Un popolo di depressi e le famiglie ridotte a focolai
Per Natale avremo un bilancio di 40mila morti, 400mila ammalati e 40 milioni di depressi cronici, anche gravi. Il primo bilancio è terribile nella prossimità, cioè per le vittime, i loro familiari e conoscenti, ma nella media storica di 640mila decessi all’anno il dato si ridimensiona. Il secondo è oneroso per i pazienti, per i medici, per le strutture ospedaliere e di terapia intensiva. Ma il terzo, impalpabile, trascurato, riguarda i due terzi del popolo italiano. Non so cosa stia accadendo all’estero, non circolano le esperienze, non ci sono più viaggi, non sappiamo come stiano vivendo davvero gli altri popoli la pandemia-bis.
Una larga, lunga, profonda depressione attanaglia la gente nei suoi più intimi alveari. Se togli a un uomo i contatti, le prospettive elementari di futuro, il lavoro, i rapporti famigliari, i viaggi e ancor più l’aspettativa dei viaggi; se togli Natale, sotto grave minaccia, le feste, persino quella dei morti e la sua caricatura, Halloween, se fai avvertire che ogni prossimità è peccato, ogni cena è peccato, ogni festa è peccato mortale, un paese piomba in una depressione senza pari. E a Capodanno tampone e lenticchie…
Mi tengo basso a parlare di 40milioni di depressi, escludendo un terzo della popolazione, tra i quali ci sono gli ottimisti, gli incuranti giulivi, gli innocenti, gl’incoscienti e gli impermeabili, quelli che vivono nel momento, gli stoici e gli asceti, coloro che già vivono un perpetuo lockdown nella loro vita, più quelli contenti della situazione: casalinghi, in smart working, azzerata la vita sociale, bello. Ma la stragrande maggioranza vive male, è caduta in uno stato d’ansia, anzi d’angoscia, vive tra il nulla di una vita spogliata e la paura per la salute in pericolo. I gradi della depressione sono diversi, da quella strisciante e sommersa a quella evidente, con farmaci. Rispetto alla quantità di popolazione depressa, sono anzi sorprendentemente pochi i casi esplosivi di eruzione; anche nel lockdown di primavera, francamente mi aspettavo più violenze domestiche, persino omicidi, per la lunga cattività e l’obbligo di convivenza duratura. Ma la piega generale che ha preso la depressione è di tipo down, stai giù, un senso di avvilimento, di abbattimento, appena animato dal Terrore del virus.
Al tempo stesso cresce un rapporto di dipendenza e non sopportazione del Racconto permanente sul Covid: quella seduta no-stop per allarmarci, quelle prescrizioni ripetute a pappagallo, come un mantra o meglio una mania ossessiva, quei dati, quelle immagini, quelle storie…. E poi quei commenti, compreso questo, quelle previsioni, quelle minacce infinite. Basta bastaaaaaa! Cambiate canale, spegnete il video… non si può parlare sempre della stessa cosa. Ma ci saranno più cose in cielo e in terra del covid, no? Si potrà pure parlare d’altro, lo si faceva durante la guerra, sotto i bombardamenti, e non si può fare ora? Non dovremmo stabilire misure di profilassi psichica, razionare i programmi e le notizie sul covid, stabilire un tetto alle dosi?
A tutto questo si aggiunge l’inversione della realtà adottata dai media su input delle istituzioni. A cosa mi riferisco? Al fatto, per esempio, che la Madre di tutti i contagi sembra essere da qualche tempo la famiglia, la vita in casa, fino a ieri considerata rifugio di sicurezza. Vogliamo dire che non è la famiglia la Madre di tutti i mali, semmai è il danneggiato finale, la vittima terminale? Perché il problema è a monte e si chiama trasporti pubblici o locali pubblici. È lì, in bus, in pullman, in metro, in treno, in aereo o nei bar e nei luoghi pubblici che si rischia il contagio e poi si porta a casa. Non il contrario. Ma siccome a livello pubblico si sono fatti solo ridicoli decreti ma nulla che migliori davvero le condizioni di trasporto in sicurezza, nulla sulle strutture e i mezzi, se non divieti caduti nel vuoto, allora tutto ricade sui singoli e sulle famiglie. A ciò si aggiunge la serpeggiante ideologia grillo-sinistra secondo cui pubblico è bene, famiglia è male. E giù mazzate alla famiglia. Il ridicolo tetto sotto il tetto, ovvero massimo sei persone a tavola, il tam tam che i contagi si prendono in famiglia, magari a causa del sangue, delle eredità genetiche e della struttura autoritaria della famiglia…
Si capovolge non solo il lessico ma anche il senso delle parole: la mancanza di relazioni è una virtù, vivere da soli è un pregio, la famiglia è il luogo più insicuro e infido che esista. Da bambini ci insegnarono che esiste il passato remoto; ora è stato abolito e al suo posto c’è il presente remoto, ovvero essere presenti da remoto. Da bambini ci insegnarono che la famiglia è il focolare, ora è il focolaio, non luogo primario degli affetti ma degli infetti. La casa, da covo a covid.
È solo una coincidenza ma la campagna contro la famiglia con la sua delegittimazione come luogo principale di violenze, soprusi, abusi, ipocrisie; è male aiutare le famiglie per invogliarle a non abortire; libertà contro i “lacci” famigliari e naturali. Coincidenze, solo coincidenze. E se la famiglia fosse un diversivo per non parlare di nove mesi passati nel vuoto a non migliorare la sanità, le strutture, i trasporti, le cure, e prevenire il previsto ritorno del covid? Nove mesi sotto il covid, e la bestia, a differenza degli umani, non abortisce…
MV, La Verità 16 ottobre 2020
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/un-popolo-di-depressi-e-le-famiglie-ridotte-a-focolai/
Intervista / Dalla pandemia al dispotismo terapeutico
***
https://www.aldomariavalli.it/2020/10/16/intervista-dalla-pandemia-al-dispotismo-terapeutico/
Quale futuro per il cristianesimo nell’Europa di domani?
Che cosa l’Europa del domani abbia in serbo per il cristianesimo è ampiamente intuibile già oggi: la civiltà che, più di ogni altra al mondo, è stata forgiata e plasmata dal messaggio senza tempo di Gesù di Nazareth ha voltato le spalle al proprio passato e sta costruendosi una nuova identità, post-cristiana. Dinamiche demografiche, come in Francia e in Germania, spesso accompagnate da processi di secolarizzazione in stadio avanzato, come nei Paesi Bassi e in Irlanda, hanno determinato l’avvento di una nuova epoca per l’Europa, la cui entrata nel lungo sonno della “fine della storia” predetto da Francis Fukuyama ha significato inevitabilmente la fine della cristianità.
Tutto sembra suggerire che questa transizione identitaria dalla portata rivoluzionaria non avverrà in maniera pacifica, perché l’arrendevolezza e la remissività che caratterizzano clero e fedeli, in particolare delle galassie cattolica e protestante, stanno esacerbando il clima di scontro con i fautori e i sostenitori del cambio di paradigma, in primis la sinistra radicale e laicista e in secundis il fondamentalismo islamico, come dimostra l’aumento degli atti anticristiani in tutto il Vecchio Continente. Questa realtà, destinata ad aggravarsi negli anni a venire, deve spingere il mondo cristiano in via di estinzione a porsi un quesito di vitale importanza: quale spazio per le “minoranze creative” in società sempre più repressive e oppressive nei loro confronti?
Quei pensatori in difesa del cristianesimo
L’agenda per la ri-evangelizzazione dell’Europa elaborata dal carismatico duo Wojtyla-Ratzinger all’indomani della caduta dell’impero comunista non ha funzionato e il percorso verso la scristianizzazione del Vecchio Continente sembra essere inevitabile. Comprendendo questa realtà, oggettiva e fattuale, l’attuale Papa emerito ha invitato a più riprese le sempre più crepuscolari comunità cattoliche a reinventare se stesse e il loro ruolo all’interno delle società in cui risiedono, trasformandosi da minoranze remissive a minoranze creative.
Creatività, nell’ottica ratzingeriana, equivale a produzione di idee socialmente utili e sviluppo di capacità di resistenza alla secolarizzazione; l’alternativa sarebbe la morte definitiva del cristianesimo, condannato alla musealizzazione al pari dei politeismi dell’Antica Roma e dell’Antica Grecia. L’importanza di preservare e perpetuare la creatività cristiana che nei secoli ha plasmato in maniera radicale e fondamentale i popoli europei, contribuendo allo sviluppo delle arti, delle scienze, della cultura e delle stesse identità nazionali, sta venendo compresa anche da pensatori sui generis, come Eugenio Scalfari, ateo cristiano e fondatore de La Repubblica, Eric Zemmour, ebreo francese, e Michel Houellebecq, nichilista.
Scalfari ha criticato coraggiosamente gli eccessi dell’ateismo militante, oltre che l’egemonia culturale da esso costruita nei decenni, Zemmour ha denunciato l’arrendevolezza del cattolicesimo al “mondo” e la femminilizzazione del maschio europeo, mentre Houellebecq sta utlizzando la letteratura per sensibilizzare l’opinione pubblica francese (e occidentale) sui rischi dell’islamizzazione e sulla vacuità dell’epoca contemporanea dominata dal consumismo, dall’edonismo e dall’iper-individualizzazione. Si tratta di tre critiche differenti alla società occidentale post-cristiana, eppure al tempo stesso simili e complementari, guidate da un filo comune: l’appello implicito alla chiesa cattolica a non cedere il passo ai tempi e a continuare ad essere la voce spirituale e morale degli europei.
Creatività e repressione
Il principale ostacolo alla trasformazione del cattolicesimo, ma anche del protestantesimo, in una minoranza creativa è la tiepidezza che ne caratterizza i membri: le proposte di costituire partiti politici a rappresentanza dei cristiani cadono periodicamente nel dimenticatoio, sia per mancanza di volontà dei fedeli che per la mancanza di appoggio da parte del clero, scarseggiano le mobilitazioni per protestare contro le “colonizzazioni ideologiche” denunciate da Papa Francesco, e persino le violenze anticristiane vengono accettate con remissività, dalla Francia alla Polonia.
La tiepidezza è il motivo per cui il cristianesimo sta scomparendo dall’orizzonte degli europei, soppiantato da vecchie e nuove religioni e/o da ideologie politiche che, al contrario, sono energetiche, dinamiche e, soprattutto, sono pronte a scendere in piazza per difendere i loro interessi. Di queste religioni l’islam è, indubbiamente, quella che sta lavorando con maggiore intensità per approfittare del crollo dell’ordine cristiano-centrico: partiti politici, associazioni caritatevoli, campagne di proselitismo in strada e in rete, boicottaggi e proteste contro leggi ritenute lesive nei confronti della umma, dalla questione burkini al più recente progetto macroniano contro il separatismo islamista.
L’islam, che affronta gli stessi ostacoli del cristianesimo, è la prova vivente della validità della proposta ratzingeriana sulle minoranze creative: non è con la tiepidezza, ma con la vitalità e il senso comunitario che può essere combattuto, e forse vinto, il disegno ultra-laicista e velatamente irreligioso che guida le agende dei partiti liberali del Vecchio Continente. Quella che, a volte, viene dipinta come islamizzazione, in realtà, non è altro che una vittoria delle comunità musulmane sul laicismo alla francese per mezzo della mobilitazione a oltranza, del lobbismo a livello politico e della sensibilizzazione a livello sociale.
Se nell’Europa del domani vi sarà più spazio per l’islam (e per altre religioni e ideologie) che per il cristianesimo non sarà soltanto per questioni di demografia o ineluttabilità storica, sarà anche e soprattutto perché il primo ha compreso la potenza del messaggio di Benedetto XVI e ha reagito agli schemi repressivi dell’ateismo e del laicismo militanti comportandosi da minoranza creativa.
https://it.insideover.com/religioni/quale-futuro-per-il-cristianesimo-nelleuropa-di-domani.html
L'Irlanda stacca i crocifissi dalle aule
L’ultima riforma ‘progressista’ irlandese, l’abolizione del Crocifisso dalle aule scolastiche, in quella che ormai potremmo definire un corsa folle verso il completo sradicamento del cristianesimo e dell’umano nell’isola di San Patrizio, si applicherà solo a quelle scuole che sono completamente sotto il controllo dello Stato. È solo un primo passo di una politica completa anti-cristiana
Crocifissi in aula prossimi alla rimozione
L’ultima riforma ‘progressista’ irlandese, l’abolizione del Crocifisso dalle aule scolastiche, in quella che ormai potremmo definire un corsa folle verso il completo sradicamento del cristianesimo e dell’umano nell’isola di San Patrizio, si applicherà solo a quelle scuole che sono completamente sotto il controllo dello Stato. Solo un primo passo per il sradicamento completo del cristianesimo. Nei giorni scorsi il Governo ha deciso (di nascosto) che tutti i simboli religiosi e le cerimonie cristiane saranno completamene bandite per tutti gli alunni e per sempre. Se invece gli studenti frequentano una scuola diocesana, allora potranno ancora imparare le lezioni in un'aula adornata di simboli religiosi, i Presepi Natalizi e si potranno fare ancora le Messe durante l’anno.
Grazie alla pubblicazione del documento inedito da parte dell’Irish Times si è scoperta l’azione del Governo. Le scuole secondarie statali irlandesi stanno eliminando gradualmente una serie di “influenze cattoliche” come le messe obbligatorie per la consegna dei diplomi, l'esposizione di soli simboli cattolici e le visite degli ispettori diocesani. Le nuove regole si applicheranno a più di 200 scuole secondarie gestite dagli enti statali per l'istruzione e la formazione (ETB) - ex scuole professionali - che sono ufficialmente classificate come ‘multidenominazionali’. In queste scuole, si legge nel nuovo regolamento, qualsiasi simbolo religioso visualizzato "deve riecheggiare le credenze della comunità scolastica più ampia piuttosto che una religione particolare" per riflettere questa identità multi-denominazionale. O tutti i simboli di tutte le religioni o nessuno, dunque l’Irlanda comincia con l’eliminare l’unico simbolo della propria tradizione: il Crocifisso. Proprio un documento inedito sui valori fondamentali di queste scuole ha sollevato la preoccupazione nell’intero settore educativo, si teme che la nuova normativa tenderà ad essere applicata anche a tutte le altre scuole pubbliche statali e non statali e non solo agli ‘istituti professionali’.
Ma i simboli religiosi sono un problema nelle scuole irlandesi in teoria o in pratica? Cominciamo con la teoria. La migliore ragione per separare Chiesa e Stato, disse Thomas Jefferson, non è proteggere lo Stato dall'influenza della Chiesa, ma per proteggere la Chiesa dall'influenza dello Stato. Questa nuova norma irlandese appalesa il terrore che lo Stato ha di vedersi condizionato dalla memoria di uno o più simboli della fede cattolica, peraltro origine e tradizione inscindibile dalla storia d’Irlanda. Lo Stato irlandese non vuole che nulla corrompa i suoi insegnamenti, nemmeno un dipinto o un crocifisso. Un passo indietro, un brutto segnale di scivolamento verso il baratro da parte di governanti che negli ultimi anni, dopo aver introdotto matrimonio gay (2015), aborto (2018) ora spingono per la legalizzazione della eutanasia e assaltano direttamente la tradizione cristiana del Paese. Ma è un progresso l’eliminazione dignità umana, dal concepimento alla morte naturale, la distruzione della famiglia cellula fondamentale della società e, attraverso queste nuove misure, lo sradicamento della fede cristiana popolare?
La Chiesa di Irlanda sinora non ha commentato ufficialmente queste nuovi slanci progressisti del governo, l’Arcivescovo Martin che ha promosso una “Crociata del Rosario in Famiglia” sin dall’inizio di ottobre, negli scorsi giorni ha chiesto un incontro urgente con il Primo Ministro per l’ennesimo divieto di non celebrare le Messe con i fedeli. Le Messe pubbliche erano già state sospese nella Repubblica irlandese dal 13 marzo al 29 giugno e riprese dal quella data con un limite di 50 persone. Lo scorso 5 ottobre l’ennesimo stop, quando il National Public Health Emergency Team ha annunciato che tutti i servizi religiosi erano vietati al pubblico e si ordinava la trasmissione ‘online’ a causa dell'aumento dei casi di coronavirus. Dunque l’abolizione dei simboli religiosi non è certo un gesto casuale, ma parte di una precisa strategia che vuole sradicare la fede cattolica dal popolo. Non a caso, le preoccupazioni per le scuole cattoliche vanno ben oltre le nuove norme, c’è il timore che si minare il diritto delle scuole religiose proporre il proprio progetto educativo, di valutare le ammissioni di alunni ed insegnanti. Ad esempio, negli ultimi anni, lo Stato è già intervenuto per limitare le politiche di ammissione nelle scuole cattoliche e protestanti, in modo tale da impedire la preferenza verso… giovani cattolici e protestanti. Inoltre, le scuole cristiane sono soggette a una stretta supervisione in termini di insegnamento su questioni di moralità religiosa, come sulle questioni LGBT e l'aborto.
In una parola perdere i crocifissi nelle scuole statali potrebbe essere anche accettabile se ci fosse un autentico pluralismo ed una reale e concreta libertà di insegnamento ed educativa . In realtà, in Irlanda sta crescendo un demone pericoloso che non tollera l'educazione religiosa in quanto tale, sopporta a mala pena che ci siano Chiese e ancora celebrazioni religiose cattoliche o protestanti e, diciamolo pure, attenta alla stessa dignità umana dei propri cittadini (dal ventre materno, al fine vita).
Luca Volontè
https://lanuovabq.it/it/lirlanda-stacca-i-crocifissi-dalle-aule
I medici sono stati colti tante volte in fallo in questi ultimi mesi, ma continuano ad avere autorevolezza in quanto sono considerati scienziati: in altre parole i medici continuano ad avere autorevolezza in quanto sono considerati come gli altri scienziati, in particolare come quelli che sono considerati i più autorevoli di tutti: i fisici. Quindi urge smascherare il fatto che in realtà i fisici non solo sbagliano ma sono veri truffatori, coinvolti in truffe generalizzate contro il popolo che li finanzia lautamente: cfr. https://gloria.tv/post/YKHwnmpmVFWu3iGXPJweYGr2s
RispondiElimina