ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 20 dicembre 2020

Svegliati o uomo! Svegliati o donna!

 La missione corredentrice di Maria e la lotta contro satana. La lezione di padre Candido

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La questione circa la reale esistenza delle creature angeliche e dei demoni, “agitata da qualche teologo contemporaneo”, non va nemmeno presa in considerazione se abbiamo fede nell’insegnamento della Chiesa. Purtroppo, però, anche nella Chiesa è penetrato il pensiero del mondo, tutto teso a negare o a sminuire l’esistenza di satana e degli angeli ribelli. Di conseguenza, l’opera malefica del diavolo è grandemente favorita dallo smarrimento della fede proprio da parte di coloro, i sacerdoti, che da Dio hanno ricevuto il potere di combattere il diavolo e di aiutare gli uomini a contrastarlo.

Si può riassumere così uno dei contenuti centrali del libro di padre Giacobbe Elia Corredenzione, ossessioni e possessioni (Michael Edizioni, 352 pagine, 17 euro), volume nel quale l’autore, medico ed esorcista, non solo rende omaggio al suo maestro padre Candido Amantini, ma ribadisce alcuni punti fermi, ben presenti nell’insegnamento della Chiesa e ben sintetizzati dal Catechismo, che non dovremmo mai dimenticare, pena, appunto, la collaborazione con il demonio, il cui capolavoro, per usare la nota espressione di Charles Baudelaire, “è di aver fatto perdere le sue tracce e di aver convinto gli uomini che egli non esiste”.

Eraldo Ulisse Amantini (1914-1992) – divenuto padre Candido dell’Immacolata quando, nel 1929, ricevette l’abito talare fra i passionisti – fu per quasi trent’anni l’unico esorcista della diocesi di Roma ed ebbe come allievo, oltre a padre Giacobbe, il noto padre Gabriele Amorth.

Ricorda padre Giacobbe a proposito del suo maestro: “Una costante unione con Dio traspariva nel suo quotidiano, specialmente nella celebrazione della Santa Messa, che era il centro attorno al quale viveva le sue giornate e il ministero sacerdotale. Noi lo conosciamo come esorcista, ma la cosa più evidente e importante per le persone che lo avvicinavano è stata la sua forte spiritualità e la sua profonda unione con Dio, alimento e radice del suo ministero”.

Padre Candido fu tale di nome e di fatto, osserva il cardinale Angelo Comastri nella prefazione, ringraziando padre Giacobbe per questo libro. E padre Ottaviano D’Egidio, superiore generale emerito dei Passionisti, ricorda che padre Candido, del quale è in corso il processo di beatificazione, già in vita era considerato un santo dai tanti che lo conoscevano e dai tantissimi che egli aiutava.

Cuore della vita spirituale di padre Candido era l’Eucaristia, al punto che “nel silenzio della notte, dopo averne adorato il Mistero, apriva il tabernacolo e benediva i suoi sofferenti”, ovvero tutti coloro che si rivolgevano a lui, senza sosta, per riceverne assistenza e conforto.

Fu nel libro Il mistero di Maria che padre Candido sviluppò la riflessione sul ruolo svolto da Maria per la nostra salvezza, e proprio a questo scritto, “una delle eredità più preziose che egli ci ha lasciato”, padre Giacobbe dedica gran parte del suo volume, ripercorrendo, sulla base delle Scritture, dei Padri della Chiesa e dei papi fino a Benedetto XVI, l’insegnamento di padre Candido su Maria corredentrice, senza nascondere che la maternità spirituale della Madre di Gesù continua a incontrare ostilità e avversione non solo nel mondo protestante, ma anche da parte di autori cattolici, i quali “non le riconoscono nessuna funzione diretta e operosa nella nostra rinascita alla vita divina”.

Sappiamo quanta sofferenza e quanto sconcerto abbiano suscitato nei fedeli le parole pronunciate dal papa un anno fa, nella festa della Madonna di Guadalupe, quando disse che Maria è discepola e non corredentrice, e arrivò a definire “sciocchezze” le richieste di giungere alla definizione di un nuovo dogma sulla corredenzione.

Scrive padre Giacobbe, facendo eco all’insegnamento del suo maestro padre Candido, che con tutta evidenza Maria va riconosciuta quale mediatrice universale e corredentrice, “perché lei ha generato non l’uomo Gesù, ma Cristo, il verbo eterno e consustanziale del Padre”. E “questa sua singolare maternità l’ha unita alla sorte del Figlio con un legame più intimo di quello di ogni altra madre”.

Da un lato, dunque, l’opera corredentrice di Maria e dall’altro l’azione instancabile del Maligno. Questi i due poli attorno ai quali è strutturato il libro di padre Giacobbe, il quale non ha esitazioni quando scrive che “in questi ultimi secoli all’insegna dell’ateismo Satana sta sferrando con violenza e scherno, quasi a viso scoperto, un attacco micidiale contro la Chiesa di Cristo, per imporre una legge e una morale opposte a quelle divine”.

“Quasi a viso scoperto” è espressione che dice molto. E i fedeli restano sempre più spesso impietriti di fronte a tanta sfrontatezza. “Ma per impulso dello Spirito Santo – prosegue padre Giacobbe – è irriducibile nella Chiesa una spontanea devozione mariana, che spinge i fedeli ad affidarsi a Colei che il Salvatore ha dato a loro per Madre e che Dio, a tempo opportuno, manda come messaggera di salvezza (pensiamo a Guadalupe, Lourdes e a Fatima), con le credenziali divine di innumerevoli miracoli che mentre infiammano i semplici di gratitudine confondono la sapienza dei potenti e l’arida scienza di non pochi teologi”.

Possiamo allora concludere con la preghiera, che certamente padre Candido avrebbe fatto propria, di Benedetto XVI a Fatima, il 12 maggio 2010, quando, al termine della solenne recita dei Vespri con la consacrazione dei sacerdoti al Cuore Immacolato di Maria, disse: “Preservaci con la tua purezza, custodiscici con la tua umiltà e avvolgici col tuo amore materno… La tua presenza faccia rifiorire il deserto delle nostre solitudini e brillare il sole sulle nostre oscurità, faccia tornare la calma dopo la tempesta, affinché ogni uomo veda la salvezza del Signore, che ha il nome e il volto di Gesù, riflesso nei nostri cuori, per sempre uniti al tuo! Così sia!”.

Aldo Maria Valli

https://www.aldomariavalli.it/2020/12/20/la-missione-corredentrice-di-maria-e-la-lotta-contro-satana-la-lezione-di-padre-candido/

Caliari. Svegliati, O Uomo! Meditazione in Preparazione del Santo Natale.

20 Dicembre 2020 Pubblicato da  3 Commenti

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, Gian Pietro Caliari ci regala questa meditazione in preparazione dell’Avvento di Nostro Signore Gesù Cristo. Buona lettura, e buona domenica.

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Ritiro in preparazione del Santo Natale

Domenica 20 dicembre 2020

(Luca 1, 26-38)

di Gian Pietro Caliari

Carissimi amici tutti, 

“Svegliati, o uomo!”, così Sant’Agostino esortava i cristiani adunati nella cattedrale d’Ippona per il giorno del Santo Natale dell’anno 412.

Svegliatevi!, ripeterebbe oggi il grande Padre della Chiesa se fosse qui tra noi, piccolo gruppo di amici, piccolo gruppo di cattolici che, umilmente, si prepara a questo nuovo Natale di Salvezza.

Sì, un nuovo Natale di Salvezza, mentre il nostro tempo e il nostro mondo – e ahimè anche la nostra santa e amata Chiesa Cattolica – sembrano – come scriveva già Victor Hugo nel 1831 – in preda a “un’oscena, esuberante, rumorosa e sovversiva festa dei folli”, che tristemente si avvia a perdizione (Notre Dame de Paris, Libro I). 

Sì, anche quest’anno in un mondo che sembra contorcersi nelle convulsioni di un Sabba demoniaco, il Natale di Cristo, il Natale del Redentore dell’uomo, centro del cosmo e della storia, il Santo Natale cristiano si compie come evocato con mirabile linguaggio dal Libro della Sapienza:

“Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo ordine inesorabile” (Sapienza 18, 14-15). 

Svegliati o uomo! Svegliati o donna! 

Come abbiamo ascoltato all’inizio di questo momento di riflessione dalla voce stessa di Sant’Agostino: 

”Per te Dio si è fatto uomo. Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà. Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo.” (Sermo 185, in Natali Domini, PL 38, 997). 

“Χαῖρε!” (kaìre!), fu invece l’amabile e angelico saluto a una donna di Nazareth di nome Maria; מִרְיָםMiryam, che in ebraico significa: amata da Dio! 

Rallegrati, dunque, anche tu che sei da Dio amato! 

Rallegrati, anche tu – che come Maria di Nazareth – vivi nell’odierna e planetaria Galilea, il cui nome – come nell’originario ebraico הגליל gélil ha-gòyim, significa terra di pagani; mondo di uomini e donne senza Dio e senza legge! 

Eppure anche su questa terra desolata e che ha abbandonato il vero “Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe”, l’arcangelo Gabriele rende presente la שְׁכִינָה (Shekinah), la presenza stessa dell’Onnipotente, che per quarant’anni aveva accompagnato sotto una tenda il popolo d’Israele nel suo Esodo salvifico e che allora dimorava nel magnifico Tempio di Salomone.

Ecco, l’Onnipotenza si manifesta a Maria e non la chiama col suo  nome. Le conferisce, invece, un nome nuovo: “Χαῖρε, κεχαριτωμένη” (kaìre kekaritomène) “Rallegrati, colmata di grazia”. 

Colei che era amata da Dio, ora è colmata della presenza stessa di Dio! “ὁ κύριος μετὰ ⸀σοῦ” (ò kùrios metà soù) Il Signore è con te! 

Nel breve saluto di Gabriele: “Χαῖρε, κεχαριτωμένη, ὁ κύριος μετὰ σοῦ” (kaìre kekaritomène, ò kùrios metà soù), “Rallegrati Maria, colmata di grazia, Dio è con te!”; è già racchiuso tutto il Santissimo Mistero dell’Incarnazione e del ruolo unico, eccezionale e irripetibile, che Maria assume nel Mistero della Redenzione. 

Di fronte “alla larghezza, alla lunghezza, all’’altezza e alla profondità” del mistero dell’Amore di Dio in Cristo, un Mistero – “che sorpassa ogni conoscenza” e che ci ricolma “di tutta la pienezza di Dio” (Efesini 3, 18-19) – l’Evangelista San Luca ci descrive la reazione di Maria con due verbi: “διεταράχθη καὶ διελογίζετο” (dieraràxfo kaì dielegìzeto), “fu turbata e si domandava” – dice la traduzione corrente. 

In realtà, San Luca, che era di madrelingua greca, intendeva farci ben comprendere la qualità della reazione di Maria in rapporto alla qualità della fede stessa di questa giovane di Nazareth.

Dal primo verbo, διαταράσσω (diataràsso) all’aoristo passivo apprendiamo che Maria “rimase profondamente perplessa” – ecco la giusta traduzione – e dal secondo διελογίζετο (dielegìzeto) all’imperfetto medio riflessivo che Maria “rifletteva fra sé, o meglio “meditava fra sé”.

Altre due volte, l’Evangelista Luca nel suo Vangelo annota la reazione di Maria agli avvenimenti di cui era partecipe. 

Dopo la visita dei pastori alla mangiatoia di Betlemme, mentre “tutti si stupirono delle cose che i pastori dicevano” a riguardo del bambino (cfr. Luca 2, 18), Luca annota che  “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” “συμβάλλουσα ἐν τῇ καρδίᾳ αὐτῆς” (sunbàllousa èn tè carda autès) – traducendo letteralmente – mettendole insieme, componendole, riordinandole nel suo cuore  (Luca 2, 19). 

E di nuovo, dopo il ritrovamento di Gesù al Tempio, quando l’Evangelista annota che Gesù “partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore” “διετήρει πάντα τὰ ῥήματα ⸀ταῦτα ἐν τῇ καρδίᾳ αὐτῆς” – (dieterei punta tà rèmata taùta èn tè kardìa) di nuovo letteralmente – Maria “tiene attentamente, continuamente, tutte queste cose udite nel suo cuore  (Luca 2, 51). 

La fede di Maria – come ci è presentata nel celebre testo dell’Annunciazione – non è il frutto di una reazione infantile ed entusiastica! 

La fede di Maria non è neppure una pia illusione né una facile e incosciente credulità!

La fede di Maria è quella di chi “medita interiormente”, di chi “compone e riordina nel suo cuore quanto avviene” e quanto vive. 

è la fede di chi “tiene nel suo cuore attentamente e continuamente tutto ciò che ascolta”.

La fede di Maria è la beatitudine stessa che Gesù proclama: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Luca 11, 28). 

Maria medita per comprendere fino in fondo un divino disegno che  rende a Dio possibile ciò che è impossibile agli uomini. 

Maria medita per poter essere partecipe di un piano provvidenziale che consente alla sua verginità di tale restare e permanere pur diventando essa stessa Madre di Colui che “sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo” (Luca 1, 31). 

Maria riordina e attentamente conserva nel suo cuore tutto ciò che ascolta dalla voce della Potenza di Dio per essere disponibile a participare a un piano di Salvezza, in cui Colui che solo salva, Gesù, che nasce nella carne di un Figlio dell’Uomo, pur permanendo nella sua divina natura di Figlio dell’Altissimo.

Maria medita, riordina e conserva nel suo cuore quell’annuncio del Mistero Supremo dell’Amore salvifico che il vecchio Simeone “un uomo giusto e timorato di Dio” (Luca 2, 25) pronuncia accogliendo Gesù al Tempio di Gerusalemme per l’offerta del primogenito e la purificazione della madre, come prescritto dalla legge mosaica: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Luca 2, 34-35).

Maria vive così, in una dimensione di fede reale, profonda e conscia, il primo Avvento disponendosi a generare – per potenza dello Spirito Santo – “Colui che nascerà e che sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio; perché nulla è impossibile a Dio” (Luca 1, 36-37).

Commentando la fede meditativa di Maria, Sant’Agostino scrive: “Angelus nuntiat, virgo audit, credit, et concipit. Fides in mente, Christus in ventre” – “Un angelo porta l’annunzio, la Vergine ascolta, crede e concepisce. La fede nel cuore e Cristo nel grembo” (Sermo 196,  In Natali Domini, PL 38, 1019).

E in un’altro testo aggiunge: “Il Cristo è creduto e concepito mediante la fede. Prima si verifica la venuta della fede nel cuore della Vergine, e in seguito viene la fecondità nel seno della Madre” (Sermo 293, In Natali Johannis, PL 38, 1327). 

Proprio in virtù di questa fede, Maria risponde all’Angelo con le celebri parole: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Luca 1, 39). 

Il titolo ebraico di עֶבֶד יַהְוֶה; ebed Hashem ”servo di Dio” “o servo dell’Altissimo”  ricorre 27 volte in tutto l’Antico Testamento ed è riservato solo a tre personaggi. 

A Mosè, che aveva guidato Israele fuori dall’Egitto e a cui era stata consegnata la Legge di Dio sul Sinai; a Giosuè, il diretto successore di Mosè, che condurrà Israele alla presa di possesso della terra promessa, dando così continuità e compimento alla promessa fatta da Dio ad Abramo (Gen 12,1; 28,13); e, infine, a Davide, il re a cui Dio ha promesso la stabilità della sua discendenza e del suo regno (2 Sam 7,12-16). 

Il profeta Isaia, poi, profetizza nella persona del “servo di Dio” proprio Colui  “che è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità” (Isaia 53, 5); che “maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca (Isaia 53, 7) e “che è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori” (Isaia 53, 12).

Maria con il suo “sono la serva del Signore” non solo è associata ai

ai grandi personaggi del Vecchio Testamento che hanno collaborato con Dio nel portare a compimento il suo progetto di salvezza; ma, con questo titolo “la serva dell’Altissimo”, viene posta da Luca al vertice dell’intera storia d’Israele, che è storia di una promessa che trova in Maria e nel suo Figlio il definitivo  ed eterno compimento. 

è Maria, infatti, che concepirà e partorirà: “L’Agnello di Dio che porta i peccati del mondo” (Giovanni 1, 29). 

Carissimi amici, 

In questo Santo Natale, lasciamo che la fede profonda e radicale di Maria scuota, interroghi e provochi anche la nostra fede per farla diventare veramente una Fede chiara e adulta!

In una celebre omelia l’allora cardinale Joseph Ratzinger diceva: “Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” 

“Noi, invece, – continuava il grande teologo – abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. è questa fede adulta che dobbiamo maturare” (Missa pro eligendo summo Pontifice, 18 aprile 2005). 

Care Mamme e cari Papà,

carissimi amici, socii et comites, 

Certo, lo sappiamo, la fede è anzitutto un dono soprannaturale, un dono di Dio.

“Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e sono necessari gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità” (Vaticano II, Costituzione Dogmatica Dei Verbum, 5).

La fede è dono di Dio, ma è anche atto profondamente libero e umano.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo dice con chiarezza: «È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all’intelligenza dell’uomo» (n. 154).

Anzi, le implica e le esalta, in una scommessa di vita che è come un esodo, cioè un uscire da se stessi, dalle proprie sicurezze, dai propri schemi mentali, per affidarsi all’azione di Dio che ci indica la sua strada per conseguire la vera libertà, la nostra identità umana, la gioia vera del cuore, la pace con tutti. 

Credere è affidarsi in tutta libertà e con gioia al disegno provvidenziale di Dio sulla storia, come fece Maria di Nazaret. 

La fede allora è un assenso con cui la nostra mente e il nostro cuore dicono il loro «sì» a Dio, confessando che Gesù è il Signore. 

E questo «sì» trasforma la vita, le apre la strada verso una pienezza di significato, la rende così nuova, ricca di gioia e di speranza affidabile.

Più che mai, il nostro tempo richiede cristiani che siano stati afferrati da Cristo, che crescano nella fede grazie alla familiarità con la Sacra Scrittura e i Sacramenti. 

Persone che siano quasi un libro aperto che narra l’esperienza della vita nuova nello Spirito, la presenza di quel Dio che ci sorregge nel cammino e ci apre alla vita che non avrà mai fine.

https://www.marcotosatti.com/2020/12/20/caliari-svegliati-o-uomo-meditazione-in-preparazione-del-santo-natale/

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