ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 2 giugno 2021

Profilassi contro il papismo

Questioni di postura: schiena dritta (anche coi papi) e occhi al cielo! (#Dante, Purgatorio, canto XIX, passim)

                                                       Divina Commedia: Purgatorio: Canto XIX ttp:https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGrgigB_knEd9ZwMJCcfhiltMhyphenhyphen3G_1IBDWKiLM9L72EHVTKUCUvRTNHe9_FqNNSYdH44CA9YKZsNZ8WOelf7fns3mcsSyYXH51bAXK0D9AQ8aWBz_4Y_vqt-5Hd9XlmVy38gwCOwtSVg/w1200-h630-p-k-no-nu/Canto+XIX.jpg<<<<<<<<<<8immagine aggiunta)

Nel canto XIX dovremo seguire due “fili” e un “nodo” tematico che lo trapuntano. Per chiarezza e comodità lo faremo in tre commenti diversi, anche se il tessuto è lo stesso. Il primo filo riguarda la postura del corpo (di Dante e non solo), che è un tema al quale abbiamo sempre prestato una particolare attenzione, sin dall’inizio, in questa nostra lettura.

Svegliato dal suo incubo, Dante si alza e si rimette in cammino dietro a Virgilio. L’attacco (v. 39: «e andavam col sol novo a le reni») è “mattiniero” ed energico: , ma subito dopo ci viene proposta una similitudine così insolita da indurci a fermare lo sguardo sull’assetto di quella figura in movimento: «Seguendo lui, portava la mia fronte / come colui che l’ha di pensier carca, / che fa di sé un mezzo arco di ponte» (vv. 40-42). Questo particolare della schiena incurvata e del capo chino viene di nuovo rilevato nelle parole che Virgilio poco dopo gli rivolge: «Che hai che pur inver’ la terra guati?» (v. 52). A questa domanda, Dante risponde che a piegarlo così è il pensiero della visione che ha appena avuto in sogno; Virgilio gliene spiega in due parole il senso e taglia corto: «Bastiti, e batti a terra le calcagne; / li occhi rivolgi al logoro che gira / lo rege eterno con le rote magne» (vv. 61-63). Il logoro era un richiamo che il falconiere faceva roteare in aria per attirare a sé il falco: allo stesso modo – dice Virgilio – fa Dio con noi, col moto delle sfere celesti.

La contrapposizione delle posture e degli sguardi (verso il basso o verso l’alto), introdotta nel canto con riferimento al corpo di Dante, trova poi uno sviluppo generale subito dopo, quando arriviamo al quinto giro (cornice degli avari): «vidi gente per esso che piangea, / giacendo a terra tutta volta in giuso. // Adhaesit pavimento anima mea / sentia dir lor con sì alti sospiri, / che la parola a pena s’intendea» (vv. 71-75). Qui l’impressione dello schiacciamento e del contatto con la terra di tutti quei corpi, efficacemente ribadita dal latino cadenzato del salmo, diviene dominante, tanto più che Virgilio, nel chiedere informazioni a uno dei penitenti, ci mette del suo esacerbando il contrasto tra la loro orizzontalità appiattita al suolo e la postura e l’andamento verticali dei due pellegrini: «drizzate noi verso gli alti saliri» (v. 78). Contrasto stridente che viene immediatamente avvertito e rimarcato dal penitente nella sua risposta: «Se voi venite dal giacer sicuri …» (v. 79): “voi”, non certo noi.

Il filo sembra scomparire a questo punto del racconto, nella trama di altri riferimenti e altre suggestioni, ma poi ricompare verso la fine del canto, quando l’anima penitente spiega il significato morale di quella loro pena: «Come avarizia spense a ciascun bene / lo nostro amore, onde operar perdési, / così giustizia qui stretti ne tene, // ne’ piedi e ne le man legati e presi, / tanto staremo immobili e distesi, / e quanto fia piacer del giusto Sire» (vv. 121-126). Dunque sembra che tutto il discorso converga nell’antitesi tra il moto dell’amore che tira al bene, fa stare dritti e camminare verso l’altro, e l’immobilità a cui il peccato, spegnendo quella tensione del cuore, condanna l’uomo premendolo verso il basso, in un attaccamento ai beni materiali che si traduce plasticamente in adesione prona alla terra (che è, come si usa dire, un essere “terra terra”).

L’autore, però, con questo filo ci fa un ultimo ricamo, forse il più prezioso e sorprendente. Quel tale che sta bocconi sul pavimento, infatti, è un papa, come vedremo meglio la prossima volta, e Dante, da buon cattolico, appena se ne rende conto, si mette subito in ginocchio. L’altro allora gli chiede: «Qual cagion […] in giù così ti torse?». E Dante: «Per vostra dignitate / mia coscïenza dritto mi rimorse» (vv. 130-132): “sei un papa, come posso stare dritto in piedi davanti a te che sei per terra?”.

La risposta è da manuale e dovremmo tenerla tutti a mente come profilassi contro il papismo, malattia degenerativa del cattolicesimo anche oggi molto frequente: «Drizza le gambe, lèvati sù, frate!, / […]; non errar: conservo sono / teco e con li altri ad una podestate. // Se mai quel santo evangelico suono / che dice ‘Neque nubent’ intendesti, ben puoi veder perch’io così ragiono» (vv. 133-138). Schiena dritta (anche col papa!) e gambe in spalla, con lo sguardo fisso al cielo, alla vita eterna in cui le istituzioni della vita terrena (anche ecclesiastica) non avranno più ragion d’essere.

Un buon consiglio, in questi tempi difficili.

Posted by leonardolugaresi

https://leonardolugaresi.wordpress.com/2021/06/02/questioni-di-postura-schiena-dritta-anche-coi-papi-e-occhi-al-cielo-dante-purgatorio-canto-xix-passim/

L’Assemblea CEI e il DDL Zan. Contorsioni per Salvarsi l’Anima. Mascarucci.

2 Giugno 2021 Pubblicato da  2 Commenti

 

Marco Tosatti

Cari amici  e nemici di Stilum Curiae, Americo Mascarucci commenta con grande chiarezza – quella che manca ai vescovi italiani – il comunicato finale della Conferenza Episcopale Italiana, che riecheggia l’ambiguità già espressa dal suo presidente, Gualtiero Bassetti, in tema del DDL liberticida Zan; una legge inutile – perché il problema “omofobia” non esiste, pericolosa e dannosa, come si può ben capire dagli esempi di altri Paesi dove disposizioni analoghe sono già in vigore. In calce, pubblichiamo qualche riga della Prima Lettera ai Romani di San Paolo. Che pena, questi “Pastori”. Buona lettura. 

 

§§§

DDl Zan, basta ambiguità. La Cei sta col mondo Lgbt

 

Si racconta che quando papa Sisto IV diede il suo assenso alla Congiura dei Pazzi del 1478, espresse come raccomandazione al nipote Girolamo Riario che ne era uno degli artefici, che si fossero evitati spargimenti di sangue.

Una raccomandazione puramente formale, visto che il pontefice sapeva perfettamente che lo scopo della congiura era eliminare Lorenzo e Giuliano de’ Medici e consegnare Firenze nelle mani della famiglia rivale, quella dei Pazzi per l’appunto.

Sisto IV pensò così di mettersi a posto la coscienza raccomandando ciò che era impossibile ottenere. Una vicenda che assomiglia molto a quanto deciso nell’ultima assemblea generale della Conferenza Episcopale in merito al Ddl Zan. Come recita il comunicato conclusivo “circa il disegno di legge recante ‘Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità’, i Vescovi hanno convenuto sulla necessità di un ‘dialogo aperto’, auspicando una soluzione priva di ambiguità e di forzature legislative, che coniughi il rifiuto di ogni discriminazione con la libertà di espressione”.

Il che sta a significare chiaramente che la Cei è favorevole al provvedimento ma deve salvare la faccia e quindi dire sì con qualche “però” allegato. Raccomandazioni che sembrano buttate là per mettersi a posto la coscienza. Si è partiti con il presidente Gualtiero Bassetti che ha aperto al ddl dicendo che non è da affossare ma da migliorare; poi a dargli manforte è arrivato “Tarquinio il superbo” che dalle pagine di Avvenire ha proditoriamente bacchettato i lettori che hanno osato esprimere dubbi sull’atteggiamento ondivago dei vescovi, sostenendo che una legge contro l’omofobia è comunque necessaria.

Come se non bastasse nelle ultime ore a Palermo si è verificata un’aggressione contro una coppia gay, fatto questo che è stato subito cavalcato dai sostenitori del Ddl per affermare che non è più possibile rinviarne l’approvazione, perché nel Paese esiste un’emergenza omofobia. Le organizzazioni Lgbt hanno annunciato di scendere in piazza nel capoluogo siciliano e stiamo pur certi non mancherà nemmeno la benedizione dell’arcivescovo Corrado Lorefice da sempre sostenitore dell’accoglienza per le coppie gay.

Ma come abbiamo spiegato più volte, gli autori dell’aggressione vanno individuati, arrestati e puniti come già prevede il codice penale per aver picchiato e ferito delle persone, essendo non degli omofobi ma dei delinquenti. Invece no, si vuole che per i gay, i trans e le lesbiche la legge sia diversa e che la violenza contro di loro sia riconosciuta più grave rispetto a quella subita da chi omosessuale non è.

Un attivista gay intervistato da un giornale locale ha dovuto comunque riconoscere che inasprire le pene serve a poco se non c’è un cambiamento di cultura. Il che a nostro giudizio può avvenire soltanto insegnando nelle scuole il rispetto per l’altro, chiunque esso sia, indipendentemente dall’orientamento sessuale come da quelle etnico o religioso. E non al contrario indottrinando circa l’esistenza di categorie privilegiate che devono essere rispettate più di tutte le altre, godendo di tutele speciali legate niente meno che all’orientamento sessuale che non è un bene giuridico ma un istinto personale.

Questo atteggiamento consenziente della Cei sembrerebbe confermare il sospetto che si voglia omologare anche la Chiesa al pensiero unico, all’ideologia dominante, alla logica tanto cara al mondo Lgbt secondo cui l’amore non ha differenze e i figli non sono di chi li fa ma di chi li cresce. Tutte scorciatoie utili per spalancare le porte al riconoscimento pieno delle “famiglie arcobaleno” con tanto di adozioni e cancellazione per legge delle categorie genitoriali, e successivamente per legalizzare pure la maternità surrogata o utero in affitto.

E quei pochi preti che ancora si ostineranno a sostenere che i rapporti omosessuali sono in contrasto con il progetto di Dio, “che maschio e femmina li creò” perché potessero procreare, rischieranno di essere messi a tacere con la minaccia di finire in galera con l’accusa di istigare all’omofobia o all’odio contro i gay, i trans e le lesbiche. Nelle messe assisteremo a prediche “politicamente corrette” dove magari si dirà che Dio maschi e femmina li creò, ma non ha mai detto che gli uomini e le donne non possano accoppiarsi anche fra di loro.

O che “l’amore è amore senza differenze” (come piace ai luterani italiani)  e che un figlio non ha bisogno del papà e della mamma ma soltanto di affetto, e che questo può essere assicurato anche da  due persone dello stesso sesso. Sulla Rai chiameranno a commentare  il Vangelo della domenica don Paolo Farinella o magari don Alessandro Santoro o perché no, Don Vitaliano della Sala visto che don Andrea Gallo purtroppo non è più fra noi.

Ecco, la posizione dei vescovi sembra proprio mirata ad omologare il clero italiano alla nuova evangelizzazione Lgbt: e dopo che con il pontificato bergogliano sono diventati “dogma” l’ecologismo, il migrazionismo, il sincretismo, rischia di diventarlo ora anche l’ideologismo Lgbt. Il tutto per contribuire alla costruzione del nuovo ordine mondiale attraverso quel grande reset di cui sta parlando da tempo monsignor Carlo Maria Viganò e che è nel programma dell’agenda Soros e dei vari Biden, Obama, Clinton, Bill Gates e company.

 “Auspicare una soluzione priva di ambiguità e di forzature legislative, che coniughi il rifiuto di ogni discriminazione con la libertà di espressione” è una formula totalmente ambigua e priva di senso, un artifizio letterario utile a salvare la forma a scapito della sostanza. Perché quale legge ammetterebbe mai chiaramente di voler negare la libertà di opinione, visto che entrerebbe in aperto contrasto con la Costituzione?

Ma che significa libertà di opinione? Fino a che punto è consentita? Come tutelare il diritto alla libera manifestazione del pensiero di fronte ad una legge che comunque vincola questa libertà all’obbligo di non istigare all’omofobia? E chi può stabilire se un’opinione è legittima o può configurare un’ipotesi di reato? Il giudice? Con quali strumenti oltre alla sua personale e sindacabile discrezionalità? Insomma, l’impressione che si ha è quella di un comportamento volutamente ambiguo da parte della Cei, utile a sconfessare da un lato i cattolici che si oppongono con forza al Ddl Zan, e dall’altro a non dare l’idea di essere chiaramente dalla parte del mondo Lgbt.

E sullo sfondo resta lo scontro fra la Segreteria di Stato e la Congregazione per la Dottrina della Fede che si starebbe consumando tanto sulla riforma in senso restrittivo del motu proprio Summorum Pontificum sulla liturgia tridentina, che sulla questione delle unioni gay. Altrimenti come spiegare l’anomalia di una Santa Sede che di fronte ad una protesta dirompente come quella degli oltre cento parroci tedeschi contro la nota della Congregazione che vieta la benedizione delle unioni gay, è rimasta impassibile, quasi lasciando intendere con il suo silenzio di condividere le ragioni della protesta?

Ma se i pronunciamenti della Congregazione incaricata di vigilare sul rispetto della dottrina e dei principi di fede, possono essere liberamente disattesi o appositamente trasgrediti come forma di “disobbedienza civile”, che ci sta a fare ancora in piedi l’ex Sant’Uffizio? E Bergoglio con chi sta? Con Parolin o con Ladaria Ferrer visto che entrambi li ha scelti lui? Ma poi, davvero si può accettare che nella Chiesa dei preti possano permettersi di disobbedire ad un ordine imposto dall’autorità ecclesiastica, alla stessa maniera di un Marco Pannella o di un Danilo Dolci, ovvero inscenando delle disobbedienze pubbliche?

Ci conforta sapere che un pronunciamento forte e chiaro è invece arrivato dal papa emerito Benedetto XVI con una lettera inviata ad un seminario polacco, con la quale nell’incoraggiare la riscoperta del tradizionalismo in Polonia, si rammarica di come nella sua Germania al contrario la tradizione cattolica stia appassendo sotto la forza di pericolose spinte riformatrici e moderniste. Peccato soltanto che Reinhard Marx cardinale lo abbia fatto lui, come il brasiliano João Braz de Aviz il principale inquisitore degli ordini religiosi conservatori e fautore dell’abolizione della vita claustrale. Poi i ratzingeriani si offendono quando gli si fa notare che Bergoglio ha trovato il piatto pronto.

Americo Mascarucci- giornalista e scrittore

§§§

[22] Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti [23] e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. [24] Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, [25] poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. [26] Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. [27] Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. [28] E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, [29] colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, [30] maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, [31] insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. [32] E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.

https://www.marcotosatti.com/2021/06/02/lassemblea-cei-e-il-ddl-zan-contorsioni-per-salvarsi-lanima-mascarucci/

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.