ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 15 marzo 2021

La strategia oscura e subdola

Un’altra mazzata! Povera Chiesa cattolica


                        

La strategia oscura e subdola dei regimi totalitari, ha sempre portato avanti i suoi obiettivi in maniera pacata, senza clamore, senza fuochi d’artificio.

Giustificando certe scelte come necessarie momentaneamente, fino ad arrivare a farle diventare definitive.

E intanto il popolo si era abituato, dimenticandosi del prima e quindi non frapponendo resistenza o altro!

E’ notizia di qualche ora fa (sempre se è vera, e se non lo fosse chiediamo veramente scusa) che nella Patriarcale Basilica di San Pietro ci sarà una “rivoluzione” liturgica.

Dal 22 di marzo, al mattino presto come avviene da sempre, non sarà più possibile ai vescovi e sacerdoti chiedere di celebrare la Santa Messa su uno degli altari della Basilica.

Se qualche vescovo o sacerdote con un gruppo al seguito volesse celebrare, sarà accompagnato in una delle cappelle delle grotte vaticane.

In alto, in Basilica, ci saranno solo concelebrazioni; raddoppiate se non triplicate per favorire, così dicono, il decoro liturgico.


Qualche deroga ci sarà, ma sempre con la concelebrazione, nel giorno dedicato ad un Santo che ha le sue reliquie in un altare della Basilica.

Si potrà celebrare su quell’altare , una delle Messe concelebrate previste.

Chi celebra in rito antico!

Ahimè…dovrà essere accompagnato nella profonda e lontana cappella clementina, giù, nelle grotte vaticane, stando agli orari stabiliti e con il permesso.

Quindi, cari miei, avanti con le prenotazioni, altrimenti siete fuori!

Sembrano cose da niente vero, ma in realtà hanno del tragicomico!

A dire il vero, ad avvalorare questo documento fresco di timbro della Segreteria di Stato, c’è il fatto che qualche anno fa ci fu la chiara indicazione ai rettori dei collegi romani che ospitano sacerdoti in formazione,

di scoraggiare la celebrazione della Santa Messa individuale, favorendo le concelebrazioni.

Io stesso ricordo che alla Casa del clero di Via della Traspontina, al piano terra c’è una cappella con più altari “coram Deo” dove i sacerdoti potevano celebrare al mattino.

Basta!

Cose sorpassate…peggio ancora, non in sintonia con la nuova ecclesiologia.

Non so da chi sia partita questa decisione, ma se fosse dal nuovo Arciprete della Basilica…beh…si è fatto un gran brutto biglietto da visita.

Se fosse da più in alto, e non mi stupirebbe, ormai neanche è da prendere in considerazione.

Quello che dispiace, è vedere questa chiara volontà di distruggere i pilastri della spiritualità della Chiesa e dei suoi sacerdoti.

Un prete è certamente consacrato per il bene delle anime, ma prima di tutto accoglie la consacrazione come realizzazione della vocazione che Dio gli ha messo nel cuore.

Un prete prega volentieri con il suo popolo…ci vorrebbe altro…ma qualche volta sente anche il bisogno di pregare da solo, di stare da solo davanti a Dio e perché no…di celebrare il santo sacrificio della

Santa Messa da solo, guardando non tanto il volto di Toni, Bortolo o Beppino o la Maria, bensì il tabernacolo e la Croce di nostro Signore.

Tutto questo senza distrazione alcuna, immerso nel silenzio e avvolto dal mistero.

Quando un prete va a Roma, a volte facendo anche qualche sacrificio, perché impedirgli di celebrare su un altare della Basilica da solo?

Povera Chiesa cattolica?

Ormai non c’è più nulla di certo; ognuno cambia secondo il suo gusto, secondo la sua sensibilità.

Oggi è così; domani verrà uno che ci farà fare un passo indietro, poi ne verrà un altro ancora che ci farà saltare in avanti il doppio e avanti così!

Tutto questo dispiace, addolora molto e intristisce.

Forse, da lunedì 22 marzo non vedremo neanche più le tovaglie e i candelieri sugli altari della Basilica di San Pietro.

La motivazione che porteranno sarà questa: dovevano pulirli…e intanto non rientreranno più alla loro sede.

Le pietre sacre di quegli altari, che custodiscono le reliquie dei Santi e dei Martiri, fremeranno di sdegno.

Noi continueremo a celebrare secondo quanto ci hanno insegnato; volendo fare cioè, quello che fa la Chiesa.

Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo!

Un’altra mazzata! (di Frà Serafino)

https://intuajustitia.blogspot.com/2021/03/unaltra-mazzata-povera-chiesa-cattolica.html

Lettera / Il nuovo messale? “Brutto, infelice, scorretto. Non si potrebbe tornare indietro?”


    Caro dottor Valli, sono un sacerdote di una diocesi della Liguria.

Ieri ho iniziato a celebrare con il nuovo messale. E confesso che, purtroppo, ho peccato. Perché delusione e rabbia affioravano (e me ne dolgo) a mano a mano che procedevo nel rito.

Ho trovato formule involute se non scorrete. Basterebbe leggere la preghiera sulle offerte della IV domenica di Quaresima. Mi domando se hanno commissionato questo lavoro a persone competenti a livello prima teologico e poi linguistico. Ne dubito.

Le formule in certi casi sono smussate all’inverosimile, inaccettabili dal punto di vista sia teologico sia liturgico.

Qualche esempio. Nella preghiera eucaristica della riconciliazione prima si diceva “eravamo morti al peccato”, adesso si dice “eravamo perduti”. Prima si diceva “liberati dalla corruzione della morte”, ora “guariti dalla ferita della colpa”. C’è una bella differenza.

E che dire della barocca nuova formula “prese il calice colmo del frutto della vite” al posto di “prese il calice del vino”?

Fortuna che il nuovo messale è stato voluto per venire incontro al linguaggio comune dell’uomo di oggi! Infatti, tutti noi quando viene un amico gli chiediamo se desidera un bicchiere colmo del frutto della vite! E lasciamo stare la rugiada.

“Ma mi faccia il piacere!” direbbe Totò.

Mi vien da dire che questi egregi novatori sono veramente egregi nel senso etimologico della parola: sono “fuori dal gregge”, senza legami con il popolo fedele. Mi chiedo: ma quali criteri scombussolati e contraddittori hanno usato se dopo anni di lavoro hanno partorito un tale obbrobrio?

Aggiungo, come ulteriore segno di incompetenza, la scelta del formato della pagina e del carattere. Il formato tipografico è tale che, data l’età media dei sacerdoti in Italia, molti preti saranno costretti a riprendere in mano i messali precedenti, che almeno si lasciavano leggere.

Dulcis in fundo (ma qui le critiche sono già abbondantemente piovute): le illustrazioni! A dir poco allucinanti. Le ho fatte vedere alla mia gente. Risultato: prima hanno detto che più brutte di così era difficile trovarne, poi hanno chiesto: ma che significano? Domanda alla quale parecchi preti non sanno neppure loro come rispondere.

C’è modo di ottenere un ripensamento di questa nuova edizione del messale brutta, infelice e scorretta?

Siamo messi proprio male. Eccoci al cambiamento per il cambiamento, in base all’ideologia secondo cui che quel che viene dopo è sempre migliore di quel che c’era prima.

Del resto, sappiamo che ormai l’importante è “avviare processi” (Bergoglio dixit). Anche se non si capisce per andare dove.

"Così tutela il sacro vincolo". Ecco le regioni dietro la riforma del Papa

La svolta voluta dal Papa in tema di matrimonio fa discutere. Ma adesso c'è un blocco che difende la scelta di Roma

La cosiddetta riforma del processo breve per la nullità matrimoniale voluta da papa Francesco continua a far discutere. Tra chi teme che la nullità matrimoniale possa divenire raggiungibile con una certa facilità e chi invece difende strenuamente la linea del Santo Padre, questa riforma "nascosta", per così dire, rimane dibattuta.

Si tratta di un argomento tecnico. Quindi per comprendere appieno cosa stia accadendo non possiamo che avvalerci del parere di un esperto della materia, come nel caso di don Gianluca Belfiore, che è incaricato presso l'arcidiocesi di Siracusa e che, tra i vari incarichi ricoperti, è stato Officiale per la Sezione per gli Affari Generali per la Segreteria di Stato. Il curriculum di don Belfiore, a dire il vero, è davvero lungo. Quello che rileva in questa circostanza è la sua assoluta e riconosciuta preparazione di don Belfiore in materia di diritto canonico.

Che cosa ha riformato papa Francesco?

Nella grande stagione sinodale degli anni 2014-2015, il Santo Padre ha potuto raccogliere l’eco di tutte le Chiese del mondo circa la situazione de 'l’enorme numero di fedeli che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o morale' (dal Proemio del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus). Si tratta di cristiani afferenti a quelle che papa Francesco chiama "famiglie ferite" e che o non si rivolgevano ai Tribunali ecclesiastici ritenendo i giudizi troppo costosi e/o troppo lunghi, oppure, quando vi avessero fatto ricorso, "a motivo della ritardata definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato" si trovava "lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio". Per tali ragioni, il Santo Padre ha riformato i processi per la dichiarazione di nullità dei matrimoni.

Perché non è più facile ottenere la nullità del matrimonio?

Tengo anzitutto a dire che papa Francesco, nonostante alcune contrarie sollecitazioni in sede sinodale, ha ritenuto di mantenere la via giudiziale per le nullità matrimoniali, per "tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo". Bisogna chiarire che esito di tali giudizi sono pronunce dichiarative della nullità e non di "annullamenti", come spesso si sente dire. Il matrimonio, cioè, o è nullo da principio e, dunque, viene dichiarato tale, oppure rimane valido. E i criteri (tecnicamente detti "capi") per cui il matrimonio può essere dichiarato nullo non sono stati modificati: impedimenti, vizi del consenso, vizi di forma. È cambiata la legge processuale, non quella sostanziale. E oggi come ieri il giudice perché possa pronunciarsi affermativamente (pro nullitate) dovrà formarsi una certezza morale sulla base delle prove esperite in giudizio.

In cosa è cambiata la legge processuale?

Anzitutto, adesso basta che in un solo grado di giudizio sia stata dichiarata la nullità, perché – se tale pronuncia non fosse impugnata – le parti possano ottenere la libertà di stato (prima erano necessarie due sentenze conformi pro nullitate). Poi, perché ogni Diocesi possa avere un suo Tribunale, è stato consentito che le cause vengano trattate da un giudice unico sotto la responsabilità del Vescovo diocesano e non più necessariamente da un collegio di tre giudici. Quando, poi, la nullità sia manifesta e le parti siano concordi nel richiederla, è possibile accedere ad un processo più breve, in cui giudice sarà il Vescovo diocesano.

I vescovi sono diventati nuovi giudici?I Vescovi non sono "diventati" giudici, lo sono sempre stati. Questo è attestato tanto dalla Storia del Diritto, con l’istituto della episcopalis audientia, quanto dal Magistero ecclesiastico ribadito nel Concilio Vaticano II. In particolare, il Santo Padre ha offerto una chiarissima lettura di Lumen gentium 27 nel Proemio del m.p. in parola, secondo cui i "Pastori delle Chiese particolari […] hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di giudicare i propri sudditi". Nel caso del processo più breve cui sopra accennavo, tale potestà del Vescovo diocesano non può essere delegabile, dovendo egli stesso pronunciare personalmente la sentenza.

Che cosa si intende per integrazione dei giudizi matrimoniali nella pastorale familiare?

I tribunali ecclesiastici offrono un servizio prettamente pastorale, cioè legato al mandato che Cristo ha dato ai suoi apostoli (e quindi al Collegio episcopale che succede loro) di pascere il popolo loro affidato. A chiare lettere, il Papa afferma ciò nel Proemio del m.p., secondo cui "il Vescovo […] è tenuto a seguire con animo apostolico i coniugi separati o divorziati, che per la loro condizione di vita abbiano eventualmente abbandonato la pratica religiosa". Non c'è, infatti, una cesura fra la dimensione pastorale dell’accompagnamento delle coppie ferite e la dimensione dell’accertamento della verità del vincolo. Se, infatti, è vero che non tutti i matrimoni "falliti" sono matrimoni nulli, è anche vero che nell’ambito dell’accompagnamento di tali coppie potrà verificarsi che ci si accorga della sussistenza dei presupposti per iniziare un procedimento giurisdizionale. A tal proposito, ad ogni diocesi è stato richiesto di dotarsi di un servizio pastorale pregiudiziale "che accoglie nelle strutture parrocchiali o diocesane i fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo ...orientato a conoscere la loro condizione e a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo".

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/vere-ragioni-riforma-matrimoniale-papa-1928097.html


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