ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 16 luglio 2021

Per anime che cercano Dio solo

MADONNA DEL CARMINE

Maria, il fiore del Carmelo e “armatura dei combattenti”

L’inno Flos Carmeli, parte dello straordinario (e oggi trascurato) patrimonio liturgico-musicale della Chiesa, presenta concetti espressi in modo virile, nell’ottica del combattimento spirituale in cui Maria viene invocata come “forte armatura” dei suoi figli. La grande spiritualità carmelitana ci insegna infatti che la vita terrena è lotta, come scalare la sacra montagna descritta nella Bibbia e ricca di significati simbolici.


Negli ultimi decenni nella Chiesa cattolica si è buttato a mare un patrimonio artistico e musicale che era da considerare come un tesoro inestimabile, usando un’espressione del Vaticano II. Per cosa poi? Per canti sdilinquiti e sentimentalistici, utili ad ammollire gli spiriti e a diffondere un’effemminatezza carsica, piuttosto che per rafforzare gli animi di chi sta combattendo la buona battaglia. Questo è accaduto non solo per il repertorio ufficiale del canto gregoriano, ma anche per i repertori particolari degli ordini religiosi, ricchi di inni splendidi.

Ad esempio, i carmelitani, che festeggiano la loro Patrona il 16 luglio, hanno una sequenza dal nome Flos Carmeli, che secondo alcune notizie risalirebbe addirittura a san Simone Stock (1165-1265) che ricevette in dono dalla Beata Vergine lo scapolare nel 1251 proprio mentre egli stava recitando il Flos Carmeli. Lo scapolare carmelitano è tra i più popolari: il nome deriva da “scapola” e designava un abito che ricopriva le spalle in uso presso i benedettini. Il piccolo scapolare, di cui stiamo parlando, fu annoverato dalla Chiesa, che ne determinò forme e usi consentiti, fra i sacramentali. Dal 1910 fu concesso sostituire lo scapolare di panno con una medaglia benedetta che ha da una parte il Sacro Cuore di Gesù e dall’altra la Beata Vergine Maria (vedi la voce “scapolare” in: P. Gabriele M. Roschini O.SM., Dizionario di Mariologia).

Flos Carmeli si trova, in forma incompleta, già in un Messale carmelitano del 1300. Musicalmente e liturgicamente, la sequenza conobbe uno sviluppo incredibile nel Medioevo, prendendo varie forme, tanto che è stato necessario operare un taglio netto all’enorme repertorio che ha portato alle poche forme, spesso mutilate, che oggi ancora sopravvivono - in traduzioni non sempre felici - nella nostra liturgia.

Come detto, l’inno Flos Carmeli è particolarmente significativo per l’Ordine carmelitano. Ecco una traduzione del bel testo latino:

«Fior del Carmelo, vite fiorente, splendor del cielo, tu solamente sei vergin Madre. Madre mite e intemerata, ai figli tuoi sii propizia, stella del mare. Ceppo di Jesse, che il fior produce, a noi concedi di rimanere con te per sempre. Giglio cresciuto tra le alte spine, pure conserva le menti fragili e dona aiuto. Forte armatura dei combattenti, la guerra infuria: poni a difesa lo scapolare. Nell’incertezza dacci consiglio, nella sventura dal cielo impetra consolazione. Madre e Signora del tuo Carmelo, di quella gioia che ti rapisce sazia i cuori. O chiave e porta del Paradiso, fa’ che giungiamo ove di gloria sei coronata. Amen».

Un testo molto bello, in cui i concetti sono espressi in modo virile, sempre con l’ottica del combattimento in cui Maria viene invocata come “forte armatura”. La melodia di primo modo è austera ma si impenna attorno alla nota dominante La nei versi pari per poi acquietarsi, come d’uopo, sulla tonica Re.

La grande spiritualità carmelitana ci insegna che la vita è lotta, che è scalare una montagna. San Giovanni Paolo II, così cominciava l’Angelus del 24 luglio 1988:

«In questo mese di luglio abbiamo celebrato il ricordo della beata Vergine Maria del Monte Carmelo, tanto cara alla pietà del popolo cristiano in tutto il mondo, e legata in modo speciale alla vita della grande famiglia religiosa carmelitana. Il pensiero va alla sacra montagna, che nel mondo biblico è sempre considerata come simbolo di grazia, di benedizione e di bellezza. Su quella montagna i carmelitani dedicarono alla Vergine Madre di Dio, “Flos Carmeli”, che possiede la bellezza di tutte le virtù, la loro prima Chiesa, esprimendo così la propria volontà di affidarsi completamente a lei e di legare indissolubilmente il proprio servizio a Maria con quello “in ossequio a Cristo” (cf. “Regola carmelitana”, Prologo)».

Sempre riflettendo sulla «sacra montagna», il grande benedettino dom Prosper Guéranger affermava:

«Regina del Carmelo, gradisci i voti della Chiesa della terra che oggi ti dedica i suoi canti. Quando il mondo gemeva nell’angoscia di un’attesa senza fine, tu eri già la sua speranza. Ancora incapace di penetrare le tue grandezze, esso si compiaceva tuttavia, sotto quel regno delle figure, di prepararti i più sublimi simboli; la gratitudine anticipata soccorreva in esso l’ammirazione per formarvi come un’aureola sovrumana di tutte le nozioni di bellezza, di forza e di grazia che gli suggeriva la vista dei luoghi più incantevoli, delle pianure in fiore, delle cime boscose, delle feconde valli e soprattutto di quel Carmelo il cui nome significa giardino di Dio».

Apprendiamo dal beato cardinal Alfredo Ildefonso Schuster (Liber Sacramentorum) che la festa della Madonna del Carmelo fu introdotta nel calendario universale da Benedetto XIII (1724-1730). Essa ha avuto grande eco nella devozione popolare, lo testimoniano le numerose processioni mariane in questa occasione, specialmente quella romana di Trastevere, la celebre festa della “Madonna de’ Noantri” di cui la Bussola riferisce in un articolo a parte (vedi qui).

Speriamo che l’uso del Flos Carmeli sia ancora vivo almeno nell’Ordine carmelitano, che nel giorno della festa della celeste Patrona risuoni in tutti i luoghi dove questo glorioso Ordine ancora opera, siano essi affollate parrocchie o ritiri claustrali per anime che cercano Dio solo.

Aurelio Porfiri

https://lanuovabq.it/it/maria-il-fiore-del-carmelo-e-armatura-dei-combattenti

A TRASTEVERE

La Madonna de’ Noantri, storia di una festa che affascina

Tradizione popolare, storia, fede, arte: tutto ciò converge nella statua della “Madonna Fiumarola”, ritrovata alla foce del Tevere nel 1535. In suo onore i trasteverini celebrano dagli anni Venti del XX secolo una festa speciale, detta “de’ Noantri” (di noialtri), con una solenne processione il sabato successivo alla Madonna del Carmelo, che richiama i romani da altri quartieri: uniti da un’identità comune, sotto il manto di Maria.



Un vestito splendente, di colore bianco, rigorosamente di seta e ricamato con stelle di cristalli di rocca e d’oro. Il velo, in chiffon, rende tutto elegante, leggero. A vederla, la statua della Vergine del Carmelo, custodita nella chiesa romana di Sant’Agata in Trastevere, sembra una nuvola. È una nuvola lucente che brilla come solo Maria riesce a fare. Mentre guardi quella statua, quel volto, riecheggiano nella mente i versi: «T’incoronano dodici stelle, ai tuoi piedi hai l’ali del vento e la luna si curva d’argento: il tuo manto ha il colore del ciel. Bella tu sei qual sole, bianca più della luna, e le stelle più belle non son belle al par di te”.


Ogni anno, a luglio, a Roma, il quartiere di Trastevere vive un’aura del tutto particolare. Il tempo sembra fermarsi e le tradizioni popolari - quelle della fede genuina, semplice - sembrano risorgere come d’incanto dal forziere della Storia. È come se si scoprisse un coperchio così da far fuoriuscire canti e preghiere di una volta: è la grande festa agli argini del fiume Tevere, conosciuta come la festa della Madonna detta “de’ Noantri”, “di noi altri”. “Di noi altri”, questa locuzione propria trasteverina, nasce quasi in contrapposizione con “voi altri che abitate in altri quartieri”: sta ad indicare l’appartenenza che sentono, fortemente, i trasteverini al proprio quartiere.

Tra la devozione e i colori della festa dal sapore folkloristico si svolge un’imponente e solenne processione il sabato successivo al 16 luglio, giorno della festa liturgica della Madonna del Carmelo.

Le origini della Festa de’ Noantri risalgono al 1535. Si tramanda, infatti, che - dopo una tempesta - fu rinvenuta da alcuni pescatori della Corsica una statua della Vergine Maria, alla foce del fiume Tevere. Era una statua scolpita in legno di cedro. Bellissima. La Madonna, per questa ragione, venne chiamata anche “Madonna Fiumarola”. La statua fu, poi, donata ai carmelitani che reggevano la Basilica di San Crisogono - ora retta dai Padri dell’Ordine della Santissima Trinità - situata in Piazza Sonnino.

La festa popolare non è antica come quella liturgica. Infatti, è negli anni Venti del secolo scorso che comincia la tradizione devozionale e popolare dei trasteverini per questa statua. Ai primi del ‘900, la strada principale del quartiere, denominata all’epoca “Viale del Re” (oggi, Viale Trastevere), era animata da banchetti e dalle tipiche osterie ambulanti. Il quartiere - per tutti i giorni della festa - era “invaso” dalle note dei canti tradizionali romani, dai colori variopinti delle bandierine esposte da un capo all’altro dei palazzi umbertini. E, accanto a tutto questo pullulare di festeggiamenti folkloristici, vi era l’immancabile devozione romana per la statua della Madonna de’ Noantri. Una fede pura, semplice, animata dal cuore dei fedeli trasteverini e di altri romani che giungevano nel quartiere vicino al Tevere, per pregare davanti alla famosa statua lignea. Anche se si trattava della Madonna “de’ Noantri” era comunque un momento in cui la città di Roma trovava - seppur nella tipica diversità culturale dei vari quartieri - una sorta di identità comune. Un’identità cattolica, sotto il manto di Maria.

La tradizione di portare in processione, per le vie di Trastevere, la statua della Vergine è molto antica: risale al 1603, nata probabilmente subito dopo la creazione dell’Arciconfraternita del Carmine. La statua lignea veniva collocata su una “macchina” e accompagnata per le vie trasteverine dai Padri Carmelitani, dai confratelli del Carmine e dai confratelli di altri due sodalizi trasteverini: i Vascellari e i Pescivendoli. Nei secoli passati, la statua veniva vestita di una lamina d’argento sbalzata in oro e adornata con preziosi gioielli. Rivestita così, veniva posta su una macchina barocca imponente, dal peso di ben sedici quintali. Per il trasporto di un tale apparato venivano impegnate una ventina di persone.

La statua che oggi viene portata in processione per le strade di Trastevere nella Festa de’ Noantri non è quella del ritrovamento del 1535. Risale, bensì, ai primi del ‘900: la prima festa del quartiere Trastevere riunito sotto l’effige di Maria, infatti, è del 1927. L’immagine lignea fu eseguita da due membri della Confraternita del Carmine: erano i fratelli Fascina, famosi intagliatori di legno. Furono loro ad eseguire la nuova statua, ispirandosi alle sembianze della Vergine riprodotte su un piccolo stendardo confraternale.

Ma come si svolge la festa, oggi? La statua originale della “Madonna Fiumarola” si trova tutto l’anno nella Chiesa di Sant’Agata in Trastevere, dove viene custodita anche una preziosa reliquia della santa catanese. Alle sue pareti, inoltre, la chiesa conserva, in teche di vetro, gli abiti regali della Madonna de’ Noantri. Sono gli abiti che sono serviti a vestire la statua, nel corso dei secoli. La statua lignea viene - ogni anno - vestita con un abito sempre diverso, suscitando anche la curiosità dei fedeli alla sua uscita dalla porta della piccola chiesa di Sant’Agata. Una volta uscita dalla chiesetta, viene portata in processione per le vie del rione fino alla Basilica di San Crisogono: qui, dopo una breve sosta, torna nella chiesa di Sant’Agata, dove rimane solennemente esposta per una settimana, fino a quando, la domenica successiva, si ha la tradizionale processione sul Tevere. È la festa della “Madonna Fiumarola”: infatti, la statua - adagiata su una barca - percorre il fiume romano fino all’altezza di Ponte Garibaldi. Questo evento è in ricordo del suo ritrovamento alla foce del Tevere. Da Ponte Garibaldi viene trasportata fino alla chiesa di Santa Maria in Trastevere, dove rimane sino alla mattina seguente. Alle prime luci dell’alba, la statua, senza il baldacchino barocco, nel silenzio di una Roma ancora sognante, viene riportata nella chiesa originaria, quella di Sant’Agata.

Le luci dell’alba sfiorano il viso della statua, e le preghiere - leggere - dei fedeli accompagnano questa processione silenziosa. È il cammino di ogni devoto che vuole seguire i passi di Maria.

Antonio Tarallo

https://lanuovabq.it/it/la-madonna-de-noantri-storia-di-una-festa-che-affascina

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