La frustata di Ruini alla Chiesa in declino e a una politica ripiegata su se stessa
Iniziando dal non negare il declino politico-culturale della Chiesa italiana: “Sì, purtroppo. La dimensione culturale – afferma il cardinale – è strettamente legata alla fede e la dimensione politica ha un’ovvia connessione con quella culturale. Questo declino non può non preoccupare. Occorre reagire: un compito che spetta ai laici credenti, ma anche alla Chiesa come tale. Oggi è più difficile di qualche anno fa; ma non è impossibile”.
Per contare di più e fermare la scristianizzazione, sia nella politica che nella discussione culturale, secondo Ruini i cattolici devono “avere più fiducia nella bontà e nell’attualità di una cultura che abbia il cristianesimo alle sue radici. Un rapporto sano e fecondo tra cattolici e politica passa attraverso la mediazione della cultura. Poi naturalmente occorrono capacità politiche e un grande amore per la libertà. Fermare la scristianizzazione è molto difficile. Non si può farlo solo a livello culturale e tanto meno politico. Decisiva è una testimonianza cristiana autentica, personale e comunitaria. In ultima analisi, decisiva è la grazia di Dio”.
Significativa anche la presa di posizione rispetto alle controversie generate dal pontificato di Bergoglio. Alla domanda sull’esistenza o meno di un movimento conservatore internazionale contro Francesco, l’ex presidente della Cei risponde che “in qualche modo” esso esiste. “Ma – specifica – ha varie accentuazioni e sfaccettature. Solo pochi possono davvero essere considerati ‘contro’ Papa Francesco: ad esempio, non tutti coloro che hanno formulato qualche critica con intenti costruttivi».
Senza appello viene stroncato il tentativo, tornato di attualità in queste ore, di formare un partito dei cattolici, magari al seguito di Giuseppe Conte. “Non vedo uno spazio del genere – è il commento -. I cattolici devono puntare sui contenuti dell’azione politica, individuati anche alla luce di una visione cristiana dell’uomo e della società; e devono collaborare con chi, cattolico o no, condivide tali contenuti”. Quanto all’invito al dialogo con Salvini, lanciato un anno fa dalle colonne dello stesso quotidiano suscitando non poco scalpore, Ruini non lo rinnega affatto e anzi rilancia: “Non mi sono pentito affatto. Dialogare bisogna. A Salvini e a Giorgia Meloni, che adesso meritatamente è sulla cresta dell’onda, vorrei dire che se vogliono fare il bene del Paese e arrivare al governo devono sciogliere il nodo dei loro rapporti con le forze che sono stabilmente alla guida dell’Unione europea”.
Infine, le istituzioni. Il “No” al referendum sul taglio dei parlamentari, che afferma di aver espresso nell’urna, viene motivato dal cardinale leggendo la vittoria della posizione opposta come “un successo del desiderio, comprensibile ma ingenuo, di ridurre i costi della politica”. Bocciatura senza appello anche all’ipotesi di legge elettorale proporzionale: “È una proposta sbagliata e soprattutto pericolosa – dice Ruini -. Fin dall’inizio la nostra Repubblica ha avuto seri problemi di governabilità. Quando De Gasperi aveva la maggioranza assoluta dovette affrontare una crisi di governo all’anno, perché non solo ogni partito ma ogni corrente si sentiva libera di pretendere sempre più spazio. È facile immaginare cosa accadrebbe adesso, quando nessuna forza politica può aspirare all’autosufficienza”. Esplicita dunque la preferenza per il maggioritario, che a giudizio del Principe della Chiesa “è stato il principale tra i pochi progressi della Seconda Repubblica”.
Rilancio ampi stralci dall’intervista che il card. Camillo Ruini ha concesso a Cazzullo del Corriere della sera.
Cardinale Ruini, il nuovo libro di Massimo Franco parla del declino politico-culturale della Chiesa italiana. Lei è d’accordo?
«Sì, purtroppo. La dimensione culturale è strettamente legata alla fede e la dimensione politica ha un’ovvia connessione con quella culturale. Questo declino non può non preoccupare. Occorre reagire: un compito che spetta ai laici credenti, ma anche alla Chiesa come tale. Oggi è più difficile di qualche anno fa; ma non è impossibile».
Lei ha la sensazione che i temi storicamente cari ai cattolici, a cominciare dalla difesa della vita e della famiglia, non facciano più parte dell’agenda politica?
«Direi che ne fanno parte assai meno di prima. Ma non sono spariti, e nemmeno lo potrebbero: nel contesto dell’Occidente contemporaneo sono inevitabilmente oggetto di dibattito. È di pochi giorni fa una buona notizia, almeno dal mio punto di vista: la Santa Sede ha ribadito con forza il rifiuto dell’eutanasia».
Che cos’ha provato nel vedere i portoni chiusi delle chiese? (durante la pandemia, ndr)
«Li ho visti solo in tv: esco raramente di casa. Ne ho avuto un’impressione triste, mitigata dalla fiducia che il Signore possiamo trovarlo ovunque. Anzi, lui per primo trova sempre la strada per incontrarci».
Torniamo al declino della Chiesa. Cosa dovrebbero fare i cattolici per contare di più, sia nella politica che nella discussione culturale? Come si ferma la scristianizzazione?
«Dobbiamo avere più fiducia nella bontà e nell’attualità di una cultura che abbia il cristianesimo alle sue radici. Un rapporto sano e fecondo tra cattolici e politica passa attraverso la mediazione della cultura. Poi naturalmente occorrono capacità politiche e un grande amore per la libertà. Fermare la scristianizzazione è molto difficile. Non si può farlo solo a livello culturale e tanto meno politico. Decisiva è una testimonianza cristiana autentica, personale e comunitaria. In ultima analisi, decisiva è la grazia di Dio».
Qualche guaio però in Curia gli italiani l’hanno combinato. Che idea si è fatto del caso Becciu?
«Non ho elementi per una mia valutazione personale. Vorrei dire però che i mezzi di comunicazione sono comprensibilmente attenti alle vicende negative; ma esiste nella Chiesa una moltitudine di persone e di comportamenti che sono invece decisamente positivi, e che la gente conosce perché ne fa esperienza. Per questo la Chiesa è sopravvissuta nei secoli alle sue peggiori crisi».
Però nella Chiesa la corruzione esiste.
«La corruzione, specialmente in alto loco, è una delle più gravi piaghe della Chiesa. Da giovane pensavo che si trattasse di un problema del passato ormai remoto; ma mi illudevo. Continuo a sperare che ne usciremo, con l’aiuto di Dio e facendo ciascuno la propria parte».
Non abbiamo un Papa italiano da quasi mezzo secolo. Essere italiano è ormai un handicap per diventare Papi?
«Penso proprio di no. Direi piuttosto che non è più un vantaggio, o addirittura un pre-requisito; ma è bene che non lo sia più. Papa deve essere eletto colui che è ritenuto più degno e idoneo, indipendentemente dalla nazionalità».
Esiste un movimento conservatore internazionale contro Francesco?
«In qualche modo, esiste; ma ha varie accentuazioni e sfaccettature. Solo pochi possono davvero essere considerati “contro” Papa Francesco: ad esempio, non tutti coloro che hanno formulato qualche critica con intenti costruttivi».
C’è spazio oggi in Italia per un partito dei cattolici? Magari al seguito del premier Conte…
«Non vedo uno spazio del genere. I cattolici devono puntare sui contenuti dell’azione politica, individuati anche alla luce di una visione cristiana dell’uomo e della società; e devono collaborare con chi, cattolico o no, condivide tali contenuti. Oggi purtroppo in larga misura manca proprio l’attenzione a una visione cristiana».
Lei un anno fa disse al Corriere che con Salvini bisognava dialogare. L’hanno molto criticata per questo. Si è pentito? Ora Salvini appare un po’ ridimensionato…
«Non mi sono pentito affatto. Dialogare bisogna. A Salvini e a Giorgia Meloni, che adesso meritatamente è sulla cresta dell’onda, vorrei dire che se vogliono fare il bene del Paese e arrivare al governo devono sciogliere il nodo dei loro rapporti con le forze che sono stabilmente alla guida dell’Unione europea».
Lei cos’ha votato al referendum sul taglio dei parlamentari? È stata una vittoria dell’antipolitica?
«Ho votato No. È stato un successo del desiderio, comprensibile ma ingenuo, di ridurre i costi della politica».
Ora si parla del ritorno a una legge elettorale proporzionale. Lei cosa ne pensa?
«È una proposta sbagliata e soprattutto pericolosa. Fin dall’inizio la nostra Repubblica ha avuto seri problemi di governabilità. Quando De Gasperi aveva la maggioranza assoluta dovette affrontare una crisi di governo all’anno, perché non solo ogni partito ma ogni corrente si sentiva libera di pretendere sempre più spazio. È facile immaginare cosa accadrebbe adesso, quando nessuna forza politica può aspirare all’autosufficienza».
Sarebbe meglio una legge maggioritaria?
«Penso di sì. A mio parere, il maggioritario è stato il principale tra i pochi progressi della Seconda Repubblica».
IL NUOVO PARTITO
Zamagni vuole unificare i cattolici, solo se di sinistra
In questo fine settimana è nato un nuovo partito, sotto gli auspici dell'economista Stefano Zamagni (Pontificia accademia delle Scienze Sociali). Si chiama Insieme, punta a occupare il centro, mira a riunire tutti i cattolici, contro il sovranismo di destra e l'individualismo di sinistra. Ma i cattolici sono profondamente divisi, non per ragioni politiche, ma teologiche. Insieme guarda solo a quelli di sinistra
Stefano Zamagni
Sabato e domenica scorsi – 3 e 4 ottobre - un'assemblea ha fondato un nuovo partito cattolico chiamato "Insieme". Un ruolo importante di promotore e coordinatore è stato svolto da Stefano Zamagni, economista, figura da decenni molto vicina al Vaticano e ora Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Il cardinale Giovanni Battista Re ha celebrato la messa e incoraggiato i presenti. L’assemblea conclude un percorso da tempo in atto.
La nascita di questo partito dei cattolici che si vuole collocare al centro perché il bipolarismo sarebbe fallito, che dice essere finito il tempo della diaspora politica dei cattolici, che si contrappone all’individualismo della sinistra e al sovranismo e populismo della destra, presenta alcune stranezze. L’unità (possibile) dei cattolici in politica è un obiettivo valido, da declinarsi in modo diverso nelle varie epoche. Molto dipende quindi dalla situazione e dalla modalità con cui viene attuato. L’impressione è che il tentativo di Insieme non tenga conto di alcuni elementi, da cui deriva appunto una certa stranezza dell’iniziativa. Il poco di mondo cattolico che ancora ha consapevolezza di un proprio ruolo politico presenta una spaccatura verticale che, prima di essere politica, è teologica. Tutti coloro che sono andati a militare nella Margherita e nel Partito Democratico hanno una visione del rapporto tra la religione cattolica e la politica, come del resto di quello tra la Chiesa e il mondo, molto diverso tra loro. Poi capita che una parte di loro vadano nel Partito Democratico oggi o nella Margherita ieri e che l’altra parte cerchi casa nella Lega o in Fratelli d’Italia. Ma questa diversa dislocazione sia elettorale che di militanza diretta è conseguenza di due visioni teologiche ormai ben definite nella loro contrapposizione.
Nei giorni scorsi Famiglia Cristiana ha rimproverato Trump di aver nominato la giudice Amy Coney Barrett alla Corte suprema, cosa per la quale molti altri cattolici invece hanno gioito. Tra il gesuitismo politico di Padre Francesco Occhetta e le convinzioni dell’ala cattolica della Lega c’è una diversità che rasenta l’incomunicabilità. Come è possibile auspicare la vittoria di Biden che vuole liberalizzare l’aborto oltre ogni limite, si chiedono esterrefatti i cattolici che in politica continuano a parlare di “principi non negoziabili” che invece sono diventati inconcepibili per l’altra parte? Tra coloro che parlano di ecologia, di arcobaleno e di Madre Terra e quelli che parlano di vita, famiglia, homeschooling c’è una comprensione molto diversa della fede, della politica e della realtà stessa.
Gli esempi si possono moltiplicare: ci sono due paradigmi teologici e due sensibilità ecclesiali e civili diverse se non opposte. I primi considerano una strumentalizzazione ideologica e di potere se i cristiani cercano di plasmare le leggi e, in nome della autonomia dell’ordine temporale, rifiutano una presenza visibile e dottrinalmente attrezzata. I secondi, invece, credono che la politica abbia per essenza bisogno della religione cattolica e che l’ordine sociale o il bene comune non si reggano da soli.
La proposta di una nuovo partito cattolico (o di cattolici, tanto ormai non fa più differenza) sembra non tenere conto di questa realtà e voler mettere insieme l’incompatibile. Oggi due cattolici qualunque, prima di fare qualcosa insieme, devono dirimere una pletora di questioni teologiche di principio solo per cominciare a capirsi, e questi vogliono addirittura metterli a militare nello stesso partito. Perfino l’ultima enciclica di papa Francesco accontenta una parte del mondo cattolico, ma indispettisce l’altra…
Questo nuovo tentativo è l’ultimo di una serie. La Chiesa italiana si era compromessa, ai tempi degli incontro di Todi, per il governo di Mario Monti. In seguito il cardinale Bassetti si è più volte sbilanciato contro Salvini e il cosiddetto “populismo”. Corre voce che anche dietro l’operazione di Insieme ci siano dei vescovi. Tutti questi interventi politici sono stati fatti per “unire i cattolici” senza però provvedere prima ad unirli teologicamente, che sarebbe il vero compito dei vescovi.
L’impresa di Insieme, quindi, sembra rivolgersi solo ad una parte dei cattolici, ai cattolici del progressismo moderato e per questo è strano che essa si proponga come unitaria e unificante. Insieme sarà probabilmente un nuovo piccolo partitino popolare, radicalmente opposto alle destre sovraniste e populiste e dialogante con il Partito Democratico di cui diventerà un satellite. Esso raccoglierà quei cattolici che non hanno la faccia per essere PD, dato il suo massiccio schieramento per i nuovi diritti, ma che ne condividono il programma una volta epurato da questi estremismi etici. Un Partito Democratico moderato e centrista che fornirà a Zingaretti una stampella in un ambito per il momento presidiato solo da Renzi.
Stefano Fontana
https://lanuovabq.it/it/zamagni-vuole-unificare-i-cattolici-solo-se-di-sinistra
SECOLARIZZAZIONE
Paglia consulente del governo, non c'è più religione
Monsignor Vincenzo Paglia ha accettato di essere nominato consulente del Ministero della Salute, sotto Roberto Speranza (LeU), per lo studio di iniziative volte a migliorare la qualità della vita degli anziani. Nomina legittima e legale, ma era il caso? Mons. Paglia è presidente della Pontificia accademia per la vita e ha altri incarichi di alto prestigio in Vaticano. Il fatto che accetti un ruolo tecnico subordinato a un governo laicista è un segno che la Chiesa sta perdendo il suo ruolo
Monsignor Vincenzo Paglia proprio non riesce a non far parlare di sé. È più forte di lui. Basta ricordare lo scandaloso affresco omoreotico che fece commissionare per il duomo di Terni quando era arcivescovo di quella diocesi (in cui si volle far ritrarre nudo insieme ad un suo sacerdote), affresco che sollevò le legittime ed indignate proteste del mondo cattolico pro-family. O la recente uscita a favore del candidato democratico alla presidenza degli USA, Joe Biden, basata sulla considerazione che il diritto alla vita (alias aborto) non deve più costituire un criterio di voto, cosa che ha fatto giustamente imbufalire il mondo cattolico pro-life. Potremmo continuare oltre ma ci fermiamo qui per carità cristiana.
Paglia, però, sembra davvero amare la provocazione. La notizia del giorno è che ha accettato di essere nominato, in qualità di “tecnico”, dal Ministro della Salute Roberto Speranza (LeU) nella Commissione per lo studio di iniziative per migliorare la qualità della vita degli anziani. Un alto rappresentante della Chiesa cattolica che diventa consulente del governo giallo-rosso, ossia il governo più scalcinato e anticristiano della storia d’Italia. Sgombriamo subito il campo da questioni formali, perché sotto il profilo squisitamente giuridico non vi è nulla di illegittimo. Vincenzo Paglia è un cittadino italiano maggiorenne che paga regolarmente le tasse, è in possesso dei diritti civili e non si è macchiato di nessun reato. Il problema, però, è un altro. Non si tratta, infatti, di una questione di forma ma di sostanza.
Vincenzo Paglia, però, ricopre la carica di Presidente della Pontificia accademia per la vita, di Gran Cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II, è consigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio e presidente della Federazione Biblica cattolica internazionale. Ora, si può considerare davvero opportuno che una simile personalità religiosa sia nominata dal Ministro della Salute in una commissione tecnica? Il buon senso, prima che ogni altra considerazione più profonda, induce a ritenere che la scelta di mons. Paglia non sia assolutamente confacente all’immagine e alla dignità dei delicatissimi ruoli che è chiamato a ricoprire dal punto di vista ecclesiastico.
È davvero sorprendente la superficialità con cui oggi molti alti esponenti della gerarchia Chiesa cattolica non riescano a distinguere l’ambito politico da quello religioso. Già eravamo stati abituati dall’incredibile disinvoltura di mons. Nunzio Galantino ai tempi dell’approvazione della legge sulle unioni civili omosessuali. Chi non ricorda gli incontri segreti e le cene tête-à-tête dell’allora segretario della CEI con la senatrice Monica Cirinnà? Non si riesce più a percepire la distinzione di ruoli e compiti tra Stato e Chiesa, in nome di quella che una volta si chiamava «sana laicità». A proposito, meraviglia il silenzio assoluto da parte del variopinto mondo laicista che sorregge l’attuale governo. Dove sono i ferrei censori dell’Unione Atei e Agnostici Razionalisti, sempre pronti a denunciare qualunque piccola collusione con tutto ciò che puzza d’incenso? E i radicali di Emma Bonino che si ergono a Vestali della «laïcité républicaine» non hanno nulla da dire? E gli eredi dei bersaglieri di Porta Pia, che hanno appena festeggiato il 150° anniversario della loro amata «breccia», sempre pronti a difendere strenuamente la distinzione tra Stato e Chiesa, non hanno nulla da dire sul fatto che un prelato del calibro di mons. Paglia venga nominato da un Ministro della Repubblica in una commissione governativa?
In realtà nessuno protesta per un semplice fatto: se la Chiesa smette di esercitare il compito che le è proprio e si mette a far politica, diventa un interlocutore politico come gli altri. Non crea scandalo il caso Paglia, perché una parte della Chiesa ha già optato per la scelta politco-sociale, rinunciando ad esercitare il mandato che le è stato affidato dal suo Fondatore, ovvero quello di annunciare la Verità e la salvezza degli uomini attraverso la fede cristiana. Ecco perché, se l’Annuncio è sbiadito se il Kerygma è annacquato, sono molti quelli che, anche in buona fede, vedono Bergoglio come il vero leader della sinistra mondiale e Vincenzo Paglia come un ottimo tecnico da cooptare in un organismo governativo. Un “Chiesa” così il mondo non ha bisogno di contrastarla. Non bisogna poi meravigliarsi del fatto che il popolo cominci a disertare le chiese. Viene in mente la celebre domanda profeticamente lanciata nel 1934 dal poeta inglese Thomas Stearns Eliot: «È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?». A questo interrogativo don Luigi Giussani rispondeva che, in realtà, «la Chiesa ha cominciato ad abbandonare l’umanità quando ha dimenticato chi è Cristo, non ha più poggiato il suo fondamento su Cristo, quando ha avuto vergogna di Cristo, di dire chi è Cristo». Un monito che non pare essere stato accolto dall’attuale gerarchia, la quale sembra preferire la Chiesa preconizzata da Eliot, ossia una «Chiesa che non è più considerata, e neanche contrastata», perché «gli uomini hanno dimenticato tutti gli dei, salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere».
Gianfranco Amato
https://lanuovabq.it/it/paglia-consulente-del-governo-non-ce-piu-religione
Obolo, obolo della mie brame
Il sito ufficiale dell’Obolo di San Pietro dice:
Il contributo dell’obolo al Papa, per l’esercizio della sua missione universale, si manifesta in due modi: nel finanziare le tante attività di servizio svolte dalla Curia (ad es. formazione del clero, comunicazione, promozione dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della giustizia, etc.) e nel contribuire alle numerose opere di assistenza materiale diretta ai più bisognosi.
Sarebbe interessante sapere in quali di questi si inquadrano gli investimenti effettuati tramite il Centurion Global Fund, con sede a Malta.[1]
È tutto sul Corriere, non ci sono grossi segreti. Ecco alcune attività finanziate con i soldi raccolti da questo fondo, i cui capitali provengono per circa due terzi dalla Segreteria di Stato Vaticana:
- – 6 milioni ad una holding controllata da Lapo Elkann, noto per l’interesse alla formazione del clero.
- – 6 milioni alla start-up Abbassalebollette, sarà per andare in aiuto ai più bisognosi. Del resto sullo stesso asset avevano già mobilitato l’elemosiniere del papa meglio conosciuto come “Don Bolletta”.
- – 3,3 milioni per il film Man in black international, forse pensando di favorire l’invasione del globo da parte di migranti.
- – 1 milione per il film Rocketman, la biografia di Elton John, omocantante noto per la sua morigeratezza, frugalità e temperanza, con vette di austero ascetismo.
- – Tanti altri meno interessanti (Giochi Preziosi, Acqua Pejo, ABB…).
Qualche tempo fa erano circolate addirittura voci sull’utilizzo di soldi provenienti dall’Obolo per finanziare la campagna presidenziale di Hillary Clinton[2]; voci mai ufficialmente confermate, ma nemmeno smentite.
Ci viene il sospetto che queste strane strategie d’investimento rientrino in quella enigmatica faccenda che da un po’ di tempo chiamano “promozione dello sviluppo umano integrale”. Di certo, conoscendo le inclinazioni di molti alti prelati, i soldi su Rocketman sono i più azzeccati; potremmo dire quelli investiti più o…culatamente.
Dulcis in fundo, anzi, in fund, il Centurion a fine 2018 perdeva il 4,61%. Capaci di tutto, ma buoni a nulla: nemmeno utili con investimenti spregiudicati sono in grado di fare.
[1] https://www.corriere.it/cronache/19_dicembre_04/04-interni-documentohcorriere-web-sezioni-ce2b602a-1615-11ea-9514-9386fa8d8bdc.shtml
[2] Il papa dittatore, di Marcantonio Colonna.
MacoManfredini
https://www.ricognizioni.it/obolo-obolo-delle-mie-brame/
Vaticano, ora spunta lo scandalo della "dama di Becciu"
Mezzo milione di euro destinato alla "dama" del cardinale Becciu: questo è l'ultimo capitolo del nuovo scandalo Vaticano. Spuntano shopping e borsette, ma la Marogna si difende
Mezzo milione di euro destinato alla "dama" del cardinale Becciu: questo è l'ultimo capitolo del nuovo scandalo Vaticano. Spuntano shopping e borsette, ma la Marogna si difende
Lei dice di non essere l'amante di Becciu, e smentisce di netto parte delle ricostruzioni delle ultime ore, ma quello di Cecilia Marogna, almeno dal punto di vista giornalistico, è ormai un caso a tutti gli effetti.
Siamo ancora dalle parti della gestione dell'"Obolo di San Pietro". Quello che dovrebbe servire per le opere di carità. Quello che i fedeli, ogni anno, versano direttamente al Papa della Chiesa cattolica. Siamo da quelle parti, dunque in quelle dei finanziamenti gestiti dalla segreteria di Stato, come in quelle dell'ultimo "scandalo Vaticano". Il cardinale Angelo Becciu ha perso, per decisione del pontefice argentino, i diritti da porporato. Un caso più unico che raro nella storia recente del cattolicesimo. Becciu, per dirne una, non voterà nel prossimo Conclave. A meno che Jorge Mario Bergoglio non cambi idea.
L'alto prelato italiano, stando a quanto appreso nel corso di queste settimane, è stato accusato di peculato. La Segreteria di Stato - l'organo di cui Becciu è stato il sostituto - avrebbe inoltrato bonifici che sarebbero finiti in direzione di società gestite o riconducibili a familiari di Becciu. Questo è il succo della questione. Non si parla di processo. Persino i tradizionalisti, che si sono sempre opposti al cardinale, pensano che ne servirebbe uno per attestare la verità. Becciu, anche attraverso delle conferenze stampa, si sta difendendo.
L'alto ecclesiastico italiano non ci sta a passare per colpevole. Ha pure detto di essere pronto a morire per il Santo Padre. Nel corso della serata di ieri sera, per via di un servizio de Le Iene, questa storia è stata condita da ulteriori particolari. Ora la donna è diventata la "dama" del cardinale. Sì, perché parte di quei soldi - mezzo milione di euro - sarebbe stata inviata ad una società "intestata" alla donna, che di base si occuperebbe di relazioni diplomatiche. Il che contribuirebbe a spiegare il perché dei rapporti con il "ministero degli Esteri" del Vaticano. Procediamo per gradi.
Stando a quanto si apprende su La Verità, che è arrivata per prima sulla storia di questi bonifici, la Marogna, trentanovenne cagliaritana, non sarebbe proprio nuova ai rapporti con personaggi che contano. Sull'edizione odierna vengono nominati "il faccendiere" Flavio Carboni e il politico Gianmario Ferramonti. E quindi ci si potrebbe stupire poco della rete che comprende anche monsignor Becciu. Soltanto che quel mezzo milione di euro sarebbe stato utilizzato "per l'acquisto di borse di grandi marchi come Prada e Chanel e altri beni di lusso che nulla hanno a che fare con le missioni caritatevoli della Chiesa".
Cioè la Marogna, in buona sostanza, avrebbe speso quei soldi o una parte di essi per fare shopping. Ci sono pure "borsette": "Magari la borsetta era per la moglie di un amico nigeriano in grado di dialogare col presidente del Burkina Faso al fine di vigilare su rischi e pericoli per le Nunziature e le missioni vaticane...", ha dichiarato la "dama" in un'intervista rilasciata a IlCorrieredellaSera. Ma non è tutto.
Quelle su di lei sarebbero "tutte falsità". E questa questione dell'"amante"? " Io amante del cardinale? Assurdo. Sono un'analista politica e un'esperta di intelligence, che lavora onestamente e che vive in affitto mantenendo sua figlia", ha aggiunto sempre alla fonte sopracitata. Comunque sia, la sensazione è che in Santa Sede abbiano problemi nuovi da affrontare. Un processo a Becciu - quello ventilato pure dal "fronte conservatore", ma che rimane al limite nelle facoltà dispositive del vescovo di Roma e dei suoi "pm" - potrebbe aiutare a chiarire cosa sia accaduto, questa volta, all'ombra di piazza San Pietro.
https://www.ilgiornale.it/news/cronache/vaticano-ora-spunta-scandalo-dama-becciu-1894758.html
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