ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 6 ottobre 2020

Prospettiva compatibile con la visione cattolica?

LA DOMANDA

Fratelli tutti, visione opposta a Giovanni Paolo II

Mettiamo a confronto la visione di "Fratelli tutti" con l'omelia di inizio pontificato di san Giovanni Paolo II, quella del grido "Aprite le porte a Cristo". Si tratta di due visioni completamente diverse, l'enciclica di papa Francesco è in chiara discontinuità con le encicliche sociali che l'hanno preceduta. Cosa deve pensare e fare un semplice fedele?

Detta in estrema sintesi: la nostra stessa natura ci indica che siamo tutti fratelli e che siamo chiamati a costruire la fraternità universale; per questo dobbiamo superare i nostri egoismi individuali, le nostre chiusure, per poter creare una società aperta basata sull’inclusione, l’amore per ogni uomo, la valorizzazione dei poveri e degli ultimi; per aiutare tutte le nazioni a questo scopo è necessaria in diversi campi una “global governance”, una autorità internazionale capace di indirizzare i singoli stati e sanzionarli quando si chiudono; anche le religioni, che tutte hanno una vocazione alla fraternità universale, devono aiutare a questo scopo, e un esempio è il documento sulla fratellanza umana firmato nel febbraio 2019 da papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb (la dichiarazione di Abu Dhabi) che è l’ispirazione principale di questa enciclica.

Questo per sommi capi il pensiero portante di “Fratelli tutti”, l’enciclica di papa Francesco pubblicata domenica 4 ottobre.

Per una curiosa coincidenza il giorno prima, alla Giornata della Bussola, abbiamo riascoltato il famoso passaggio dell’omelia di inizio pontificato di san Giovanni Paolo II (22 ottobre 1978), che è stato anche il programma e la sintesi del suo pontificato: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!».

Una breve omelia, in cui si annunciava con certezza la potestà di Cristo sul mondo e la missione evangelizzatrice della Chiesa, come peraltro definita dal Concilio Vaticano II. L’incertezza, la disperazione dei singoli uomini così come dei popoli, ha una sola risposta, diceva Giovanni Paolo II: Gesù Cristo. «Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna».

L’impostazione dell’enciclica “Fratelli tutti” non poteva dunque non riportare alla mente quelle parole di Giovanni Paolo II, appena riascoltate. Perché esprimono due visioni radicalmente diverse, direi opposte. E questo non può non suscitare alcune domande.

Per papa Francesco scopo ultimo di ogni uomo, cristiani in testa, è costruire la fraternità universale: basta la sola ragione umana per concepirla e riconoscere gli strumenti necessari a realizzarla. E le religioni, tutte indistintamente, devono essere un aiuto a questo perché a a questo scopo, tutte indistintamente, sono chiamate.

Per san Giovanni Paolo II, invece, solo Cristo è risposta esauriente alle domande dell’uomo come dei popoli, tutto il mondo è sotto la Sua potestà, solo Lui ha «parole di vita eterna».

La visione che papa Francesco esprime nella “Fratelli tutti” non è una declinazione di quella certezza espressa da san Giovanni Paolo II, è chiaramente un’altra cosa. Essa è piuttosto in sintonia con il pensiero che ispira “Our Global Neighborood” (Il nostro vicinato globale), il Rapporto della Commissione Onu sulla Global Governance, pubblicato nel 1995, che disegna un’etica globale per un mondo pacificato e fraterno. L’ispirazione e i valori fondanti di questa etica globale sono chiaramente assimilabili a quelli espressi nella “Fratelli tutti”. Si tratta di un manifesto socialisteggiante e utopistico che pretende di comprendere ogni «paese, razza, religione, cultura, lingua, stile di vita». Le religioni, che possono ritrovarsi su questi valori comuni, sono ovviamente necessarie in questo disegno, perché hanno la capacità di controllare una percentuale altissima della popolazione.

La prima domanda sorge dunque naturale: è questa prospettiva compatibile con la visione cattolica? Se stiamo a Giovanni Paolo II, che richiama il Concilio Vaticano II, decisamente no. La pace, la fraternità è possibile – dice san Giovanni Paolo II – se i confini degli Stati si aprono alla potestà di Cristo, non agli immigrati; se alla potestà di Cristo si aprono i sistemi economici, politici, la cultura, ogni aspetto della società. La Chiesa esiste solo per vivere e annunciare questo.

Non c’è bisogno di molti ragionamenti per rendersi conto che la “Fratelli tutti” è un rovesciamento di questa visione. Chiaramente non si tratta di due sensibilità diverse, o di sottolineature di aspetti diversi di una stessa visione dati dal vivere due momenti diversi della storia. Nel leggere la Rerum Novarum di Leone XIII e la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II si percepiscono i cento anni che separano le due encicliche, ma è altrettanto chiara la continuità che esiste nella visione dei due pontefici.

Qua ci troviamo di fronte a qualcosa che invece rompe questa continuità e non può essere un caso che circa due terzi dei richiami di questa enciclica siano citazioni di precedenti discorsi, messaggi ed encicliche dello stesso papa Francesco.

E qui un'altra domanda diventa inevitabile: cosa deve pensare e fare un semplice fedele che non vuole chiudere gli occhi davanti a questa evidente discontinuità?

Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/fratelli-tutti-visione-opposta-a-giovanni-paolo-ii

“Fratelli Tutti” è un familiare miscuglio di affermazioni dubbie, argomentazioni fittizie, vere e proprie intuizioni

La nuova enciclica di Papa Francesco riflette il più ampio schema della narrazione che ha caratterizzato a lungo il suo pontificato.

Un articolo di Samuel Gregg, direttore della ricerca presso l’Acton Institute, pubblicato su Catholic World Report, che vi propongo nella mia traduzione.

 

 

Una delle prime cose che colpirà i lettori della nuova enciclica sociale di Papa Francesco Fratelli Tutti è la sua lunghezza. Con circa 43.000 parole in inglese (comprese le note a piè di pagina), è più del Libro della Genesi (32.046) e tre volte la dimensione del Vangelo di Giovanni (15.635).

Nonostante la sua lunghezza, c’è poco in questo testo che non abbiamo sentito dire prima da Francesco in una forma o nell’altra. Ma che si tratti della pena capitale o del tema dell’incontro, questa enciclica condensa in un unico documento le particolari sottolineature di Francesco, le sue preoccupazioni specifiche e le sue speranze generali per la Chiesa e per il mondo. Questo include Francesco al suo meglio, ma anche quelli che io considero alcuni duraturi punti ciechi.

Come la maggior parte delle encicliche sociali, Fratelli Tutti affronta un guazzabuglio di argomenti. Questi vanno dall’analisi dettagliata del populismo contemporaneo all’esplorazione del significato di gentilezza, reciprocità e gratuità. Nel discutere questi e altri argomenti, Fratelli Tutti insiste sulla necessità che i cristiani e gli altri siano aperti ad imparare dagli altri. Infatti, la parola “apertura” è usata non meno di 76 volte, e va di pari passo con l’accento sulla necessità del dialogo (citato 49 volte).

È in questo spirito che vorrei offrire risposte a due caratteristiche dell’enciclica che, suggerisco, richiedono una maggiore attenzione.

San Francesco e il Sultano

La figura di san Francesco d’Assisi si è stagliata grande in tutto questo pontificato, anche perché Jorge Bergoglio fantasiosamente ha preso il suo nome quando è stato eletto papa nel 2013. Fratelli Tutti inizia invocando il famoso incontro di San Francesco con il sultano Malik-el-Kamil in Egitto, nel pieno della quinta crociata. Nell’enciclica si afferma che il santo disse ai suoi seguaci che se si fossero trovati «tra i saraceni o altri infedeli […], senza negare la propria identità, ‘non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio’». Aggiunge poi papa Francesco: “Ci colpisce come, ottocento anni fa, Francesco raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e anche di vivere un’umile e fraterna ‘sottomissione’, pure nei confronti di coloro che non condividevano la loro fede” (3).

Preso per buono, questo suggerisce che San Francesco fosse piuttosto mite quando incontrò uno dei più potenti governanti musulmani dell’epoca. Ma non è così. La storia completa è raccontata al meglio nel Francesco d’Assisi: Una nuova biografia (2012) di Agostino Thompson O.P. Uno dei molti punti di forza del libro è che demolisce vari miti che si sono sviluppati su Francesco d’Assisi attraverso un’attenta e meticolosa attenzione e valutazione delle fonti primarie.

Come racconta Thompson, quando il Sultano chiese a Francesco e al suo compagno lo scopo della sua visita, il santo “arrivò subito al punto. Era l’ambasciatore del Signore Gesù Cristo ed era venuto per la salvezza dell’anima del sultano. Francesco espresse la sua volontà di spiegare e difendere il cristianesimo”.

Ciò che seguì fu uno scambio di dichiarazioni di Francesco e dei consiglieri religiosi del sultano (che dissero al sultano di giustiziare Francesco per “la sua predicazione contro Maometto e l’Islam”) in cui le due parti delinearono le rispettive rivendicazioni di verità del cristianesimo e dell’Islam. Francesco si impegnò poi in una “lunga conversazione” con il Sultano in cui “continuò a esprimere la sua fede cristiana nel Signore crocifisso e la sua promessa di salvezza”. In nessun momento il santo, sottolinea Thompson, parlò male del profeta Maometto. Ma Francesco non era lì per uno scambio di convenevoli diplomatici. Voleva convertire il sultano al cristianesimo attraverso la parola e l’azione.

Sollevo questi fatti sull’incontro di san Francesco con il Sultano perché è importante sapere che, nella misura in cui si trattava di un dialogo, il santo si preoccupava di affrontare la questione della verità religiosa. Non è così che Fratelli Tutti descrive l’incontro. Questo è un problema perché, a meno che non si conosca la piena verità su un dato evento o su una data persona, è facile incoraggiare l’illusione o anche travisare ciò che qualcuno cercava di dire o di fare in un dato momento. A questo proposito, la rappresentazione di San Francesco fatta in Fratelli Tutti è carente.

Argomentazioni economiche fittizie

Anche insufficiente – e, ahimè, questo ha caratterizzato il pontificato di Francesco fin dall’inizio – è la trattazione delle questioni economiche da parte della Fratelli Tutti. Sembra che, per quanto molti (non tutti possono essere definiti conservatori fiscali) mettano in evidenza le caricature economiche che vagano nei documenti di Francesco, un pontificato che si vanta del suo impegno nel dialogo non è interessato a una conversazione seria sulle questioni economiche al di fuori di una cerchia molto ristretta.

L’enciclica parla, ad esempio, di “chi avrebbe voluto farci credere che la libertà del mercato fosse sufficiente a risolvere tutto” (168). Chi sono, devo chiederlo, queste persone? E dove lo affermano? Se tali opinioni esistono, suggerirei, si trovano in mezzo a una minoranza di libertari radicali che esercitano un’influenza minima o nulla sulla formazione della politica economica.

Nello stesso paragrafo Francesco afferma che “Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale”. Ancora una volta. Chiedo rispettosamente: chi sono questi “neoliberali” che credono che i mercati possano risolvere ogni problema? Se uno ha intenzione di fare una simile affermazione, dovrebbe presentare delle prove a sostegno. E’ anche vero che alcuni dei più importanti liberali di mercato del mondo sostengono da decenni che i mercati richiedono ogni sorta di abitudini morali decisamente non commerciali e di prerequisiti istituzionali e culturali per creare valore economico e fornire alle persone i beni e i servizi di cui hanno bisogno. Questo fatto, tuttavia, sembra essere sfuggito ai redattori dell’enciclica.

Oppure, considerate questa linea: “La speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage” (168). Chi ha scritto questa frase non capisce il ruolo della speculazione nel contribuire a stabilizzare i prezzi nel tempo e ad aumentare la prevedibilità dei costi probabili nel futuro. Sì, si può abusare della speculazione. Ma se fatta bene, la speculazione finanziaria aiuta a creare efficienze nell’investimento e nell’impiego di capitale da parte di individui e imprese che, se da un lato sono certamente progettate per produrre profitto, dall’altro possono anche promuovere una migliore gestione delle risorse di capitale disponibili che altrimenti potrebbero essere sprecate.

In un’altra frase, Francesco afferma (citando se stesso) che «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica.Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare» (168).

Questa è un’affermazione non qualificata, e spinge a chiedermi: questa fiducia ha davvero “cessato di esistere”? Anche nel nostro mondo COVID, fortemente frammentato, milioni di persone in tutto il mondo continuano ad entrare ogni giorno negli scambi di mercato con persone che non hanno mai incontrato, e lo fanno sulla base di promesse. Tutto questo implica fiducia. Se tale fiducia non esistesse, l’economia globale e le economie nazionali e locali avrebbero smesso di funzionare molto tempo fa.

È certamente vero che ci sono società – in particolare in America Latina, in gran parte dell’Asia e in molti Paesi in via di sviluppo – dove è più difficile trovare alti livelli di fiducia al di fuori dei contesti familiari estesi. Questo ostacola il funzionamento degli scambi economici. Ma queste circostanze hanno poco a che fare con i mercati in sé e molto di più con modelli culturali consolidati e difficili da cambiare, che esistono da secoli.

C’è molto spazio per un dibattito costruttivo tra i cattolici sul ruolo del governo, della legge, delle banche centrali e di altre istituzioni statali nell’economia. In effetti, non ho mai avuto l’impressione che Francesco sia fortemente determinato ad aumentare massicciamente l’intervento dello Stato per affrontare una serie di sfide economiche. Ma l’infinita invocazione di argomentazioni economiche fittizie nei documenti papali e da parte di figure di spicco associate al pontificato di Francesco non è in grado di creare alcuna fiducia nel fatto che la maggior parte di coloro che hanno guidato le riflessioni di questo pontificato sulle questioni economiche abbiano un genuino interesse in un dialogo reale con chiunque non rientri nello spettro tra i populisti di sinistra e il vostro ordinario neo-keynesiano.

Contrariamente a quanto alcuni credono, la sinistra non ha il monopolio della preoccupazione per i poveri o delle buone idee su come aiutarli. Che sia in questo pontificato o nel prossimo, c’è un disperato bisogno che il papato e gli altri leader della Chiesa cattolica allarghino drammaticamente i circoli di opinione che consultano su temi economici come la ricchezza e la povertà. Se non lo faranno, temo che continueremo a vederli continuare a fare dichiarazioni onnicomprensive su tali questioni che riflettono una sostanziale mancanza di apertura al dialogo, che Fratelli Tutti insiste dovrebbe essere prioritaria ovunque.

Un sacchetto misto

Le due preoccupazioni che sollevo in questa sede non devono essere lette come un’indicazione del fatto che considero Fratelli Tutti un documento fallace a tutto tondo. Ci sono molte parti in cui credo che l’enciclica abbia fatto centro.

Tra le altre cose, queste includono l’enfasi sul ruolo distruttivo svolto dal relativismo morale nelle società contemporanee (206), l’importanza perenne del perdono in un mondo in cui il conflitto fa parte della condizione umana (236-249), e il suo riferimento conclusivo a uno dei miei santi preferiti, il beato Charles de Foucauld – un aristocratico dissoluto, ufficiale dell’esercito e un tempo agnostico che divenne sacerdote ed eremita nel Nord Africa francese – che esemplifica la fraternità cristiana.

Detto questo, l’enciclica riflette lo schema più ampio della narrativa che ha caratterizzato a lungo il pontificato di Francesco. Vere e proprie intuizioni che scaturiscono direttamente dai Vangeli e spesso profonde meditazioni sulle Scritture ebraiche e cristiane vanno di pari passo con dubbie affermazioni storiche, affermazioni generalizzate su questioni altamente prudenziali che non sono supportate da prove, e una discreta quantità di quello che posso solo descrivere come utopismo.

Tuttavia, più leggevo Fratelli Tutti, più avevo la sensazione che questa enciclica non fosse solo una lunga sintesi ed elaborazione del pensiero del Papa. Mi ha anche impressionato come una sorta di discorso di commiato per il suo papato – uno che forse ha detto tutto quello che aveva da dire. Questo non significa che il pontificato di Francesco stia volgendo al termine. Ma Fratelli Tutti porta tutti i segni di un documento di coronamento. Se questo lascerà un’impressione duratura sulla Chiesa cattolica è quello che chiunque si domanda.

 

Il Dr. Samuel Gregg è direttore della ricerca presso l’Acton Institute, un istituto di ricerca e istruzione americano, o think tank. Ha scritto e parlato ampiamente su questioni di economia politica, storia economica, etica della finanza e teoria del diritto naturale. È autore di 15 libri, tra cui Becoming Europe (2013) e Reason, Faith, and the Struggle for Western Civilization (2019).

Di Sabino Paciolla

https://www.sabinopaciolla.com/fratelli-tutti-e-un-familiare-miscuglio-di-affermazioni-dubbie-argomentazioni-fittizie-vere-e-proprie-intuizioni/

ENCICLICA. DEL POZZO: UMANO, TROPPO UMANO. LANGONE: SOTTOMISSIONE?

6 Ottobre 2020 Pubblicato da  9 Commenti

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, oggi su Il Foglio, nella rubrica delle lettere al Direttore, Luca Del Pozzo ha scritto una breve riflessione sul concetto centrale della nuova enciclica di papa Bergoglio, “Fratelli tutti”. Come sempre, ci sembra molto interessante, e per questo motivo la affidiamo alla vostra riflessione e commento, ringraziando l’autore. E già che ci siamo, restiamo su Il Foglio, dove Camillo Langone commenta la forzatura commessa dal Pontefice regnante nei confronti di San Francesco e della Storia. Buona lettura. 

§§§

Al direttore – Ci sono due modi di intendere la fraternità. Uno è orizzontale, e radica la fraternità nella humanitas, nel fatto cioè di riconoscere una comune origine e una comune natura che, appunto, rende tutti gli esseri umani fratelli a prescindere da razza, lingua cultura e credo religioso; l’altro è invece verticale, laddove la fraternitas si fonda su un elemento trascendente.

Nel cristianesimo, ad esempio, si è fratelli in quanto i cristiani condividono la figliolanza divina che deriva dal battesimo; e da questo punto di vista se è vero che tutti gli uomini sono fratelli in quanto creati da un unico Dio, è altrettanto vero che non tutti sono figli di Dio bensì solo chi ha la natura stessa di Dio, cioè appunto i cristiani.

La domanda allora è: la chiesa può davvero riporre nella sola humanitas, come sembra indicare il documento “Fratelli tutti”, la speranza di un mondo migliore?

Dopo tutti gli orrori di cui gli uomini, anche quando mossi dalle migliori intenzioni, sono stati capaci?

Prevengo l’obiezione: ma la storia è piena di orrori perpetrati anche da uomini che credevano in un dio, dunque la fede o una qualsivoglia credenza nel trascendente non è di per sé garanzia di pace, benevolenza, solidarietà ecc. Vero.

Ma c’è un “ma”. Ed è dato dal fatto che assieme a errori, orrori, peccati e debolezze varie, almeno guardando alla storia dell’occidente e dell’Europa in particolare, c’è stata una storia che ha visto nascere una civiltà di insuperata bellezza, dove gli elementi positivi superano di gran lunga quelli negativi.

Con buona pace della cancel culture e del politicamente corretto che tanto fascino sembrano esercitare anche tra i cattolici, dire civiltà significa dire occidente; e dire occidente significa dire Europa.

E anche l’ateo più convinto sa perfettamente (poi magari non lo dice) che questa storia sarebbe stata semplicemente impossibile senza il cristianesimo.

Mi chiedo allora perché, anziché puntare di nuovo su un cavallo che  tanto bene ha fatto, aiutando gli uomini a elevarsi alla statura del Vangelo, si cerchi un’improbabile quanto utopistica “fraternità”, per altro non scevra da una ben precisa declinazione anche politica (il che pone un problema nel problema), anche a costo di abbassare l’asticella del Vangelo alla statura della buona volontà delle persone.

Umano, troppo umano.

Luca Del Pozzo

§§§

Ed ecco il commento di Camillo Langone:

Nell’enciclica “Fratelli tutti” il Papa fa dire al santo di Assisi il contrario di ciò che ha detto. Di fronte a tanta impudenza c’è da rimanere esterrefatti

 San Francesco, hai visto come ti ha usato il Papa che usa il tuo nome? Al numero 3 della nuova enciclica cita le Fonti Francescane ma le cita censurandole ossia falsificandole, tagliando il numero 43 proprio dove affermi che i Saraceni devono battezzarsi, farsi cristiani, “poiché se uno non sarà rinato per acqua e Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio”.

Insomma ti fa dire il contrario di ciò che hai detto, per arruolarti nella sua crociata immigrazionista. Di fronte a tanta impudenza sono rimasto esterrefatto, San Francesco, non volevo credere ai miei occhi, ho sospettato uno scherzo, una parodia, ma purtroppo era proprio il sito del Vaticano ed era proprio il testo ufficiale. Sempre al numero 3 il Papa che usa il tuo nome esorta esplicitamente (sebbene fra gesuitiche virgolette) alla sottomissione all’islam. Altra stropicciata d’occhi. Altra verifica: lo ha scritto davvero.

“Fratelli tutti” va oltre l’indifferentismo del Documento cattomusulmano di Abu Dhabi, più volte citato, e raggiunge “Sottomissione” di Michel Houellebecq che però è il romanzo di un romanziere, non un’enciclica del capo della Chiesa. San Francesco, tu che provasti compassione per tutte le creature, prova compassione per noi cattolici.

https://www.marcotosatti.com/2020/10/06/enciclica-del-pozzo-umano-troppo-umano-langone-sottomissione/

Ovviamente il “conservatore” Müller corre a difendere “Fratelli Tutti”

6 Ottobre 2020 | 


Il mondo di mezzo modernista-conservatore può facilmente smentirsi? La conservatoreide né carne né pesce può propinare abitualmente qualcosa di diverso dalla solita (tossica) minestra vaticansecondita in versione light? Su Radio Spada lo diciamo da anni e le conferme infiammano al punto che i malcapitati pompieri (di devozione bavarese) non sanno più come gestire l’incendio.

Sarebbe il caso di lasciarsi andare ad una salubre risata, se quest’ennesima conferma non ci desse l’impietosa immagine della condizione in cui versano gli ultimi superstiti della marcia lenta della rivoluzione.

Per farla breve, quesa è la risposta data da Müller a Kath.net su Fratelli Tutti. “Buona” lettura:

Kath.net: Papa Francesco ha pubblicato domenica la nuova enciclica “Fratelli tutti”. Qual è la sua prima valutazione?

Card. Müller: L’enciclica è molto facile da capire e raccomandata per uno studio più approfondito […]. Sarebbe sbagliato dire che corrisponde al discorso massonico e dell’ONU sulla fratellanza, perché sottolinea la trascendenza della fratellanza in Dio Creatore, Dio come Padre e la Chiesa in Maria come madre di tutti gli uomini. L’argomento può essere classificato nella linea da Giovanni XXIII a Benedetto sulla dottrina sociale e sui valori non negoziabili dei diritti umani. Il cristiano non è ridotto all’umano comune, ma al contrario, l’umanità che nasce dalla fede è raccomandata come base per la convivenza di persone di diverse religioni e culture nella civiltà globale di oggi.


Immagine in evidenza ritagliata da: Dr. Meierhofer / CC BY-SA [Gerhard Ludwig Müller (* 1947) Bishop of Regensburg (Germany) Date: 24th Dec 2006 (Christmas Night Mass at Regensburg Cathedral)]

https://www.radiospada.org/2020/10/ovviamente-il-conservatore-muller-corre-a-difendere-fratelli-tutti/

Riscoprire il vero San Francesco d’Assisi

A liquidare la “leggenda buonista” su San Francesco d’Assisi, basterebbe la sua risposta ai rimproveri del sultano Malik al-Kamil nei confronti dei cristiani, che combattevano in Terrasanta: “Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Il perdono di cui Cristo parla non è un perdono folle, cieco, incondizionato, ma un perdono meritato. Gesù infatti ha detto: Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino e, rivoltandosi, vi sbranino. Infatti il Signore ha voluto dirci che la misericordia va dispensata a tutti, anche a chi non la merita, ma che almeno sia capace di comprenderla e farne frutto, e non a chi è disposto ad errare con la stessa tenacia e convinzione di prima. Altrove, oltretutto, è detto: Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te. E, con questo, Gesù ha voluto insegnarci che, se anche un uomo ci fosse amico o parente o perfino fosse a noi caro come la pupilla dell’occhio dovremmo essere disposti ad allontanarlo, a sradicarlo da noi, se tentasse di allontanarci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Proprio per questo, i cristiani agiscono secondo massima giustizia quando vi combattono, perché voi avete invaso delle terre cristiane e conquistato Gerusalemme, progettate di invadere l’Europa intera, oltraggiate il Santo Sepolcro, distruggete chiese, uccidete tutti i cristiani che vi capitano tra le mani, bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla sua religione quanti uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare, adorare o magari solo rispettare il Creatore e Redentore del mondo e lasciare in pace i cristiani, allora essi vi amerebbero come se stessi.”

Volendo ulteriormente approfondire l’argomento è utile leggere l’articolo di  David G. Bonagura, Jr. pubblicato il 3 ottobre scorso su Catholic World Report.

Di seguito riportato nella traduzione di Wanda Massa.

 

San Francesco incontra il sultano
San Francesco incontra il sultano

L’epoca moderna ha cercato di spogliare Francesco del suo zelo religioso, così come ha deliberatamente ignorato la divinità di Gesù riducendolo a “grande maestro morale“.

Rinomato in tutto il mondo per la sua radicale povertà e la sua profonda umiltà, San Francesco d’Assisi è tra i santi di Dio più famosi. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che, come il suo maestro Gesù di Nazareth, Francesco sia stato frainteso e deliberatamente sottratto a varie cause che si discostano – e spesso ignorano – dalla singolare causa che ha ispirato ogni mossa di Francesco: l’amore inestinguibile per Dio.

L’inimitabile santità di Francesco ha conquistato la stima della gente oltre i confini religiosi e geografici per otto secoli. Eppure questa santità è accecante per coloro che non riescono a comprendere che qualcuno si spingerebbe fino a un punto così indicibile per Dio. Come è stato fatto a Gesù prima di lui, diverse epoche hanno si sono sforzate di trasformare Francesco in una persona più rispettabile per l’élite non religiosa, per astrarre gli atti virtuosi dalle loro origini religiose. Questo è stato il destino popolare del Poverello di Assisi.

La polemica su Francesco e sulla sua eredità non è un fenomeno moderno. Anche all’interno della stessa vita di Francesco, ci sono state interpretazioni contrastanti su come la sua regola dovesse essere vissuta. Poco dopo la morte di Francesco, il suo ordine si divise, con un gruppo chiamato gli Spirituali, che pretendevano un’applicazione più rigorosa della regola, in opposizione ai Conventuali, che interpretavano la regola in modo più moderato. Nel corso dei secoli continueranno ad apparire divisioni tra uomini e donne che tutti si sono chiamati francescani e che tutti hanno pensato di vivere secondo la volontà del loro maestro.

L’epoca moderna ha cercato di spogliare Francesco del suo zelo religioso, così come ha deliberatamente ignorato la divinità di Gesù riducendolo a “grande maestro morale“. Oggi le convenzioni popolari dipingono Francesco come un hippie che abbraccia l’albero e si dedica alle cause della natura e della pace. Prendiamo, ad esempio, la “Preghiera di San Francesco”, che non fu composta da Francesco, ma da un anonimo scrittore francese all’inizio del XX secolo. Non menziona mai Dio o Gesù per nome, e, fedele allo spirito moderno, pone un’enfasi sproporzionata su sè stesso: “Signore, fa’ di me un canale della tua pace. Dove c’è odio, fa’ che io porti l’amore”. Ora, impostato su una melodia musicale sdolcinata, è difficile immaginare che l’infuocato Francesco strimpelli la sua lira su questo motivo. Il santo cantava una melodia diversa nella sua Regula Prima, 17: “Indirizziamo ogni bene al Signore Dio Altissimo e Supremo; riconosciamo che ogni bene appartiene a Lui, e rendiamo grazie di tutto a Colui dal quale ogni bene procede“.

Poi c’è il famoso detto attribuito a san Francesco: “Predicate il Vangelo. Quando necessario, usate le parole“. Si può confondere questa massima con l’affermazione della necessità di parlare di Cristo agli altri. Francesco, infatti, non ha detto una cosa del genere. Egli esortava i suoi frati: “Che tutti i frati predichino con le loro opere” (Regula Prima, 17). Ciò che Francesco voleva era che le azioni dei suoi uomini fossero all’altezza del Vangelo che essi predicavano. Permetteva ai suoi frati che vivevano tra i saraceni di “non fare dispute o contese” se si professavano cristiani. Ma i primi francescani non navigavano quasi mai nel Mediterraneo su una barca il cui adesivo sul paraurti recitava “Coesistono”. Piuttosto, Francesco esortava: “quando [i frati] vedono che è gradito a Dio, annunciano la Parola di Dio, affinché [i musulmani] credano in Dio onnipotente, Padre e Figlio, e nello Spirito Santo, il Creatore di tutti, nostro Signore Redentore e Salvatore il Figlio, e che siano battezzati e fatti cristiani, perché: se un uomo non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio” (Regula Prima, 16). I primi martiri francescani diedero la loro vita cercando di convertire i musulmani in Marocco nel 1220.

Più recentemente, il cinema popolare ha cooptato Francesco per far avanzare le idee new age nel film di Franco Zeffirelli del 1972 “Fratello Sole, Sorella Luna”. I saggi enciclopedisti di Wikipedia hanno visto attraverso questa mossa: “Il film cerca di fare un parallelo tra l’opera e la filosofia di San Francesco e l’ideologia che ha sostenuto il movimento mondiale della controcultura degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta“. Per non pensare che Francesco abbia rinunciato alla Chiesa per un cristianesimo più emotivo e spiritualizzato, possiamo leggere la sua Seconda Lettera ai fedeli:

Dobbiamo anche visitare spesso le chiese e venerare e venerare il clero non tanto per sè stesso, se è peccatore, ma per il suo ufficio e l’amministrazione del santissimo Corpo e Sangue di Cristo che sacrifica sull’altare, riceve e amministra agli altri.

E tutti noi sappiamo con certezza che nessuno può essere salvato se non attraverso le sante parole e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo che il clero pronuncia, proclama e amministra. E solo loro devono servire e non gli altri.”

Infine, non possiamo dimenticare Francesco, l’amante della natura. In occasione della festa di Francesco ogni anno, le chiese cristiane di tutte le confessioni offrono la benedizione degli animali. È certamente vero che Francesco amava gli animali e la natura. Ma come giustamente osserva il biografo André Vauchez, l’atteggiamento di Francesco “non scaturisce da una compassione sentimentale o da un fervore panteista” che contraddistingue i diritti degli animali e i movimenti ambientalisti radicali di oggi. Piuttosto, il suo famoso Cantico delle Creature, che viene citato per aprire l’enciclica Laudato Si di Papa Francesco, è molto chiaro che la genialità della natura sta nel suo riflesso di Dio: ” Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’ai formate clarite e preziose e belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento e per aere e nubilo e sereno e onne tempo“.

La natura e gli animali, per Francesco, non sono un fine in sé, ma un ricordo della gloria di Dio. Tale era la sua mentalità quando maledisse una scrofa per aver ucciso un agnello, il cui macello ricordava a Francesco, Cristo: la scrofa si ammalò immediatamente e morì tre giorni dopo.

Come possiamo allora recuperare il vero Francesco? Leggendo i suoi scritti. Lì troveremo non uno spiritualista di Woodstock, ma un uomo fedele e devoto alla santa Chiesa di Dio; non un minimalista in materia religiosa, ma un massimalista che ha fatto in modo che le chiese e gli altari brillassero per Dio; non un sentimentalista, ma un amante della santa Eucaristia; non un membro fondatore del PETA, ma un uomo che comprendeva la gerarchia del creato; non un uomo “tollerante” di tutte le religioni, ma certo che il cattolicesimo era l’unica vera religione; non un uomo dedito alle sottigliezze, ma alla mortificazione e alla sofferenza per Cristo di cui gli si chiedeva di portare nella propria carne le cinque ferite.

Nel XIII secolo Dio chiamò Francesco a ricostruire la sua Chiesa. Se vogliamo ricostruire la nostra Chiesa a pezzi nel XXI secolo, l’unica via da seguire è quella del vero Francesco d’Assisi.

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