ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 21 maggio 2021

“Paare. Riten. Kirche”

Guerre in famiglia. Sulla benedizione delle coppie omosessuali il Vaticano ha un nemico in casa

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Entrerà in carica a Roma a fine estate. Ma Philippe Bordeyne (nella foto), nuovo preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, ha già scoperto in anticipo le sue carte. E l’ha fatto proprio sulla questione più esplosiva di questo momento della Chiesa, la benedizione delle coppie omosessuali.

In un saggio su “Transversalités”, la rivista dell’Institut Catholique di Parigi di cui è stato fin qui rettore, Bordeyne sostiene che sì, è buona cosa benedire le coppie omosessuali “quando sollecitano la preghiera della Chiesa per accompagnare il loro amore, la loro unione”, sia pure con la doppia precauzione di benedirle “preferibilmente” in una forma liturgica “a carattere privato” e con una benedizione personale a ciascuno dei componenti la coppia, “al fine di marcare la differenza con le preghiere di benedizione nuziale”.

Il saggio merita di essere letto per intero. Ma già basta questo per capire come Bordeyne si collochi non tra gli obbedienti ma tra i ribelli al “Responsum” con cui lo scorso 15 marzo la congregazione per la dottrina della fede ha proibito la benedizione delle coppie omosessuali. “Responsum” immediatamente rigettato da vescovi, preti e fedeli soprattutto di Germania e dintorni, tra i quali il cardinale Christoph Schönborn, e invece difeso a spada tratta da un altro cardinale come Camillo Ruini, con in mezzo papa Francesco che pende ora di qui ora di là, senza mai far capire da che parte finirà per stare.

Ora, che il nuovo preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia si collochi così agli antipodi della dottrina e della pastorale della Chiesa di sempre – e su “una cosa che la Chiesa non può fare né ora né mai”, come ha ribadito il cardinale Ruini, poiché “può essere benedetto solo ciò che è conforme ai disegni di Dio, non ciò che è loro contrario, come le unioni tra persone dello stesso sesso” – è segno di una definitiva inversione di rotta nella storia di questo istituto, proprio mentre celebra i suoi quarant’anni di vita.

È un’inversione di rotta che oggi arriva a compimento, ma che è partita molto da lontano, a cominciare dall’esclusione, nel 2014, per volontà di papa Francesco, di qualsiasi rappresentante dell’istituto Giovanni Paolo II dal sinodo sulla famiglia, cioè proprio sulla materia di sua più specifica competenza.

Poi c’è stata nel 2016 la nomina dell’ultrabergogliano Vincenzo Paglia a Gran Cancelliere, seguita l’anno dopo dal motu proprio con cui papa Francesco ha cambiato il nome dell’istituto, pur mantenendolo intitolato a Giovanni Paolo II, il fondatore.

Nell’estate del 2019 è stato riscritto lo statuto, rifatto l’ordine degli studi, epurato il corpo docente, a cominciare dal preside Livio Melina. Alla protesta di professori e studenti si associò pubblicamente anche il papa emerito Benedetto XVI. Ma senza alcun effetto. Persino il nuovo preside PierAngelo Sequeri – teologo milanese di riconosciuto valore inspiegabilmente adattatosi a questa mansione – si trovò presto ai margini del nuovo corso, a motivo dell’autonomia con cui egli tirava dritto nella sua riflessione teologica, tra l’altro difendendo con forza un’interpretazione della contestatissima enciclica di Paolo VI “Humanae vitae” fedele al suo senso originario.

Ma ora che anche Sequeri è stato messo in congedo e sostituito da Bordeyne, l’allineamento dell’istituto al nuovo corso voluto da papa Francesco è praticamente compiuto.

Lo si è capito anche da quello che è stato il canto del cigno del preside uscente Sequeri: il discorso da lui tenuto il 5 maggio scorso in un evento promosso dal Gran Cancelliere Paglia a celebrazione dei quarant’anni di vita dell’istituto, assieme ad altri due teologi di primissimo piano, il gesuita francese Christoph Theobald e il benedettino tedesco Elmar Salmann.

I tre interventi possono essere riascoltati nella videoregistrazione dell’evento, che aveva come titolo generale: “Oggi e domani: immaginare la teologia”. Ma qui basti accennare che, a fronte di un Theobald implacabile nel demolire il modello di teologia sostenuto da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI e nell’esaltare invece il “pragmatismo illuminato” caro a papa Francesco, col suo “magnifico poliedro” di teologie, Sequeri ha detto cose del tutto diverse se non opposte e – rispetto al nuovo corso dell’istituto – politicamente scorrette.

Nel contestare le teorie alla moda che per esaltare la fede svalutano la dottrina, Sequeri ha sciolto un inno all’ “autorevole catechismo della dottrina cattolica che espone ordinatamente e sistematicamente in centinaia di pagine le linee maestre dell’ortodossia della fede, per spiegare che cosa pensiamo e in che cosa crediamo”; e quindi “se perdi il catechismo perdi anche la fede, perché il catechismo è il pensiero della fede”.

A chi disgiunge la fede dalla morale ha ribattuto che “la stragrande maggioranza dei conflitti di interpretazione della fede, sulla quale si decide la sua coerenza, non sono le pericoresi trinitarie ma sono proprio le questioni morali, di sesso o di società”.

E a chi ambisce oggi ad aggiornare a modo suo la teologia ha ricordato che “l’unico esperimento di modernizzazione della teologia finora riuscito è stato il concilio di Trento. Una macchina perfetta, una Chiesa blindata dentro il dogma, un po’ stretta, ma capace di integrare le ragioni bibliche dei protestanti e di riempire l’Europa di meraviglie, prendendo i migliori, da Michelangelo a Raffaello. E questa fu la sua risposta all’umanesimo: ‘È bello abitare alla presenza di Dio’, con le chiese divenute spettacolo e la liturgia un incanto”.

Sequeri non è certo sospetto di conservatorismo, ma in queste sue parole controcorrente c’è molto di Joseph Ratzinger e niente di Jorge Mario Bergoglio, mai da lui citato, all’opposto di Theobald.

Ma ormai l’istituto ha voltato pagina, con un nuovo preside e una nuova direzione di marcia che fa a pugni con il papa di cui continua a portare il nome e che lo fondò nello stesso anno in cui sfiorò il martirio, quel 13 maggio 1981.

Senza contare che il dialogo a tre sopra citato, tra Theobald, Salmann e Sequeri, è stato ospitato nell’aula che porta il nome del primo preside dell’istituto, il teologo e poi vescovo e cardinale Carlo Caffarra (1938-2017), capofila dei quattro porporati che nel 2016 presentarono a Francesco quei serissimi “dubia” sul nuovo corso della dottrina e della pastorale del matrimonio, ai quali il papa mai ha dato risposta, rifiutando persino di ricevere Caffarra e gli altri in udienza.

Tornando a Bordeyne, ecco qui di seguito un breve estratto delle conclusioni del suo saggio su “Transversalités”, nel quale approva la benedizione liturgica delle coppie dello stesso sesso.

Scritto in precedenza e intitolato “L’Église catholique en travail de discernement face aux unions homosexuelles”, il saggio è uscito negli stessi giorni del “Responsum” della congregazione per la dottrina della fede che ha proibito tale benedizione, di fatto disobbedendogli.

Sarà interessante vedere come al vertice della Chiesa sarà trattato questo clamoroso conflitto dentro le mura vaticane, su una questione morale così decisiva per la fede.

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ISTRUZIONI SU COME BENEDIRE LE COPPIE OMOSESSUALI

di Philippe Bordeyne

Ogni battezzato beneficia della preghiera della Chiesa e gode di un diritto fondamentale a beneficiarne. Di conseguenza, non c’è alcun dubbio che le persone impegnate in una unione omosessuale hanno il diritto di sollecitare l’aiuto pastorale della Chiesa, e particolarmente l’aiuto della preghiera, nel loro cammino verso la santità.

Nello stesso tempo, la Chiesa non può ignorare che certe pratiche ecclesiali rischiano di introdurre della confusione sulla natura del matrimonio cristiano o di accrescere le confusioni che circolano nella società sulla natura del matrimonio in generale. Occorre dunque operare delle distinzioni a due livelli, tra preghiera pubblica e preghiera privata, da una parte, e tra benedizione delle persone e benedizione della coppia o della loro unione, dall’altra.

Per prima cosa, […] quando due persone omosessuali sollecitano la preghiera della,Chiesa per accompagnare il loro amore, la loro unione, o il bambino che esse hanno accolto, una preghiera a carattere privato è preferibile per evitare di dare esca alle rivendicazioni, esplicite o implicite, di legittimazione delle unioni omosessuali in analogia al matrimonio.

Parimenti, nel caso in cui una preghiera di benedizione fosse prevista, converrebbe limitarsi a una benedizione delle persone scartando le formulazioni che evocherebbero troppo direttamente la loro unione, al fine di evitare la confusione con la benedizione rituale di un uomo e di una donna uniti nel matrimonio. […] Il segno ecclesiale della benedizione, compiuto da un ministro della Chiesa, sarebbe quindi da accordare a due persone che, avendo ciascuna formato un giudizio di coscienza tenendo conto dei propri limiti, sollecitano l’aiuto della Chiesa per crescere nella disponibilità alla grazia. Concretamente, sarebbe auspicabile che il ministro proceda successivamente a due preghiere personali di benedizione. […]

Nella misura in cui la Chiesa cattolica è in via di discernimento morale e pastorale riguardo alle unioni omosessuali, si può formulare il voto che essa accetti di radicare questo lavoro nella preghiera liturgica, che è il luogo per eccellenza in cui il Cristo manifesta la sua presenza e il suo potere salvifico alla sua Chiesa.

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In questo suo saggio, Bordeyne propone anche delle formule liturgiche da utilizzare nel benedire le coppie omosessuali. In effetti, questa pratica è già in uso da anni, specie in Germania, in Austria e in Belgio, oltre che ripetuta nei giorni scorsi su larga scala in segno di sfida al “Responsum” della congregazione per la dottrina della fede.

Nel 2020, a Paderborn, è uscito un volume dal titolo “Paare. Riten. Kirche” [Coppie. Riti. Chiesa], con la prefazione del vescovo ausiliare di Essen, Ludger Schepers, che addirittura raccoglie venti esempi di benedizioni liturgiche di coppie omosessuali o comunque “irregolari”, con il corredo di indicazioni pratiche su luoghi, riti, formule, simboli delle celebrazioni.

Settimo Cielo

di Sandro Magister 21 mag

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2021/05/21/guerre-in-famiglia-sulla-benedizione-delle-coppie-omosessuali-il-vaticano-ha-un-nemico-in-casa/

Mascarucci, Zan: Caro Tarquinio, con lei la Pezza è assai Peggiore del Buco.

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, Americo Mascarucci commenta la risposta a un lettore data dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, in merito al DDl liberticida Zan, e all’improvvida esternazione del presidente della CEI, il cardinale Gualtiero Bassetti. Buona lettura. 

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Caro Tarquinio, con lei la pezza è assai peggiore del buco

Come se non fosse stato sufficiente l’intervento del cardinale Gualtiero Bassetti a certificare la compiacenza dei vescovi verso il ddl Zan, ecco che a perfezionare il concetto, e a renderlo ancora più chiaro, ci ha pensato il direttore del quotidiano della Cei Avvenire, rispondendo ad un lettore legittimamente indignato per quel “il ddl Zan non va affossato ma migliorato”.

Ecco che Marco Tarquinio, da bravo avvocato d’ufficio del presidente Cei nonché suo editore di riferimento, ha replicato al lettore con il consueto stile ecumenico e perfettamente omologato all’ideologismo di turno della Conferenza Episcopale.

Tuttavia la risposta del direttore è densa di riferimenti che non possono non apparire imbarazzanti ed inconcepibili per chi si sta battendo, con tutte le forze, contro una legge liberticida che rischia di portare all’indottrinamento gender per legge.

Scrive Tarquinio: “Ogni testo di legge può essere cambiato in meglio nel corso dell’esame parlamentare, ma il cosiddetto ddl Zan deve esserlo in alcune parti cruciali per essere all’altezza dell’obiettivo che si propone – contrastare intolleranze, discriminazioni e violenze nei confronti di persone omosessuali o transessuali – e per non servire ad altre e oblique operazioni”.

 E qui c’è già la prima grave scivolata. L’esimio Tarquinio ignora che la legge è chiamata a punire ogni forma di intolleranza e discriminazione contro la persona, e non contro determinate categorie di persone. E se può essere tollerata un’aggravante per odio razziale diventa francamente inspiegabile un’aggravante legata alla tendenza sessuale, che è una pulsione individualista e non una questione di razza. La legge è uguale per tutti e non può essere diversa per alcuni. Con il ddl Zan le persone omosessuali e transessuali diventano diverse da tutte le altre, al punto da necessitare di trattamenti differenziati dal punto di vista legale.

Chi ha commesso violenze contro gay, lesbiche, transessuali è stato fino ad oggi punito dalla legge come merita per aver aggredito, picchiato, o nel peggiore dei casi anche ucciso, una persona omosessuale; perché appunto si tratta di una persona che come tutte ha il diritto di vivere la propria vita come crede, di amare chi crede, di baciare chi crede e di camminare per la strada con chi crede. Perché dunque stabilire una discriminazione per legge? Perché sancire il principio che l’aggressione contro un gay è più grave di quella contro un qualsiasi cittadino eterosessuale che magari sta camminando mano per la mano con la fidanzata e viene aggredito perché la morosa piace ad un altro? Possibile che non abbiate compreso il reale pericolo di questa legge che trasformerà l’identità di genere in un bene giuridico da tutelare con leggi speciali, quando questo privilegio non è previsto nemmeno per l’istituto giuridico della famiglia?

Tarquinio prosegue: “Per la nostra parte, argomentiamo da un anno a questa parte, facendo cronaca, documentando, verificando gli esiti di normative analoghe all’estero, spendendo opinioni e accogliendo la obiezioni al testo ‘così com’’ arrivate da personalità di diverso orientamento, cattolici e no, di centro, di destra e di sinistra, giuristi autorevoli (compresi due presidenti emeriti della Corte costituzionale) e femministe, attivisti del mondo lgbt”.

Ad Avvenire dunque non interessa portare avanti un punto di vista “cattolico”, ma trovare la perfetta sintesi ecumenica fra le varie posizioni in campo, senza scontentare nessuno e anzi venendo incontro a tutti. Poco importa se poi questo comporterà di fatto una censura verso i cattolici che seguendo il catechismo della Chiesa e l’insegnamento di San Giovanni Paolo II oseranno ancora definire l’omosessualità “un disordine morale”. L’importante è aver mediato e soprattutto aver raggiunto un compromesso (dis)onorevole.

E se non fosse chiaro quando detto finora, il solerte direttore rimarca ancora il concetto, con tanto di bacchettata finale al lettore che si è permesso di criticare Bassetti : “Sono in tanti a vedere i nodi aggrovigliati nell’articolato sul contrasto di omotransfobia, misoginia e abilismo votato alla Camera e a volerlo differente. Per questo sbaglia di grosso chi pretende di irreggimentare il dibattito in un ‘sì’ e un ‘no’ secco e a prescindere, come ha fatto Fedez o come fa lei esprimendo il suo libero dissenso”.

Ecco appunto, se non fosse ancora sufficientemente comprensibile, per Tarquinio non bisogna andare alla scontro ma mediare, cercare il compromesso, tendere la mano e magari accontentarsi pure di farsi tappare la bocca se necessario; perché l’importante non è difendere l’identità cattolica dell’Italia e della società e quelli che fino a non molto tempo fa erano considerati valori “non negoziabili” (fra questi la difesa della famiglia fondata sul matrimonio), ma andare d’amore e d’accordo con tutti, compreso il mondo Lgbt con cui si deve dialogare, ci si deve confrontare e si deve scendere a patti; perché come dice papa Bergoglio “servono ponti e non muri” e alla fine i cattolici fanatici ci fanno pure schifo.

La chiosa finale poi è da oscar. Scrive Tarquinio: “Tutti possono contribuire a dare forma a una norma più lineare ed emendata, non divisiva e in certi punti inquietante come l’attuale. Una norma, dico spesso per farmi capire e per tagliar corto, che «si occupi al cento per cento di omofobia» e non miri a cambiare il lessico giuridico (e ciò a cui esso dà sostanza) e i valori (valori, non idee e atti odiosi e violenti!) a colpi di sanzioni penali. Il cardinal Bassetti, confermando le preoccupazioni nutrite anche dai vescovi italiani, l’ha detto chiaro e tondo, con pacatezza assoluta e rispetto per ogni Istituzione e parte in causa. E prima di tutto con rispetto per le persone e per la verità delle cose”.

Il messaggio è chiaro. Nessuno scontro con Zan e i sostenitori del ddl (poveri scemi quelli che continuano ad andare in piazza a manifestare) perché non serve affossare, ma migliorare. Come se tutto fosse forma e non sostanza, come se bastasse cambiare i contenuti linguistici o formulare meglio gli articoli per aver risolto il problema. E non si accorge il direttore del quotidiano dei vescovi che non è in gioco il singolo articolo da chiarire, ma il concetto di società che si sta tentando di costruire; una società dove punire l’omofobia altro non diventerà che il pretesto per mettere a tacere a suon di “intimidazioni giudiziarie” tutti quelli che continueranno ad opporsi alla ideologia gender e a rifiutarsi magari di far seguire ai figli corsi scolastici che la promuoveranno sotto la neutra dicitura di “educazione contro le discriminazioni” (del resto esempi del genere nelle scuole si sono già visti).

Ma del resto non c’è da stupirsi se Tarquinio ha saputo darci ancora una volta un esempio di come per il suo giornale valga il motto; “mano ai nemici, legnate agli amici”. A meno che, e a pensar male si fa peccato, ad ispirare la deriva ultra moderata verso il ddl Zan non sia stata la pubblicità con cui la Chiesa Evangelica Luterana d’Italia sta chiedendo l’otto per mille, con l’immagine di due donne che si abbracciano e sotto la scritta “l’amore è amore senza differenze”. Un tipo di propaganda che dimostra come per i luterani il “dio denaro” venga prima di ogni valore, a tal punto da schierarsi in favore delle unioni gay nel momento di massima visibilità sul tema per fare cassa. Paura forse che il bottino dell’otto per mille vada tutto ai protestanti?


1 commento:

  1. Bordeyne un nemico in casa?
    Si... come hamas è un nemico per Israele.

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