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martedì 13 luglio 2021

L' incoerenza della Chiesa di oggi

APIRE IL PRESENTE

Zan, la Chiesa non vede l'ateismo. Parola di Del Noce

Dietro la proposta di legge Zan ci sono precise forze ideologiche e culturali alle quali il mondo cattolico si è assimilato, non essendo oggi più in grado di combatterle perché ormai ad esse omogeneo. Per questo esso non solo non assume più azioni di contrasto, ma non comprende nemmeno più di avere in esse dei nemici sul piano culturale.


Nel novembre 1965 Augusto Del Noce teneva una conferenza al centro culturale Puecher di Milano dal titolo “I cattolici e il progressismo”. Il testo è poi confluito nel libro “Il problema politico dei cattolici”, edito nel 1967. A rileggere oggi quelle parole si trovano molte spiegazioni dell’incoerenza della Chiesa di oggi verso il ddl Zan, incoerenza che allora Del Noce attribuiva al progressismo cattolico e che ora si è costretti ad attribuire ai vertici ecclesiastici. Bisogna riconoscere che certi spunti delnonciani di 55 anni fa erano veramente anticipatori.

Dietro la proposta di legge Zan ci sono precise forze ideologiche e culturali alle quali il mondo cattolico si è assimilato, non essendo oggi più in grado di combatterle perché ormai ad esse omogeneo. Per questo esso non solo non assume più azioni di contrasto, ma non comprende nemmeno più di avere in esse dei nemici sul piano culturale. Dietro la visione delle cose che il ddl Zan presuppone c’è la storia del marxismo italiano che nella fase matura della sua evoluzione si è incontrato con la società irreligiosa del laicismo borghese, collaborando con “la società tecnologica nello spegnimento della religione”.

Il progressismo cattolico si era illuso di incontrare il comunismo italiano separando in esso l’aspetto ateo da quello politico. Illusione, perché la coerenza organica del marxismo avvolse i cattolici nelle proprie spire. Con la rinuncia del comunismo alla rivoluzione, il suo ateismo non diminuì ma si intensificò, incontrandosi con l’illuminismo laicista della società edonista e individualista. Fu allora che il neo-illuminismo prese la guida sia del comunismo che del cattolicesimo, facendoli convergere verso lo stesso obiettivo. Lo sfiguramento del cattolicesimo fu però di gran lunga maggiore. Per questo oggi la Chiesa non vede più dietro un disegno di legge come lo Zan l’ateismo, ma solo moderati pericoli per la libertà di espressione, giudizio con il quale essa non si distingue più dal neo-illuminismo.

Secondo Del Noce l’adeguamento della Chiesa al modernismo neo-illuminista, verso il quale è transitata tramite il lungo periodo del “dialogo” con il marxismo, ha comportato il suo abbandono di una mentalità contemplativa a favore di una attiva e vitalistica. Il primo atteggiamento comportava “la superiorità dell’immutabile sul cangiante”, il secondo invece privilegia la vita, la quale però “costringe a credere quel che si ha bisogno di credere per vivere”. Nel passaggio dalle strutture universali dell’essere al vitalismo, la Chiesa deve sostituire all’idea di verità quelle di novità, autenticità, originalità, efficacia. La Chiesa ha abbandonato la metafisica: “per il neo-modernista vi sia scienza e vi sia religione, ma non possa esserci metafisica”.

La Chiesa oggi vive il primato dell’azione sulla contemplazione soprattutto nel suo pastoralismo, e ritiene che fare appello a un ordine metafisico impedirebbe il dialogo pastorale. Infatti, esprimendo le proprie posizioni sul ddl Zan, la Chiesa ha accuratamente evitato di parlare di un ordine naturale, di diritto naturale, di morale naturale, di identità antropologica, si è ben guardata dal “tentar le essenze”, mantenendosi sempre sul piano del vitalismo esistenziale. Non ha indicato strutture dell’essere valide per tutti, non si è mai appellata a principi universali della ragione e della rivelazione, ha invece sempre parlato di dialogo, di accoglienza, di incontro, ossia di vita sociologicamente intesa, lasciando tutte queste parole prive di contenuto.

Il laicista impegnato - notava del Noce - spera “che la religione, non più consentanea allo spirito moderno, accetti di confinarsi nella sfera di una vita privata che non interferisca più con i valori profani della vita pubblica e qui prosegua in forma rassegnata quel processo di estenuazione  e di consunzione tranquilla che la storia e la scienza le hanno decretato”. L’incoerenza e la mancanza di coraggio della Chiesa di fronte al ddl Zan dimostrano questa “estenuazione” e “consunzione tranquilla” di una Chiesa che si considera semplicemente parte e non parla più per tutti. Di fronte alla posizione della Chiesa davanti alla legge Zan, “molti dei fedeli si domandano oggi che cosa sia il cattolicesimo, dato che vi sono due posizioni contraddittorie e contrastanti che pretendono una e l’altra di essere il vero cattolicesimo. Fenomeno di crisi ben più grave di ogni attacco esterno”.

Niente di più attuale di queste parole di 55 anni fa. Il punto è che i vertici ecclesiastici non si preoccupano di questa spaccatura e, anzi, guardano con sufficienza e superiorità chi chiede coerenza in ossequio della tradizione. Molto acuta la tagliente affermazione di Del Noce: “Mentre è possibile discutere con l’intellettuale rigorosamente marxista, non lo è invece col progressista cattolico”. In questo periodo di confronto con il ddl Zan, i vertici della Chiesa non hanno degnato di alcuna considerazione quanti, nella Chiesa, chiedevano chiarezza e coerenza di impostazione: “Per il progressista cattolico c’è, nei riguardi del tradizionalista, qualcosa di molto simile all’anatema; egli è per lui fuori del cristianesimo”. Parola di Del Noce.

Stefano Fontana

https://lanuovabq.it/it/zan-la-chiesa-non-vede-lateismo-parola-di-del-noce

IL DISEGNO DI LEGGE ZAN: QUELLO CHE NON FARANNO I “NEMICI”, LO FARANNO GLI “AMICI”. DOBBIAMO SPERARE E PUNTARE SUGLI AMICI OMOSESSUALI CHE RAGIONANO IN MODO LUCIDO, PERCHÉ SONO MOLTI

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Amici gay, siamo onesti: quelli che vi chiamano frocio, sono gli stessi che danno della sgualdrina a una donna poco vestita e sono ancora gli stessi che si mettono a bestemmiare quando un religioso attraversa la strada per poi toccarsi i genitali in segno scaramantico. Sarebbero queste povere persone, non voi, a dover essere aiutate, perché chi commette tali eccessi vive degli evidenti problemi con la propria vita che non vengono certo sanati da un provvedimento di legge che prevede la repressione, l’ammenda o la reclusione.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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il Gay Pride 2021 di Roma ha portato in processione questo “povero cristo” partendo dalla piazza della Basilica Lateranense, sede della cattedra del Vescovo di Roma, passando davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore e chiudendo queste goliardie blasfeme dinanzi alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, dove nel III secolo furono martirizzati i cristiani durante le persecuzioni di Diocleziano. Però deve essere approvata una legge apposita che persegua penalmente con estrema severità chiunque recasse offesa al mondo LGBT.

Il Gay Pride non rappresenta gli omosessuali e il mondo gay, è bene chiarirlo. Da sempre è la grottesca manifestazione degli eccessi, del chic e della puntuale blasfemia verso tutto ciò che è più sacro e caro al mondo cattolico e cristiano, il tutto inscenato da personaggi che rivendicano tutela e rispetto a colpi di leggi penali repressive, ma che da sempre rivendicano il diritto di insultare il sentimento religioso e la sensibilità umana altrui. Manifestazione grottesca organizzata e portata avanti da una minoranza che da sempre imbarazza profondamente la maggioranza degli omosessuali e del mondo gay, che noi Padri de L’Isola di Patmos conosciamo quanto basta per sapere che in quel teatrino del ridicolo-grottesco non hanno messo mai piede, proprio come i diretti interessati dichiarano da sempre, anche se le loro voci, che ripeto sono quelle dei più, sono da sempre soffocate da quelle dei meno.

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Volendo parafrasare Georges Benjamin Clemenceau possiamo dire che la proposta di legge Zan è cosa troppo seria e impegnativa per lasciarla nelle mani dei politici. E saranno proprio loro ― i politici pro-Ddl Zan ― ad affossarla inconsapevolmente. Ma andiamo con ordine.

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È certamente giusto e doveroso accantonare in tutta fretta le inconcludenti dichiarazioni del bastonatore “pittato e disinformato marito della Ferragni che, nella sua ultima live su Instagram, ha fatto una figura miseranda e miserevole argomentando su cose che non conosce e che non comprende per evidente impreparazione personale e imbarazzando a morte il sor Zan e il sor Cappato che tentavano di correggerlo ma senza risultato.

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Suor Anna Monia Alfieri, in modo molto più garbato ma deciso ha tentato di far ragionare il nostro tatuatissimo bauscia indirizzandogli una lettera di fuoco per confrontarsi con lui sul tema della Chiesa e soprattutto sul Ddl Zan (molto di più di quanto non abbia potuto fare Alberto Ravagnani il noto don-catto-youtuber osannato da Avvenire e dalla CEI). Ma cosa volete, le donne hanno sempre una marcia in più, Suor Anna Monia in modo particolare.

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Anche in questo caso non c’è stato nulla da fare, purtroppo. Il signor F. forte dei suoi 12 milioni di followers continua nella sua missione di illuminato che, dall’alto del palco del Concertone del 1° Maggio, dispensa copiosamente a tutti i suoi devoti la sua personalissima Vibhuti verbale che indirizza al bel pensare, al bel votare e al bell’agire.  Di una cosa però dobbiamo prendere atto, i sostenitori della Legge Zan ― signor F. compreso ― hanno davvero uno scarso margine di manovra. Per come si stanno mettendo le cose ora, sembrano spinti alle corde e, da quel che sembra dall’esterno (e forse anche all’interno!), questa situazione l’hanno contribuita a crearla loro, anzitutto cercando di vincere facile e poi cercando di portare avanti una guerra lampo nei confronti del secolare nemico: la Chiesa.  

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Al Senato i politici pro-Ddl Zan hanno stoicamente rifiutato qualsiasi forma di mediazione e di modifica. Ai tavoli dei capigruppo della maggioranza hanno considerato come irricevibili le alternative proposte. Senza colpo ferire hanno aperto di fatto la possibilità al voto segreto, cosa che viene fatta regolarmente ― secondo l’iter del Senato ― quando si giungono a situazioni come queste o quando si vengono a trattare questioni di etica. Diciamolo francamente la possibilità di andare al voto segreto fa terribilmente paura ai sostenitori del Ddl Zan perché sanno che è lì ― nel segreto ― che la coscienza di molti di loro sarà più libera di esprimersi senza condizionamenti politici e pressioni di sorta da parte di schieramenti sociali e di lobby. Ed è lì nel voto segreto ― non importa se fatto al Senato o alla Camera ― che quello che appare chiaro all’esterno spesso muta d’accento e di pensier. Come mai? Beh, domandatelo ai cattoliconi adulti integralisti e tradizionalisti che con la legge sul divorzio e sull’aborto, nel segreto della cabina elettorale, hanno fatto scuola dando il meglio di sé.

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Il Ddl Zan dovrà sostenere la prova del voto segreto al Senato dove ognuno è messo di fronte alla propria coscienza e non al partito o alle lobby. È curioso ma sembra il déjà-vu della guareschiana confessione di Peppone, fatta nottetempo a chiesa vuota davanti a un Don Camillo in stola e sottana dentro al confessionale, in cui l’animaccia rossa del sindaco di Brescello lasciava spazio a quella del buon cristiano, timorato anzitutto della propria coscienza in cui quel Dio che si sforzava di osteggiare in pubblico e con i compagni di partito aveva nel segreto del cuore ancora stabile e perpetua dimora (Mt 6, 3-17).

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Dio guida la storia e la guida anche attraverso le coscienze di coloro che sembrano, ai nostri occhi, i più lontani e ostili alla fede ma che poi si dimostrano incredibilmente i più ossequiosi, proprio così, cari Lettori. Sicuramente molto di più di coloro che si definiscono cattolici impegnati e apostolici romani e che passano il tempo a dileggiare sui social media i preti tacciandoli di ignoranza, pusillanimità e tradimento. Leggendo infatti commenti agli ultimi articoli del Padre Ariel sul Ddl Zan pubblicati su L’Isola di Patmos e condivisi anche su Facebook, resto impressionato da questa improbabile Lega Cattolica che vorrebbe fronteggiare la ben temibile e agguerrita armata LGBT+.

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In questi cattolici non c’è nulla, ma proprio nulla di concreto e di maturo, e ciò sia detto senza polemica. Sicuramente è colpa di noi preti che abbiamo allevato non fedeli ma kamikaze. Se togliamo le invettive millenaristiche e le minacce di punizione divina ai preti che a loro errato giudizio accolgono il peccatore pur stigmatizzando il peccato, non resta nulla. O che dire delle citazioni rimescolate della dottrina cattolica e condite in una snaturata salsa mariana priva di ogni senso teologico? Tutto ciò nutre il bisogno a fomentare l’odio e il vilipendio del popolo arcobaleno contro una Chiesa “medioevale” e oscurantista, colpevole di aver generato una pletora di figli misericordiosissimi.

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Per carità, se il popolo arcobaleno ha come sponsor il marito della Ferragni, noi non siamo messi meglio perché abbiamo Mons. Nunzio Galantino. Ognuno, del resto, ha le sue rogne in casa, però credo che sia doveroso dare voce a un confronto serrato con il vero popolo omosessuale molto più numeroso di quello del Pride che non ama comparire sulle scene ma che è dotato di quella delicatezza e signorilità che abbiamo potuto apprezzare nell’amato e compianto Paolo Poli e in altri dopo di lui.

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Sono convinto che è lì che bisogna insistere per cercare una vera resistenza, soprattutto a prescindere dalla Chiesa Cattolica che oggi è incapace di proferire qualsiasi analisi di buon senso sull’argomento o di esprimere anche il ben che minimo dissenso. Si veda, ad esempio, il caso del percorso che a Roma si sceglie per far sfilare il Pride. Itinerario che tocca i luoghi più cari della cristianità nella Città Eterna. La parata del Pride parte dalla piazza della basilica lateranense, la cattedrale metropolitana dove si trova la cattedra del Vescovo di Roma. Percorre Via Merulana e passa dinanzi alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per giungere e infine concludersi in Piazza della Repubblica, già Piazza Esedra, dinanzi alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, ultima opera realizzata da Michelangelo sull’antico complesso delle Terme di Diocleziano, luogo in cui furono martirizzati i cristiani nel III secolo. Avete mai sentito di rimostranze pubbliche da parte del Vicariato di Roma o dalla C.E.I. o dalla Santa Sede, ognuno per quanto attiene alla sua competenza?

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O avete forse sentito dai vari giornalisti e blogghettari cattolici, attivissimi sul web, prendere le difese pubbliche del Padre Ariel a seguito della recente querela che gli è stata notificata per la denuncia di un esponente e attivista della Lobby arcobaleno, con tanto di agguerrita associazione LGBT che si è costituita parte civile? Avete forse letto sui profili Facebook di quei giornalisti smaccatamente cattolici e pro-family un pallido sostegno verso Padre Ariel e alla sua dignità di sacerdote perseguitato ante tempus da un procedimento che potrebbe realizzarsi con molta più ferocia se la proposta di legge Zan venisse approvata? Perché a me risulta l’esatto contrario: quando Padre Ariel ha chiesto aiuto per le spese processuali a qualche fondazione cattolica o a cattolici apostolici impegnati e militanti, nonché danarosi, tutti questi grandi difensori della fede e della morale non gli hanno neppure risposto. Sono stati invece i nostri Lettori che, recepito l’appello, ci stanno inviando delle libere offerte per il fondo delle spese processuali, ed a tutti loro ― ai quali singolarmente è stato risposto con messaggi di ringraziamento ― non cesseremo mai di essere grati. Detto questo vedete bene quanto tristi siano gli esempi e quanto potrebbero moltiplicarsi. Come si potrebbe quindi non comprendere il diretto interessato che, con la sua ben nota ironia tosco-romana, giorni fa, in uno dei nostri colloqui privati, commentò: «Dio ci salvi dai cattolici apostolici romani impegnati e militanti sul fronte della suprema difesa della fede, della famiglia, della morale e della patria cristiana!».

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A fronte di tanti credenti, ecclesiastici o laici, che si chiudono dentro una indifferente superiorità che resta confinata al proprio orticello, ci sono tanti omosessuali maturi, che non solo non sono di sinistra, ma che neanche militano nelle lobby, nei circoli e nelle sezioni locali di partito. Ma che sentono il bisogno profondo di dire basta a questo andazzo surreale che primariamente lede la loro affettività e la usa come ariete per abbattere dei nemici che non esistono. Persone comuni, orgogliose del proprio anonimato e della propria condizione che, come nelle pagine della scrittrice Liala, non permettono alla loro affettività di essere spettacolarizzata e di oltrepassare l’intimità della camera da letto. Persone autentiche che non sentono la necessità di chiudersi nel ghetto di una categoria protetta e che nel pieno libero arbitrio vivono la loro condizione di omosessuali con serenità. E se per alcuni di questi la posizione della Chiesa non fa problema alla loro vita ― pur ribadendo che l’omosessualità per la Chiesa costituisce un disordine intrinseco e un peccato ― altri desiderano conservare ugualmente quel bisogno di Dio e di dialogo con la Chiesa che si rivela essere più forte e necessario della paura di venire insultati per strada.

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Amici gay, siamo onesti: quelli che vi chiamano frocio, sono gli stessi che danno della sgualdrina a una donna poco vestita e sono ancora gli stessi che si mettono a bestemmiare quando un religioso attraversa la strada per poi toccarsi i genitali in segno scaramantico. Sarebbero queste povere persone, non voi, a dover essere aiutate, perché chi commette tali eccessi vive degli evidenti problemi con la propria vita che non vengono certo sanati da un provvedimento di legge che prevede la repressione, l’ammenda o la reclusione.

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Mi piacerebbe infine vedere nei dibattiti televisivi e pubblici non sempre gli stessi anfitrioni del Ddl Zan che sono costantemente presenti in ogni talk-show e che magari discutono con il prete o con la convertita di turno in un dialogo ben misurato ma terribilmente noioso. Mi piacerebbe sentire omosessuali comuni che non la pensano come Alessandro Zan ma che non verranno mai presi in considerazione perché sono la prova vivente che anche nel mondo LGBT+ c’è molta divisione e discrepanza di idee.

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Bisogna cambiare la narrazione ufficiale e dire con semplicità che l’arcobaleno non è rappresentativo di tutti e di ciascuno. Non quella bandiera romantica che raggruppa e tutela ogni diversità. Il vero vessillo di tutela e l’educazione che forma l’uomo alla conoscenza piena dell’altro, come da tempo ripete nei suoi scritti, conferenze e interventi televisivi Suor Anna Monia che, all’educazione e alla scuola, ha dedicato i suoi studi e la sua vita. Tale educazione sta alla base della famiglia come cellula di ogni consorzio umano. La nostra Costituzione già prevede questo, di modo che rispettando l’individuo a partire dal sesso, dalla condizione sociale, dalla razza o dal credo professato, ognuno sia libero di essere quello che è senza doversi procurare bollini di garanzia. E questa libertà costituzionale, purtroppo, in diversi ambienti LGBT+ e nei Pride viene abbondantemente disattesa e tutto questo nel silenzio più completo e colpevole di coloro che assurgono a difensori e promotori del Ddl Zan.

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Mi piacerebbe sentire ragazzi omosessuali come Umberto La Morgia, Ferdinando Tripodi, il giovane giurista e poi escort napoletano Francesco Mangiacapra ― di cui le nostre Edizioni pubblicheranno a settembre un libro molto interessante ― e tanti altri gay che vivono la loro affettività in modo visibile, ragazzi risolti che si oppongono al Ddl Zan non perché omofobi o perché cattoliconi, ma semplicemente perché capaci di ridimensionare e discernere una emergenza che non esiste se non nella mente dei promotori di questo disegno di legge che spesso vivono profonde ferite che non saranno certo rimarginate o guarite con l’eliminazione dei presunti omofobi. Così come esistono omosessuali di buon senso che si oppongono al Ddl Zan, così esistono anche dei parlamentari e dei senatori di buon senso che pur appartenendo al PD o al Movimento 5 stelle hanno maturato un ben determinato giudizio critico riguardo a questo disegno di legge, lo stesso giudizio che il ragionier Fantozzi maturò a riguardo alla Corazzata Potëmkin.

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Il voto segreto darà voce non certo agli omofobi, non ai franchi tiratori, non ai volta gabbana, non ai vari Pillon di turno ma a tutti coloro che pur sentendosi in apparente sintonia con l’onorevole Zan, non lo sosterranno e forse già non lo sostengono in quanto hanno ben capito da molto tempo che questa proposta di legge ha in sé talmente tante falle, malumori e divisioni che l’unico modo per potersi decidere seriamente contro la discriminazione è affossare il Ddl Zan, mettendo fine a questa lunga agonia.

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Laconi, 12 luglio 2021

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Cari Lettori,

a proposito di “omosessualisti radicali”, vi prego di prendere visione dell’articolo scritto dal presidente delle nostre Edizioni [vedere QUI], nel quale chiediamo un sostegno per il fondo delle mie spese processuali. Sono stato reso oggetto di una querela che, per quanto infondata, mi impone però di procedere alla mia difesa in sede di giudizio e quindi mi obbliga a spendere soldi per le spese legali. La logica è palese: colpirne uno per spaventarne e metterne a cuccia mille. Per questo confido tanto sul vostro prezioso aiuto.

Ringrazio coloro che sino a oggi hanno inviato un contributo per il fondo spese processuali, ed ai quali ho inviato in privato un messaggio di ringraziamento. Purtroppo, ad alcuni, non ho potuto invece rispondere, perché assieme alla loro donazione non hanno inviato un messaggio con la loro email. Li ringrazio tanto in queste righe, dispiaciuto per non avergli potuto inviare un messaggio di ringraziamento.

https://isoladipatmos.com/il-disegno-di-legge-zan-quel-che-non-faranno-i-nemici-lo-faranno-gli-amici-dobbiamo-sperare-e-puntare-sugli-amici-omosessuali-che-ragionano-in-modo-lucido-perche-sono-molti/

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