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giovedì 6 maggio 2021

Chi pecca contro l’unità della Chiesa

Scisma Tedesco, ci Sarà? Il card. Müller: Temo di Sì, Spero di NO.

 

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, con molto piacere condividiamo, nella nostra traduzione, l’intervista (seconda parte) che il card. Gerhard Mueller ha concesso a Lothar Rilinger di Kath.net. Buona lettura.

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 Il cardinale Gerhard Müller: “Non c’è una Chiesa tedesca se non nella testa di vescovi autoritari che abusano del loro ufficio, di funzionari laici assetati di potere e di professori ideologicamente ostinati”. kath.net intervista di Lothar C. Rilinger

Vaticano (kath.net) “La ‘realtà della vita’ elevata a superdogma pastorale è il cavallo di Troia inventato da astuti opportunisti per ingannare i loro avversari sempliciotti. Solo Gesù conosce pienamente i nostri cuori, e conosce le realtà della vita umana nel bene e nel male. Egli è il Salvatore dal peccato, dalla morte e dal diavolo. Non ha risposto alle realtà della vita del divorzio, che era comune a quel tempo, l’invidia e il malcontento dei farisei, la violenza politica dei romani, con il conformismo e il ‘cambio di paradigma’ della dottrina di fede di Israele”. Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, lo ha spiegato a kath.net. Nella seconda parte della nostra intervista vogliamo affrontare questioni parziali che nascono dalla tensione tra l’ecumenismo e l’insegnamento della Chiesa Cattolica Romana. Nel farlo, vogliamo anche sondare i limiti che ancora si frappongono a un riavvicinamento. 

Lothar C. Rilinger: La richiesta della “via sinodale” mira alla cosiddetta intercomunione. C’è una differenza nella comprensione della Cena del Signore protestante e della comunione cattolica? 

Cardinale Gerhard Ludwig Müller: L’unità del cristianesimo occidentale si è rotta proprio sulla questione della Santa Messa come sacrificio. Lutero, Zwingli e Calvino non rifiutarono totalmente alcuni abusi intorno alla Santa Messa, ma il centro dell’Eucaristia della Chiesa Cattolica, da cui essi stessi provenivano, come corrotto dalla giustizia delle opere. La conseguenza fu che della precedente liturgia della Messa rimase solo la parte della Comunione. L’Alta Preghiera con la Santa Consacrazione fu cancellata perché il sacrificio della Chiesa fu interpretato come un’aggiunta o addirittura una ripetizione dell’unico sacrificio di Cristo sulla croce e quindi doveva essere respinto. Oggi cerchiamo di capire meglio il partner ecumenico a partire dalle sue preoccupazioni positive ed evitare ogni polemica. Questo non ha niente a che vedere con il nascondere le gravi differenze nella comprensione della chiesa e dei sacramenti, che rendono impossibile una comunione comune o una ricezione della comunione con l’altra denominazione dall’interno. Solo coloro che fanno della fondazione di Cristo una specie di rituale di comunione interiore non vedono problemi. Ma un cristianesimo che ha rinunciato alla pretesa di verità della rivelazione soprannaturale e si è ridotto all’etica sociale e al sentimentalismo religioso, cioè si legittima solo in modo interiore, si renderà solo ridicolo davanti a un pubblico secolarizzato. Allora non ha nemmeno bisogno di piangere sulla sua irrilevanza autoprodotta.

Rilinger: Dato che l’intercomunione viene richiesta nell’ambito del movimento ecumenico, si pone la domanda a quali condizioni possono ricevere la comunione anche le persone che non sono membri della Chiesa cattolica romana attraverso il battesimo?

Card. Müller: Chi non è entrato nella comunione della Chiesa attraverso il Santo Battesimo non ha nulla a che fare con l’Eucaristia. Chi non ha fatto il primo passo non può essere arrivato alla meta. Dai presupposti della comprensione cattolica della Chiesa e dell’Eucaristia, l’assistenza spirituale di un ecclesiastico non cattolico è possibile solo in casi speciali. È appropriato quando la salvezza dell’anima è in pericolo mortale e un ecclesiastico della propria denominazione non è disponibile. Questa può essere l’assoluzione nel contesto della confessione e la ricezione della Santa Comunione, se l’interessato afferma e confessa interiormente la fede cattolica in questi due sacramenti. 

Rilinger: La ragione della differenza tra la Comunione e la Santa Comunione è la comprensione del sacrificio. Gesù Cristo è sacrificato ogni volta nella messa cattolica così come nel servizio protestante? 

Cardinale Müller: Sulla croce Gesù si è sacrificato per la salvezza del mondo in un senso che non ha nulla a che fare con una comprensione pagana di Dio, del culto e del sacrificio, e che mette in ombra anche la comprensione veterotestamentaria del sacrificio. Ma non perché fosse carente, ma perché solo Cristo come Figlio di Dio incarnato poteva rivelare il più grande amore di Dio attraverso la morte imposta dalla cattiveria umana. Attraverso questo amore il peccato e la morte sono stati vinti per sempre, e nella risurrezione la vita di Dio è stata resa manifesta a tutti coloro che credono. 

L’Eucaristia come celebrazione liturgica è il sacramento, cioè il segno-reale, che rende presente il sacrificio di vita di Cristo e la sua risurrezione per tutti coloro che nelle generazioni successive vengono a credere in Cristo attraverso la parola dell’Annunciazione. Perché Cristo è il Signore realmente presente nella Chiesa per tutti i tempi. Egli stesso è nella Messa lo stesso Sacerdote sacrificale e la stessa offerta sacrificale in cui sulla Croce ha consumato e rivelato la sua unione con il Padre nello Spirito Santo. I governanti ecclesiastici – come i vescovi e i presbiteri – sono abilitati dall’ordinazione nello Spirito Santo a svolgere il ministero liturgico e spirituale che Gesù svolge attraverso di loro in termini reali. Ecco perché sono chiamati sacerdoti – che non significa altro che presbiteri – senza alcuna connotazione pagana come i servi del culto che influenzano gli dei. Perché i sacerdoti non compiono di propria iniziativa, ma unicamente per conto di Cristo a livello liturgico-sacramentale, ciò che Cristo, Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, fa per la Chiesa. Noi come credenti non stiamo a guardare passivamente come spettatori silenziosi ad una rappresentazione teatrale, ma siamo coinvolti come membri del Corpo di Cristo, offrendo attivamente il nostro sacrificio di vita in, con e attraverso Cristo nostro Capo, Dio Padre, dal quale, dopo tutto, abbiamo già ricevuto tutto ciò che possiamo offrirgli in anticipo. Sant’Agostino, nel decimo libro del suo “Stato di Dio”, espone profondamente questa connessione tra il sacrificio unico della croce e il suo rendersi presente nella liturgia della Chiesa. Senza la conoscenza di questo testo, il dialogo ecumenico non è altro che aria fritta. 

Rilinger: Dalla diversa comprensione del solo sacrificio consegue che solo i cattolici possono ricevere la comunione o anche i credenti di altre comunità religiose cristiane?

Card. Müller: La dottrina del carattere sacrificale è – come ho detto – una classica dottrina controversa. Ma è anche importante la connessione tra Chiesa e sacramenti, che è essenziale per la dottrina cattolica e ortodossa della fede, con il suo culmine nell’Eucaristia. Da tutta la sua struttura la comprensione protestante della chiesa non è costitutivamente costruita intorno all’Eucaristia come centro, ma intorno alla fede come atto di fiducia, che sperimenta un’assicurazione a livello dei sacramenti. Nel dialogo tra cattolici e cristiani di confessioni protestanti, si è già raggiunto un avvicinamento per il fatto di poter pregare insieme e ascoltare la Parola di Dio. In certe occasioni, penso ai matrimoni e ai funerali, partecipiamo anche spiritualmente ai servizi della rispettiva altra comunità, ma senza pretendere la piena comunione delle chiese ricevendo la Santa Comunione – una comunione che non esiste ancora nella realtà. 

Rilinger: Anche se è necessario per la ricezione della comunione accettare la comprensione cattolica della comunione, si pone la domanda: perché?

Cardinale Müller: Perché i sacramenti sono l’auto-realizzazione della Chiesa. Perché la Chiesa non è un’organizzazione esterna che amministra qualche mezzo di grazia e lo distribuisce ai volenterosi, ma è il Corpo di Cristo, per cui la confessione interiore e l’espressione esteriore devono corrispondere. Anche le chiese protestanti, per 450 anni fino a tempi recenti, sono sempre state d’accordo con questo principio, e quelle comunità protestanti che non vogliono intendere i sacramenti come mezzi di conferma individualistici per un senso liberale della religione si attengono alle loro precedenti credenze. 

Rilinger: Secondo lei, si potrebbe superare la diversa comprensione della Comunione protestante e della Comunione cattolica? 

Card. Müller: Sì, questo è l’obiettivo. Abbiamo certamente già fatto progressi sulla strada verso una comprensione di base comune. Ma la meta non è stata affatto raggiunta, soprattutto sul tema del potere di consacrazione da parte di un sacerdote validamente ordinato da un vescovo. Senza eccezione – secondo la dottrina cattolica – da parte cattolica non sarebbe accettabile la banalizzazione degli opposti nel credo agli opposti della scuola teologica. 

Rilinger: A causa dell’attuale pandemia, non ci sono quasi più messe. Molti fedeli mancano quindi di ricevere la Santa Comunione. Di conseguenza, è possibile, come nella Chiesa Evangelica Luterana, che il sacerdote consacri il pane e il vino a distanza con l’aiuto di Internet, così come si consacrano le ostie su larga scala nelle messe papali o nelle messe in occasione delle Giornate Mondiali della Gioventù, senza che tutti i calici con le ostie possano trovare posto sull’altare?

Cardinale Müller: Una consacrazione a distanza è un’assurdità e un abuso sacramentale-teologico. Ciò che conta è la presenza corporea. Tuttavia, se Cristo fosse veramente, realmente ed essenzialmente presente solo nella fede di chi lo riceve e non nei doni eucaristici, allora l’immagine in televisione sarebbe una rassicurazione virtuale, che è psicologicamente efficace, ma non sacramentalmente efficace. Cristo è morto davvero con carne e sangue sulla croce e non solo per le apparenze come pensavano i docetisti. Dio ci salvi, nell’epoca della virtualità, da un docetismo sacramentale-teologico in una veste elegantemente rinforzata. 

Rilinger: Non possiamo trovare nessuna regola nella Bibbia che stabilisca le condizioni per ricevere la comunione per persone che non sono state battezzate cattoliche romane. Si può dedurre da questo fatto che le condizioni sono state semplicemente escogitate dagli uomini e quindi non di origine divina, in modo che possano essere abrogate?

Card. Müller: Naturalmente, al tempo della Bibbia questo problema non era ancora sorto, ed è per questo che lì non ci sono istruzioni, come in un libro di ricette, su cosa dire e fare in dettaglio nel caso di tutte le sfide future. Ma la testimonianza biblica contiene tutta la rivelazione nei suoi tratti essenziali, così che da lì anche la dottrina della Trinità e dell’Incarnazione, così come tutti gli altri misteri che sono a carico della verità della rivelazione, hanno potuto affermarsi nella loro verità e svilupparsi nella loro espressione.

Rilinger: Può il movimento ecumenico arrivare a negare le differenze teologiche come un “ecumenismo qua disinteresse” per raggiungere l’unità?

Card. Müller: Se tutto si riduce a una religione civile, non solo le differenze sono obsolete, ma anche l’unità di base nella fede nel Dio Trino, la divinità di Cristo, la necessità della grazia, la vita eterna. L’indifferentismo e il relativismo nella questione della verità sono i falsi amici del movimento ecumenico – di fatto, i suoi becchini. 

Rilinger: Pensa che abbia senso, come in un caso giudiziario, raggiungere l’unità della Chiesa ritirando entrambe le parti le loro richieste in base al principio del do ut des e mercanteggiando finché non si trova un denominatore comune?

Card. Müller: L’ecumenismo è l’obbedienza alla volontà di Cristo, che vuole l’unità dei suoi discepoli perché il mondo creda, e non un mercanteggiamento da strapazzo o addirittura un primitivo baratto.

Rilinger: Il desiderio di realizzare l’unica Santa Chiesa può portare all’abbandono delle condizioni costitutive della Chiesa Cattolica Romana? 

Card. Müller: La Chiesa cattolica potrebbe rinunciare a se stessa se fosse un raggruppamento religioso fatto solo dall’uomo. Perché un club sportivo non dovrebbe sciogliersi o fondersi con un altro? Ma lei crede nel Dio Trino, che ha anche chiamato a raccolta il suo popolo e ha incaricato gli apostoli dell’annuncio universale del Vangelo e del conferimento sacramentale della grazia nei sacramenti. E così la Chiesa crede di essere in Cristo “il sacramento onnicomprensivo della salvezza del mondo” (Vaticano II, Lumen gentium 1; 48).

Certo, un non cattolico può rimproverarci indignato questa convinzione come arroganza e presunzione, o nello scetticismo illuminato prenderla in giro. Ma con quale diritto intellettuale e morale afferma apoditticamente il suo relativismo e nega agli altri – come individui e come comunità – il diritto umano della libertà di credo? Mi sembra chiaro che lo fa per la certezza che non ci può essere rivelazione e che quindi le nostre credenze devono essere proiezioni. Ma questa è di nuovo solo la sua opinione soggettiva, che non ha il diritto di applicare come misura alle altre coscienze. 

Rilinger: Anche se ci sono ancora differenze costitutive tra le singole denominazioni, può immaginare che queste almeno passino in secondo piano per avvicinarsi all’obiettivo di unire la cristianità? 

Card. Müller: La classica controversia cattolico-protestante non riguarda la dottrina di Dio, la creazione o la grazia, ma la loro mediazione nella Chiesa e nei sacramenti. Certamente siamo uniti negli articoli centrali della fede quando non siamo scesi a un cristianesimo culturale liberale. Ma la chiesa e i sacramenti rimangono una questione importante. Con quale diritto qualcuno dice che la cresima, la penitenza sacramentale, l’unzione degli infermi, l’ordinazione sacerdotale, il matrimonio come sacramento, l’episcopato o il papato non sono importanti? Queste verità finiranno sul tavolo del mercatino del relativismo come se fossero in vendita? 

Se la fede non è più la base della chiesa, allora essa si dissolve in un’organizzazione con obiettivi etici e sociali, ma in cui ognuno crede privatamente ciò che gli piace. Questo isola ciascuno nel suo io, e tutti non sono più uniti nella verità rivelata del Dio santificante. Nulla di santo o unificante rimarrebbe dell’unica santa Chiesa. Non sarebbe più “la chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità” (1 Tim. 3:15).

Rilinger: La Chiesa deve attingere ai risultati delle cosiddette realtà attuali della vita per interpretare gli insegnamenti della Chiesa? 

Cardinale Müller: No. La “realtà della vita” elevata al rango di superdogma pastorale è il cavallo di Troia costruito da astuti opportunisti per ingannare i loro semplici avversari. Solo Gesù conosce pienamente i nostri cuori e conosce le realtà della vita umana nel bene e nel male. Egli è il Salvatore dal peccato, dalla morte e dal diavolo. Non ha risposto alle realtà della vita del divorzio, all’invidia e al malanimo dei farisei, alla violenza politica dei romani con il conformismo e il “cambio di paradigma” dell’insegnamento della fede di Israele. Piuttosto, in autorità, ha restaurato la volontà originaria di salvezza di Dio contro ogni appiattimento e alienazione. Non ha semplicemente interpretato il mondo in modo diverso e cambiato le cose qua e là, ma lo ha trasformato in bene una volta per tutte. Non accompagna il peccatore nel suo cammino verso l’abisso, ma lo chiama al pentimento, affinché vada “per la via stretta che conduce alla vita” (Mt 7,14).

Rilinger: Anche se la Chiesa non ha bisogno di rincorrere ansiosamente il mainstream per essere considerata moderna, non dovrebbe piuttosto cercare di influenzare il mainstream secondo le sue idee?

Cardinale Müller: Il pensiero unico è un’ideologia ostile allo spirito. Dal punto di vista della fede non possiamo negoziare con le ideologie totalitarie, ma dobbiamo strappare la maschera dal loro volto. Ogni democrazia di una società civile pluralista sulla base della libertà di coscienza e di religione è stata e viene distrutta dalle ideologie politiche del bolscevismo, del nazionalsocialismo e dell’attuale socialismo capitalista neomarxista nel mondo occidentale o dalla mania del gender, che nega e vuole distruggere la bivalenza fondata nel corpo umano.

Rilinger: Cosa intende per socialismo neomarxista del capitale?

Card. Müller: In Cina abbiamo una miscela di capitalismo nell’economia e di comunismo nell’ideologia, in modo che entrambi i sistemi diventano mezzi di dominio assoluto. In Occidente, durante la crisi del Coronavirus, i dieci uomini più ricchi del mondo hanno potuto aumentare il valore delle loro fortune di 550 miliardi di dollari, mentre milioni di persone hanno perso il lavoro o sono scivolate sotto la soglia di povertà. Allo stesso tempo, i grandi media sono nelle loro mani. Essi hanno così il monopolio dell’interpretazione degli eventi mondiali, e la gente comune è considerata come un neonato di cui prendersi cura. Questa è una nuova forma di mescolare capitalismo e controllo marxista e dominio delle masse. Perché pensa che i circoli interessati in Occidente ammirino il sistema cinese di controllo e sorveglianza?

Rilinger: Può immaginare che – paragonabile a varie Chiese cattoliche orientali – le singole chiese nazionali cattoliche romane ricevano un’indipendenza, che queste chiese riconoscano il Papa come capo, ma tuttavia abbiano una costituzione diversa, propria?

Card. Müller: No, sarebbe la distruzione della Chiesa di Cristo e della fede cattolica. L’essenza della Chiesa del tempo finale della salvezza, che è venuta alla luce nell’evento della Pentecoste, è precisamente che la fede unisce dove la nazionalità divide. Non c’è una Chiesa tedesca se non nella mente di vescovi autoritari che abusano del loro ufficio, di funzionari laici assetati di potere e di professori ideologicamente ostinati. Alla luce dell’immagine della Chiesa del Vaticano II, questi uomini della Chiesa nazionale tedesca non sono così progressisti come pensano, ma ancora più reazionari di quanto sembrano.

Rilinger: La disputa tra le chiese locali tedesche e il Vaticano sulla formulazione della dottrina è percepita dal pubblico come una controversia. Questa disputa potrebbe aumentare il malcontento verso la Chiesa e portare ad ulteriori partenze dalla Chiesa?

Card. Müller: Le debolezze e le carenze umane dei suoi rappresentanti più alti sono sempre una prova della nostra fede, sia che siamo nella Chiesa a causa di Cristo o a causa di favori secondari. Ma non sono mai una ragione per separarsi dalla Chiesa. Perché lei è il corpo visibile di Cristo e il tempio dello Spirito Santo. Ma chi pecca contro l’unità della Chiesa con gravi mancanze, contese e brama di potere, è anche responsabile della perdita di credibilità – esterna – della Chiesa. La credibilità interna della Chiesa, cioè l’amore devoto di Cristo per la nostra salvezza e il buon esempio dei grandi santi, ma anche dei cristiani seri e poco appariscenti che incontriamo nella vita quotidiana – questa credibilità non può essere distrutta da nessun potere terreno dentro o fuori la sua comunità (Mt 16,18).

Rilinger: Questa disputa potrebbe anche portare allo scisma?

Card. Müller: Temo: Sì, e spero: No! 

Rilinger: Grazie, Eminenza.

Lothar C. Rilinger è un avvocato e specialista in diritto del lavoro in pensione, membro aggiunto del tribunale statale della Bassa Sassonia (in pensione). È anche autore del libro VRBS AETERNA. Vol.3

Marco Tosatti

6 Maggio 2021 Pubblicato da  13 Commenti

https://www.marcotosatti.com/2021/05/06/scisma-tedesco-ci-sara-il-card-muller-temo-di-si-spero-di-no/

Card. Müller: “Tipicamente tedesca è l’arroganza e la prepotenza di certi vescovi e teologi nella loro pretesa di essere l’avanguardia per il resto arretrato della Chiesa mondiale.”

Card. Gerhard L. Müller - Foto: Daniel Ibanez / ACI Group
Card. Gerhard L. Müller – Foto: Daniel Ibanez / ACI Group

di Elena Mancini

A distanza di un giorno l’uno dall’altro due importanti cardinali, il card. Müller e il card. Ruini, liberi ormai entrambi da obblighi istituzionali e quindi anche diplomatici, se vogliamo, forti della loro grande competenza e profonda fede, si esprimono a chiari parole sul tema dell’attuale tensione che vede la Conferenza Episcopale Tedesca assieme al Cammino sinodale tedesco in aperta contrapposizione alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Fa impressione come entrambi, indipendentemente l’uno dall’altro usino quasi le stesse identiche parole: il rischio dello scisma esiste ed è concreto ma si spera che non avvenga.  

Soprattutto la lunga intervista a Müller, pubblicata in due parti da Kath.net (il 27 aprile e ieri 5 maggio), è di particolare interesse, sia per la ricchezza degli argomenti, molto articolati e approfonditi, sia per i giudizi taglienti “da tedesco a tedeschi” che solo lui si può permettere.

 

L’intervista, condotta da Lothar C. Rilinger, giuslavorista e autore, verte principalmente sui temi sul quale si concentra l’attuale Cammino sinodale tedesco, sull’ecumenismo, visto l’avvicinarsi del 3. Convegno Ecumenico (Francoforte sul Meno, dal 13 al 16 maggio prossimi) e le differenze di opinione fra il Vaticano e la Conferenza Episcopale Tedesca (da ora in poi “CET”, n.b.).

Chiarificatrici sono innanzitutto le dichiarazioni del cardinale sull’unità della Chiesa e quelle che vengono chiamate comunemente “chiese locali”, che però sono solo parte della Chiesa Cattolica e non rappresentano una Chiesa a sé stante. “Esiste una sola Chiesa cattolica,” spiega l’ex prefetto, “che – secondo una formulazione del Vaticano II nella costituzione dogmatica Lumen Gentium, art. 23 – consiste “nelle e delle chiese locali”. In Germania ci sono 27 chiese locali, cioè diocesi o vescovadi, ciascuna guidata da un vescovo.” Müller tiene a ribadire che “La Conferenza Episcopale non è al di sopra dei vescovi. E certamente non lo è il capo della Conferenza, attualmente il vescovo Bätzing di Limburg,”  come ha lasciato credere la televisione pubblica tedesca (ZDF e ARD) che lo ha “scioccamente” definito – il “più alto cattolico in Germania”. Il presidente della CET invece, commenta Müller, “non ha nessuna competenza in tema di insegnamento, che vada anche solo un millimetro oltre quella che l’autorità di Cristo ha conferito ad ogni suo altro confratello episcopale.”  Egli [il capo della CET], neanche come portavoce della maggioranza dei vescovi, non sarebbe neppure quello che viene visto dall’opinione pubblica come un “contrappeso a “Roma”, in un caricaturale e indegno gioco di poteri fra papa e vescovi. Assolutamente anti-cattolica” prosegue “è l’opinione che esista una chiesa tedesca che concepisca la propria unità solo nel fatto di essere una nazione e con questo pretendere di essere guida per il mondo, il quale, in tale proposito, ha già vissuto le peggiori esperienze.” E rincara la dose: “Ma tipicamente tedesca è l’arroganza e la prepotenza di certi vescovi e teologi nella loro pretesa di essere l’avanguardia per il resto arretrato della chiesa mondiale.”

 

Il cardinale approfondisce poi il tema del potere decisionale dei vescovi in generale: “L’episcopato cattolico universale, con il Papa come principio della sua unità” – ribadisce – “è molto importante per la conservazione della verità della fede e per l’unità della Chiesa. I vescovi sono però solo ministri della Parola di Dio e del Vangelo di Cristo, che è integralmente trasmesso attraverso la Sacra Scrittura e la Tradizione Apostolica. Essi, quindi, non sono certo i destinatari e i mediatori di una nuova rivelazione. Al di là di Cristo non c’è alcuna nuova rivelazione, perché lui è la Parola di Dio fatta carne – la via, la verità e la vita di Dio per noi nella sua persona.

Vescovi che si vantano di essere pseudo-progressisti o funzionari laici coccolati dal pubblico liberale non hanno in alcun modo un mandato plenipotenziario di presentare le proprie opinioni personali o collettive come credo della Chiesa basato sulla rivelazione. Né hanno alcun mandato tramite il quale possano obbligare i loro ipotetici subordinati a sostenere tali opinioni o inculcargliele come proprie convinzioni, incastrandoli.

A tutti i numerosi vescovi che sono caduti nel donatismo o nell’arianesimo e che in questo sono stati supportati dallo stato, ad esempio, i cattolici fedeli hanno coraggiosamente resistito con riferimento alla Sacra Scrittura e al Credo della Chiesa. La forma odierna di persecuzione qui in ‘occidente’ consiste nell’atmosfera anticristiana dovuta alle campagne mediatiche in cui i fedeli sono diffamati con modi da sempliciotti e monotoni, anche piuttosto privi di fantasia, come fondamentalisti o arci-conservatori oppure messi a tacere.” È un messaggio questo che potrebbe incoraggiare gli animi più sconfortati: esiste quindi un livello in cui anche il fedele laico può difendere la posizione della Chiesa, sorreggendosi sulla Scrittura e contrastando così posizioni bizzarre, aleatorie, addirittura eretiche di certi vescovi che le promulgano. La moderna persecuzione di questi laici coraggiosi, che descrive efficacemente il cardinal Müller, sembra coincidere bene con quella che vivono i cattolici di lingua tedesca veramente controcorrente, a causa di un’opinione pubblica a loro nettamente contraria.

Rimanendo in materia di “potere decisionale” Rilinger introduce il tema dei laici e dell’inserimento di principio democratico nella Chiesa cattolica, che molti si auspicano. Rilinger chiede se questo principio potrebbe trovarvi spazio. La risposta di Müller è di una logica quasi disarmante: “Se già i vescovi e il papa come successori degli apostoli non sono chiamati a decidere sulla fede e sulla dottrina morale, ma solo all’obbedienza esemplare alla parola di Dio, allora anche quei funzionari laici che hanno fame di potere non possono prendere decisioni in merito alla rivelazione.”

 

La prima parte dell’intervista si conclude con la seguente provocatoria domanda di Rilinger: Nel quadro del cosiddetto Cammino sinodale, vengono richieste riforme che sembrano allinearsi alle costituzioni delle Chiese e delle comunità ecclesiali della Riforma. A quali condizioni la Chiesa può essere riformata? Rispondendo, Müller delinea il tratto fondamentale del concetto di “riforma” della Chiesa, il quale secondo lui può essere “definito solo teologicamente come il rinnovamento dei credenti in Cristo, Capo del Corpo di cui noi, come singoli battezzati, siamo membri. Oggi questo concetto invece si applica alla Chiesa in forma secolarizzata, così come dagli anni ’60 si parla di una riforma della pedagogia, dell’università, dell’economia, dello stato sociale, e così via: a questo punto, si può benissimo parlare in senso tecnico di una riforma dell’amministrazione della Chiesa, della formazione dei teologi, ecc…” Invece la Chiesa come popolo di Dio, prosegue, “non può diventare l’oggetto della nostra volontà di riforma. Questa sarebbe la presunzione umana di migliorare le opere di Dio e renderle adatte al futuro.” Ad esempio “come figura più importante della storia della salvezza dopo Cristo, non c’è bisogno di modernizzare sua madre Maria con un linguaggio informatico [Il chiaro riferimento è al giovane movimento “cattolico femminista” Maria 2.0, n.d.r] . Era, è e rimane attuale per ogni credente la parola che essa disse ai servi alle nozze di Cana e che vale ancora oggi: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5). (Gv 2,5). Dobbiamo riempire le giare d’acqua, testimoniare il Vangelo con le parole e le azioni, e mettere tutta la nostra fiducia in Cristo che può tutto ciò trasformare nel vino della sua grazia divina.”

 

Dopo queste prime dichiarazioni l’intervista continua nella seconda parte entrando più nel dettaglio di cosa il cardinale intenda invece per ecumenismo e per unità fra tutte le Chiese, in particolare con la Chiesa Evangelica. Müller si rallegra del fatto che tanti passi in questa direzione siano già stati fatti e spiega quali siano le persistenti differenze come anche ciò che invece accomuna già le due Chiese. Tramite le domande dell’intervistatore, il cardinal Müller si sofferma in modo specifico sulla questione dell’eucarestia e dell’intercomunione.

Secondo Müller “Oggigiorno si cerca di capire meglio il partner ecumenico a partire dalle questioni che gli stanno positivamente a cuore ed evitare ogni polemica. Questo non ha niente a che vedere con il nascondere le gravi differenze in ciò che si intende per Chiesa e sacramenti, le quali rendono impossibile per loro natura una comunione comune o una ricezione della comunione dell’altra comunità. Solo coloro che fanno di ciò che Cristo ha fondato una specie di rituale di comunione interiore non vedono problemi. Ma un cristianesimo che ha rinunciato alla pretesa di verità della rivelazione soprannaturale e si è ridotto a etica sociale e a sentimentalismo religioso, cioè si legittima solo in senso intramondano, si renderà solo ridicolo davanti a un’opinione pubblica secolarizzata. A quel punto non avrà nemmeno bisogno di piangere sulla propria da sé costruita irrilevanza.”  A quali condizioni, chiede Rilinger, la comunione può essere ricevuta anche da persone che non sono membri della Chiesa cattolica romana in virtù del battesimo? Così Müller: “Chi non è entrato nella comunione della Chiesa attraverso il Santo Battesimo non ha nulla a che fare con l’Eucaristia. Chi non ha fatto il primo passo non può aver raggiunto la meta. Dal punto di vista dei presupposti della Chiesa cattolica e della sua comprensione dell’Eucaristia, l’assistenza spirituale da parte di un ecclesiastico non cattolico è possibile solo in casi speciali. È appropriato ad esempio quando in pericolo di morte ne va della salvezza dell’anima e un ecclesiastico della propria denominazione non è disponibile. Questa può significare l’assoluzione nel contesto della confessione e la ricezione della Santa Comunione, se la persona interessata dice sì e riconosce interiormente la fede cattolica in questi due sacramenti.”

Il motivo per cui per ricevere l’eucarestia è necessaria una comprensione di essa in senso cattolico risiede nel fatto che “i sacramenti sono l’auto-esecuzione della Chiesa. Perché la chiesa non è un’organizzazione di facciata che amministra un qualche strumento di grazia e lo distribuisce agli uomini di buona volontà, ma è il corpo di Cristo, per cui il credo interiore e l’espressione esteriore devono corrispondere.”

 

A questo punto verrebbe da osservare che è oggettivamente curioso il fatto che molti cattolici tedeschi siano quasi pronti a rinunciare ad alcune delle proprie convinzioni (quelle almeno che esprimono nella Professione di fede), “impoverendo” il proprio credo, nel nome dell’unità con le chiese protestanti e che al contrario mettano costantemente in pericolo l’unità della Chiesa cattolica, rischiando la divisione definitiva, pur di non cedere sulle proprie arbitrarie interpretazioni del magistero. Uno degli argomenti più comuni è il fatto che secondo queste persone nel Vangelo non esistano passaggi che spieghino le condizioni per ricevere la santa eucaristia, ma Müller qui osserva “Naturalmente, al tempo della Bibbia questo problema non era ancora sorto, ed è per questo che lì non ci sono istruzioni, come in un libro di ricette, su cosa si deve dire e fare in dettaglio in tutte le sfide future. Ma la testimonianza biblica contiene tutta la rivelazione nei suoi tratti essenziali, così che da lì anche la dottrina della Trinità e dell’Incarnazione come pure tutti gli altri misteri, che sono portati dalla verità della rivelazione, hanno potuto affermarsi nella loro verità e svilupparsi nella loro espressione.”

Alla domanda se il desiderio di realizzare l’unica Santa Chiesa potrebbe far abbandonare i presupposti costitutivi della Chiesa Cattolica Romana il cardinale risponde “La Chiesa cattolica potrebbe rinunciare a se stessa se fosse un semplice gruppo religioso creato dall’uomo. Perché un club sportivo non dovrebbe sciogliersi o unirsi con un altro? Ma essa crede nel Dio Trino, che ha anche chiamato a raccolta il suo popolo e ha incaricato gli apostoli dell’annuncio universale del Vangelo e del conferimento sacramentale della grazia nei sacramenti. E così la Chiesa crede di essere in Cristo ‘il sacramento onnicomprensivo della salvezza del mondo’ (Vaticano II, Lumen gentium 1; 48).”

 

Molto interessante è una delle ultime domande di questa intensa intervista, perché richiama altri motivi conduttori delle diatribe fra progressisti, non solo tedeschi, e “Roma” come l’accusa da parte di queste persone verso la Chiesa di essere a sua volta divisiva, perché risulta troppo lontana da quella che loro chiamano “vita vera”. Rilinger domanda: La Chiesa deve attingere alle conoscenze acquisite dalle attuali cosiddette “realtà della vita” per interpretare gli insegnamenti della Chiesa? La risposta del cardinale è decisa: “La ‘vita vera’ elevata al rango di superdogma pastorale è il cavallo di Troia costruito da astuti opportunisti per ingannare i loro avversari dalla mente semplice. Solo Gesù conosce pienamente i nostri cuori, e conosce le verità della vita umana nel bene e nel male. Egli è Colui che salva dal peccato, dalla morte e dal diavolo. Egli [all’epoca] non ha reagito alle ‘realtà della vita’ come il divorzio, che era comune a quei tempi, l’invidia e il malcontento dei farisei, o alla violenza politica dei romani, adeguandosi o con un ‘cambio di paradigma’ rispetto all’insegnamento della fede di Israele. Piuttosto, con autorità ha ridato valore all’originaria volontà di salvezza di Dio contro ogni appiattimento e alienazione. Non ha solamente interpretato il mondo in modo diverso e cambiando qualcosa qua e là, ma lo ha trasformato in bene una volta per tutte. [Gesù] non accompagna il peccatore nel suo cammino verso l’abisso, ma lo chiama al pentimento, affinché vada ‘per la via angusta che conduce alla vita’ (Mt 7,14).”

 

A conclusione dell’intervista, Reiling si chiede se quella che da alcuni è vista come una possibile soluzione delle diatribe fra Roma e Chiese locali, ovvero la coesistenza all’interno della Chiesa Cattolica di Chiese nazionali che condividano la stessa fede ma che la declinerebbero in modi diversi, sia possibile. La risposta di Müller è un secco “no”, perché secondo lui questo significherebbe “la distruzione della Chiesa di Cristo e del credo cattolico”, dal momento che sarebbe esattamente la dinamica opposta a quella che ha costituito la Chiesa: l’evento della Pentecoste.

Quasi inevitabile quindi a questo punto l’ultima domanda: visti i continui scontri tra Chiese tedesche e il Vaticano, i quali vengono accolti con sempre più amarezza  dai fedeli, che per questo motivo fuoriescono in modo massivo dalla Chiesa stessa, potrebbe questa disputa portare ad uno scisma? E la risposta significativa con cui il cardinale termina l’intervista è: “Ho paura di sì. Ma spero di no!”

L’incombente minaccia di un atto scismatico basato su un’eresia della Chiesa tedesca.

La consegna delle firme di #mehrSegen a mons. Dieser e alla signora Mock (Foto: Sentis/ZDK )
La consegna delle firme di #mehrSegen a mons. Dieser e alla signora Mock (Foto: Sentis/ZDK )

dElena Mancini

All’interno della Chiesa Cattolica si sta giocando una partita a scacchi. Almeno questa è la metafora che purtroppo sembra descrivere attualmente questa situazione. La crisi determinata dalla diffusione del Covid pareva aver messo parzialmente in secondo piano le varie questioni intorno a cui si dibatte più o meno apertamente ormai da decenni, ma evidentemente dietro il sipario gli animi hanno continuato a sobbollire aspettando solo di poter esplodere. La mossa che ha riaperto il gioco è stata senza ombra di dubbio l’inaspettata e per alcuni improvvida dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede (responsum) sulle benedizioni delle coppie omosessuali dello scorso 15 marzo. Le reazioni da allora sono state numerose e decise, sia da parte di chi ha apprezzato la chiarezza delle affermazioni sia, soprattutto, da parte di chi ne è rimasto negativamente sorpreso, in particolare nelle diocesi di lingua tedesca. Ad alcune delle reazioni da parte dei giovani tedeschi di Azione Cattolica e di molte associazioni di ispirazione cattolica, come quelle dello scoutismo, abbiamo accennato già in questo articolo, ma esse non si sono fermate lì, perché né i giovani progressisti né i loro antagonisti sono rimasti con le mani in mano. Puramente simbolica ma significativa è stata ad esempio l’iniziativa, diffusa sia in Germania che in Austria e sostenuta da varie parrocchie, di far calare dai campanili di alcune chiese un enorme striscione arcobaleno (niente di nuovo su questo fronte) per protesta contro le dichiarazioni della Congregazione. In particolare ha destato scalpore il fatto che fra queste chiese ci fosse quella di San Ruprecht, la più antica di Vienna, gestita da gesuiti. In risposta allo striscione arcobaleno pendente dal campanile si sono attivati altri giovani cattolici “fedeli a Roma”, i quali una delle notti a seguire sono riusciti ad appendere l’altrettanto grande striscione con la dicitura “God cannot bless sin. Roma locuta – causa finita” (Dio non può benedire il peccato. Roma ha parlato – la disputa è conclusa”). Insomma, mosse e contromosse danno mostra di sé in un triste spettacolo.

Le reazioni al responsum  hanno avuto anche un più ampio respiro, sia tra i fedeli che nell’opinione pubblica. In Austria il 28 marzo, domenica delle palme, durante la tradizionale intervista a tutto tondo che il cardinale Schönborn rilascia in questo giorno alla televisione di stato, l’argomento su cui i giornalisti si sono soffermati maggiormente è stato proprio la dichiarazione della Congregazione e lo stesso giorno la rivista austriaca Profil ha dedicato a questo tema la copertina e un lungo articolo dai toni, ovviamente, più che critici. Schönborn, nei cinquanta minuti abbondanti trascorsi su ORF2, è riuscito a districarsi fra domande poste non certo con stile neutro né particolarmente deferente e a rispondere a volte con decisione altre invece in modo più vago. Sul tema delle benedizioni alle unioni omosessuali i giornalisti sono partiti subito all’attacco sfruttando la copertina di Profil, che illustrava un papa Francesco a testa china, sullo sfondo l’onnipresente arcobaleno e in primo piano un titolo significativo: “La Chiesa e l’amore fra persone dello stesso sesso. Il Vaticano perde la propria autorità morale”. Il giornalista, mostrando la copertina ha esordito con questa frase: “Nel pieno dell’attuale crisi-covid, la Chiesa Cattolica provoca per l’ennesima volta titoli negativi”. La risposta del cardinale è stata piuttosto chiara: “Felice [della dichiarazione, n.d.r.] non lo sono stato,” ha dichiarato “né del tempismo né della modalità di comunicazione”. Schönborn ha affermato di condividere in toto la concezione che sottende alla dichiarazione della Congregazione, e cioè che il matrimonio sacramentale sia solo quello fra uomo e donna, ma secondo lui quello della Congregazione è stato un “chiaro errore comunicativo”. Il cardinale si è dichiarato dispiaciuto del fatto che in questo modo molti omosessuali e coppie di omosessuali si siano sentiti feriti, perché la Chiesa, ha aggiunto, “è mater et magistra” […] “prima, quindi viene la madre”, la quale non può negare una benedizione ai suoi figli.


Schönborn ha concluso con l’invito a parlare “meno di sessualità e più di amore; più della buona riuscita delle relazioni e meno della domanda su cosa sia permesso e cosa non lo sia”.

A parte le manifestazioni un po’ folkloristiche di striscioni e contro-striscioni vari, che lasciano il tempo che trovano, le reazioni ufficiali da parte delle due chiese locali sembrano quindi aver avuto un carattere leggermente più moderato. Ancora più benevola verso la Congregazione è stata infatti la presa di posizione del Cammino sinodale tedesco, che nel suo sito ufficiale si esprime con le seguenti parole: “Mons. Dieser vede nella dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede importanti e positive valutazioni sulla realtà di vita delle persone omosessuali. < Da un lato, si presume e quindi si riconosce che esistono relazioni di coppia omosessuali. D’altra parte, si dice che ci sono elementi positivi in loro che devono essere valorizzati ed enfatizzati, per cui devono essere trattati con rispetto e tatto>, dice il vescovo Dieser. <Il nostro forum discute la pesante questione di come le persone omosessuali possono realizzare la sequela di Cristo nella realtà della loro vita. Anche la dichiarazione romana lo richiede esplicitamente: Si tratta di accogliere le persone omosessuali, accompagnarle e mostrare loro le vie di crescita della fede, affinché possano accettare liberamente e responsabilmente la propria vocazione battesimale. Suggerisce persino di capire che il desiderio pastorale di benedire le unioni omosessuali potrebbe nascere da questo sincero desiderio pastorale. Tuttavia, questa possibilità è rigorosamente respinta a livello dello sviluppo dottrinale di oggi>”. Una dichiarazione tutto sommato positiva che sembra dimostrare che lo spirito originario del Responsum sia stato compreso.

Peccato che però nel concreto sia il vescovo Dieser che il forum “Vivere in relazioni funzionanti ”  del Cammino sinodale, con a capo Birgit Mock (del ZdK, Comitato centrale dei cattolici tedeschi),  sostengano ben altre risposte dal carattere decisamente provocatorio. Ai due il 27 marzo sono state consegnate più di 2600 firme raccolte per iniziativa di due parroci tedeschi sotto il titolo #mehrSegen (Più benedizioni). Secondo gli organizzatori queste hanno contribuito alla nascita di un’ulteriore iniziativa, dall’iconico titolo #liebegewinnt (L’amore vince). Sotto questo nome e con il sottotitolo “Celebrazioni eucaristiche di benedizione per persone che amano”, i Seelsorger tedeschi (termine che raccoglie in sé diversi tipi di assistenti spirituali, che siano laici o religiosi di entrambi i sessi o sacerdoti, parroci o assistenti pastorali) hanno organizzato per il 10 maggio prossimo una giornata nazionale, durante la quale si celebreranno messe in cui chiunque lo voglia (coppie di fatto, coppie omosessuali, ecc…) riceverà una benedizione pubblica. Le adesioni, anche da parte di Austria e Svizzera, non sorprende, sono numerose. La gravità di questo atto non è sfuggita ad alcuni laici e religiosi, che in un appello del 5 maggio, da noi qui pubblicato, fra i cui firmatari compaiono il cardinale Zen e l’arcivescovo Athanasius Schneider, hanno chiamato tutti i fedeli ad una giornata di preghiera in riparazione alle benedizioni delle unioni omosessuali. Anche il cardinal Pell si è da poco espresso in proposito richiamando i vescovi tedeschi al loro dovere di custodi del magistero cattolico, come abbiamo riportato anche in questo articolo.

 

Scisma?

Questo susseguirsi di eventi mostra che l’atmosfera in questi paesi è decisamente tesa. Atti come quelli descritti qui sopra rientrano, per chi vive da anni in questi luoghi, quasi in una normale routine. Ma c’è qualcosa in più: le parole si fanno più pesanti e i giudizi anche. È come se alcuni avessero la premonizione di qualcosa di grosso, altri lo temessero, altri ancora l’auspicassero. Si tratta dell’incombente minaccia di uno scisma e per di più uno scisma a radice europea, che ci toccherebbe anche dal punto sociale piuttosto da vicino, oltre che a fare male a tutti noi, membri della Chiesa universale. Non sono io a parlare di scisma: ne parla fra gli ultimi in senso temporale il cardinale Ruini in un articolo apparso ieri sull’edizione online de Il Foglio (Scisma? Speriamo di no, ma il rischio c’è), che prender le mosse anch’esso dall’evento del 10 maggio.

Questa parola, scisma, chi frequenta certi ambienti la sente risuonare da un bel po’ di tempo, mada circa un mese viene usata sempre più spesso anche pubblicamente, come si vede anche dall’articolo del Foglio. Su Kath.net ad esempio in un’intervista del 3 maggio dal titolo “Disobbedienza contro Roma: quali sono le conseguenze”, il teologo ed esperto di diritto ecclesiastico Dr. Gero Weishaupt viene espressamente interrogato sulle conseguenze dell’iniziativa #liebegewinnt e così risponde: “La disobbedienza che parte dal rifiuto di attuare il responsum papale disturba l’unità con il papa. Si tratta di un atto scismatico, che certamente si basa su un’eresia”. E continua: “Un vescovo che ignora e viola il divieto papale sulla benedizione delle coppie omosessuali incorre nella pena della scomunica […]. Una tale pena dovrebbe essere stabilita per decreto dal Papa, dopo l’ammonizione, perché abbia i suoi effetti giuridici anche in ambito esterno”. Sempre su Kath.net il 22 aprile scorso ci si è spinti ancora più in là con un articolo del prominente editore cattolico tedesco Bernhard Meuser dal significativo titolo: “Come si svolge uno scisma” in cui l’argomento è analizzato nei minimi particolari.

D’altro canto come non pensare ad un tale evento, quando i temi che potenzialmente ne potrebbero essere alla base vengono trattati in modo sempre più sfrontatamente ribelle? Prendiamo come esempio il pluripremiato seppur giovane Michael Seewald, professore di dogmatica, che nel numero del 2 maggio della rivista cattolica CIG (“Cristo nel presente”), per screditare il responsum e per sostenere la legittimità delle benedizioni del 10 maggio, pubblica un articolo (dal titolo “Dei buoni cattolici non dovrebbero essere più papisti del papa” – gioco di parole sulla versione tedesca del modo di dire italiano “essere più realisti del re”) in cui afferma: “il “Catechismo della Chiesa Cattolica” (nel seguito: CCC) in verità non è affatto così vincolante e valido come alcuni pensano. Coloro che credono di trovare nel Catechismo ciò che è veramente cattolico, quasi uno standard in base al quale si può giudicare ciò che è cattolico e ciò che non lo è, sono, secondo Seewald, “in errore”.

Alla luce di tutto ciò, chi le ha presenti non può non pensare alle parole che Suor Lucia di Fatima indirizzò al cardinal Caffarra (il quale le rese pubbliche nel 2008 su La voce di Padre Pio), secondo cui lo scontro finale tra il Signore e il regno di Satana sarà sulla famiglia e sul matrimonio, perché questo, scrisse Caffarra, è “il nodo, perché si tocca la colonna portante della creazione, la verità del rapporto fra l’uomo e la donna e fra le generazioni”. Si tradurrà tutto ciò in un doloroso scisma? A questo punto non possiamo che unirci alla al cardinal Müller e ripetere le parole con cui lui stesso conclude la sua intervista apparsa ieri su Kath.net: “Ho paura di sì. Ma spero di no!”

https://www.sabinopaciolla.com/lincombente-minaccia-di-un-atto-scismatico-basato-su-uneresia-della-chiesa-tedesca/


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