«Papà, preferirei morire!»
Una ragazzina di tredici anni risponde così al padre che, sondando il terreno delle sue convinzioni personali circa il cosiddetto “vaccino” fabbricato a partire da bambini abortiti, non pago di aver accertato il suo netto rifiuto, si è spinto a domandarle se la sua posizione rimarrebbe invariata anche nel caso di un’emergenza sanitaria gravissima, come un’epidemia di Ebola o di peste nera. Limpida e secca, scevra da artificiosi distinguo e cavilli sofistici, la fulminante sentenza, anziché angustiare il genitore, lo ha profondamente commosso.
In quella giovanissima cattolica praticante, in effetti, c’è più fede e buon senso che in tanti prelati dalla mente corrotta: si può rischiare perfino la morte, se così Dio vuole, piuttosto che peccare in modo grave contro la vita di esseri umani innocenti non ancora nati. Questo non è sentimentalismo, ma semplice coerenza di una coscienza pura, la quale permetterebbe a tanti giovani di reagire alla dittatura, piuttosto che riempire gli obitori suicidandosi. Come ricordato da monsignor Schneider, non c’è bisogno di dottorati in teologia per comprendere l’illiceità della moderna barbarie: bastano il sensus fidei e il sensus communis.
Mi vien da domandarmi come si possa onestamente organizzare manifestazioni in difesa della vita senza far parola di questo allucinante problema, anzi promuovendo attivamente l’abominio con una grottesca campagna propagandistica a favore. Visti gli esiti di quella che, in contrapposizione ad altre organizzazioni, si era arrogata l’esclusiva di essere una battaglia senza compromessi, si è reso davvero necessario che nasca un nuovo movimento pro life; se quelli che sembravano i più rigorosi e intransigenti si son di colpo schierati col nemico, quale collaborazione è più possibile? Il varco dischiuso alla giustificazione dell’aborto diventerà rapidamente una voragine: una volta ammessa un’eccezione, su quale base si potrà ancora condannare il ricorso ai benefici da esso derivati? Quel Magistero che fino a ieri era tanto vituperato per le sue incrinature, inoltre, è improvvisamente assurto, a quanto pare, al rango di insegnamento infallibile. Perché non ammettere, allora, anche le aperture all’erotismo e al concubinaggio contenute nella famigerata esortazione apostolica Amoris laetitia? Si può forse praticare un’obbedienza à la carte?
Colpisce l’inedita convergenza tra tradizionalisti di ferro e clero modernista, tra un “tomismo” di maniera e il pensiero “liquido” dei gerarchi imperanti. Mi giungono notizie di vescovi e superiori religiosi che spingono i loro sottoposti a “vaccinarsi”. A coloro che non vogliono, raccomando di rimanere assolutamente irremovibili: tale richiesta, infatti, è del tutto arbitraria, in quanto esula dalle attribuzioni dell’autorità ecclesiastica. Si tratta di un gravissimo abuso di potere al quale bisogna opporsi appellandosi al diritto, sebbene lo abbiano buttato dalla finestra; non è comunque consentito rimuovere un chierico senza una causa grave definita dal codice. Benché il ricorso a Roma non dia molte speranze di essere risolutivo, in caso di provvedimenti ingiusti va comunque presentato, se non altro per prendere tempo in attesa che crolli questo castello di carte innalzato sul nulla. Ci si può pure appellare all’ultimo documento in materia della Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale ribadisce chiaramente che la vaccinazione rimane una scelta volontaria e, pertanto, non può essere imposta come un obbligo.
Un altro quesito che si pone alla coscienza è se superiori che esigono dai sudditi che pecchino in materia grave (in questo caso, contro il quinto comandamento) esercitino ancora legittimamente la propria autorità anche nel resto o non decadano per incompatibilità con il loro ufficio. Il problema è che, sul piano giuridico, non abbiamo la facoltà di giudicarli in foro esterno; se però chi dovrebbe farlo non solo se ne astiene, ma commette lo stesso abuso, siamo liberi di dissociarcene almeno in foro interno. Rimane il fatto che chi subisce un provvedimento iniquo o irregolare e non riesce a dimostrarne l’invalidità quanto alla decisione o alla procedura si trova in una situazione per niente piacevole. Contando indefettibilmente sulla Provvidenza, egli deve continuare la battaglia legale senza piegarsi, specie se il suo Ordinario sta seduto sopra la bomba inesplosa di casi insabbiati di abusi sessuali, la quale inevitabilmente, prima o poi, scoppierà con catastrofiche ripercussioni entro le Mura leonine.
A parte queste spinose circostanze in cui si son venuti a trovare molti vescovi, fin nel cuore della cristianità, son parecchi i segnali di implosione del sistema artificiale di potere che sfrutta le strutture della Chiesa Cattolica e si ammanta del suo prestigio, ma è cresciuto in seno ad essa come un tumore. È proprio l’arbitrarietà che lo caratterizza a costituire la causa principale della sua fragilità: poiché non possono ottenere obbedienza con il diritto e la persuasione, ai suoi rappresentanti non rimane altro che l’arma delle minacce e delle imposizioni. L’arroganza, la temerarietà, la violenza del loro agire si sforza invano di nascondere il vuoto della falsa religione che si sono inventati a loro uso e consumo puntellando l’inconsistenza di un’autorità volutamente dimentica della sua origine divina, ma poggiante unicamente sul consenso umano prestato da chierici interiormente destrutturati. Chi, per grazia, ha resistito al lavaggio del cervello degli studi e della “formazione”, oppure è riuscito a disintossicarsene con il ritorno alla Tradizione, è per loro la peggiore minaccia, in quanto egli non è riconducibile alla sottomissione né abbocca più alle loro lusinghe.
Coloro che hanno smascherato l’inconsistente propaganda diffusa agli incontri del clero, ignorato le ridicole indicazioni pastorali diocesane, perseverato nell’obbedienza ai precetti divini e alle giuste leggi ecclesiastiche, per quanto appaiano sfavoriti ed emarginati, sono in realtà in una posizione di forza: l’autorità che li opprime, infatti, può contare unicamente sull’esercizio di un potere che potrebbe perdere in qualunque momento. Qualora poi si sanzioni un chierico che abbia acquistato una certa notorietà mediatica, ciò raddoppia la sua popolarità e si ritorce contro i superiori: non conviene di certo. Moltissimi fedeli, ormai, danno credito ai sacerdoti perseguitati proprio perché tali (anche se, in certi casi, la loro fiducia non è ben riposta), mentre ciò che proviene dalla gerarchia è percepito con immediato sospetto, quando non con aperta avversione. Bisogna che si rendano conto, lassù in alto, che il consenso puramente sociologico di cui hanno finora goduto, suscitato da un’ingannevole apparenza bonaria e accomodante, si sta sgretolando con una rapidità impressionante; si avvicina il momento in cui dovranno pensare a salvarsi la pelle.
Quando quelli che han dato retta alle loro indicazioni cominceranno a morire come mosche a causa del “vaccino”, la gente ne chiederà loro un conto salato. Il sistema potrà pur tentare di aizzar le folle contro coloro che non si saranno vaccinati additandoli come la causa di diffusione delle varianti più aggressive del virus prodotte dalla vaccinazione stessa, ma chi perderà i propri cari non potrà fare a meno di domandarsi come mai sarà accaduto nonostante le ripetute iniezioni del siero di salvezza, inoculato perfino nelle chiese e con l’incoraggiamento dei vescovi. Non si sarebbe potuto trovare un metodo più stupido per indurre la gerarchia cattolica a condannarsi da sé; i suoi membri che si stan prestando al gioco, di conseguenza, o sono complici o sono sciocchi, salvato il sacro. Il loro capo, che continua ad invitare in Vaticano esoteristi e fautori dello spopolamento, appartiene evidentemente alla prima categoria, ma il rischio che corre è analogo. Chi può temerlo, se non chi ha accettato di partecipare al suo gioco criminale? Circondarsi di collaboratori che, violando il coprifuoco, si fan beccare dalla Polizia in situazioni a dir poco imbarazzanti, a lungo termine non è una buona strategia. A parte questo, per chi non si converte c’è pur sempre l’Inferno.
Quid gloriaris in malitia, qui potens es in iniquitate? […] Dilexisti malitiam super benignitatem; iniquitatem magis quam loqui aequitatem. […] Propterea Deus destruet te in finem […]. Ego autem, sicut oliva fructifera in domo Dei. In Deo speravi: non timebo quid faciat mihi homo (Sal 51, 3.5.7. 10; 55, 11).
Vaccini e aborto / Limiti e condizioni della sottomissione all’autorità – Aldo Maria Valli
Pubblicato da Elia
http://lascuredielia.blogspot.com/
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