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lunedì 16 novembre 2020

Dalla democrazia alla democratura

FINO A QUANDO SOPPORTARE LA DEMOCRATURA DELLO PSICO-BIO-POTERE?


 

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Gian Pietro Caliari con la sua consueta tagliente lucidità di analisi tratteggia un affresco della realtà che stiamo subendo, e fa sua l’invettiva ciceroniana: fino a quando…? Buona lettura. 

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Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

di Gian Pietro Caliari

Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? quam diu etiam furor iste tuus nos eludet? quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?” (Cicerone, Adversus Catilinam, I, 1); “Fino a quando abuserai ancora della nostra pazienza, o Catilina? Per quanto tempo ancora codesto tuo furore ci befferà? A quale limite si spingerà la sfrenata tua audacia?”.

Fu questo l’incipit ex abrupto delle quattro orazioni che, nel tempio di Giove Statore nell’anno 63 a. C., Marco Tullio Cicerone tenne davanti al Senato Romano per denunciare la congiura con cui Catilina tentò di rovesciare l’ordinamento della Res Publica.

Quando, non se, i popoli forse, ma certamente la Storia inizierà la sua arringa contro le attuali classi dirigenti del mondo e anche della Chiesa Cattolica dovrà, invero, ricorrere al verbo ciceroniano che si rivelerà più acuto e adeguato di quello della narrazione corrente.

Stiamo assistendo a una totale manipolazione della realtà che, come nel lontano 63 a.C., ha come obbiettivo il sovvertimento della Res Publica, vale a dire di ciò che di più essenziale caratterizza i popoli e le società occidentali nel loro condiviso patrimonio di cultura e civiltà.

Per quanto, poi, riguarda la Chiesa Cattolica, si sta realizzando la  mondana profezia di Ludwig Feuerbach che già nel 1841 avvertiva che non c’era la necessità – a differenza di quanto tentato dalla Rivoluzione Francese – di “distruggere il Cristianesimo”, ma sarà sufficiente emarginare, rifiutare e, infine, negare la sua dimensione sacra e ridurlo al mero esercizio di opere di carità materiali, così che la fede cristiana si autodistrugga (cfr. Das Wesen des Christentums).

Argomentava, infatti Feuerbach, che “il paganesimo venera le qualità, il cristianesimo l’essenza dell’uomo” (Ibidem, trad. italiana L’essenza della religione, Milano, 2010, p. 12).

In tutto il mondo occidentale stiamo assistendo allo stesso identico scenario manipolatorio, in cui la reale esistenza di un nuovo virus – naturale o manipolato che sia – crea, in realtà, la tempesta perfetta per imporre, con le parole del filosofo francese Robert Redeker “un rovesciamento antropologico senza precedenti” (Egobody: La fabrique de l’homme nouveau, Parigi, 2010, p. 199).

Una vera e propria rivoluzione epocale per la transizione dalla democrazia alla democratura dello psico-biopotere, alimentato da una manipolatoria e quotidiana distorsione di dati e di fatti.

Il virologo Giorgio Palù – che solo ora si è visto riconosciuto un diritto di pubblica tribuna dal più diffuso quotidiano nazionale – ha così tratteggiato l’attuale scenario rispetto ai quotidiani bollettini del terrore diffusi dall’autoproclamato Governo di Salute Pubblica: “Ecco, parliamo di casi”, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95 per cento non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state contagiate”, cioè sono venuti a contatto con il virus, ma non è detto che siano contagiose”, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi” (Corriere della Sera, 22 ottobre 2020)

E alla possibilità di nuovi lockdown, vale a dire di un nuovo sequestro di persona da parte dello Stato dei propri cittadini, ha aggiunto: “Sono contrario come cittadino perché sarebbe un suicidio per la nostra economia; come scienziato perché penalizzerebbe leducazione dei giovani, che sono il nostro futuro, e come medico perché vorrebbe dire che malati, affetti da altre patologie, specialmente tumori, non avrebbero accesso alle cure. Tutto questo a fronte di una malattia, la Covid-19, che, tutto sommato ha una bassa letalità. Cioè non è così mortale. Dobbiamo porre un freno a questa isteria” (Ibidem).

 Appurato tutto ciò – che di isteria appunto si tratta – perché i Padroni del Caos non cessano di alimentarla e, al contrario, non rispondono alle vere e sostanziali domande che la Res Publica esigerebbe per comprendere veramente quanto sta accadendo?

 La più acuta analisi delle origini dei totalitarismi ci è offerta dalla  filosofa ebrea Hanna Arendt.

 I totalitarismi, scriveva, si caratterizzano dalla pretesa di spiegare integralmente il passato, il presente e il futuro dellintera umanità; dal totale distacco e indipendenza dalla realtà dei fatti e dallesperienza concreta e dalla tendenza a piegare i dati sensibili secondo i propri principi; e dalla coerenza assoluta e la logica ferrea. Quando si presentano delle discrepanze tra la realtà e la loro visione ideologica, si suppongono dei complotti da smascherare e punire (cfr. On the Nature of Totalitarianism, New York, 1951, pp. 335 e 336; pp. 337–338).

Per attuare tale disegno totalitario, il regime deve imporre agli individui un totale isolamento nella sfera politica e un forte senso di estraniamento nei rapporti sociali. Si  deve annientare, infatti, in primis la vita politica democratica, la libera comunicazione tra cittadini.

Subentra, poi, unicamente la paura e il sospetto reciproco, che portano alla distruzione dei legami affettivi e della vita privata. Ogni uomo si sente solo e circondato da potenziali nemici. Lisolamento della società di massa, aggiunge infine la Arendt, è “un costante pericolo” anche dopo la scomparsa del nazismo e dello stalinismo che potrà, anche in futuro, minacciare la libertà politica degli individui (cfr. The Origins of Totalitarianism, New York, 1948, p. 474).

A quanto acutamente osservato dalla Arendt, potremmo aggiungere un’altra distintiva caratteristica dei totalitarismi del secolo scorso.

Mentre il comunismo fu la totale presa di possesso da parte dello Stato degli apparati finanziari e produttivi, in teoria, nell’interesse del popolo; il nazifascimo, al contrario, fu la totale e inestricabile alleanza fra governi, sistema produttivo ed élites finanziarie, al cui servizio esclusivo erano posti tutti gli apparati dello Stato.

Non si può, infatti, osservare che mentre in questi lunghi mesi i popoli morivano socialmente, culturalmente, politicamente, economicamente e finanche religiosamente, i principali mercati azionari prosperavano e festeggiavano!

Ai fini di questa nuova democratura dello psico-biopotere, dopo aver costruito uno scenario fittizio, i governi adottano la logica del peggio come regime di razionalità politica. Mirano, così,  a una   organizzazione integrale del corpo dei cittadini in modo da rafforzare al massimo ladesione alle istituzioni di governo, producendo una sorta di civismo superlativo in cui gli obblighi imposti vengono presentati come prove di altruismo e il cittadino non ha più un diritto alla salute, health safety, ma diventa giuridicamente obbligato alla salute, cioè alla biosecurity(cfr.  Patrick Zylberman, Tempêtes microbiennes, Parigi, 2013).

Ecco, allora, alcune legittime domande alle quali le neo-democrature dello psico-biopotere non vogliono affatto rispondere.

L’origine del virus. Sappiamo che sul laboratorio di Wuhan, dove tutto ha avuto inizio, convergevano concreti interessi di molti Paesi, oltre alla Cina, anche Francia e Stati Uniti oltre alla stessa Unione Europea. Possibile che gli apparati di sicurezza esterna e d’intelligence in questi mesi non siano riusciti a raccogliere informazioni o prove? Perché ancora non si è definitivamente sciolto il mistero sulla natura del virus?

Si tratta, eppure, di un virus che presenta caratteristiche uniche nel suo genere: alta contagiosità, bassa mortalità e può persino essere presente nell’organismo senza provocare alcun sintomo nel 95 per cento dei casi.

E perché proprio in Cina, ora, il virus sembra misteriosamente uscito di scena?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità. Come può un organismo per sua natura inter-governativo reggersi per larga parte del suo bilancio sulle donazioni di una fondazione privata? Perché, dopo aver proclamato una pandemia, i suoi vertici hanno dichiarato tutto e il contrario di tutto? Dalle mascherine, ai guanti, fino alle cure da prescrivere? E che fine ha fatto la commissione che dallo scorso luglio doveva indagare sulla Cina?

Quale strategia si cela, se non quella del terrore tipica dei Comitati di Salute Pubblica, nel comunicare giornalmente dati non disaggregati: vale a dire, quanti nuovi casi, ma anche quanti non sintomatici, quanti oligosintomatici e quanti sintomatici; quanti morti, ma di che età e di quali altri malattie. E che senso ha dare il numero dei morti giornalieri dei morti con Covid-19; e non quello dei deceduti per cardiopatie ischemiche, per malattie cerebrovascolari, per neoplasie, o a causa dell’Alzheimer e demenze che rappresentano in Occidente le prime quattro cause di morte?

E che dire del numero di bambini nati morti che è triplicato nel 2020 a causa della quasi interruzione di cure alle gestanti?

La strategia fin qui adottata – con una sostanziale alterazione dello Stato di Diritto – è la sola disponibile, adeguata e necessaria? E gli attuali governanti pensano a indefinite repliche dinnanzi alla terza, alla quarta o alla quinta ondata?

Non era possibile, al contrario, una strategia di prevenzione, potenziando i sistemi sanitari e la loro rete territoriale di base così da evitare i ricoveri sociali di coloro che non possono fare la quarantena nella propria casa, i ricoveri degli oligosintomatici, e aumentare le terapie semi e intensive?

Oltre un decennio di politiche d’austerity e spending-review, imposte da Bruxelles hanno disarticolato gli Stati e i loro sistemi, inclusi quelli sanitari. Chi sarà chiamato a risponderne?

Anche la Chiesa Cattolica, infine, in questo pandemonio pandemico sembra adattarsi al modello di una democratura dello psico-biopotere.

Eppure, il Concilio Vaticano II scriveva: “ai nostri giorni, con ogni sforzo si vuol costruire un’organizzazione temporale più perfetta, senza che cammini di pari passo il progresso spirituale. […] Per questo gli uomini sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e l’angoscia, mentre si interrogano sull’attuale andamento del mondo” (Gaudium et Spes 4).

Il Concilio, tuttavia, aggiungeva: ”Ecco: la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli (Ibidem, 10).

Il mutismo e il docile collaborazionismo dei vertici della Chiesa, che ben volentieri si sono sottomessi in così larga misura, agli esiziali voleri dei Padroni del Caos, non costituisce una vera e propria apostasia gerarchicamente voluta, organizzata e imposta al corpo di Cristo che è la Chiesa?

A questa domanda, tuttavia, c’è già una precisa risposta fornita dallo stesso apostolo San Giovanni: “Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri. Quanto a voi, avete ricevuto l’unzione dal Santo e tutti avete conoscenza. Vi ho scritto, non perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché tutto ciò che è menzogna non ha niente a che fare con la verità” (I Lettera 1, 19-21).

Marco Tosatti

16 Novembre 2020 Pubblicato da  4 Commenti

https://www.marcotosatti.com/2020/11/16/fino-a-quando-sopportare-la-democratura-dello-psico-bio-potere/

La UE ora usa il Covid per imporre l'agenda Lgbt

Reato europeo di omofobia, riconoscimento delle nozze gay in tutti gli stati membri, uso di una parte del Recovery Fund per finanziare le attività Lgbt, stop ai finanziamenti degli stati che non si piegano. La Commissione Europea ha annunciato un piano per imporre a tutti i paesi l'agenda Lgbt. In violazione dei Trattati europei.

L’Europa fa un salto nella tutela delle rivendicazioni del mondo LGBT. Ma non un salto di qualità, bensì un salto nel fosso e in quel fosso rischiamo di finirci tutti. Il 12 novembre scorso la Commissione dell’Unione europea ha emanato una comunicazione in cui si rende nota la volontà di predisporre un piano affinché tutti i Paesi dell’UE si colorino sempre più di arcobaleno.

Infatti la Commissione vuole introdurre un reato di “omofobia” a livello europeo e intende combattere gli  “stereotipi di genere” tra i banchi di scuola. Inoltre spinge affinché ogni Stato riconosca i “matrimoni” omosex celebrati in altri Stati europei e lo status di omogenitori riconosciuti sempre in altri ordinamenti giuridici. Infine ha espresso la volontà di assegnare specifici finanziamenti per le iniziative LGBT, tra cui una quota del Recovery Fund, istituito per far fronte all’attuale emergenza sanitaria per il Covid.

Il punto dolente di questa decisione non è solo di contenuto: favorire ancor più l’agenda LGBT in Europa. Ma anche di metodo: si tratta di una indebita intromissione negli affari di ciascuno Stato membro, ossia di una ingiustificata invadenza di campo in settori di competenza nazionale e non di spettanza della Commissione. Quest’ultima cerca di occultare tale violazione della sovranità nazionale parlando della volontà di offrire meri «orientamenti politici», di voler solo «coordinare le azioni degli Stati membri, monitorare l’attuazione e i progressi, fornire sostegno attraverso i fondi dell’UE e promuovere lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri». Suona tutto bene, ma sotto c’è del marcio.

E il marcio è stato ben individuato da un parere pubblicato dal Centro Studi Livatino. Quest’ultimo fa notare innanzitutto che il Parlamento europeo e il Consiglio europeo non possono istituire il reato di “omofobia” perché esulano dalle loro competenze. Infatti l’art. 83 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea indica precisamente le materie su cui l’Unione europea può «stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale».

Queste materie sono: «terrorismo, tratta degli esseri umani e sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata». Non compare nell’elenco la discriminazione per motivi legati all’orientamento sessuale e alla cosiddetta identità di genere. La volontà ventilata dalla Commissione di modificare il suddetto articolo 83 al fine di includere nell’elenco anche il reato di “omofobia”, fa notare sempre il Centro Studi Livatino, da una parte non è giustificata dalla ratio dello stesso articolo che prevede un intervento normativo dell’UE solo per i reati transnazionali, ossia per quelle condotte che potenzialmente potrebbero interessare contemporaneamente più Stati: come la tratta delle schiave e o il commercio di armi dove, ad esempio, una ragazza viene “acquistata” in un Paese e poi “rivenduta” in un altro o dove uno stock di armi di contrabbando viene fatto entrare in uno Stato per poi essere rivenduto in un altro. Su altro fronte non rientra certamente nelle competenze della Commissione la potestà legislativa.

Venendo al mutuo riconoscimento tra Stati dei “matrimoni” tra coppie omosessuali e dello status di omogenitori, nonché alla lotta degli “stereotipi di genere” in ambito scolastico, sia la materia matrimoniale che quella genitoriale, che quella infine educativa riguardano la disciplina normativa nazionale e l’Europa non può sostituirsi agli Stati membri in tema di famiglia e di scuola. In particolare relativamente alla materia “famiglia”, il giochino che vorrebbe fare la Commissione UE è facile da intuire: se lo Stato X ha legittimato le “nozze” gay, obbligare lo Stato Y a riconoscere il “matrimonio” tra due uomini celebrato nello Stato X rappresenta il primo passo affinché lo Stato Y legiferi anch’esso a favore delle “nozze” gay.

Veniamo infine al capitolo finanziamento delle iniziative arcobaleno. La Commissione vuole ricattare gli Stati aderenti all’UE: o appoggiate le politiche LGBT oppure chiudiamo i rubinetti dei finanziamenti agli Stati. Ma la regola del do ut des in campo finanziario, fa sempre osservare il Centro Livatino, non è prevista in alcun modo dal già citato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Voler poi succhiare risorse previste dal Recovery Fund e destinate a commercianti, imprenditori, industriali, famiglie, pazienti, ospedali e centri di ricerca per destinarle ad iniziative LGBT perché, così scrive la Commissione, «la crisi COVID-19 […] ha colpito in modo sproporzionato le persone LGBTQI vulnerabili», ha dell’incredibile.

Infatti da una parte è bene rammentare che la percentuale di persone omosessuali si aggira anche in Europa intorno all’1-4%, tenendo conto anche dei bisessuali, e quella di persone transessuali intorno allo zero virgola. Dunque un gruppo assolutamente ristretto, così ristretto che non giustifica finanziamenti ad hoc. A dar retta a questa logica ci dovrebbero essere finanziamenti europei per giardinieri e arbitri di calcio colpiti da Covid. Semmai la Commissione avrebbe dovuto suggerire di introdurre sostegni finanziari per le famiglie, per i lavoratori e per i datori di lavoro.

Un secondo motivo di sconcerto è dato dal fatto che la Commissione non offre nessuna prova che il Covid abbia colpito in modo particolarmente duro omosessuali e transessuali. Sapevamo di anziani e di pazienti affetti da pluri-patologie, ma di gay e trans nessuno ha mai avuto notizia. Se il virus colpisce anche gay e trans è perché colpisce pressoché tutti. In questo senso le lobby LGBT e la Commissione europea dovrebbero stare serene: non discrimina nessuno il coronavirus, non distingue per orientamento sessuale e “identità di genere”. È un virus quantomai inclusivo.

In definitiva l’operazione della Commissione europea ha chiaramente un’impronta ideologica: si tolgono risorse per assumere medici e infermieri con l’intento di assegnare queste risorse per organizzare gay pride.

Tommaso Scandroglio

https://lanuovabq.it/it/la-ue-ora-usa-il-covid-per-imporre-lagenda-lgbt

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