Quello di Bolsena è un «presunto miracolo» eucaristico? Siamo invasi da preti non cattolici che dipendono da Vescovi meno cattolici di loro che stanno alla finestra a guardare, semmai in attesa della berretta cardinalizia al merito del migrante?
«Il sanguinamento dell’ostia di Bolsena è stato ritenuto spiegabile da Johanna C. Cullen, ricercatrice presso la Georgetown University di Washington, con la presenza di un batterio molto comune: la serratia marcescens, che, in periodi di caldo e luoghi umidi, produce su pane e focacce un abbondante pigmento rosso vivo chiamato prodigiosina, di consistenza leggermente viscosa, facilmente scambiabile per sangue fresco. La Cullen, inoltre, riuscì a riprodurre in laboratorio gli effetti del presunto miracolo»
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Vorrei tanto non rispondere, ma stanno giungendo domande di Lettori che chiedono lumi sul post che qui riproduco, pubblicato da un confratello che l’ha scritto su una pagina Facebook di cui ho scelto di non fare il nome. Questo il post del confratello:
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«Il sanguinamento dell’ostia di Bolsena è stato ritenuto spiegabile da Johanna C. Cullen, ricercatrice presso la Georgetown University di Washington, con la presenza di un batterio molto comune: la serratia marcescens, che, in periodi di caldo e luoghi umidi, produce su pane e focacce un abbondante pigmento rosso vivo chiamato prodigiosina, di consistenza leggermente viscosa, facilmente scambiabile per sangue fresco. La Cullen, inoltre, riuscì a riprodurre in laboratorio gli effetti del presunto miracolo»
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Chiarisco anzitutto, non tanto come sacerdote e teologo ma come uomo di fede, che quelli eucaristici di Bolsena e di Lanciano sono riconosciuti dalla Chiesa come miracoli, ossia come eventi scientificamente inspiegabili nei quali la Chiesa mater et magistra ha riconosciuto il divino intervento soprannaturale. Nulla di tutto questo, per esempio, possiamo dire per la liquefazione del sangue di San Gennaro, che mai la Chiesa ha riconosciuto come miracolo, anche se il popolino partenopeo lo indica come tale. Tra miracolo e prodigio c’è una gran differenza, a chiarircelo è San Tommaso d’Aquino spiegando che quanto ai nostri occhi e sensi appare mirabile e straordinario non è detto sia un miracolo: «I veri miracoli non possono essere compiuti che dalla virtù divina: Dio infatti li compie a vantaggio degli uomini» (Summa theologiae, II-II, 178, 2). Alcuni eventi sembrano miracoli però non lo sono. Numerose sono le situazioni attraverso le quali l’uomo può cadere in inganno sino a vedere ciò che non esiste. Come vi sono invece fatti reali che non hanno però alcuna natura di miracoli, in quanto frutto di varie cause naturali, incluse quelle al momento sconosciute. Quello di Bolsena fu invece giudicato così eclatante e importante come miracolo, che da quell’evento nacque un anno dopo nel 1264 la solenne festività del Corpus Domini istituita dal Sommo Pontefice Urbano IV con la bolla Transiturus de hoc mundo.
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Tommaso d’Aquino assieme a Bonaventura di Bagnoregio, altro grande futuro Santo e dottore della Chiesa, su ordine del Sommo Pontefice prestarono assistenza al Vescovo di quella diocesi per lo studio e la verifica del miracolo. Poco dopo il Sommo Pontefice dette incarico all’Aquinate di preparare dei testi adatti per la liturgia di quella nuova solennità istituita. Fu così che nacquero alcuni tra gli inni eucaristici più belli della storia della Chiesa, tra i quali l’Inno Adoro Te Devote, citato in molti documenti del magistero della Chiesa, in documenti dell’ultimo concilio e nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Tutto questo è forse avvenuto per un … «presunto miracolo»? Perché chiamare quello eucaristico di Bolsena «presunto miracolo» dovrebbe indurre a interrogarsi anzitutto su una formazione non semplicemente presunta, ma decisamente non cattolica ricevuta da questo sacerdote che instilla dubbi con un simile post pubblicato sui social media. Allo stesso tempo bisognerebbe interrogarsi sulla formazione teologica e pastorale forse più carente ancora del suo vescovo che lo lascia fare non da oggi ma da sempre, non essendo questo suo presbitero nuovo a queste espressioni inopportune e infelici. Forse perché S.E. Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo metropolita di Palermo, la pensa di fondo come il suo prete, essendo semmai, presumibilmente, persino peggiore del suo prete stesso?
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Per quanto mi riguarda sono molto onorato di affermare che se una dichiarazione pubblica di questo genere l’avessi fatta io, il mio Vescovo mi avrebbe intimato di smentirla immediatamente, poi penso che mi avrebbe proibito di scrivere sui social media per i successivi tre anni. E nell’agire a questo modo non avrebbe fatto semplicemente bene, ma benissimo, tanto pesa sulla coscienza di un Vescovo il dovere inderogabile di proteggere i Christi Fideles dagli errori di certi sacerdoti, che proprio in quanto sacerdoti possono recare molti più danni di quanti mai ne recheranno dei laicisti non credenti. Certo, il mio vescovo avrebbe agito a questo modo perché è un autentico credente, come lo sono io suo presbitero. Per quanto riguarda questo presbitero e il suo Vescovo Corrado Lorefice sinceramente non so, davvero non so. Perché quando un Vescovo lascia libero un suo sacerdote di affermare pubblicamente cose di questo genere, si è obbligati a interrogarsi sulla fede cattolica del Vescovo, per poi dire con profondo dolore: non lo so … con un grazie del tutto particolare rivolto al Pontefice regnante, che da otto anni ci regala questo genere di vescovi, dopo che lo hanno emulato parlando solo di poveri e migranti, di migranti e poveri. Peccato che la Chiesa si regga però sull’Eucaristia, non sui poveri e i migranti, qualcuno lo spieghi, al Romano Pontefice, non è mai troppo tardi.
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Dall’Isola di Patmos, 7 marzo 2021
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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo
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