Tempo di Covid, tempo di stress. Come mantenere la salute mentale e dell’anima?
La domanda interessa tutti. Lo stress causato dalla pandemia ha già avuto un pesante impatto sulla salute mentale e spirituale. E poiché la luce in fondo al tunnel appare ancora lontana c’è il rischio concreto che tensione psicofisica e nervosismo possano sfociare in vere e proprie patologie. Dunque, quali le contromosse? E quali i comportamenti da assumere in quanto cattolici?
In un’intervista al National Catholic Register lo psicologo cattolico Kevin Vost, studioso di san Tommaso d’Aquino e autore di numerosi libri, spiega che ansia e solitudine sono i due grandi problemi, evidentemente connessi. Se già prima della pandemia la solitudine aveva tutte le caratteristiche di un morbo diffuso, ora, con i lockdown e il distanziamento sociale, la situazione è ancora più critica e le persone a rischio di depressione aumentano.
Sotto il profilo spirituale, uno dei più pericoli più grandi sta nel peccato di accidia, un senso di generale apatia spirituale. La parola accidia viene dal greco e significa negligenza, indifferenza, mancanza di cure e di interesse. L’accidia si manifesta con uno stato di abbattimento, di scoraggiamento, di prostrazione e di stanchezza di fronte alla vita stessa. Uno stato di smarrimento interiore che, se non intercettato e combattuto, rischia di fagocitare la persona.
Dal punto di vista religioso, “se le persone perdono l’abitudine di andare a messa e ricevere i sacramenti (il che, a seconda di dove si vive, può essere dovuto a restrizioni legali o alle proprie paure di contrarre il Covid), c’è il rischio che le preoccupazioni mondane sostituiscano lentamente Dio”. In questo modo, il rapporto con Dio esce dalla prospettiva della persona.
Premesso che la salute mentale e quella spirituale – spiega Vost – spesso sono strettamente intrecciate, sebbene possano esserci distinzioni molto importanti, possiamo dire che c’è salute mentale quando i pensieri, le emozioni e i comportamenti sono in linea con la giusta ragione, in contatto con la realtà, in modo tale da consentirci di vivere pienamente le nostre vite, adempiendo ai nostri ruoli e doveri in modo efficace, senza indebite sofferenze. Per quanto riguarda la salute spirituale, può essere vista come la misura in cui dirigiamo le nostre capacità mentali e la nostra condizione fisica, in qualunque stato si trovino, verso l’amore di Dio e l’adempimento della sua volontà e dei suoi comandamenti.
Molti studi hanno dimostrato che chi ha una fede religiosa più forte e pratiche religiose più attive, in generale, tende complessivamente ad avere anche una migliore salute mentale.
I disturbi mentali, prosegue lo psicologo, possono derivare da molte cause e di solito derivano da interazioni tra le predisposizioni genetiche di una persona e particolari situazioni stressanti. Quindi, solo perché una persona soffre di un disturbo mentale non significa necessariamente che sia spiritualmente apatica. Una persona che si sente giù o sotto pressione non arriva automaticamente a dire “mi sono allontanato da Dio”. Nonostante attraversi un momento di difficoltà, una persona che confida e spera in Dio può uscire anche da un episodio di forte depressione. Dopo averlo sopportato, può riemergere con rinnovata speranza e maggiore compassione verso altre persone che soffrono.
Ma come affrontare, concretamente, la situazione in cui ci troviamo?
Gli effetti della pandemia variano da persona a persona, ma c’è un dato comune: abbiamo più tempo a nostra disposizione, perché tante cose che facevamo ora non le possiamo più fare. Questa è un’opportunità concreta per essere un po’ meno come Marta e un po’ più come Maria [Luca 10: 38-42]. Meno impegnati, abbiamo più tempo per riflettere, per concentrarci sulle cose di Dio. È un’opportunità. Possiamo chiederci: che cosa è veramente importante per me? Posso usare questo tempo e questa situazione per avvicinarmi a Dio? Come posso utilizzare questa esperienza per rallentare, concentrarmi su ciò che conta, e poi mantenere queste abitudini e persistere una volta che le restrizioni saranno finite?
Circa la preghiera e la vita spirituale, è bene creare uno schema, un’abitudine. Se prima non ce n’era il tempo, ora è possibile ricavarsi qualche spazio per una lettura spirituale, per l’orazione e la meditazione. La solitudine spesso fa soffrire, ma non dimentichiamo che molti grandi santi sono diventati più forti nella fede proprio attraversando periodi di solitudine. Quando siamo meno distratti dal mondo, possiamo forse essere in una forma migliore per ascoltare la voce di Dio.
Circa la polarizzazione che si è creata anche tra amici e gli stessi familiari, lo psicologo spiega: “Il fenomeno è diffuso ovunque. Negli ultimi anni abbiamo parlato di una crescente polarizzazione politica, e ora la vediamo nel modo in cui molte persone reagiscono al Covid. Alcuni non prendono praticamente precauzioni o fanno quasi finta che il virus non esista; altri vivono da reclusi, con modalità che vanno ben al di là di quanto richiesto dalla prudenza. Si spera che tra i due opposti si trovino molte persone, ma certamente la possibilità del conflitto c’è, è reale. Lo vediamo nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle diocesi”.
Che fare al riguardo? Una cosa da tenere a mente è che le persone che reagiscono al Covid in modo diverso dal nostro hanno delle motivazioni. Non vanno demonizzate, non dobbiamo renderle nemiche o spettegolare su di loro dietro le spalle. È bene concentrarci su di noi, sulle nostre famiglie, più che sul guardare che cosa fanno gli altri. Se ci accorgiamo che qualcuno, secondo noi, sbaglia, possiamo applicare il principio della correzione fraterna e pregare per queste persone. Senza mai dimenticare che stiamo tutti cercando di fare la cosa giusta. Quindi di certo non vogliamo trattarci l’un l’altro in modo odioso o dispettoso mentre cerchiamo di trarre il meglio da questa situazione.
La pandemia sta avendo conseguenze anche sulla vita dei bambini. Come si devono comportare i genitori cattolici per mantenere i loro figli mentalmente e spiritualmente sani?
“Ovviamente ci sono differenze a seconda dell’età dei bambini e della situazione familiare. Una delle cose migliori che i genitori possono fare è, nonostante le difficoltà, evitare di lamentarsi e di trasmettere ai figli un senso di preoccupazione e pericolo. Se, al contrario, mostriamo loro che ci sono ancora gioie da ottenere dalla vita, che possiamo ancora amare il nostro tempo da trascorrere insieme, che Dio è ancora sempre lì con noi, tutto ciò li aiuterà molto. Alcuni bambini possono avere paure molto esagerate del proprio rischio di mortalità da Covid. L’American Academy of Pediatrics ha appena diffuso uno studio che mostra che, grazie a Dio, il numero di morti per Covid fra i bambini è estremamente ridotto rispetto agli adulti. Dieci Stati americani riportano zero morti tra i minori. Un altro articolo recente, su Time, ha mostrato che in trentotto paesi di tutto il mondo tra i minori di quindici anni ci sono stati meno morti rispetto all’anno precedente. Possiamo far capire ai nostri figli che il problema è serio, che le restrizioni vanno seguite per il nostro bene e per quello dei nostri cari, ma che, nello stesso tempo, non siamo di fronte a qualcosa che giustifichi una vita nel terrore. Un giorno, naturalmente, la morte arriverà per tutti noi. Nessuno di noi sa quando, ma Dio è sempre lì a vegliare su di noi”.
Un’altra cosa che i genitori possono fare, se hanno più tempo libero, è goderselo con i loro figli cercando di impegnarsi in attività comuni, magari anche fissando un obiettivo per diminuire il tempo trascorso davanti agli schermi di pc, tablet e smartphone e aumentando quello dedicato a parlarsi, a giocare.
Gli anziani rappresentano la categoria più a rischio, non solo per il Covid, ma anche per l’epidemia di solitudine che era già in corso anche prima. Che fare? In certi casi si trovano in case di cura in cui non possiamo andare. In altri casi vivono a casa loro ma, per ragioni di prudenza, è bene non visitarli. Possiamo allora fare una telefonata quotidiana. Se sanno usare internet possiamo usare questi strumenti per avere un’interazione a distanza. L’importante è dimostrare loro che ci teniamo, che non li abbiamo dimenticati.
“Ricordo – dice lo psicologo – che anni fa, quando c’erano ancora quei vecchi telefoni appesi alla parete, la sera, dopo cena, mentre lavavo i piatti, chiamavo mia madre, e per lei quel contatto quotidiano era importante. La domanda è: all’interno di ciò che è consentito fare, come possiamo raggiungere quei familiari che ora sono più disconnessi che mai?”.
Per concludere, spiega Vost, è bene ricordare che l’effettiva virtù teologale della speranza è la speranza che raggiungeremo il paradiso, che un giorno saremo lì in beatitudine con Dio e che Dio ci darà tutte le grazie, tutte le risposte di cui abbiamo bisogno. Teniamolo a mente: Dio è lì per noi. Quindi anche in tempi di lotta, le grazie sono disponibili, sono lì. Forse è uno di quegli insegnamenti difficili, non è una pillola facile da ingoiare, ma è bene pensare alle prime parole della lettera di Giacomo [1: 2-4]: ‘Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla’. Quando affrontiamo le difficoltà, c’è uno scopo. Dio ci ha dato la grazia di cui abbiamo bisogno per sopportarle, e ne usciremo più forti”.
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L’articolo è spirato all’originale, Timely Tips for Staying Mentally and Spiritually Healthy in Covid Times, di Peter Jesserer Smith
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