ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 25 aprile 2021

Numeri e vite che non si possono smentire

 Chi liberò veramente l’Italia

Si può celebrare in tanti modi la Liberazione dell’Italia nel 1945 ma ci sono dati, numeri e vite che non si possono smentire e che sono la base necessaria e oggettiva per dare una giusta dimensione storica all’evento. Dunque, per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri su suolo italiano, da Udine a Siracusa. Secondo i dati dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, furono 6882 i partigiani morti in combattimento.

Ricavo questi dati da una monumentale ricerca storica, in undici volumi raccolti in cofanetto, dedicata a La liberazione alleata d’Italia 1943-45 (Pensa ed.), basata sui Report of Operations di diversi reggimenti statunitensi, gli articoli del settimanale Yank dell’esercito americano e i reportage dell’Associated press. E naturalmente la ricerca storica vera e propria. Più un’ampia documentazione fotografica. L’autore è lo storico salentino Gianni Donno, già ordinario di Storia contemporanea, che ha analizzato i Reports of Operations in originale, mandatigli (a pagamento) da Golden Arrow Military Research, scannerizzati dall’originale custodito negli Archivi nel Pentagono. L’opera ha una doppia, autorevole prefazione di Piero Craveri e di Giampiero Berti e prende le mosse dallo sbarco di Salerno.

Secondo Donno, non certo di simpatie fasciste, il censimento dell’Anpi è “molto discutibile” ma già quei numeri ufficiali rendono le esatte proporzioni dei contributi. Facciamo la comparazione numerica: per ogni partigiano caduto in armi ci furono almeno 13 soldati americani caduti per liberare l’Italia. Senza considerare i dispersi americani che, insieme ai feriti, furono circa 200mila. E il conto risuona in modo ancora più stridente se si comparano i 120mila militari tedeschi caduti in Italia, soprattutto nelle grandi battaglie (Cassino, Anzio e Nettuno) contro gli Alleati e sepolti in gran parte in quattro cimiteri italiani.

Naturalmente, diverso è parlare di vittime italiane della guerra civile, fascisti e no, di cui esiste un’ampia documentazione, da Giorgio Pisanò a Giampaolo Pansa, per citare le ricerche più scomode e famose. Ma non sto parlando di fascismo e guerra civile, bensì di Liberazione d’Italia, ovvero di chi ha effettivamente liberato l’Italia dai tedeschi o se preferite dai “nazifascisti”.

Pur avendo un giudizio storico molto diverso dalla vulgata ufficiale e istituzionale, confesso una cosa: avrei voluto dire il contrario, che l’Italia fu liberata dalla Resistenza, dalla lotta di liberazione, dall’insurrezione popolare degli italiani contro l’invasore. Avrei preferito, da italiano, dire che furono loro a battere i tedeschi, fino a sgominarli, come suggerisce la narrazione ufficiale e permanente del nostro Paese. Ma non è così; e se non bastassero i giudizi storici, la conoscenza di eventi e battaglie, le sottaciute testimonianze della gente, bastano quei numeri, quella sproporzione così evidente di morti, di caduti sul campo per confermarlo. Furono gli alleati angloamericani, sul campo, a battere i tedeschi; senza considerare il ruolo decisivo che ebbero i bombardamenti aerei degli alleati sulle nostre città stremate e sulle popolazioni civili per piegare l’Italia e separarla dal nefasto alleato tedesco. Si può aggiungere che la liberazione d’Italia sarebbe avvenuta con ogni probabilità anche senza l’apporto dei partigiani; mentre l’inverso, dati alla mano, è impensabile. Dunque la Resistenza può conservare un forte significato sul piano simbolico e si possono narrare singoli episodi, imprese e protagonisti meritevoli di essere ricordati; ma sul piano storico non si può davvero sostenere, alla luce dei fatti e dei numeri, che fu la Resistenza a liberare l’Italia. Nella migliore delle ipotesi è mito di fondazione, pedagogia di massa, retorica di Stato. Il mito della resistenza di cui scrisse uno storico operaista di sinistra radicale come Romolo Gobbi.

Per essere precisi, la Liberazione non si concluse il 25 aprile a Milano come narra l’apologetica resistenziale, ma l’ultima, aspra battaglia tra alleati e tedeschi, sostiene Donno, si combatté nel comune di San Pietro in Cerro, nel piacentino, tra il 27 e 28 aprile. A San Pietro c’era anche il regista americano John Huston, inviato col grado di Capitano, a girare docufilm. Ma i filmati erano così duri che gli Alti comandi americani decisero di non diffonderli fra le truppe se non in versione edulcorata.

Sulle lapidi dei cimiteri di guerra disseminati tra Siracusa e Udine, censiti da Massimo Coltronari, ci sono nomi di soldati e ufficiali hawaiani, australiani, neozelandesi, perfino maori, indiani e nepalesi, francesi e marocchini, polacchi, greci, anche qualche italiano del Corpo italiano di liberazione, e poi brasiliani, belgi, militi della brigata ebraica; ma la stragrande maggioranza sono americani, caduti sul suolo italiano. Molti erano di origine italiana: si chiamavano Ferrante, Lovascio, Gualtieri, Rivera, Valvo, Pizzo, Mancuso, Capano, Quercio, Colantuonio, Barrolato, Barone…

“È stata e continua ad essere – dice Donno – una grande opera di mascheramento della “verità” quando non di falsificazione… i miei volumi hanno l’ambizione di rompere questa cortina di latta (che, ammaccata dappertutto, tuttora sopravvive nella discarica del tempo) facendo emergere dati e fatti oscurati ed ignorati”. Naturalmente possono divergere i giudizi tra chi considera gli alleati come benefattori e liberatori, chi come occupanti e nuovi invasori; chi avrebbe preferito che fossero stati i sovietici a liberarci; e chi si limita a considerarli combattenti, soldati in guerra e non eroi, soccorritori o invasori. La memorialistica sulla liberazione d’Italia minimizza e trascura l’apporto americano; invece, sottolinea Craveri, è evidente che furono loro i protagonisti della liberazione d’Italia.

La verità, vi prego, sull’onore.

MV, La Verità 25 aprile 2021

http://www.marcelloveneziani.com/articoli/chi-libero-veramente-litalia/

25 APRILE 2021


 

Il 25 aprile ricordiamo la liberazione dal nazifascismo che fu fatta, vale la pena ricordarlo, dalle truppe alleate. La liberazione fu aiutata dalla resistenza antifascista italiana. Fu un piccolo aiuto quello dei partigiani italiani, magnifico dal punto di vista del coraggio, ma piccoli dal punto di vista militare, come descrive Churchill nella sua La storia della seconda guerra mondiale, in effetti un’autobiografia. La resistenza italiana è divisa in tre tronchi, verdi, bianchi e rossi, come la nostra bandiera. I Verdi, giustizia e libertà, sono ad esempio Oriana Fallaci e Primo Levi, grandi ideali e poche armi,  bianchi i badogliani, e la brigata Garibaldi, i comunisti e comunista voleva dire una sola cosa: che prendeva ordini da Stalin.

I bianchi erano in maggioranza ex militari, quindi avevano le armi e le sapevano usare. Erano in contatto radio con gli alleati che impartivano ordini cifrati attraverso Radio Londra: sta per cadere la neve voleva dire che stavano per arrivare i paracadutisti e così via. Era così possibile che le loro azioni fossero sempre coordinate a quelle degli eserciti alleati. Erano divisioni bianche la divisione del comandante Di Dio che tenne la Val dell’Ossola e la divisione Osoppo massacrata a tradimento dai partigiani rossi  a Portius. L’evento è stato raccontato nel film  Portius, boicottato nella distribuzione in tutte le sale. Il si erano quelli legati al partito comunista, erano quelli legati quindi a Stalin. Vale per la resistenza italiana la stessa regola che George Orwell ha descritto nel saggio In omaggio alla catalogna e che Arthur Koestler ha descritto nel romanzo Buio a mezzogiorno: i partigiani non comunisti avevano due nemici, i nazifascisti e partigiani comunisti, entrambi nemici mortali. Ai partigiani comunisti abbiamo anche la incredibile serie di ignobili assassini e ancora più ignobili scomparse di persone che diventano desaparecidos a guerra finita, nell’assoluta ignoranza delle alte gerarchie, vale a dire Togliatti e Iotti, e sicuramente non sapevano, perché se avessero saputo sarebbero stati due assoluti criminali, due individui degni del più granitico degli ergastoli.

La indecente ridicola canzonetta O bella ciao è chiaramente fasulla. In effetti fu composta attorno agli anni 60. Questa è una canzone molto sciocca non ha la tristezza inevitabile di qualsiasi vero canto di gente che vive veramente a contatto con la morte, e soprattutto è un falso ridicolo perché i vari gruppi partigiani non comunicano fra di loro, sia per distanze geografiche e per distanze ideologiche e non era quindi pensabile che avessero la stessa canzone. Non c’era Internet. Come dovevano comunicarsela gli uni con gli altri?

Vorrei ricordare in questo descritto la brigata polacca. Tra gli ideatori dell’Italia ci sono stati polacchi. La Polonia è la grande martire della seconda guerra mondiale. Pochi ricordano che Hitler fermava che, finiti gli ebrei, sarebbe stata la volta di polacchi. I polacchi devono essere sterminati fino all’ultimo. Le violenze. Le donne polacche sono state tragiche. I bambini più belli e “ariani” venivano sottratti alle loro famiglie per essere inviati in Germania dove sono morti di stenti negli orfanotrofi. Delle vittime dei campi di concentramento un milione era polacco. In diverse zone della Polonia non sono più rimasti sacerdoti, internati in lager. I bambini polacchi non dovevano andare a scuola oltre la quinta elementare. Perché Hitler odiava così tanto la Polonia? Perché tedeschi e austriaci odiavano così tanto i polacchi? Perché la Germania e l’Austria  esistono grazie alla Polonia. Fu la straordinaria carica dell’esercito polacco, capitanati dalla mitica cavalleria pesante degli ussari alati a infrangere l’assedio ottomano a Vienna il 12 settembre del 1683. C’è un odio livido e osceno e miserabili hanno per i grandi, soprattutto se vi sono stati verificati. Solo i grandi rispondono alla grazia con la grazia. I miserabili rispondono al beneficio con l’odio.

Quando l’11 novembre 1941 Adolf Hitler strinse un patto d’acciaio con il gran Muftì di Gerusalemme, affermando che il nazismo ha due anime, tedesca e islamica, secondo alcuni commentatori si scusò addirittura per quella vittoria del 12 settembre 1683, e impedì all’Islam e tanto bello e tanto simile al nazismo (idea di Adolf Hitler non mia) di espandersi comodamente in tutta Europa. In tale occasione fu fondata la 13ª divisione SS, la bosniaco palestinese, i soldati che avevano il Corano nella bisaccia.

In questo 25 marzo ricordo tutti coloro che hanno combattuto per la libertà d’Italia, sacrificando la loro vita e la loro salute, perché la libertà è al di sopra di tutto.

Rinchiusi in casa ad aspettare il permesso del ministro Speranza o di chi per lui per poter uscire almeno fino a mezzanotte come Cenerentola, noi non siamo degli loro. Le libertà è un valore superiore alla salute, anche perché quando a un popolo è stata tolta libertà, la sua salute sarà distrutta.

Ricordo anche tutte le vittime, le vittime del nazifascismo, le vittime della liberazione, i morti sotto i bombardamenti, la tragica storia delle marocchinate, le vittime dei partigiani comunisti nel triangolo rosso, i cittadini italiani di fede ebraica partiti per Germania e mai più tornati.

In nome di quei morti, in nome di tutto quel dolore, il nome di tutto con la distruzione impariamo a combattere per la libertà subito. Il cosiddetto coprifuoco non ha nessun senso dal punto di vista sanitario è ha il senso mostruoso di impedire a giovani donne e giovani uomini di incontrarsi per diventare famiglie e mettere al mondo  figli, di separarci dalla, la bellezza delle stelle, la bellezza di un concerto, e ancora di più ha il compito di inchiodarci davanti alla  dannata televisione. In nome di chi ha combattuto in nome della libertà cominciamo a fare il primo gesto per essere liberi: spegniamo la televisione. Ora e per sempre.

https://www.silvanademaricommunity.it/2021/04/25/25-aprile-2021/


25 Aprile. Elenco dei sacerdoti uccisi dai partigiani comunisti


Chissà se nelle s. Messe che alcuni sacerdoti diranno il 25 Aprile, ci sarà anche un pensiero e una preghiera per i tanti sacerdoti uccisi.

A fianco la foto del beato Rolando Rivi ucciso dai partigiani comunisti (QUI i post di MiL sul Beato).

Luigi 


Elenco dei preti uccisi dai partigiani



VALLE D'AOSTA


- Padre Fernando Ferrarotti – Champorcher, giugno 1944

- Don Luigi Border – Hòne, 5 marzo 1946 



PIEMONTE


- Don Edmondo De Amicis – Torino, 27 aprile 1945

- Padre Angelico (Cesare) Romiti – Boschetto Montanaro (TO), 7 maggio 1945

- Padre Eugenio Squizzato – Corio Canadese (TO), 15-16 aprile 1944

- Don Giuseppe Amatesi – Coassolo Torinese (TO), 16 marzo 1944 

- Don Virginio Icardi – Squaneto (AL), 4 dicembre 1944

- Don Francesco Pellizzari – Tagliolo Monferrato (AL), 10 maggio 1945

- Don Enrico Percivalle – Variana (AL), 13 (15) marzo 1944 

- Don Sebastiano Caviglia – Asti, 27 aprile 1945

- Don Luigi Solaro – Bottigliera d’Asti (AT), 3 aprile 1945 

- Don Antonio Francesco Zali – Morra San Costanzo (CN), 8 giugno 1944 

- Don Leandro Sangiorgio – Sordevolo (BI), 30 aprile 1945 



LIGURIA


- Don Attilio Pavese – Alpe Gorreto (GE), 6 dicembre 1944

- Don Colombo Fasce – Cesino (GE), 19 maggio 1945 

- Don Guido salvi – Castelvecchio di Rocca Barbena (SV), marzo 1945 

- Don Antonio Padoan – Castelvittorio (IM), 8 maggio 1944

- Don Andrea Testa – Diano Borello (IM), 16 luglio 1944 



LOMBARDIA


- Don Tullio Calcagno – Milano, 29 aprile 1945

- Don Pietro Treccani – Provaglio d’Iseo (BS), 5 dicembre 1944

- Serafino Lavezzari – San Pietro Casasco (PV), 26 febbraio 1945 



VENETO 


- Don Luigi Bovo – Bertipaglia di Maserà (PD), 25 dicembre 1944

- Don Vittorio Barel – Vittorio Veneto (TV), 26 ottobre 1944

- Fratel Josef Dorfmann – Posina (VI), 27 aprile 1945 


FRIULI VENEZIA GIULIA, ISTRIA E DALMAZIA 


- Don Giuseppe Gabbana – Trieste, 3 marzo 1944

- Don Francesco Bonifacio – Villa Gardossi (TS), 11 settembre 1946

- Don Angelo Tarticchio – Villa di Rovigno (Istria), 19 settembre 1943

- Don Miroslav Bulesic – Mompaderno (Istria), 24 agosto 1947

- Don Filip Tercelj – Sturie delle Fusine (GO), 7 gennaio 1946

- Don Ludvik Sluga – Circhina (GO), 3 febbraio 1944

- Don Lado Piscanc – Circhina (GO), 3 febbraio 1944

- Fra' Alessandro Sanguanini – Ranziano (GO), 12 ottobre 1944

- Don Izidor Zavadlav – Goregna di Salona d’Isonzo (GO), 15 settembre 1946

- Don Placido Sancin – San Dorligo della Valle (TS), 14 settembre 1943

- Don Antonio Satej – San Daniele del Carso (GO), 26 settembre 1943

- Don Luigi Obit – Poggio San Valentino (GO), 5 gennaio 1944

- Don Anton Pisk – Canale d’Isonzo (GO), 28 ottobre 1944

- Don Viktor Perkan – Elsane (Istria), 9 maggio 1945

- Don Ernest Bandelj – Bria di Gorizia (GO), 30 aprile 1945

- Don Valentin Pirec – Idria della Baccia (GO), 23 dicembre 1946

- Padre Ivan Tul – Corte d’Isola (Istria), giugno 1945

- Padre Joze Bric – Montespino (GO), 21 novembre 1945

- Don Alojzij Kristan – Mune (Istria), 14 agosto 1947

- Don Giovanni Dorbolò – Sgonico (TS), 1° maggio 1945

- Don Giovanni Tul – Trieste, 1945

- Fratel Pietro Bonsembiante – Trieste, 1° maggio 1945

- Don Nicola Fantela – Ragusa (Dalmazia), 25 ottobre 1944

- Don Rocco Rogosic – Bencovaz (Dalmazia), 17 maggio 1942

- Don Giovanni Manzoni – Rava (Dalmazia), 18 ottobre 1944

- Don Antonio Greskovic (Grskovic) – Lussino (Dalmazia), 3 maggio 1945

- Don Casimiro Paich – S.Giovanni di Sterna d’Istria (GO), 29 aprile 1945

- Don Domenico Benussi – Albona di Pola (Istria), 4 maggio 1945

- Fra Mariano Blazic – Ragusa (Dalmazia), 25 ottobre 1944

- Padre Pietro Perich – Ragusa (Dalmazia), 25 ottobre 1944

- Don Francesco Grabegna – Losizze (GO), 26 settembre 1943

- Rodolfo Trcek – Montenero d’Idria (GO), 1° settembre 1944

- Erminio Pavinci – Chersano (Fianona), gennaio 1945

- Vladimir Vivoda – Pinguente (Istria), settembre 1944

- Bruno Fiotto – Cuscevie (Croazia), maggio 1945

- Alojzij Kete – Planina di Aidussina (GO), 19 febbraio 1944

- Emil Kete – Sambasso (GO), 12-13 novembre 1944

- Gino Vosilla – Fiume (Istria), 1945

- Giovanni Massalin – Fiume (Istria), 1945

- Don Raffaele Busi Dogali – Briboj (Croazia), 15 giugno 1942

- Don Giovanni Pettenghi – Gerovo (Croazia), 2 agosto 1942

- Padre Agostino Curcio – Dugaresa (Croazia) 7 agosto 1941

- Don Aurelio Diaz – Belgrado, gennaio 1945

- Don Giacomo Lora – 8 settembre 1943

- Padre Simone Nardin – Abbazia di Fiume (Istria), aprile 1945

- Don Giacomo (Guido) Minghetti – Borovnica (Slovenia), giugno 1947

- Don Hubert Leiler – Golnik (Slovenia), 21 marzo 1942

- Don Lambert Ehrlich – Lubiana, 26 maggio 1942

- Don Franc Kanduc – Logatec (Slovenia), 26 dicembre 1942

- Don Ludvik Novak – Cave Auremiane (TS), 17 novembre 1943 



EMILIA ROMAGNA


- Don Domenico Gianni – San Vitale di Reno (BO), 24 aprile 1945

- Don Achille Filippi – Maiola (BO), 25 luglio 1945

- Don Alfonso Reggiani – Amola di Piano (BO), 5 dicembre 1945

- Don Giuseppe Rasori – San Martino in Casola (BO), 2 luglio 1946

- Don Teobaldo Daporto – Casalfiumanese (BO), 10 settembre 1945

- Don Giuseppe Galassi – S.Lorenzo in Selva (BO), 31 maggio 1945

- Don Tiso Galletti – Spazzate Passatelli (BO), 9 maggio 1945

- Don Corrado Bortolini – Lorenzatico (BO), 13 maggio 1945 

- Don Raffaele Bortolini – Dosso (FE), 20 giugno 1945 

- Don Ernesto Talè – Castelluccio di Guiglia (MO), 11 dicembre 1944

- Don Giuseppe Preci – Montalto di Contese (MO), 24 maggio 1945

- Don Giovanni Guicciardi – Lama Mocogno (MO), 10 giugno 1945

- Don Giuseppe Lendini – Crocette di Pavullo (MO), 21 luglio 1945

- Don Francesco Venturelli – Fossoli (MO), 15 gennaio 1946

- Don Giuseppe Tarozzi – Riolo di Castelfranco (MO), 26 maggio 1945 

- Don Giuseppe Violi – S.Lucia di Medesano (PR), 31 marzo 1945 

- Don Giovanni Ferruzzi – S.Maria in Fabriago (RA), 3 aprile 1945 

- Don Carlo Terenziani – Ventoso di Scandiano (RE), 29 aprile 1945

- Don Luigi Manfredi – Budrio di Correggio (RE), 14 dicembre 1944

- Don Aldemiro Corsi – Grassano (RE), 21-22 settembre 1944

- Don Luigi Ilariucci – Garfagnolo (RE), 19 agosto 1944

- Don Giuseppe Jemmi – Felina (RE), 19 aprile 1945

- Don Dante Mattioli – Cogruzzo (RE), 11 aprile 1945

- Sem. Rolando Rivi – Castellarano (RE), 13 aprile 1945

- Don Umberto Pessina – Correggio (RE), 18 giugno 1946

- Don Sperindio Bolognesi – Nismozza (RE), 25 ottobre 1944 

- Don Federico Semprini – Rimini (RN), 27 dicembre 1943 



TOSCANA


- Don Adolfo Nannini – Sant’Andrea a Cercìna (FI), 30 maggio 1944 

- Don Emidio Spinelli – Campogialli (AR), 6 maggio 1944

- Don Giuseppe Rocco – S. Sofia in Parecchia (AR), 4 maggio 1944 

- Giuseppe Pierami – Piazza al Serchio (LU), 2 novembre 1944 

- Don Giuseppe Lorenzelli – Corvarola di Bagnone (MS), 27 febbraio 1945

- Don Sante Fontana – Comano (MS), 16 gennaio 1945

- Don Luigi Grandetti – Pieve di Offiano (MS), 31 gennaio 1947

- Don Pietro Maraglia – Cerignano (MS), 26 febbraio 1948

- Don Carlo Beghè – Novegigola (MS), 2 marzo 1945 

- Don Dolfo Dolfi – Volterra (PI), 8 settembre 1945

- Don Aladino Petri – Caprona (PI), 27 giugno 1944

- Don Ugo Bardotti – Cevoli (PI), 4 febbraio 1951 

- Padre Crisostomo Ceraioli – Montefollonico (SI), 19 maggio 1944

- Don Duilio Bastreghi – Celiano e Capannone (SI), 3 luglio 1944 



UMBRIA


- Don Ferdinando Merli – Foligno (PG), 21 febbraio 1944

- Don Angelo Merlini – Fiamenga (PG), 21 febbraio 1944 



MARCHE


- Don Gildo Vian – Bastia di Fabriano (AN), 16 luglio 1944

- Don Nazzareno Pettinelli – Santa Lucia a Ostra (AN), 11 luglio 1944 

- Padre Sigismondo Damiani – San Liberato (MC), 9 maggio 1944

- Don Nicola Polidori – Sefro (MC), 9 giugno 1944 

- Don Augusto Galli – Pereto (PU), 31 maggio 1946 



ABRUZZO


- Don Vincenzo d’Ovidio – Poggio Umbricchio (TE), 19 maggio 1944

- Don Gregorio Ferretti – Collevecchio (TE), 24 maggio 1944


LAZIO


- Padre Armando Messuri – Marino (RM) 8 giugno 1944 



CALABRIA


- Don Gennaro Amato – Caulonia (RC) 8 marzo 1945



(da ROBERTO BERETTA, Storia dei preti uccisi dai partigiani, Edizioni PIEMME)

http://blog.messainlatino.it/2021/04/25-aprile-elenco-dei-sacerdoti-uccisi.html


25 Aprile. Festa della Liberazione, ma, Soprattutto, Festa di San Marco…

25 Aprile 2021 Pubblicato da  7 Commenti

 

Marco Tosatti

Cari Stilumcuriali, è evento raro se non unico che nello stesso giorno appaiano due firme eguali su SC. Ma accade oggi, per un motivo: è San Marco, e la nostra Benedetta De Vito mi ha mandato un articolo apparso su Storie di Territori  proprio sul mio santo protettore…Potevo non pubblicarlo? Buona lettura!.

§§§

In casa de Vito, il 25 aprile non si festeggiava punto perché, per noi, tutti, oggi era ed è solo e semplicemente San Marco, che è un santo evangelista, forse cugino di Gesù, caro a chi, come mia madre, è nato nelle basse terre del Nordest, lì dove le montagne, alte e fiorite in bianco di stelle alpine, sono un bel contorno violetto alla piana, dabbasso, coltivata in colori di terra che sono, per me, i preferiti.

Non si festeggiava affatto la Liberazione perché, più della Liberazione politica, contava, forse, non so, la liberazione spirituale e Marco, l’evangelista del Leone di Venezia, ne era simbolo e signore. Coraggiosa, Venezia, baluardo della Cristianità lo era stata e quell’anima battagliera, in arco d’oro, ieri e oggi ancora mi appartiene. Non così la festa della Liberazione che, da che ho memoria io, divide, nel ricordo feroce di una guerra fratricida. Di qui i rossi, che gridano vittoria, di là i neri immusoniti e costretti a sventolar bandierine. E in questo nostro povero Paese è sempre un dividersi in guelfi e ghibellini. Anche oggi, tra chiusuristi e aperturisti… Seguo, dunque le orme di San Marco per regalarvi, se vorrete, un 25 aprile differente e vado a capo per cominciare. 

Ho ritrovato San Marco, durante le mie lunghe passeggiate solitarie nella Roma che amo, prima nella chiesa di Santa Maria in Via Lata dove, nei sotterranei, pare abbia vissuto i suoi giorni romani. Poi proprio in piazza Venezia dove, di solito, si festeggia anche il giorno della Liberazione, la festa che divide, mentre Marco (che è il nome del mio fratello più caro e forse l’unico che ho…), San Marco, unisce.

Ed ecco, la stupenda Chiesa di San Marco, che è di sguincio al gran palazzo rinascimentale noto come Palazzo Venezia. La Chiesa che è basilica era cappella privata di Papa Paolo II, gran Pontefice rinascimentale, di famiglia dogale, che proprio qui volle costruire la sua splendida dimora: il Palazzo Venezia, appunto.

Paolo II, nobile veneziano dal gran naso aquilino, al secolo Pietro Barbo, volle, nelle sale sue raccogliere ciò che più gli piaceva, in quadri e porcellane e altre meraviglie, che oggi sono il museo ospitato nelle sacre stanze. Tra i dipinti, lo splendido doppio ritratto del Giorgione, sì il pittore dell’enigmatica Tempesta. E tanto simpatico era Paolo II (amatissimo dai Romani) che, appassionato di corse di cavalli berberi (le quali si tenevano lungo la via Lata che da loro prende il nome di Via del Corso..) per veder correre i destrieri a rompicollo già fino a Piazza del Popolo dove era il traguardo, si stirava e contorceva dal balcone che doveva, molti anni dopo, ospitare il Duce, Mussolini che apostrofava le folle a viso in su. E proprio qui, ai piedi del Vittoriano, sotto al balcone veneziano di San Marco che fu poi fascista, si festeggia ancora adesso il 25 aprile… Tutto quanto, fascismo e antifascismo, rossi e neri, impacchettati, in Piazza Venezia!

Mi pare, inoltre, che sbiadito sia oramai il senso della festa perché dall’America non è arrivata, come pensavamo (e non sono certo l’unica ad averlo nel cuore), solo la Liberazione, bensì, in bauli oscuri, forse, una nuova schiavitù, che bacia le nuove tecnologie, uccide la tradizione, innaffia tutto di Coca cola e ci lascia attoniti e padroni di nulla.

Così io, nel lumeggiar di questo 25 aprile, vieppiù sbiadito dalla pandemia che è guerra contro l’invisibile, un 25 aprile, che oramai scolora nel suo significato come tante feste nazionali impolverate, vecchie e oramai senza più sugo, scrivo, non di fascismo e antifascismo e partigiani, ma, non me ne vogliate, di angeli metropolitani, messaggeri celesti, piccoli Ermes che, con il caduceo, mostrano la via a quanti hanno orecchie e occhi e cuore… Tutti quanti li incontriamo, senza saperlo, lungo il cammino nel mondo a testa in giù che sembra l’unica cosa vera e che invece non lo è. Sono angeli e basta ascoltar la loro parola, una sola, per capire il lume divino che ci accende. Gli angeli, mentre noi corriamo nel vortice della vita che corre, recano un dono silente che tutto cambierebbe. Se solo lo volessimo.

Ma siamo ciechi e sordi e spesso ho visto angeli – ché io li vedo, anche quelli degli altri – restarsene con il pacchetto in mano, fermi nella corrente della vita vera mentre quegli altri, pieni di burbanza, inconsapevoli, a correr via, travolti dal rumore, tutti indaffarati a riempirsi il capo del primo 25 aprile che passa, vuoti, ma pieni di slogan, di rumore, di parole al vento… Oggi la finisco qui, ché è nel sogno il mio scrivere leggero e con un batter d’ali, vi auguro buona festa…

di Benedetta de Vito

https://www.marcotosatti.com/2021/04/25/25-aprile-festa-della-liberazione-ma-soprattutto-festa-di-san-marco/

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