ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 27 febbraio 2021

Che la Chiesa sia liberata da ogni forma di male

Pillole di coraggio per la vittoria

 

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Ascendant ad te, Domine, preces nostrae: et ab Ecclesia tua cunctam repelle nequitiam (Oratio super populum del Martedì della prima settimana di Quaresima).

«Salgano a te, Signore, le nostre invocazioni: respingi dalla tua Chiesa tutta la malvagità». In poche, essenziali parole, la liturgia tradizionale esprime un intero programma per la nostra preghiera: che la Chiesa sia liberata da ogni forma di male, tanto dagli attacchi esterni quanto – cosa ben più dannosa – dalla corruzione interna, sia da quella delle menti che da quella dei costumi. 


È proprio grazie ad essa che l’ininterrotto assalto dei nemici, non essendo riuscito a distruggerla da fuori, si è portato dentro, tra le mura della Città santa, servendosi del cavallo di Troia dell’aggiornamento conciliare. La sana dottrina si è dissolta per cedere il posto a fumose chiacchiere pseudoteologiche; la disciplina è crollata lasciando dilagare l’anarchia; il diritto è svuotato di ogni forza, se non quando torna utile per eliminare i dissidenti. Ciò che, però, era al di là dell’immaginabile è che si usasse l’autorità conferita da Cristo agli Apostoli per convincere i fedeli ad assumere un farmaco che non solo è immorale, ma può nuocere gravemente alla loro salute.

Di fronte a un simile abominio, cioè all’abuso blasfemo e pernicioso di un potere sacro, è del tutto lecito ricorrere alla maledizione per salvaguardare l’onore di Dio e l’incolumità delle persone. San Tommaso d’Aquino insegna che maledire è proibito solo nel caso in cui si voglia il male altrui per se stesso, mirando ad esso come a un fine; qualora lo si intenda invece sub ratione boni, cioè per uno scopo positivo, è consentito. Nel secondo caso, infatti, l’auspicio non è una maledizione propriamente detta, bensì una maledizione per accidens, poiché l’intenzione principale di chi parla non è diretta al male, bensì al bene. Ora, il bene cui si mira può essere di due tipi: il giusto e l’utile. Il giudice, in un certo senso, “maledice” lecitamente il reo ordinando che gli sia applicata la pena; parimenti si può augurare al peccatore una malattia o un impedimento perché si migliori oppure, almeno, smetta di nuocere agli altri (cf. Summa Theologiae, IIᵃ-IIᵃᵉ, q. 76, resp.).

In questo momento non è in gioco solo il bene individuale, ma anche il bene comune; non soltanto la vita dei singoli, ma pure la vita dei popoli. Sarebbe già gravissimo che la salute di una persona fosse messa in pericolo dalle istituzioni pubbliche senza una ragione proporzionata; qui si tratta di tutta l’umanità, esposta ad un tentativo di genocidio globale. Masse ipnotizzate dalla propaganda stanno andando al macello come stolide bestie, felici di farsi infettare con un agente patogeno creato in laboratorio da criminali peggiori dei nazisti. Gli ecclesiastici che li fiancheggiano, essendo ancor più colpevoli di loro, meritano una condanna severissima, che possiamo lecitamente invocare su di loro perché, smettendo di offendere Dio e di procurare il male a quanti dovrebbero invece custodire, possano scampare alla dannazione eterna.

Tale richiesta sarà gradita a Dio se proverrà da cuori esenti dall’odio umano e pieni di fede nella Sua onnipotente provvidenza. «A volte la Chiesa è non soltanto afflitta, ma anche devastata [oppure deturpata, insozzata, contaminata, disonorata, oscurata] da così gravi tribolazioni dei pagani che, se fosse possibile, il suo Redentore sembrerebbe temporaneamente averla proprio abbandonata. […] Egli, tuttavia, non dimentica la preghiera dei poveri né distoglie lo sguardo da coloro che sperano in lui: anzi, e aiuta quanti combattono con i nemici perché vincano, e incorona in eterno i vincitori. […] Benché, sul momento, paia tardare a prestare aiuto ai tribolati, nondimeno, perché non vengano meno nelle tribolazioni, li corrobora con il suo sguardo pietoso e talvolta, vinte le avversità quasi avesse calcato e placato le masse dei flutti, li libera anche con un soccorso manifesto» (san Beda Venerabile, Omelie su san Marco, IV, 2, 28; cf. Mc 6, 45-52).

La consolante certezza di essere ascoltati dal Signore e da Lui osservati con amore nella lotta deve distoglierci la mente dalla tentazione di ricorrere a metodi tanto sbrigativi quanto illusori e rovinosi. Non compete di certo a noi giudicare il capo della Chiesa né stabilire chi lo sia effettivamente, pur essendo evidente che quello ufficiale si comporti in tutto come uno che non pensi di esserlo davvero, ma che detenga comunque un potere e lo eserciti in modo del tutto autocratico. Noi possiamo solo pregare perché un pontefice del futuro, fosse pure tra venti o trent’anni, chiarisca la questione e risani retroattivamente i danni causati dall’attuale regime; nel frattempo, rimettiamo il problema a Dio e restiamo uniti a colui che è papa davanti a Lui. Basti questo a fugare ogni sospetto di sedevacantismo riguardo a chi scrive, il quale rigetta con tutte le forze anche solo l’idea che la Chiesa sopravviva unicamente in gruppuscoli settari che, per potersi considerare autosufficienti, distorcono la dottrina con sofismi artificiosi e contorti.

Perseveriamo dunque nel combattimento e nella preghiera, in attesa che il Signore intervenga per ristabilire l’ordine per mezzo di un Suo inviato. Egli non ci ha promesso di risparmiarci fatiche e dolori, ma di preservarci dalla sconfitta, purché non cediamo allo scoraggiamento e continuiamo a confidare in Lui. «La Provvidenza non ha forse disposto tutto per il maggior bene degli eletti? Essa li protegge malgrado tutto; largisce loro, giorno per giorno, con liberalità divina, tutti gli aiuti necessari anche ai loro minimi bisogni. Se accade che tutti gli appoggi umani si dileguino, sarà quella, per l’anima cristiana, l’ora della suprema speranza che si rifugia in Dio solo: “Le ore disperate sono le ore di Dio”. La miracolosa Provvidenza interviene nel momento stesso in cui tutto sta crollando, e salva tutto» (M.M. Philipon OP, La Trinità nella mia vita, Roma s.d.). Lo credi davvero? Sei pronto a scommettere su questo invisibile potere? Sei capace di intravedere la luce al di là della coltre di tenebre che avvolge il mondo?

Se non è così, chiedi tale dono al Signore, così da poter cooperare con Lui senza frapporre ostacoli alla Provvidenza, che trova la principale barriera nella sfiducia piagnona con cui spesso, anziché combattere virilmente, ci ripieghiamo in un morboso vittimismo che può degenerare in depressione. Non sto suggerendo che il cristiano sia una sorta di superuomo, bensì che anche i più deboli, con la grazia di Dio, possono diventare invincibili. La forza soprannaturale accordata a chi esercita con coraggio le tre virtù teologali ti è quanto mai necessaria per resistere alla tirannide satanica che ci sta opprimendo. Con calma e determinazione, opponi un netto e irremovibile rifiuto alle sue pretese inaccettabili, senza farti minimamente impressionare dai suoi pseudoargomenti colpevolizzanti: è chi riceve il cosiddetto “vaccino” che può contagiare gli altri, non chi è sano. Se il Signore permette che ti ammali, ricorri immediatamente alle cure disponibili; a tale scopo, individua fin d’ora un buon medico che ti prescriva i farmaci efficaci. Soprattutto, mantieni alto il morale, che, fra l’altro, incide pure sulle difese immunitarie. Non praevalebunt!

Isti sunt triumphatores et amici Dei, qui contemnentes iussa principum, meruerunt praemia aeterna (Questi sono i trionfatori e gli amici di Dio, i quali, disprezzando gli ordini dei potenti, han meritato i premi eterni; dall’Ufficio Divino).

https://ippocrateorg.org/

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