sicurezza. Un silenzio molto preoccupante.

Paolo Gulisano
https://lanuovabq.it/it/vaccino-italiano-se-i-malati-si-cercano-in-sudamerica

Crisanti si converte al terrorismo virale

Dottor Crisanti
 è un genetista e microbiologo di Padova, assai stimato e con ragione: è principalmente lui l’artefice del metodo che ha salvato il Veneto, e il suo governatore, da guai peggiori conseguenti al coronavirus; disattendendo i confusi, velleitari orientamenti governativi per concentrarsi subito su uno screening a tappeto fatto di tamponi tamponi tamponi. Salvato il Veneto, evviva dottor Crisanti, diventato il simbolo gentile, mitemente sfinito, dell’attendibilità scientifica, della sagacia tempistica, di un decisionismo magari eretico, pure contro l’Oms, ma, come nelle più belle favole, capace di raggiungere un lieto fine, seppur relativo. Senonché, a un certo punto, dottor Crisanti si è trasformato in Mr Hyde: quando tutti si aspettavano identica prudenza, il solito tratto rassicurante, bonario, sdrammatizzante circa la fantomatica seconda ondata, il medico ha preso via via ad assumere un contegno sempre più preoccupato, ansioso, ansiogeno spiazzando tutti a cominciare da Zaia, che difatti ci ha attaccato quasi subito baruffa chiozzotta.
Crisanti muta in Cassandra, ogni giorno la sua pena in forma di allarme: occhio, i contagi risalgono, attenti, i numeri dimostrano, pericolo, c’è la sottostima della realtà, dannazione, siamo ai livelli di marzo, anatema, i comportamenti non vanno bene, mamma mia, la movida è scriteriata, sapevatelo, la chiusura è una possibilità. Ma che è successo? A pensar male si fa peccato ma ci si indovina, diceva Andreotti che era malevolo ma saggio; noi non siamo Andreotti, non pensiamo male e ci limitiamo a mettere in fila gli eventi. Che sono i seguenti: Dr Crisanti ha cambiato registro, sicuramente per fondate ragioni scientifiche; ha cominciato ad avallare letture preoccupanti; è stato arruolato nel team di governo come consulente; e che a questo punto Mr Hyde è diventato uno dei più ortodossi difensori del catastrofismo virale.
Il fatto, in prospettiva squisitamente tecnica, è che Crisanti tende, comprensibilmente, ad allargare la strategia dei tamponi, vincente in Veneto a suo tempo, a tutto il paese e ad ogni situazione. Quindi insiste, più tamponi per tutti: “I contagi sono gli stessi di marzo, ma allora erano solo la punta dell’iceberg. Dobbiamo portare i test a 400 mila al giorno. Più persone si incontrano e più aumenta la probabilità di infettarsi”. E ancora: “Ogni bambino positivo genera la necessità di fare 100-150 tamponi”. Di più, ultima esternazione fresca fresca: “Le mascherine vanno portate anche al banco”, perché i ragazzini parlano, quindi potenzialmente infettano. Ma non tutti la pensano come lui, e anche questo è normale. Il più possibilista, e rilassante, Matteo Bassetti, infettivologo, direttore di Malattie Infettive al San Martino di Genova, non si stanca di placare le fobie. E osserva che un uso indiscriminato di tamponi non solo non serve, ma sarebbe persino impossibile. “Al ritmo di 300 mila tamponi al giorno, in 6 mesi avremmo testato l’intera popolazione italiana. Non serve, sia perché l’esito potrebbe mutare nell’arco di pochi giorni o ore, in caso di contatto con un infetto, sia perché ci pone di fronte a un dilemma: se fossimo tutti positivi, anche gli asintomatici, dovremmo chiudere tutto? Se avessimo il 3-4% della popolazione italiana positiva cosa faremmo? Non ha senso: con questo virus si deve convivere, non esserne terrorizzati”. Rincara Bassetti, dritto al punto: Il modello di Vo’ Euganeo non è estendibile all’intero Paese. In quel caso si è isolato e testato un paese di 3 mila anime, meno di coloro che lavorano all’ospedale San Martino di Genova. Senza contare le ricadute in termini di costi immediati per eseguire i tamponi e di lungo periodo su un’economia già in ginocchio”.
A questo punto, liberi tutti. Di dividersi, di tifare, di sospettare, di preoccuparsi, di incazzarsi. E, alla fine della storia, è proprio questo il problema: che, a distanza di sette mesi da un virus inafferrabile, mutante, tuttora ignoto quanto alle origini, generatore di dietrologie, insomma di una incertezza di fondo che ha scatenato una destabilizzazione globale, gli scienziati non sembrano riuscire a trovare un accordo, un punto fermo da cui partire, una base per lavorare insieme. Il virus ha diviso i morti dai vivi, i sani dai malati, la destra dalla sinistra (ancor di più), i virologi dai microbiologi, i cittadini dai cittadini. Amicizie profonde s’incrinano per una mascherina, un parere su un social. Clientele storiche vanno a ramengo, la diffidenza di noi contro di noi ci scava ed è peggio del contagio, è contagio a sua volta, sfibrante, devastante.
La scienza, la divulgazione scientifica non ne escono, ne risultano frammentarie e dissociate, la confusione avvolge tutto, l’insofferenza cresce, incrociata dei paranoici verso i lassisti, di questi ultimi contro i primi. Pare “dotti medici e sapienti”, la canzone di Bennato coi luminari che, al cospetto del paziente, non si mettono d’accordo: dovremmo, come quello, alzarci e scappare? Tutti quanti? E dove? Speriamo almeno che anche dottor Bassetti, domani, non si trasformi in Mr Hyde.
Max Del Papa
https://www.nicolaporro.it/crisanti-si-converte-al-terrorismo-virale/

La Gismondo non ha più dubbi: "Ecco tutta la verità sul vaccino"

La virologa ha sottolineato che non si può saltare neanche una fase sperimentale: "Deve essere efficace ma anche sicuro"

Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze all'ospedale Sacco di Milano, non crede sarà possibile avere un vaccino sicuro entro fine anno.

Intervenuta a Radio Anch'io su Rai Radio 1, la virologa ha asserito: “Non credo vaccino sicuro entro l’anno”.

Gismondo: "No vaccino sicuro entro l'anno"

Ha poi sottolineato che c’è un rischio a questa corsa al vaccino, ed è quello di saltare alcune fasi della sperimentazione per offrire velocemente la l'immunizzazione. Come spiegato dalla Gismondo: "Il vaccino è una cosa importante da realizzare ma è una cosa seria, e non possiamo saltare nessuna delle fasi sperimentali, non possiamo permettercelo. Deve essere efficace ma anche sicuro. Non possiamo, abbagliati dalla corsa, provocare altri danni".
Della stessa idea anche il professor Andrea Crisanti che a Skytg24 ha evidenziato che i tempi per mettere a punto un vaccino non sono comprimibili. “Il problema è che noi siamo tutti differenti, geneticamente per età, per sesso, per etnia ora o anche per malattie. Quindi in genere la fase cosiddetta di sicurezza di un vaccino dura circa un anno e mezzo, due, solo quella, perché bisogna darla circa a cento mila persone in tutto il mondo. Capisco che c'è l'esigenza e l'aspettativa ma non vorrei che si prendesse a una scorciatoia, perché per ogni scorciatoia che prendiamo aumenta il rischio o che il vaccino non sia efficace o che abbia effetti indesiderati”. Il professore ha infine previsto che per avere un vaccino certo, sicuro e testato, dovremo aspettare la fine del prossimo anno, il 2021. Intanto lo scorso 24 agosto è iniziata la sperimentazione sull’uomo all’ospedale Spallanzani di Roma. Questa fase servirà per capire se vi sono effetti collaterali e se la dose è immunogenica. Saranno 90 i volontari che inizieranno la sperimentazione del vaccino contro il coronavirus.

Inutili allarmismi

Parlando dell’aumento delle terapie intensive, la Gismondo ha sottolineato come non sia certo un segno positivo ma comunque non giustifica allarmismi e panico nella popolazione. Anche perché in questo momento non siamo in emergenza. Visto che si tratta di un incremento di lieve entità, la virologa spera ovviamente che rimanga in questi termini. E sul fatto che il virus sia meno aggressivo rispetto ai mesi di marzo e aprile, Gismondo ha spiegato che siamo noi diversi e che adesso sappiamo come intervenire. “Ora sappiamo qual è la patologia che prima sconoscevamo completamente, parlavamo di polmonite e invece è una vasculopatia diffusa, questo fa la differenza. Ora siamo più sereni, abbiamo raddoppiato i letti in terapia intensiva e la serenità nell'accogliere i pazienti è un elemento fondamentale".

Valentina Dardari

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/coronavirus-gismondo-non-credo-vaccino-sicuro-entro-l-anno-1887555.html

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