C’è un obbligo morale a vaccinarsi? A questa domanda risponde Douglas Farrow, professore di teologia ed etica alla McGill University, autore di diversi libri, affrontando la questione attraverso l’enunciazione delle comuni motivazioni (che indica con il nome “obiezioni”) che sono a favore della vaccinazione, esponendo poi delle risposte a ciascuna di queste “obiezioni”, risposte che spiegano come non vi sia in questo specifico caso dei vaccini covid un vero e proprio obbligo morale.
Ecco l’articolo del prof. Douglas Farrow, pubblicato sul Catholic World Report, nella mia traduzione.
Obiezione 1. Sembra che ci sia un obbligo morale, perché si è obbligati a curare il proprio corpo e a curare allo stesso modo il corpo del prossimo, che per comando divino deve essere amato come se stesso. Ora, la vaccinazione può rendere il proprio corpo meno suscettibile di soccombere a un’infezione virale e meno suscettibile di trasmettere tale infezione al danno potenziale del prossimo. Perciò si dovrebbe essere vaccinati. Come dice [Francisco de] Vitoria (Sul diritto della guerra, Q. 2, art. 2), “ogni persona che ha il potere di prevenire il pericolo o la perdita del suo vicino è obbligata a farlo”.
Obiezione 2. Le autorità civili sono ordinate da Dio per il benessere della società umana, e le autorità civili pensano che la vaccinazione serva al bene comune. Come dice Agostino (Civ. 19.16), la città di Dio “non ha scrupoli nel conformarsi alle leggi della città terrena che regolano le cose destinate al sostentamento della vita mortale.” Inoltre, in tempo di guerra, dice Vitoria, i cittadini possono presumere che le autorità stiano agendo in buona fede e che “possono legittimamente andare in guerra fidandosi del giudizio dei loro superiori” (op. cit.). Ma noi siamo in guerra con un coronavirus e dobbiamo presumere che gli inviti alla vaccinazione siano fatti in buona fede. Perciò ci conviene essere vaccinati per rispetto dell’autorità civile e di Dio che ordina tale autorità al nostro bene.
Obiezione 3. Inoltre, le autorità della Chiesa sollecitano la vaccinazione anche quando le autorità statali non la richiedono. Il pontefice romano ha detto: “Credo che, eticamente, tutti debbano fare il vaccino”. Molti altri prelati dicono lo stesso. Ora, poiché il Magistero deve essere rispettato in materia di fede e di morale, e questa è una questione di morale legata all’amore del prossimo, il cristiano dovrebbe essere vaccinato.
Obiezione 4. Questo obbligo si estende anche a coloro che sono minimamente a rischio. Perché, come la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha espresso la sua opinione riguardo alla vaccinazione di routine dei bambini (Vavřička e altri contro la Repubblica Ceca, aprile 2021), “non può essere considerato sproporzionato che uno Stato richieda a coloro per i quali la vaccinazione rappresenta un rischio remoto per la salute di accettare questa misura protettiva universalmente praticata, come una questione di dovere legale e in nome della solidarietà sociale, per il bene del piccolo numero” di persone vulnerabili che non possono beneficiare della vaccinazione: che è un principio moralmente e giuridicamente solido.
Obiezione 5. L’obbligo non è superato, come alcuni sostengono, da una preoccupazione compensativa per la derivazione o la sperimentazione dei vaccini. Come alcuni hanno detto (Statement from Pro-Life Catholic Scholars on the Moral Acceptability of Receiving COVID-19 Vaccines, 5 Mar. 2021), “si può scegliere uno qualsiasi di questi vaccini per proteggere se stessi o la propria comunità dalla trasmissione del virus senza (1) approvare l’aborto che ha preceduto lo sviluppo della linea cellulare (eseguito per ragioni separate e indipendenti da tale sviluppo), (2) incentivare futuri aborti, o (3) mancare di rispetto alla memoria o ai resti mortali del bambino il cui tessuto cadaverico è stato usato e modificato per creare la linea cellulare”. Di conseguenza, le considerazioni precedenti mantengono la loro forza.
Obiezione 6. Infine, anche coloro che non considerano la vaccinazione come moralmente obbligatoria, la considerano comunque prudente, perché contribuisce a un senso generale di sicurezza che permetterà agli individui e alla società di sfuggire a un ciclo altamente dannoso di restrizioni imposte da statuti di emergenza pubblica; e come caritatevole, perché risponde al bisogno dei vulnerabili. Ma questa è una questione di giustizia oltre che di prudenza e compassione, perché, come già detto, chiunque “abbia il potere di prevenire il pericolo o la perdita del suo prossimo è obbligato a farlo”. Quindi si tratta di un dovere morale.
Al contrario, la Scrittura dice (Sir. 32:19-22)
“Non far nulla senza riflessione,
alla fine dell’azione non te ne pentirai.
Non camminare in una via piena d’ostacoli,
per non inciampare contro i sassi.
Non fidarti di una via senza inciampi,
e guàrdati anche dai tuoi figli.”
E Sant’Agostino dice (Civ. 19.16), che mentre “è opportuno preservare la cooperazione tra le due città negli affari mortali” per quanto possibile, tuttavia “Non è cosa buona cooperare alla perdita di un bene più grande, né senza colpa acconsentire e permettere una scivolata in un male più grande”
Rispondo che la cura del corpo, proprio o del prossimo, che Agostino chiama medicina (Mor. Ecc. 52), è sempre una questione di giudizio prudenziale; e che le azioni specifiche dirette al bene del corpo, anche quelle basilari come il mangiare, sono solo in principio, e non in applicazione particolare, questioni di obbligo morale. Come dice l’apostolo, “tutto mi è lecito, ma non tutto mi è utile” (1 Cor. 6,12). Proprio come si può scegliere di mangiare o di digiunare, di dare o di non dare, senza necessariamente incorrere nel peccato, così si può scegliere di essere vaccinati o di non essere vaccinati senza necessariamente incorrere nel peccato. E come si può fare del male con appelli intempestivi o sproporzionati al bene del mangiare o del dormire, e così via, si può fare del male con l’uso intempestivo o sproporzionato di farmaci. Perciò tali decisioni richiedono deliberazione, buon consiglio e sano giudizio, piuttosto che appelli al dovere.
Inoltre, in ragione del possesso da parte dell’anima razionale del proprio corpo (poiché, come dice Agostino nello stesso luogo, l’uomo “è un’anima razionale con un corpo al suo servizio”), e in ragione del principio di sussidiarietà, questo giudizio spetta sempre alle famiglie e agli individui e mai alle autorità civili o ecclesiastiche, che possono raccomandare e premiare tale condotta, ma non possono, senza violazione dei diritti naturali, imporla con azioni penali.
Inoltre, la medicina deve sempre, come atto di carità, essere diretta alla disciplina – il bene del corpo al bene dell’anima (Mor. Ecc. 56). Ma le vaccinazioni in questione, nella maggioranza della popolazione, non sono dirette al bene né del corpo né dell’anima. Non sono ordinariamente dirette al bene del corpo, proprio o altrui, perché pochissimi sono in grave pericolo per il virus e quindi bisognosi di un vaccino; e perché questi vaccini con autorizzazione di emergenza non sono stati sufficientemente testati per dimostrare che non danneggeranno il corpo o interferiranno con i processi immunitari naturali, individualmente o collettivamente. Non sono dirette al bene dell’anima perché insegnano alle persone ad accomodare piuttosto che ripudiare la paura ingiustificata, e quindi a scivolare verso un male maggiore; a diventare sempre più dipendenti dall’intervento tecnocratico nelle loro vite e nell’ordinamento delle loro società; e, di fronte alla diffusa sospensione dei diritti naturali e costituzionali, imposti da tale intervento, a sottomettersi alla tirannia che avanza.
Di conseguenza, non solo non ci può essere alcun obbligo morale di essere vaccinati; dove la cooperazione a tali mali appare come una grave minaccia, c’è piuttosto, per alcuni, un obbligo morale di rifiutare la vaccinazione.
Risposta all’obiezione 1. La prima obiezione fallisce in molteplici modi. Gli obblighi enunciati non sono assoluti ma relativi, e restano soggetti alla prudenza. Inoltre, i benefici attesi non sono certi ma solo possibili, e non necessariamente raggiungibili solo in questo modo. Inoltre, non è etico vaccinare coloro che non sono a rischio, soprattutto i bambini, per il bene di altri (soprattutto i molto anziani) che sono a rischio, soprattutto quando si utilizza un vaccino sperimentale con effetti a lungo termine incerti.
Risposta all’obiezione 2. Agostino dice anche nello stesso luogo (Civ. 19.16) che “poiché la città terrena ha prodotto i suoi sapienti che … sono giunti alla conclusione che ci sono molti dèi” da placare, uno per il corpo e un altro per la mente, ecc, ognuno “con la propria sfera di interesse e funzione” (così più recentemente Rousseau, ad es, in Du Contrat Social), mentre “la città celeste sapeva che c’era un solo Dio da servire, e decretava, in fedele devozione, che egli fosse l’unico oggetto del servizio religioso…, su questo il dissenso era inevitabile”. E così è qui. Come dice San Paolo, “Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo” (1 Cor. 6:13). Ma le autorità civili in molte giurisdizioni hanno coltivato una paura irrazionale di un coronavirus al posto della paura razionale del Dio vivente, e hanno rifiutato di concedere che il corpo è per il Signore, negando per lunghi periodi il diritto di riunirsi per ricevere e onorare il Signore. Questo Agostino rimprovererebbe, perché la città di Dio può essere indifferente alle leggi per la pace temporale se e solo se “non impediscono la religione che insegna il culto dell’unico Dio supremo e vero” (Civ. 19.19).
Inoltre, queste stesse autorità hanno agito ingiustamente nei confronti dei poveri, privandoli dei loro mezzi di sussistenza, e nei confronti di coloro che hanno bisogno di sostegno per il corpo o per l’anima, privandoli dell’accesso gli uni agli altri e del ricorso a comunità di sostegno, anche familiari. Inoltre, hanno ceduto la propria autorità democratica a funzionari non eletti che hanno nominato su questioni che esulano dalla loro competenza. Si sono fidati e alleati con aziende farmaceutiche completamente assicurate (libere da responsabilità, ndr) che traggono profitto dalle politiche di questi funzionari non eletti. Hanno alterato la definizione di pandemia per escludere la considerazione della gravità del suo effetto, concentrandosi solo sulla facilità della sua trasmissione, in modo che le pandemie siano ora frequenti e innaturalmente prolungate, e la gente più dipendente che mai dai governi che esercitano poteri di emergenza e dalle aziende farmaceutiche che offrono vaccini sperimentali. Hanno ripetutamente scavalcato i diritti e le libertà costituzionali in nome di una “emergenza pubblica” che mai prima si sarebbe qualificata come tale. Non sono riusciti a fornire alla gente informazioni valide e scelte significative in risposta a tali informazioni. Perciò hanno perso il diritto ad avere la fiducia del popolo e ad essere rispettati nel loro esercizio di poteri straordinari.
Come dice Vitoria, nel capitolo citato, ci possono essere argomenti e prove di ingiustizia “così potenti che anche i cittadini e i sudditi della classe inferiore non possono usare l’ignoranza come scusa” per conformarsi alle autorità pubbliche. Allo stesso modo, Leone XIII dice (Lib. praest.10): “Se poi, da parte di chiunque abbia autorità, viene sancita una cosa non conforme ai principi della retta ragione, e di conseguenza dannosa per la comunità, una tale emanazione non può avere forza vincolante di legge, non essendo una regola di giustizia, ma certa di allontanare gli uomini da quel bene che è il fine stesso della società civile”. Questo vale, a maggior ragione, per le direttive che limitano o pervertono il culto dell’unico vero Dio.
Risposta all’obiezione 3. Lo stesso pontefice romano, Papa Francesco, ha definito la vaccinazione “un’opzione etica” e la Congregazione per la Dottrina della Fede ha chiarito che è solo un’opzione e non un obbligo. Come detto sopra, la vaccinazione è sempre una questione di giudizio prudenziale. Nulla di quanto detto dalle autorità magisteriali sul tema della vaccinazione contro il coronavirus è detto in modo tale da vincolare le coscienze dei fedeli, ma è proferito, e può essere proferito, solo a titolo di consiglio paterno. Inoltre, i nostri padri ecclesiali non sono uniti sull’argomento. Peggio ancora, molti di loro hanno compromesso la propria posizione paterna non facendo nulla per difendere il diritto e la responsabilità della Chiesa di offrire un culto pubblico al Signore Dio e di riunirsi nel suo nome per ascoltare la sua Parola, ricevere i sacramenti e incoraggiarsi a vicenda, che era ed è il loro primo dovere. Hanno ignorato, e consigliato ai loro greggi di ignorare, l’ingiunzione dell’apostolo (Eb. 10,25; 12,12ff.) di “non abbandonare le nostre riunioni”, preferendo piuttosto consigliare la sicurezza individuale e la “pace con tutti gli uomini” al perseguimento di quella santità “senza la quale nessuno vedrà il Signore”.
Inoltre, hanno permesso che le professioni di rispetto per il secondo grande comandamento prevalessero sugli obblighi del primo grande comandamento, fraintendendo l'”amore per il prossimo” come cooperazione in paure irrazionali piuttosto che proclamare il dominante “Non temere!” in mezzo a questa tempesta globale. Togliendo gli occhi da Gesù, sono stati sballottati dai venti e hanno cominciato ad affondare nelle onde. Ora stanno sfruttando i vaccini per riprendere le loro funzioni religiose cancellate, senza alcuna considerazione per la nuova situazione della Chiesa, anzi del prossimo, sotto i frequenti e prolungati regimi “pandemici” ai quali hanno prestato la propria benedizione. Essi hanno agito come padri codardi e sconsiderati, le cui persone devono essere rispettate per il bene del loro ufficio, ma il cui consiglio non è più affidabile di quello delle autorità civili alle quali hanno erroneamente ceduto la propria autorità ecclesiale. Perché hanno reso a Cesare ciò che è di Dio.
Risposta all’obiezione 4. Il principio non è moralmente valido e nemmeno coerente. È vero, come dice Kierkegaard, che nel cristianesimo ognuno vale più di mille piuttosto che ognuno, come vorrebbe Bentham, conta per uno e solo per uno. Ma mentre i pochi possono volontariamente esporsi a grandi rischi per il bene dei molti, e i molti possono volontariamente subire rischi per il bene dei pochi, i molti non possono essere obbligati o costretti ad esporsi inutilmente a rischi, per quanto remoti, per proteggere i pochi. Questa logica contraddice sia l’utilitarismo da cui nasce sia la morale cristiana di cui è un simulacro ingannevole. Porta all’ingiustizia, sia all’interno che all’esterno della sfera della medicina, attraverso un privilegio arbitrario di pochi che priva di diritti i molti. (Questa stessa logica è operativa nell’aborto, per esempio, dove le schiere dei non nati sono sacrificate ai piani dei ricchi o alle dissipazioni dei lussuriosi). È sproporzionato in tutto e per tutto, senza elevarsi alla sproporzione libera e generosa dell’amore cristiano.
Risposta all’obiezione 5. Gli studiosi in questione sostengono che non stanno usando un ragionamento proporzionalista, ma piuttosto affermano che “la connessione attenuata e remota con gli aborti eseguiti decenni fa, e l’assenza di qualsiasi incentivo per aborti futuri”, isolano efficacemente gli utenti dei vaccini dalla colpevolezza morale mentre godono dei frutti di “questo gradito progresso della scienza”. La stessa logica, tuttavia, potrebbe essere usata per giustificare il godimento dei benefici di altri atti malvagi che fanno progredire la scienza; né sono chiari i criteri per determinare quando la cooperazione materiale al male è sufficientemente remota da non incorrere in colpa. Quindi il dibattito su questo punto deve continuare. In ogni caso, questi studiosi non tentano di stabilire un obbligo morale di essere vaccinati e la loro dichiarazione permette esplicitamente la possibilità di dissenso di coscienza, come fanno i documenti magisteriali.
Risposta all’obiezione 6. Si è già risposto a questa obiezione. “La giustizia è la virtù di dare a ciascuno il suo” (Civ. 19.20), e la giustizia nella presente questione significa permettere a ciascuno di esercitare la prudenza e la compassione secondo il proprio giudizio, perché l’uomo “è in mano al proprio consiglio” (Sir. 15,14), anche se non dovrebbe davvero “fare nulla senza consiglio” né essere precipitoso né nell’entrare sulla strada accidentata né nell’affidarsi a quella liscia. Inoltre, dovrebbe essere compassionevole, perché “non c’è male in questa parola, ‘compassionevole’, dove non c’è passione nel caso” (Mor. Ecc. 53). Attualmente, però, non solo c’è molta passione nel caso, ma anche molto panico, che offusca il giudizio di molti.
Supplemento. La ragione è questa: La maggior parte vive la vita presente senza che sia informata dalla speranza nella vita futura. Senza questa speranza, che le chiese avrebbero dovuto proclamare ma non l’hanno fatto, la loro vita “non offre altro che una finzione di felicità, che è una grande infelicità”. Quindi essi “non possono disporre dei veri beni della mente; perché la cosiddetta saggezza che è intenta agli affari di questa vita, gestendola con prudenza, affrontandola con risolutezza, esercitando un moderato controllo, facendo giuste distribuzioni, tutto senza indirizzarla a quel fine dove Dio è tutto in tutti, dove l’eternità è certa e la pace intera, questa non è affatto vera saggezza” (Civ. 19.20, trans. O’Donovan).
Nella crisi attuale anche questa saggezza parziale e inadeguata ci ha abbandonato, perché abbiamo abbandonato in anticipo quella vera saggezza che ordina il corpo all’anima e l’anima a Dio, la saggezza che sa che “solo l’anima che serve Dio può comandare giustamente il corpo” o deliberare tranquillamente sugli affari del corpo. Abbiamo venduto il diritto di nascita delle nostre libertà per un piatto di lenticchie con appena un momento di esitazione. E adesso? Ora ci affideremo a un programma sperimentale di vaccinazione e cominceremo a portare passaporti di vaccinazione locali o globali in una guerra permanente contro tutte le minacce alla Salute e alla Sicurezza, e contro tutte le libertà che minacciano i nostri nuovi regimi di Salute e Sicurezza. Ordineremo le nostre anime ai nostri corpi, e nemmeno a Dio, in un’associazione globale che offre “un’imitazione perversa di Dio” attraverso la sua orgogliosa aspirazione a comandare tutte le cose e a imprimervi i segni del proprio controllo. Perché “anche i malvagi fanno guerra per la pace di coloro che appartengono a loro” (Civ. 19.12).
E cosa faranno le chiese? Allontaneranno anche coloro che non possono o non vogliono dimostrare di essere stati vaccinati? Se li allontaneranno, confermeranno solo che hanno trasferito la loro fedeltà alla città dell’uomo e che la loro religione è segretamente la religione dell’uomo. Ma se non li allontanano, si troveranno proprio dove hanno sempre rifiutato di essere: in aperta violazione delle autorità civili. La strada liscia, sulla quale si sono così frettolosamente imbarcati, diventerà improvvisamente molto accidentata.
Di Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/vaccini-covid-ce-un-obbligo-morale-a-vaccinarsi/
Vaccini, aborti, giudizio bioetico e mondo pro-life
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Carissimo dottor Valli,
la questione dei cosiddetti “vaccini Covid” è complessa e chiama in campo diverse competenze. Mi limito a rilevare che:
1) non si tratta di vaccini ma di terapie geniche con auspicato effetto preventivo;
2) tali terapie geniche anti-Covid sono in fase sperimentale;
3) per la produzione e/o sperimentazione di tali terapie le industrie farmaceutiche hanno fatto uso di cellule fetali umane;
4) tali cellule fetali provengono da feti soppressi in aborti volontari.
Questi quattro punti sono certezze. È invece disputato il giudizio su ciascuno di questi punti. Per esempio, sul numero dei feti utilizzati o se tali feti risalgano a decenni orsono oppure vi siano stati nuovi aborti recenti.
Anche non volendo entrare nei campi disputati, i soli quattro punti certi mi portano a rilevare:
1) la necessità d’un giudizio bioetico sulla terapia genica in se stessa;
2) la necessità d’un giudizio bioetico e giuridico sulla legittimità dell’utilizzo di massa di terapie sperimentali;
3) la necessità d’un giudizio etico e giuridico sulla legittimità dell’utilizzo (per produzione/sperimentazione) di cellule fetali umane ricavate da aborti volontari;
4) la necessità d’un giudizio bioetico e giuridico sulla legittimità della somministrazione di una terapia sperimentale al di fuori d’un protocollo di sperimentazione applicato esclusivamente a volontari consapevoli;
5) la necessità d’un giudizio etico sulla assunzione di una terapia sperimentale di cui si ignorano gli effetti;
6) la necessità d’un giudizio etico sulla legittimità della somministrazione di una terapia la cui produzione ha comportato l’utilizzo di cellule fetali ricavate da aborti volontari;
7) la necessità d’un giudizio etico sulla liceità morale dell’assunzione di una terapia la cui produzione ha comportato l’utilizzo di cellule fetali ricavate da aborti volontari.
Il dibattito, in casa cattolica, si è concentrato quasi esclusivamente sul punto 7. Ritengo invece capitali i punti 1, 2 e 3. Una manipolazione del genoma umano (terapia genica), anche se non interviene direttamente a modificare il DNA ma si limita a modificare il funzionamento naturale delle cellule tramite RNA lasciando il DNA invariato, dal punto di vista bioetico presenta criticità tali che difficilmente potrebbe essere considerata legittima (sia in prospettiva cattolica, sia in un orizzonte di legge morale naturale) qualunque ne sia la finalità. Vi sono poi tutte le questioni dei rischi sul piano biologico, ma non è il mio campo. Basterebbe questo, a mio avviso, per rifiutare tutti i cosiddetti vaccini anti – Covid oggi disponibili in Occidente.
Vi è poi la questione della natura sperimentale di tali terapie. È lecito diffondere massivamente un farmaco in fase sperimentale? È cioè lecita una sperimentazione di massa? Da un punto di vista etico (e anche giuridico, in base al diritto nazionale e internazionale) è illecito applicare una terapia di cui si ignorano gli effetti perché ancora in fase sperimentale. E questo è il secondo buon argomento per considerare inaccettabile (moralmente e giuridicamente) la cosiddetta campagna vaccinale anti-covid.
Infine, il punto 3: gli stessi pessimi documenti della Congregazione per la dottrina della fede lasciano intendere l’illiceità morale dell’utilizzo delle cellule fetali salvo poi sostenere, con non pochi gesuitismi, la liceità morale dell’assunzione del vaccino. Bisognerebbe esaminare nel dettaglio i diversi documenti della Cdf, prodotti nel tempo, e quelli della Pontificia accademia della vita. Vi sono state significative variazioni in peggio. Ma ponendo l’attenzione al punto 3 e non al punto 7, ovvero ponendo la questione della produzione e non dell’assunzione, ecco che il giudizio non può che essere la illiceità dell’uso di cellule embrionali o fetali umane ricavate uccidendo un essere umano in età prenatale. Quindi ogni cristiano e ogni persona di buona volontà (così come ogni ordinamento giuridico informato a giustizia) dovrebbe affermare l’assoluta illiceità dell’utilizzo di cellule umane ottenute dalla soppressione di una persona in età prenatale.
I giudizi relativi ai punti 4, 5, 6 e 7 sono, secondo me, una conseguenza dei punti 1, 2 e 3. A mio avviso:
4) compie un illecito morale (e giuridico) chi (medico, infermiere, ecc.) somministra una terapia di cui ignora gli effetti perché ancora in fase sperimentale;
5) pecca contro le virtù di prudenza e di giustizia chi accetta di assumere una terapia di cui si ignorano gli effetti perché ancora in fase sperimentale;
Trattandosi di terapia genica, l’illecito morale di chi somministra e di chi assume è, a mio avviso, ancor più grave perché non si tratta solo di ignorare gli effetti e dunque di sottoporsi o sottoporre il prossimo a rischi non calcolati e potenzialmente sproporzionati moralmente inaccettabili, ma anche di sottoporre/sottoporsi a una pratica (intervento genico) di quasi certa illiceità/illegittimità morale.
Sui punti 6 e 7 mi limito solo a dire che, anche non fosse peccato mortale somministrare e/o assumere volontariamente una terapia la cui produzione ha richiesto l’uso di cellule umane ricavate dall’uccisione di persone in età prenatale, sarebbe dovere di ogni cristiano e di ogni persona di buona volontà dichiarare il proprio giudizio netto e forte di illiceità circa il punto 3 e dare testimonianza rifiutando il prodotto ottenuto dall’immonda strumentalizzazione della vita umana innocente. Ritengo che non si possa essere pro-life solo a parole.
Vi sarebbero poi da dire molte cose sul Covid (la realtà del virus e della patologia da esso generata in opposizione alla sua rappresentazione mediatica), sull’azione dei governi, sulla dittatura sanitaria in atto e sull’esclusione criminale delle cure (tachipirina e vigile attesa) con tutte le energie concentrate sul “vaccino”, così come sul carattere religioso che ha assunto il vaccino (anche grazie a Bergoglio e alla Cei). Tutti motivi in più per sviluppare ragionevoli sospetti e rifiutarlo.
Bergoglio, la Cdf e la Cei hanno de facto annullato la battaglia pro-life con una sola decisione: benedire il “vaccino” prodotto utilizzando le cellule fetali. Tutti i gesuitismi casuistici e i cavilli utilizzati non salvano e non salveranno dalla obbiezione che da oggi in poi ogni abortista potrà loro fare: se il vaccino è la salvezza e il vaccino lo abbiamo grazie al lavoro svolto sulle cellule fetali ottenute da aborti, significa che l’aborto di quei feti ci/vi ha salvati! Il mondo pro-life che accetta il “vaccino” Covid” è quindi semplicemente suicida, si condanna a non poter più essere veramente pro-life. E purtroppo il papa, la Cdf e la Cei sono tra questi suicidi!
Lettera firmata
https://www.aldomariavalli.it/2021/04/12/vaccini-aborti-giudizio-bioetico-e-mondo-pro-life/
Buongiorno.
RispondiEliminaMi permetto di aggiungere un dato
BIOLOGICO al notevole intervento del Lettore di Aldo Maria Valli.
Parentesi: scrivo senza alcuna pretesa di Scientificità 'S' maiuscola poiché ciò che scrivo l'ho appreso "di mio" a livello di autodidatta; pronta quindi a essere smentita.
Le cellule fetali - quelle del feto vivo in utero e quelle del feto abortito per aborto procurato e ancora vivo momento dell'espulsione dall'utero - sono definite e sono TOTIPOTENTI (mentre quelle del feto morto in utero e abortito spontaneamente non so se possano essere definite ancora così).
Questo poiché, avendo esse il compito di dare forma a un intero organismo, devono avere la facoltà di trasformarsi in una qualsiasi delle cellule specializzate deputate a formare ogni singolo organo del corpicino (cellula nervosa, ossea, cardiaca, oculare, eccetera).
Questo accade quando la loro attività si svolge all'interno del progetto fisiologico naturale (salvo patologie specifiche).
Quando, al contrario, questa moltiplicazione cellulare avviene all'esterno, ossia in vitro per mano dell'uomo, si è osservato in laboratorio che la totipotenza di queste cellule ha il potere di farle virare - come in effetti spesso accade - in cellule CANCEROGENE.
Quindi la moltiplicazione cellulare accade anche qui ma in senso anarchico e impazzito (perché senza una regia SUPERIORE?).
Mi scuso per la terminologia non tecnica, ma spero di essere riuscita a far passare il senso di ciò che volevo dire.
Grazie per l'attenzione.
Marisa Torti
Buongiorno,
Eliminadesidero fare una rettifica al mio commento di cui sopra dopo aver ascoltato un intervento della d.ssa Silvana De Mari.
La dottoressa fa una necessaria precisazione sui termini di fisiologia da rispettare in questo campo:
- col termine "feto" si definisce la creatura finché permane nell'utero materno.
- non appena la creatura fuoriesce dall'utero siamo in presenza di un NEONATO, sia pure se partorito pretermine (nell'aborto procurato a fini di sfruttamento cellulare del bambino, il parto è indotto attorno al quinto mese).
Con l'occasione aggiungo anche quanto ha precisato la dr.ssa De Mari sui particolari di questo sfruttamento: il prelievo dei tessuti - che per le procedure deve avvenire come detto a bambino vivo - avviene senza anestesia per il piccolo.
Grazie per l'attenzione.