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martedì 27 aprile 2021

Solo dei piccoli capricciosi?

La Comunione sulla lingua: solo un piccolo capriccio?



Mons.  Michel Aupetit, arcivescovo di Parigi, a Radio Notre Dame

Sabato 17 aprile [2021], ricevuto su Radio Notre Dame per la sua intervista settimanale, Mons. Aupetit, arcivescovo di Parigi, ha dichiarato che ricevere la Comunione sulla lingua o nelle mani non fa differenza. Ma allora, l’uso tradizionale adottato dalla Chiesa non avrebbe alcun senso? I fedeli che ci tengono sarebbero solo dei piccoli capricciosi?


Perché la Comunione sulla lingua?

Nel corso della sua storia, fino alla riforma liturgica di Paolo VI, la Chiesa ha preso la decisione di optare per una certa maniera di distribuire la Comunione: la Santa Eucarestia doveva essere toccata solo dalle mani dei ministri consacrati e ricevuta dai fedeli nella bocca. Le ragioni di questa scelta sono oggettive, fondate e sempre valide.

Assicurare il rispetto per il Santissimo Sacramento

La prima motivazione che si può attribuire all’istituzione di questa forma di distribuzione della Comunione è di ordine pratico: cioè assicurare il rispetto per il Santissimo Sacramento.

I testi dei Padri, dei concilii e degli scrittori ecclesiastici, all’epoca in cui la Comunione poteva ancora essere data sulla mano, insistono fortemente sulla necessità di stare attenti alla minima particella (come fosse una pepita d’oro, secondo un’immagine diffusa), di evitare ogni sacrilegio involontario (per una devozione male intesa) e ancor più i sacrilegi volontari.

Stare attenti alla minima particella

Se, come insegna la fede della Chiesa e riprendendo le parole di San Tommaso nella Lauda Sion, «Cristo è tutto intero in ogni frammento come nell’ostia intera», è necessario vegliare con cura, per quanto lo possono le forze umane, che nessuna particella, alcun frammento, si perda, cada a terra, sia calpestato.

Ora, la consegna dell’Ostia sulla mano di ciascun fedele, con tutte le manipolazioni che comporta, moltiplica ovviamente i rischi di perdita involontaria di frammenti dell’Ostia. Tanto più che i fedeli non sono necessariamente abili, non hanno necessariamente le mani pulite, e non sono sempre sufficientemente addestrati per maneggiare il Santissimo Sacramento con rispetto e cura.

Nella pratica, per ridurre il più possibile questi rischi, la Chiesa ha finito con l’optare per un rito che elimina queste difficoltà alla fonte, sopprimendo la manipolazione delle Sante Specie da parte dei fedeli. Ormai la Santa Eucarestia passa direttamente dalle mani del ministro alla bocca del comunicando. Il rispetto della minima particella è posto sotto la responsabilità immediata del ministro sacro, che è formato e incaricato per questo.

Evidentemente, la progressiva introduzione in Oriente della pratica della comunione per intinzione (l’Ostia viene immersa nel prezioso Sangue) ha reso questa evoluzione rigorosamente obbligatoria, essendo diventato estremamente importante il rischio di perdita di un frammento per versamento.

Evitare ogni profanazione

Il secondo pericolo segnalato dai testi antichi è il sacrilegio, sia involontario per una devozione male intesa, sia volontario.

In effetti, esiste un rischio non immaginario che il comunicando porti via le Sante Specie per farne un uso incontrollato: dalla venerazione personale a casa sua, alla utilizzazione come amuleto, fino alla profanazione sacrilega e satanica.
I testi dell’epoca abbondano di avvertimenti insistenti su questo punto, prova che, purtroppo, tali pratiche erano numerose. Soprattutto dopo la fine delle persecuzioni, quando i cristiani, alcuni dei quali erano solo imperfettamente convertiti dai riti pagani, erano diventati estremamente numerosi.
Questo rischio di sacrilegio oggi è sempre di attualità e persino più che mai, vista la società multiculturale in cui viviamo.
La recente dichiarazione di padre Josè Maria de Antonio, responsabile della pastorale dei migranti negli Alti Pirenei, ne è la prova tangibile (1): «Dei Tamil non battezzati si comunicano a Lourdes. Un giorno ho visto un uomo mettere l’ostia in tasca e mi ha detto: «Io sono induista, ma la prendo per mandarla a Parigi a mia madre che è molto malata, poiché è un nutrimento divino».

Per evitare questi rischi oggettivi, le autorità ecclesiastiche dell’epoca hanno moltiplicato le richieste di precauzione. Per esempio, i concilii ricordano l’obbligo per i fedeli di consumare l’Ostia immediatamente, davanti al sacerdote, il quale deve controllare effettivamente tale consumazione.

Ma anche questo non basta a ridurre ad un livello tollerabile i rischi di profanazione. Seguendo il normale corso degli eventi, la Chiesa ha reso obbligatoria una procedura che, in pratica, riduce al minimo le possibilità di un uso dell’Eucaristia non rispettoso della sua santa realtà. Deponendo direttamente l’Ostia nella bocca del comunicando diventa, se non impossibile, almeno realmente difficile per il comunicando recuperarla e utilizzarla in un modo diverso dalla Comunione stessa.

Nel campo simbolico

Il primo motivo di scelta del rito della Comunione è dunque pratico. Motivo che possiede una certa importanza, ma non è il solo, né può essere il più essenziale. Se ci si fermassimo esclusivamente a delle considerazioni pratiche, si potrebbero facilmente trovare soluzioni “innovative”, derivate dalle moderne tecniche commerciali (per la distribuzione) e dalle procedure di sicurezza (per evitare la profanazione).

Tuttavia, il rito di distribuzione della Comunione, al di là dell’aspetto pratico, che esiste evidentemente, visto che nella pratica i comunicandi devono ricevere la Santa Eucarestia, possiede un altro aspetto molto più importante: si tratta di esprimere con certi gesti, atteggiamenti o parole la realtà della Santa Eucaristia, di manifestare (e formare, sotto certi aspetti) i sentimenti interiori di chi si accosta alla Comunione.

In questo caso, come per tutta la liturgia, ci troviamo nel campo simbolico, più che nel campo dell’azione puramente  pratica. Il registro simbolico esprime, attraverso posizioni del corpo o espressioni verbali, i sentimenti interiori dell’anima, senza che ci sia necessariamente un uso pratico immediato di questi gesti.
Quando il veterano depone una corona di fiori al monumento ai caduti, quando il sindaco legge i nomi di coloro che sono «morti sul campo dell’onore», questo non ha alcuna utilità pratica per i defunti, ma è un’espressione simbolica del tributo dei vivi a coloro che sono caduti per la Patria.

E’ principalmente alla luce del simbolismo che è opportuno esaminare il rito adottato dalla Chiesa, che dà la Comunione in bocca e non nella mano. Questo è il vero criterio liturgico. Occorre giudicare questo rito in funzione degli elementi più fondamentali della fede cristiana, non in funzione di considerazioni estranee, profane, che certo possono avere il loro interesse in altri dominii, ma che nel nostro caso non interessano.

Esprimere la Presenza Reale e la riverenza dovuta al Sacramento

Nel rito della Comunione, il primo punto da esprimere simbolicamente è la Presenza Reale di Cristo sotto l’apparenza dell’Ostia e di conseguenza la riverenza dovuta a questo Santissimo Sacramento.

Questa presenza del più sacro dei misteri nell’Ostia, la presenza di Dio stesso, di Nostro Signore Gesù Cristo in persona, è particolarmente ben espressa simbolicamente quando sono i sacri ministri, che sono stati consacrati espressamente col rito dell’ordinazione, i soli a toccare con le loro mani le Sacre Specie. Si tratta di un rito simbolico notevolmente efficace per esprimere la differenza tra il pane ordinario (che tutti sono abituati a toccare nella vita quotidiana) e il Pane Eucaristico, il pane sacro, che solo i ministri consacrati toccano. Tutti capiscono spontaneamente il significato di questo rito, anche il bambino che non sa ancora leggere.

Senza alcun dubbio è questo il motivo principale della decisione presa dalla Chiesa a favore di questa pratica, ormai più di un millennio fa: esprimere in maniera più viva e più evidente la fede della Chiesa nella Presenza Reale di Cristo.

I Padri della Chiesa, che vedevano il rito antico della distribuzione  dell’Ostia nella mano, nei loro testi insistono enormemente sul rispetto, la fede, la devozione, la venerazione, l’adorazione che sono dovuti a questo Corpo prezioso di Cristo. Queste raccomandazioni divennero come un leitmotiv, il che tende a mostrare che il rito antico probabilmente non aveva tutta l’efficacia simbolica necessaria per esprimere da solo questo dogma centrale della fede. Alla fine la Chiesa ha optato per un rito che esprime più chiaramente questo punto, riservando solo alle mani consacrate dei ministri sacri, in maniera simbolica, la manipolazione delle Sante Specie.

Manifestare la ricezione del Sacramento

Il secondo punto da esprimere simbolicamente è il carattere di «ricevuto» e non di «dovuto» del Sacramento. Senza alcun dubbio, questo carattere di «ricevuto» non è totalmente assente nel rito della Comunione nella mano, in quanto il comunicando non si serve da solo, ma riceve l’Ostia dal ministro sacro e poi la porta alla bocca.

Ma, ovviamente, questo carattere di «ricevuto» si esprime simbolicamente in modo molto più forte quando il sacramento è dato ai fedeli «come a bambini appena nati», per usare l’espressione della prima epistola di San Pietro (1 Pt 2, 2) che costituisce l'introito della domenica di Quasimodo quando la liturgia, appunto, parla ai neo-battezzati della Comunione.

La scelta della Chiesa indivisa

Tali sono alcune delle principali ragioni che hanno spinto la Chiesa a scegliere definitivamente, più di un millennio fa, la pratica della Comunione data direttamente nella bocca del battezzato dal ministro sacro.

E quando diciamo la Chiesa, dobbiamo comprenderla in tutte le sue componenti. Nonostante la varietà dei riti usati nelle varie Chiese di origine apostolica [2] tuttora esistenti, si nota che oggi, al momento della Comunione durante la celebrazione liturgica, nessun fedele laico tocca mai la Santa Eucaristia con le mani, ma la consuma sempre ricevendola direttamente dalle mani del ministro sacro. Questo è un fatto enorme e indiscutibile, che dovrebbe farci riflettere.

Tanto più che una buona parte di queste Chiese di origine apostolica hanno conservato, a differenza della Chiesa latina, la comunione sotto le due specie, o usano ancora il pane fermentato. È così che queste Chiese, senza eccezione, hanno unanimemente visto nel dare la Santa Eucaristia al comunicando direttamente «nella bocca» (in varie forme) un modo di fare più opportuno e adatto, sia praticamente sia simbolicamente.


NOTE

1.    Liberation del 15 agosto 2009, p. 13.
2.    Le Chiese orientali.



Pubblicato su La Porte Latine
il sito francese della Fraternità San Pio X



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