ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 25 febbraio 2021

A quando il condom-Cei invece delle mascherine..?

VERSO NUOVI ABUSI

Messe stop, dai sindaci la nuova sfida. E la Chiesa dà l'ok

I sindaci molisani di Agnone e Termoli lanciano una nuova offensiva al culto pubblico: messe sospese, anche solo a fronte di 23 nuovi casi positivi. Un'ordinanza che non ha alcuna ragione d'essere e che mostra diversi illeciti. Ma che la Chiesa è già pronta ad accettare supinamente: «La salute al primo posto, noi non c'entriamo», dicono parroco e vicario senza mostrare il minimo interesse. Ma così si armano le amministrazioni comunali che dilagheranno nel decidere arbitrariamente sulla libertas Ecclesiae a fronte di un rischio sanitario tutto da dimostrare.


Il bollettino del piccolo Comune di Agnone in provincia di Isernia parla di 23 nuovi casi positivi in un solo giorno. Non si parla di ricoverati, men che meno di intubati e neppure di morti. 23 positivi su un comune di 5000 abitanti sono un numero minuscolo oppure sono una montagna se l’obiettivo è usare questo dato per chiudere tutto. Ma tutto-tutto, dato che il sindaco Daniele Saia (in fotonella sua ordinanza di ieri notte ha persino sprangato la strada panoramica Pietro Mennea che da quelle parti, siamo nel basso Sannio a un tiro di schioppo dalla val di

Sangro, deve essere uno dei vanti locali.

Come se non bastasse però, il provvedimento ha interessato anche i parrucchieri e gli estetisti, che invece il governo nazionale sta tenendo aperti e dulcis in fundo, al punto nove dell’ordinanza 8/2021 persino le sante Messe. «È disposto il divieto di celebrazioni liturgiche nelle chiese e nei luoghi di culto. Sono consentiti i riti funebri nelle chiese e nei luoghi di culto con la presenza dei soli familiari e comunque entro il numero di 10 persone».

Così recita il dispositivo amministrativo col quale il primo cittadino blinda il suo paese a fronte dei 23, diconsi 23, casi positivi.

Forse che domenica sono passati tutti e 23 dalla chiesa, gli incauti? Ci sono focolai accertati nelle chiese e negli oratori della piccola Agnone? Sta forse fuoriuscendo un geyser di coronavirus dai pavimenti antichi delle basiliche? «No, ma in chiesa va la popolazione più anziana, perciò quella che più facilmente può essere colpita», spiega il sindaco Saia al telefono con la Bussola. Basterebbe consigliare agli anziani di non andare a Messa per un po’, obiettiamo.

Niente da fare. Ma all’analisi della ratio del suo provvedimento, Saia barcolla: «Guardi, ho fatto la stessa cosa che hanno fatto a Termoli e in altri comuni del Basso Molise». In effetti, anche la cittadina costiera molisana ha appena emanato un’ordinanza che vieta la celebrazione delle Messe in presenza. Insomma, qua ci giochiamo la libertà di culto col copia & incolla delle segreterie comunali.

Deve essere una variante molisana: il sindaco si arroga il diritto di impedire il culto pubblico mentre il governo continua a concederlo. E il vescovo? «Non abbiamo approfondito – dice – né con lui né il con il parroco. Ma dovevamo prendere una decisione urgente. E poi: quando il governo ha chiuso le chiese l’anno scorso non ha chiesto il permesso alla Cei», ribatte Saia e in questo sicuramente ha ragione e per certi versi offre la chiave di volta per comprendere quanto sta accadendo: dal governo ai sindaci il passo è breve: la Messa è un pericolo, proibirla è un atto unilaterale che non si discute.

Ma dalle parti della Chiesa molisana che dicono?

La notizia della sospensione delle Messe pubbliche ad Agnone e dintorni non ha agitato granché i sonni della Diocesi di Trivento dove il vescovo, monsignor Claudio Palumbo (in foto), risiede. Per lui parla il vicario generale, don Domenicantonio Fazioli, che raggiunto dalla Bussola relega la questione con flemmatico fatalismo di fronte a un problema eminentemente sanitario: «Ci sono stati molti casi di covid, si sono contagiati attraverso delle feste di compleanno. Se il sindaco ha ritenuto opportuno bloccare tutto, si vede che avrà avuto le sue ragioni». Dunque, la diocesi è d’accordo? «Ma noi che c’entriamo? Penso che la salute della gente debba stare al primo posto, di questi tempi l’anno scorso, il sacerdote celebrava per conto suo, non vedo dove stia il problema». 

Il sostanziale menefreghismo, della diocesi con quel “che c’azzecchiamo noi?” che ricorda tanto l’illustre molisano Di Pietro, ci costringe a tornare ad Agnone dove don Onofrio Di Lazzaro è il destinatario dell’ordinanza in quanto unico parroco: «No, non sono stato consultato, ancora non ho visto, ma per me va bene. Si saranno messi d’accordo con la curia».

Per la verità, no, ribadiamo. «Eh vabbè, vorrà dire che dovremo accettare questa misura se è per il bene e la sicurezza di tutti». Con queste armi spuntate si capisce con quale facilità il sindaco abbia potuto permettersi di infrangere in un colpo solo Concordato e Costituzione. Eh sì, perché circa la legittimità della sua ordinanza, ci sarebbe molto da dire, come analizza in questo approfondimento il giudice Rocchi. È vero che se c’è un’emergenza sanitaria il sindaco può decidere anche di fermare il culto, ma ogni decisione deve essere adeguatamente motivata da dati concreti. 23 casi positivi, peraltro senza sapere nulla delle loro condizioni, non possono essere una giustificazione per chiudere le chiese perché con questa logica ogni aumento di contagio potrebbe diventare un grimaldello per richiudere di nuovo tutte le chiese: a Firenze come a Agrigento.

Certo, se lo ha fatto il governo, sembra dirci il sindaco, lo può fare anche lui. E anche nel marzo scorso i vescovi non hanno certo strepitato né hanno preteso che ogni decisione avvenisse dietro sigla di un protocollo o di una revisione del concordato. Campo libero avevano ieri Conte & co e campo libero hanno oggi i sindaci. In effetti il ragionamento regge. Non è neanche che si debba scomodare chissà quale amministrazione di sinistra. Anzi. È la totale mancanza di considerazione della libertas Ecclesiae che è venuta meno, ceduta dai vescovi con nonchalance come imperativo per la salute bene supremo. E che ora continua a venire meno per mano di un sindaco di appena 5000 anime con ancor più facilità che tratta la Messa alla stregua della pista ciclopedonale Pietro Mennea. È proprio vero che la storia si ripete in farsa.

Andrea Zambrano

- COSI' I FEDELI RESTANO SENZA DIFESA di Giacomo Rocchi
- UN'ALTRA PASQUA SACRIFICATA SULL'ALTARE DEL COVID, di Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/messe-stop-dai-sindaci-la-nuova-sfida-e-la-chiesa-da-lok

Mascherine Anti Covid. Primo Studio Scientifico Europeo: Servono Molto Poco.

25 Febbraio 2021 Pubblicato da  1 Commento

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, mi sembra veramente molto interessante condividere con voi – nella mia traduzione – questo articolo apparso sullo Spectator e che parla di uno dei pochissimi studi randomizzati – cioè con solida base scientifica – sull’uso delle mascherine nel contrasto a virus del tipo dell’influenza, o del Covid. Resta da capire perché solo in Danimarca si siano presi la briga di compiere una ricerca del genere; e perché in mancanza di un’evidenza scientifica alcuni governi, compreso il nostro, se lo si può chiamare così, abbiano creato una psicosi della mascherina che ormai ha infettato la mente di troppe persone, grazie anche a una campagna stampa che definire corriva è complimentoso. Buona lettura.

§§§

Le maschere per il viso funzionano? All’inizio di quest’anno, il governo britannico ha deciso che le maschere potrebbero giocare un ruolo significativo nel fermare il Covid-19 e ha reso le maschere obbligatorie in un certo numero di luoghi pubblici. Ma queste politiche sono supportate dalle prove scientifiche?

Ieri ha segnato la pubblicazione di uno studio a lungo ritardato in Danimarca che spera di rispondere proprio a questa domanda. Il “Danmask-19 trial” è stato condotto in primavera con oltre 6.000 partecipanti, quando al pubblico non era stato detto di indossare maschere ma erano in vigore altre misure di salute pubblica. A differenza di altri studi sulle maschere, lo studio Danmask era uno studio randomizzato e controllato – il che lo rende la prova scientifica di più alta qualità.

Circa la metà dei partecipanti allo studio ha ricevuto 50 maschere chirurgiche monouso, che è stato detto loro di cambiare dopo otto ore di utilizzo. Dopo un mese, i partecipanti allo studio sono stati testati con PCR, anticorpi e test a flusso laterale e confrontati con i partecipanti allo studio che non indossavano una maschera.

Gli studi randomizzati sono importanti se vogliamo capire l’impatto di misure come le maschere facciali
Alla fine, non c’era alcuna differenza statisticamente significativa tra coloro che indossavano le maschere e quelli che non lo facevano quando si trattava di essere infettati dal Covid-19. L’1,8 per cento di coloro che indossavano le maschere ha preso il Covid, rispetto al 2,1 per cento del gruppo di controllo. Di conseguenza, sembra che qualsiasi effetto delle maschere sulla prevenzione della diffusione della malattia nella comunità sia piccolo.

Alcune persone, naturalmente, non hanno indossato correttamente le loro maschere. Solo il 46% di coloro che indossavano le maschere nello studio ha detto di aver rispettato completamente le regole. Ma anche se si guarda solo alle persone che hanno indossato le maschere “esattamente come da istruzioni”, questo non ha fatto alcuna differenza per i risultati: il 2% di questo gruppo è stato infettato.

Quando si tratta di maschere, sembra che ci siano ancora poche prove valide che impediscano la diffusione di malattie trasmesse dall’aria. I risultati dello studio Danmask-19 rispecchiano altre analisi sulle malattie simili all’influenza. Nove altri studi che esaminano l’efficacia delle maschere (due che esaminano gli operatori sanitari e sette la trasmissione comunitaria) hanno trovato che le maschere fanno poca o nessuna differenza nel prendere l’influenza o no.

Ma nel complesso, c’è una preoccupante mancanza di prove solide sulle maschere facciali e sul Covid-19. Ci sono stati solo tre studi comunitari durante l’attuale pandemia che hanno confrontato l’uso delle maschere con varie alternative – uno in Guinea-Bissau, uno in India e questo ultimo studio in Danimarca. Il basso numero di studi sull’effetto che diversi interventi hanno sulla diffusione del Covid-19 – un argomento di importanza globale – suggerisce che c’è una totale mancanza di interesse da parte dei governi nel perseguire una medicina basata sulle prove. E questo contrasta nettamente con le enormi somme che hanno speso per i consulenti di ‘relazioni boutique’ che consigliano il governo.

Gli unici studi che hanno dimostrato che le maschere sono efficaci nel fermare le malattie trasmesse dall’aria sono stati “osservazionali” – che osservano le persone che normalmente usano le maschere, piuttosto che tentare di creare un gruppo di controllo randomizzato. Queste prove includono sei studi condotti in Estremo Oriente durante l’epidemia di SARS CoV-1 del 2003, che hanno dimostrato che le maschere possono funzionare, specialmente quando sono usate da operatori sanitari e pazienti insieme al lavaggio delle mani.

Ma gli studi osservazionali sono soggetti a bias di richiamo: nel calore di una pandemia, non molte persone ricorderanno se e quando hanno usato le maschere e a quale distanza si sono tenuti dagli altri. La mancanza di un’assegnazione casuale delle maschere può anche “confondere” i risultati e potrebbe non tenere conto degli effetti stagionali. Un recente studio osservazionale ha dovuto essere ritirato perché il calo riportato nei tassi di infezione durante l’estate è stato annullato quando l’effetto stagionale ha preso piede e i tassi sono risaliti.

Ecco perché i grandi studi randomizzati come questo recente studio danese sono così importanti se vogliamo capire l’impatto di misure come le maschere facciali. Molte persone hanno sostenuto che è troppo difficile aspettare gli studi randomizzati – ma Danmask-19 ha dimostrato che questo tipo di studi è più che fattibile.

E ora che abbiamo una ricerca scientifica adeguatamente rigorosa su cui possiamo fare affidamento, l’evidenza mostra che indossare maschere nella comunità non riduce significativamente i tassi di infezione.

A causa del gran numero di persone che hanno commentato l’articolo sui social media senza leggerlo, abbiamo aggiornato il titolo per sottolineare che lo studio riguarda chi indossa la maschera. I dati Covid possono essere trovati sul nostro data hub: data.spectator.co.uk

SCRITTO DA
Carl Heneghan & Tom Jefferson
Carl Heneghan è professore di medicina basata sull’evidenza all’Università di Oxford e direttore del centro per la medicina basata sull’evidenza. Tom Jefferson è un tutor associato senior e ricercatore onorario al centro per la medicina basata sull’evidenza, Università di Oxford.

https://www.marcotosatti.com/2021/02/25/mascherine-anti-covid-primo-studio-scientifico-europeo-servono-molto-poco/

1 commento:

  1. Urgente capire chi sono i committenti di Speranza, ministro davanti al quale anche il presidente del consiglio non proferisce verbo.

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