ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 15 settembre 2020

Mulier dolorum

Meditando l’Addolorata
Il 15 settembre la Chiesa celebra la festa liturgica di Maria Addolorata.
Il dolore appartiene a Maria non in forma episodica, ma in forma, potremmo dire, costitutiva, perché se Gesù, è chiamato vir dolorum, secondo le parole del profeta Isaia (53.3), la Madonna potrebbe essere definita Mulier dolorum, la Signora dei dolori, la Mater dolorosa.


Gesù Cristo, l’Uomo-Dio, è chiamato Re dei dolori e dei martiri perché nella sua vita soffrì più di tutti gli altri martiri. Il suo dolore fu più grande non di quello di ogni singolo martire, ma dell’insieme di tutti i martiri nel corso della storia. Maria, una semplice creatura, soffrì più di quanto mai abbia sofferto ogni altra creatura. Questo immenso dolore Le fu profetizzato da Simeone, che disse alla Madonna: “Avrai l’anima trafitta da una spada” (Lc 2, 34-35). La spada di dolore trafisse Maria per tutta la vita, ma toccò il suo culmine sul Calvario. La presenza di Maria nell’ora della Passione fu secondo san Tommaso, “il massimo di tutti i dolori” (Summa Theologica, III, q. 46, a. 6).
I dolori di Gesù furono fisici e morali. Il dolore di Maria non fu fisico, fu morale, e non fu limitato al momento della Passione. Quando l’Arcangelo Gabriele annunciò a Maria che avrebbe concepito il Salvatore, Le fece anche capire quali e quante sarebbero state le pene a cui il suo divin Figlio andava incontro. E questa fu la causa più profonda del suo dolore. Infatti, se è vero che i genitori sentono i dolori dei figli più dei propri, ciò vale innanzitutto per Maria, essendo certo che Lei amava il figlio immensamente, più di sé stessa. Perciò il suo martirio morale durò tutta la vita, da Nazareth al Golgota. Maria, dice sant’Alfonso, passò tutta la vita in un dolore perpetuo, avendo sempre nel cuore tristezza e sofferenza. Alla Madonna si applica il passo di Geremia: “E’ grande come il mare il tuo dolore” (Lamentazioni 2, 13).

Gesù soffrì nell’anima e nel corpo, Maria solo nell’anima, ma l’anima è più nobile del corpo, a cui dà vita e non c’è confronto tra il dolore dell’anima e quello del corpo.
I cattolici devoti meditano sulla Passione del Signore, raffigurando davanti ai propri occhi le sofferenze di Gesù nel Calvario. Ma pochi meditano sui dolori di Maria, che secondo la tradizione furono sette: la profezia di Simeone, la fuga in Egitto: lo smarrimento di Gesù al tempio; l’incontro di Maria con Gesù che va a morire; la morte di Gesù; il colpo di lancia e la deposizione di Gesù sulla croce; e infine la sepoltura di Gesù. Ma noi potremmo aggiungere il dolore del Sabato Santo, il giorno del supremo dolore e della suprema speranza.
Una delle ragioni per cui si medita poco sui dolori della Madonna, è che c’è una grande sensibilità ai dolori del corpo, ma si fatica a comprendere quanto grandi possano essere le sofferenze dell’anima. L’ insensibilità di fronte alla sofferenza morale, si deve anche alla diminuita capacità di amore dell’uomo del nostro tempo. Infatti la misura del dolore è l’amore. Il motivo è chiaro perché, come dice sant’Alfonso, citando san Bernardo, “l’anima è più dove ama che dove vive”. Chi non soffre, potremmo dire, non ama.

Per questo il dolore lancinante che subì l’anima della Madonna, nasceva dal suo sconfinato amore per il Divin Figlio, ma anche dal suo immenso amore per la Chiesa e per ognuno di noi. Maria soffriva perché ci amava. Per questo, in un momento in cui la Chiesa soffre un processo di impressionante autodistruzione, dobbiamo chiedere la grazia di amare la Chiesa e soffrire con essa. Chi ama la Chiesa soffre con Lei, e chi non soffre con la Chiesa dimostra di non amarla.
Soffrire con Maria per la Chiesa, significa anche combattere per difendere il nome di Maria e quello della Chiesa nell’ora dell’umiliazione e del tradimento. La devozione all’Addolorata ci dispone a ricevere questa grazia.

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