Pandemonio Pandemico, e il Duro Giudizio che Attende i Potenti.
Carissimi Stilumcuriali, Gian Pietro Caliari – che ringraziamo di cuore – ci offre una disamina magistrale della situazione attuale del mondo e della Chiesa.
§§§
“Iudicium durissimum his qui praesunt fiet.
Potentes potenter tormento interrogabuntur”.
“Un giudizio severo si compirà contro coloro che stanno in alto. I potenti saranno potentemente interrogati con tormento” (Sapienza 6, 5-6).
Così leggiamo nel Libro della Sapienza nell’attuale traduzione, direttamente derivata dal testo latino della Vulgata.
L’autore del testo sacro è un raffinato ellenista e l’originale greco suona, in realtà, assai più esplicito: “δυνατοὶ δὲ δυνατῶς ἐτασθήσονται” (dunatoì dè dunatῶs etasfésontai), che dovrebbe essere correttamente tradotto così: “Al contrario, i potenti saranno castigati con potenza”.
L’autore, infatti, indica un perfetto parallelismo fra coloro che agiscono con potenza (δυνατοì) e il modo in cui saranno giudicati (δυνατῶς), vale a dire con eguale potenza.
Non si tratta, in realtà, per l’autore sacro di una semplice minaccia, ma della logica conclusione per chi ha rifiutato scientemente l’appello che costituisce l’incipit stesso del Libro della Sapienza: “Ἀγαπήσατε δικαιοσύνην οἱ κρίνοντες”: “Amate la giustizia, voi che governate sulla terra” (1, 1).
Il vocabolo greco δικαιοσύνη (dikaiosùne), che insieme al suo equivalente ebraico צֶדֶק(tzédek) ricorre 1343 volte nell’Antico Testamento e 92 nel Nuovo, non indica semplicemente il doveroso rispetto della Legge, in primis quella divina, ma la radicale volontà di qualcuno “che vuole essere ed è ciò deve essere” e così “si rende accettabile a Dio ed è da Lui apprezzato”.
Giudizio e castigo sono, infine, così interdipendenti per l’estensore greco dell’ultimo libro dell’Antico Testamento che coniuga il verbo ἐτάζω (etàzω) nella sua forma medio-passivo, dove assume oltre al senso di “saranno interrogati, investigati, giudicati” anche quello più pregnante di “saranno castigati”.
La stessa Santa Vergine Maria, nel suo Magnificat, fa risuonare questa originale e precisa sapienza biblica, rendendo lode a Dio perché: “καθεῖλεν δυνάστας ἀπὸ θρόνων” (katheìlen dunàstas app thrònωn) “ha rovesciato i potenti dai troni” (Luca 1, 52).
Per l’autore sapienziale è già intellettualmente chiaro allora, così come non lo sembra affatto oggi, che l’esercizio del potere è subordinato alla effettiva ricerca di ciò che non solo è formalmente “giusto”, ma che attua il diritto e l’intelligenza stessa del diritto. Come argomentava, infatti, Sant’Agostino d’Ippona: “Togli il diritto e allora cosa distinguerà lo Stato da una grossa banda di briganti?” (De civitate Dei IV, 4, 1).
Nelle cultura europea, grazie all’imprescindibile radice della riflessione cattolica, assai diversamente tanto dall’Islam quanto dalla teologia politica delle chiese riformate del XVI secolo, “il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato e, men che meno, un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha, invece, considerato la retta ragione e i principi della Legge Naturale quali vere fonti primarie del Diritto. Ha rimandato, poi, all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio” (Benedetto XVI, Discorso al Parlamento Tedesco, 22 settembre 2011).
“Sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore” – ribadiva e continuava Benedetto XVI – “sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire” (Ibidem).
A quasi due anni di distanza dall’inizio del pandemonio pandemico, il credente ha il dovere, in scienza e coscienza, di smascherare, e dunque di esprimere un giudizio sulla Storia.
In particolare, di smascherare quella, che una sana teologia cattolica, indica come l’ultima impostura dell’Anti-Cristo.
“Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può essere portata a compimento se non al di là di essa, attraverso il giudizio escatologico; anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del regno futuro sotto il nome di millenario, soprattutto sotto la forma politica di un messianismo secolarizzato intrinsecamente perverso” (Catechismo della Chiesa Cattolica 676).
Un dovere che il Divino Salvatore indica come imprescindibile per il vero discepolo chiamato non solo a saper “διακρίνειν τὰ δὲ σημεῖα τῶν καιρῶν” (diakrìnein tà dè semeìa tῶn kairῶn) “giudicare i segni dei tempi” (Matteo 16, 3), ma anche sull’esempio di Gesù a divenire un “σημεῖον ἀντιλεγόμενον” (semeìon antilegòmenon) “un segno di contraddizione” (Luca 2, 34) rispetto a una narrazione corrente, che si è affermata con l’inganno, la menzogna, la frode e grazie a una diffusa e corrotta rete di complicità, che chiamano in correo intere classi politiche, dirigenti, intellettuali, ma anche – e ancor più gravemente – ecclesiastiche.
Abbiamo capito, in questi ultimi sedici mesi, quello che Hannah Arendt sintetizzava con lucida e cosciente analisi: “Improvvisamente si scopre che quanto per millenni la fantasia aveva relegato in un regno al di là della competenza umana può essere realmente prodotto qui sulla terra, che l’inferno e il purgatorio, e persino un riflesso della loro durata eterna, possono essere instaurati coi più moderni metodi di distruzione e terapia. A tali individui – e in ogni grande città ce ne sono più di quanti vorremmo ammettere – l’esperimento totalitario dimostra soltanto che il potere dell’uomo è maggiore di quanto osassero supporre e che si possono realizzare le fantasie infernali senza che il cielo cada o si spalanchi la terra” (The Origins of Totalitarianism, 1951; Le origini del totalitarismo, tr. it, Einaudi, Torino 2004, p. 611).
La Arendt si riferiva ovviamente all’avvento del totalitarismo nazista del secolo scorso, ma come esimersi da cattolici ad applicare la precisa analisi della filosofa ebrea all’attuale totalitarismo igienico-sanitario imposto con un’inusitata violenza politica, mediatica, economica, poliziesca e che ha visto persino larga parte delle gerarchie cattoliche, dapprima supinamente allinearsi e poi attivamente cooperare alla “grande impostura anti-cristica sotto la forma politica di un “messianismo secolarizzato intrinsecamente perverso”.
L’attuale pandemonio pandemico non è, poi, che il solo quarto atto – e forse neppure l’ultimo – di una sceneggiatura pandemonica iniziata vent’anni fa in nome di un emergenza costante e ripetuta, brandita come una clava barbarica contro la suprema dignità della persona umana, quale immagine e somiglianza di Dio stesso e, dunque, “dotata di diritti inalienabili, universali, fondamentali, indivisibili, indisponibili e interdipendenti che spettano, senza distinzione alcuna, a ogni individuo in ragione della sua condizione umana“ (cfr. ad esempio: Corte Costituzionale Italiana, Sentenze 183/1973, 13/1984, 170/ 1984, 1146/1988).
L’atto primo, all’inizio di questo secolo, è stata l’emergenza del terrorismo. A questa si è innestata l’emergenza finanziaria nel 2007, poi quella climatica, e infine, da quasi due anni a questa parte quella sanitaria.
Già perversamente si annuncia “l’era delle pandemie”, mentre si scaldano i motori della propaganda mediatica per rispolverare la sempre verde “minaccia aliena”, nel segno di nuove ed eclatanti rivelazioni sugli oggetti volanti non identificati.
Ognuna di queste emergenze, vere o presunte, virali o chimeriche, è stata l’occasione per fare carne da macello degli individui senza ritegno alcuno dei loro inalienabili e naturali diritti personali, sociali, politici ed economici.
In ognuna, il regime della barbarie morale e culturale, alimentato da un’infodemia assillante e assassina, si è associato al regime di una barbarie politica, cui anche la Chiesa Cattolica si è largamente associata con vile disprezzo del suo dover essere semeìon antilegòmenon, segno di contraddizione, rispetto a una “forma politica di un messianismo secolarizzato intrinsecamente perverso”.
Dopo oltre sedici mesi di pandemonio pandemico, sarà impossibile ritrovare sia nelle società civile sia in quella ecclesiastica, un nuovo equilibrio di normalità e di sanità, di verità e di legalità, senza un evento che per effetto storico, politico, psicologico, sociale e finanche giudiziale abbia uguale e corrispondente eccezionalità quale il Processo di Norimberga nei confronti di crimini perpetrati dal Nazismo?
Il tempo è giunto e le condizioni sono ora favorevoli, perché proprio in Italia si apra una serio dibattito sulla necessità di un “nuova Norimberga”.
Solo in Italia sussistono ancora le pur esigue – e senza posa attaccate dalla cultura della democratura sino-democratica-transumana – ma ancora adeguate risorse morali, intellettuali, religiose, culturali e anche di cultura giuridica per porre le basi per tale epocale catarsi.
Sull’Italia, poi, grave la responsabilità storica e morale – non di esser stato in primo Paese occidentale colpito dal virus-chimera – ma di essere stato il primo luogo – come fieramente affermato da Giuseppe Conte per mesi nel suo infame refrain – in cui si è sperimentato “il modello Italia nella lotta alla pandemia cui tutti gli altri guardano”.
L’Italia, in realtà, è stata “l’utile idiota” di una catena di trasmissione di pratiche e operazioni politiche che, non solo hanno permesso che “tutto andasse male”, ma che manco celavano – come scritto da Roberto Speranza nel suo libro Perché guariremo – di sfruttare il pandemonio-pandemico a fini squisitamente partitici e settari.
“Credo che, dopo tanti anni controvento, ci sia davvero una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove” – scriveva Speranza – e ancora: “Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra. Dopo tanti anni controvento, per la sinistra c’è una nuova possibilità (grazie alla pandemia, s’intende – ndr) di ricostruire un’egemonia culturale».
Ovviamente, quella catto-comunista che ieri guardava con riverenza al modello della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e, oggi, amoreggia con la Repubblica Popolare Cinese.
Proprio gli atti dello storico Processo di Norimberga, al contrario, possono offrirci le motivazioni ideali per questa sfida che, certamente e in primis, deve riguardare l’Italia ma non solo.
Aprendo quel celebre procedimento giudiziario, il Procuratore Generale Robert H. Jackson disse, riguardo alla necessità di un giudizio, che: “Le ingiustizie che cerchiamo di condannare e punire sono state così premeditate, nocive e devastanti che il mondo civilizzato non può tollerare che vengano ignorate, dal momento che non potrebbe sopportare che venissero ripetute”(Dichiarazione d’apertura davanti al Tribunale Militare Internazionale, in: Robert H. Jackson, Il tribunale dell’umanità, Roma, 2015, p. 14).
Le violazioni allo Jus Gentium, ai Diritti e alle Libertà Fondamentali della persona umana, e i crimini perpetrati contro quei principi che lo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia definisce quali “principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili” (art. 38, c.), sono stati così palesi, reiterati, prolungati che come disse Jackson: “Il mondo civilizzato non può tollerare che vengano ignorati, dal momento che non potrebbe sopportare che venissero ripetuti”.
Tale monito dovrebbe scuotere le coscienze più libere e le intelligenze più acute, mentre già volteggiano corvi minacciosi che ritengono “essenziale rafforzare il ruolo delle istituzioni multilaterali, nel campo della salute globale e oltre, che ci garantiranno una migliore preparazione per una possibile futura pandemia” (Mario Draghi, Dichiarazione al Global Health Summit, 21 maggio 2021).
Alla indispensabile e necessaria azione invocata da Jackson a Norimberga, il Procuratore francese François de Menthon aggiunse la denuncia di “crimine contro lo spirito” scaturito da “una dottrina che negando tutti i valori spirituali, razionali o morali sulla base dei quali gli uomini hanno cercato di far progredire la propria condizione, mirava a ricacciare l’umanità in una barbarie demoniaca” (cit. in: F. De Fontette, Il processo di Norimberga, Roma, 1997, p. 49).
A nessuno può sfuggire che non solo durante questo pandemonio-pandemico sono stati negati tutti i valori spirituali, razionali e morali, ma anzi la pandemia chimerica è stata utilizzata – proprio mentre si assisteva a un’inusitata compressione delle elementari libertà individuali – per far speditamente avanzare nelle aule parlamentari dei progetti di legge che hanno lo scopo dichiarato di “ricacciare l’umanità in una barbarie demoniaca”.
Solo a titolo di esempio. In Francia, la Procréation Médicalement Assistée (PMA) che consente alle donne eterosessuali, single e coppie lesbiche di accedere alle tecniche di fecondazione eterologa assistita con copertura a carico della sanità pubblica, ma che sarebbe più consono chiamare Paternità Materna Assistita. In Canada e Portogallo, la legge sul suicidio assistito, poi, opportunamente cassata dalla Corte Costituzionale Portoghese. In Nuova Zelanda, l’approvazione dell’aborto al nono mese di gravidanza. E, in Italia, il famigerato DDL Zan.
Tutte leggi che mirano essenzialmente a cancellare definitivamente i concetti stessi di Legge Naturale e di Ordine impresso all’Umanità da un Dio Creatore!
Nel lontano 1947, presentando il progetto di Costituzione Italiana, il Presidente della Commissione dei Settanta, Meuccio Ruini, si espresse in questi termini: “In momenti come l’attuale, dopo l’oscuramento e la compressione violenta delle più elementari libertà, è inevitabile che, nel grande soffio di liberazione che anima il popolo e trascende il mero tecnicismo delle norme, si senta il bisogno di far risaltare nella costituzione le rivendicazioni della personalità umana e della giustizia sociale. Ed è nello stesso tempo inevitabile che si cerchi di sottrarre le disposizioni più rilevanti per la vita del paese all’arbitrio di improvvise modificazioni, collocandole nella rocca della costituzione e sottoponendo la loro revisione a più caute procedure” (Relazione del Presidente della Commissione all’Assemblea Costituente, 6 febbraio 1947, p. 5).
Continuando, poi così, “Nel nostro progetto si delineano in rapida rassegna le libertà essenziali, dalle tre «inviolabilità» della persona, del domicilio e della corrispondenza, e dalle libertà di circolazione, di soggiorno, di emigrazione, ai diritti di riunione, di associazione, di credenza e di confessione religiosa, di stampa. […] Si è cercato di farlo con sobrietà e densità di norme”.
E aggiungeva: “ Alla libertà di coscienza e di fede religiosa si assicura la più ampia sfera di manifestazione. Ciascuno è libero di esprimere il proprio pensiero con la stampa e con ogni mezzo di diffusione. Vietato il regime di censura e di autorizzazione” (Ibidem, p. 6).
Al contrario, proprio in Italia, il pandemonio pandemico chimerico è stata lo strumento propizio, da lungo atteso, invocato e persino annunciato, per il definitivo e irreversibile passaggio dalla democrazia alla post-democrazia dove: “La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall’integrazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici” (Colin Crouch, Postdemocrazia, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 6).
Non sarà facile ai futuri emuli di Jackson e di de Moulet – come non fu semplice a Norimberga sintetizzare accadimenti molteplici e complessi in pochi ed essenziali capi di accusa – ma una prima sommaria analisi di alcuni fatti e accadimenti possono già essere prudenzialmente raccolti, per sostanziare i due veri cardini dell’accusa su cui resse il procedimento del 1946.
Il primo fu quella della “cospirazione criminale” finalizzata alla commissione di crimini contro la pace e l’umanità (cfr. G. Marino, La giustizia di Norimberga, Università degli Studi di Palermo, Tesi Dottorale, 2017, pp. 28-39).
E il secondo che “Il fatto che un soggetto abbia agito in esecuzione di un ordine non lo esime dalla propria personale responsabilità penale internazionale. Parallelamente il subordinato ha il dovere di sottrarsi dall’eseguire ordini riguardanti atti criminali” (Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Risoluzione 95/I, Principi di Norimberga, n. 4).
Il terzo, approfittando dello smarrimento culturale e ideale delle popolazioni dopo decenni di indottrinamento liberista e mondialista, di aver cospirato, secondo la definizione del sociologo francese Michel Maffesoli, per l’imposizione “un regime totalitario dolce”, o meglio di un “biototalitarismo di Stato” (cfr. Compendium: Après la modernité? La conquête du présent, La violence totalitaire, La logique de la domination, Paris, 2008).
Quarto per aver posto, infine, le premesse logiche e pratiche per futuri decenni d’instabilità sociale e politica, che potrebbero essere caratterizzati da violenze sia civili sia internazionali.
Attorno a questi quattro capi d’imputazione sarà necessario seriamente investigare, innanzi tutto, sulla reale origine del virus, giacché l’investigazione congiunta Cina-OMS è priva dei requisiti d’indipendenza, scientificità e trasparenza.
Sarà necessario far luce sulla protervia con cui i governi hanno scoraggiato e persino impedito alle classi mediche di affrontare con tempestività la ricerca e l’applicazione di seri protocolli di cura precoce, nei casi sintomatici.
Si dovrà dimostrare come – caso unico nella Storia medica – alla ricerca della terapia si sia preferito la ricerca della soluzione vaccinale e come questa si sia de facto imposta alle popolazioni in una sorta di sperimentazione di massa.
Si dovrà spiegare perché nei primi mesi dell’epidemia centinaia di corpi siano stati sequestrati e inceneriti.
Sarà indispensabile capire perché negli ultimi dodici mesi, mentre le libertà individuali e collettive di intere popolazioni erano violentemente compresse e si disarticolava il tessuto socio-economico d’intere nazioni, i governi e i parlamenti erano costantemente impegnati non a dare concreto sollievo ai cittadini ma a velocemente approvare leggi in materia di bioetica e di etica in generale tali da ulteriormente destabilizzare l’equilibrio sociale futuro.
Si dovrà, non da meno, far luce sugli aspetti della gestione economica che, oltre a ruberie ormai conclamate, ha visto l’accumularsi e l’accentrarci di enormi capitali nelle solite e note mani.
Si dovranno, non da ultimo, indagare gli oscuri interessi – che non sono solo economici – di coloro che hanno, così facendo smascherandosi in anticipo, predicato “la nuova normalità” e la “finestra d’opportunità” che il pandemonio pandemico, ingenerato ad arte, avrebbe offerto ai Padroni del Caos.
Si dovrà, infine, denunciare senza falsi pudori e pregiudiziali il tentativo di imporre un “green pass” che tanto echeggia l’Ahnenpass, letteralmente “passaporto genealogico”, che il regime nazista impose – dopo le Leggi di Norimberga – per dimostrare di “essere di sangue puro ariano” e così avere accesso ai luoghi pubblici, interdetti invece a chi “non era di puro sangue ariano”.
Giacché, secondo i teorici delle Leggi di Norimberga e dell’Ahnenpass solo i loro titolari non rischiavano d’infettare e contagiare il Reich Millenario.
A corollario e complemento dell’Ahnenpass – il green pass nazista – il regime instaurò la Stella Gialla, così come è stata imposto alle popolazioni l’uso di mascherine – utili per la prevenzione batterica – ma del tutto inutili alla prevenzione virale.
Un dato quest’ultimo acclarato con certezza dallo scambio di email fra il Dr. Antony Fauci e il Keystone Symposia on Mulecular and Cellular Biology del 28 febbraio 2020 (Testo originale: There is no need to wear a face mask if you are well and do not have symptoms – masks protect the sick from spreading germs but will not prevent you from getting sick; trad. Non c’è bisogno di indossare maschere se tu stai bene e non hai sintomi – le maschere proteggono i malati dal diffondere batteri ma non impediscono dall’ammalarsi).
Non crediamo che a questa immane e storica impresa possano bastare le Procure della Repubblica dei singoli Paesi né Commissioni d’Inchiesta Parlamentari, serve uno sforzo epocale senza il quale come disse a Norimberga François de Menthon senza seriamente punire il “crimine contro lo spirito … l’umanità sarà ricacciata in una barbarie demoniaca” (cit.).
Se tutto ciò vale per la società civile, non da meno analoga azione dovrà essere fatta nel Corpo Ecclesiale, dove l’intero impianto canonico è stato stravolto e dove Vescovi compiacenti, pavidi e collaborazionisti hanno, molti per stoltezza e altri per ignobili aspirazioni di personale carrierismo, svenduto la Libertas Ecclesiae, che non è la semplice libertà di una istituzione umana, ma la Libertas stessa del Corpo Mistico di Cristo.
Invece che vagheggiare, su nefasto impulso dell’Arcivescovo emerito di Buenos Aires, di “cammini sinodali nazionali, continentali e universali”, è oltremodo necessaria una riflessione precisa, libera, globale e che non coinvolga i soliti noti, ma tutti coloro che ancora credono che la Chiesa di Cristo sia ancora “Una, Santa, Cattolica e Apostolica” e che per tale professione sono ancora disposti a professare che Cristo, e Cristo solo, è: “Il Redentore dell’uomo, centro del cosmo e della storia” (Redemptor Hominis, 1).
Caliari:
Marco Tosatti
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.