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giovedì 23 settembre 2021

La prova generale per l’emergenza climatica

SCENARI

Dalla pandemia al clima, fine emergenza mai

Da Draghi al Vaticano la nuova parola d'ordine è "L'emergenza climatica è come la pandemia". In realtà le due cose sono strettamente legate, perché una dopo l'altra servono a mantenere uno stato d'emergenza che porta alla fine della democrazia e dei diritti personali.

                                Mario Draghi al vertice sul clima

«È vero che stiamo ancora lottando contro la pandemia, ma questa è un'emergenza di uguale entità e non dobbiamo assolutamente ridurre la nostra determinazione ad affrontare i cambiamenti climatici». Così il presidente del Consiglio Mario Draghi è intervenuto l’altro giorno al vertice sul Clima che ha inaugurato l’Assemblea generale dell’ONU. E, non sorprendentemente, l’Osservatore Romano, nell’edizione del 21 settembre, si è fatto megafono dell’allarmismo facendo proprio il messaggio con un titolo a caratteri cubitali in prima pagina: L’emergenza climatica è come la pandemia.

Nel discorso di Draghi segue la solita litania di provvedimenti urgenti da prendere prima che sia troppo tardi, e che riguardano essenzialmente la “transizione energetica”, ovvero il passaggio dall’uso dei combustibili fossili a qualsiasi forma di fonte rinnovabile. Non ci dilunghiamo sulle conseguenze di queste scelte economiche “verdi”, di cui stiamo già assaggiando il sapore amaro (vedi impennata dei costi della bolletta per l’energia elettrica).

In questa sede vorremmo invece far notare questo connubio ideologico tra clima e pandemia, che non è affatto accidentale. Il punto è che tutto serve a mantenere lo stato di emergenza, a cui peraltro ci siamo già drammaticamente abituati. Sono vent’anni almeno che ci viene propagandata l’emergenza climatica, e anche se le popolazioni in buona parte fanno fatica a credere veramente al catastrofismo imperante – che rimanda sempre a disastri prossimi venturi – cionondimeno questa ha già condizionato profondamente le politiche dei governi occidentali. E soprattutto ha portato i cittadini ad accettare misure che hanno pesantemente inciso sulle proprie tasche e sulla propria libertà. Pensiamo al forzato rinnovo del parco auto per poter circolare liberamente con i vari, ultimi, Euro con cui vengono classificati i motori “puliti”; o alla svalutazione delle abitazioni datate grazie alla obbligatoria certificazione energetica.

In questa prospettiva la pandemia è stata un’occasione per rendere ancora più concreto e stringente lo stato d’emergenza, con tanto di sospensione delle libertà individuali e delle garanzie democratiche. Questo a sua volta faciliterà il perpetuare le misure costrittive anche per la presunta emergenza climatica. Probabilmente non è un caso che il lasciapassare di cui tanto si parla di questi tempi sia stato chiamato Green Pass, lasciapassare verde. Cosa c’entra il verde con la pandemia? Nulla, ma richiama molto l’ecologia.

E allora, una volta accettata l’idea del Green Pass, non è molto lontano il momento in cui sarà allargato ai comportamenti ecologici: il lasciapassare verde sarà rilasciato a chi ha l’auto elettrica, a chi ha la propria casa in classe energetica A, a chi usa i mezzi pubblici o la bicicletta per muoversi in città, e così via. Il tutto secondo uno schema - forse sorprenderà qualcuno - che è già stato teorizzato e anche realizzato. Già nel 2006 il politico laburista britannico David Miliband auspicava una Carbon Credit Card, una carta di credito che funziona come una “prepagata”, dall’ammontare fisso, che va a scalare a seconda delle scelte che vengono fatte per gli acquisti di cibo, energia, viaggi. Più si è “verdi” più si ha libertà di acquistare e di muoversi. E tuttora c’è chi porta avanti questo progetto, anzi lo sta realizzando.

Non a caso l’esperto americano Marc Morano, nel suo recente libro Green Fraud (La truffa verde) definisce i lockdown anti-Covid come «la prova generale per l’emergenza climatica». E nota come le misure tanto invocate dagli ecologisti, grazie alla pandemia sono state realizzate dalla sera alla mattina dai governi di tutto il mondo: dallo stop ai viaggi aerei al blocco delle attività economiche (non per niente tutti hanno sottolineato con favore che nel 2020 sono diminuite le emissioni di CO2); dalla drastica riduzione degli spostamenti alla chiusura delle attività ricreative (dai ristoranti ai cinema e teatri, considerati consumi non necessari). Il protrarsi dello stato di emergenza, dalla pandemia al clima, porterà tutto ciò a diventare il “nuovo normale”.

Il perenne stato d’emergenza inoltre genera almeno due conseguenze che vale la pena mettere in evidenza. La prima è la fine della democrazia. Non si tratta di un effetto collaterale, ma di un obiettivo esplicitamente voluto. In un rapporto del Club di Roma, addirittura del 1991, intitolato The First Global Revolution (La Prima rivoluzione globale), leggiamo: «La democrazia non è una panacea. (…) per quanto possa suonare sacrilego, la democrazia non è più appropriata per gli obiettivi che abbiamo davanti. La complessità e la natura tecnica di molti dei problemi di oggi non sempre permettono a rappresentanti eletti di prendere decisioni corrette al momento giusto». La direzione è quella di una governance mondiale tecnocratica capace di affrontare “scientificamente” le emergenze globali (o che vengono presentate come tali). Guardando a come i media ci presentano la pandemia e i cambiamenti climatici non ci sono dubbi al riguardo.

La seconda conseguenza è la crescente invadenza dello Stato in ogni ambito della vita. La sussidiarietà, l’iniziativa personale sono bandite, tutto dipende dalle decisioni del governo. Riprendere il discorso di Mario Draghi al Senato del 17 febbraio 2021 (presentazione del governo alle Camere) è istruttivo in tal senso: l’economia è stata massacrata dalla pandemia, diceva in sostanza (ma sarebbe meglio dire dalla gestione della pandemia), ora il governo aiuterà a ripartire, ma decidendo chi far ripartire e in che modo. E intanto anche le attività bloccate dai lockdown (ristoratori in testa) sono state costrette a dipendere dalle elemosine del governo. E ancora in questi giorni, a seguito dell’annuncio del clamoroso aumento delle bollette di elettricità e gas, il governo ha assicurato che aiuterà i più poveri. Sempre più persone e famiglie vengono spinte ai margini dell’economia, costrette alla povertà, per poi trovarsi a dipendere dalla magnanimità dello Stato.

Chi pensa che il 31 dicembre segnerà davvero la fine dello stato di emergenza è un illuso.

Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/dalla-pandemia-al-clima-fine-emergenza-mai

“In Italia c’è una dittatura”: una lezione di libertà dallo Spectator contro il Green Pass

«All’inizio di agosto, l’Italia ha bandito i non vaccinati dalla maggior parte della vita sociale, quindi dalla maggior parte delle forme di viaggio e ora dal lavoro. I non vaccinati sono dei paria. Eppure, a differenza della Francia, ad esempio, dove centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro i pass vaccinali obbligatori, in Italia quasi nessuno ha protestato contro il “Green Pass”, che ora è il più draconiano d’Europa».

Inizia così un articolo dello Spectator a firma di Nicholas Farrell, giornalista residente da anni in Italia, in cui si analizza con crudezza la deriva liberticida approvata in Italia in materia vaccinale:

«Niente di tutto questo mi sorprende dopo un quarto di secolo che vivo qui, perché l’Italia fa solo finta di essere un Paese libero. […] Ci sono così tante leggi e così tanta burocrazia che tutti sono colpevoli di qualcosa».

Come analizzato anche da Daniele Capezzone su La Verità, la reazione della stampa estera alla stretta italiana sul Green Pass è stata di sconcerto. Da El Paìs alla BBC, dal Daily Mail al Wall Street Journal, i media internazionali – consapevoli che il pass vaccinale sia una forma di obbligo indiretto – hanno evidenziato che i provvedimenti varati sono tra i più stringenti al mondo, non nascondendo di considerarla una “anomalia” e una “misura controversa” in quanto l’andamento della campagna non giustificail giro di vite e focalizzando l’attenzione sull’isolamento dell’Italia: all’estero, infatti, si va nella direzione contraria.

Farrell compara le reazioni di piazza in Francia e quelle più tiepide nel nostro Paese («Le proteste in Italia contro “Il Green Pass” sono state patetiche. C’è stato molto linguaggio violento sui social media ma poca violenza effettiva») arrivando a parlare di mancanza di attaccamento alla libertà da parte degli italiani:

«Gli italiani non sono mai stati particolarmente appassionati di libertà, e di conseguenza la libertà non è mai fiorita in Italia. Questo, credo, spiega perché questa rimozione delle libertà fondamentali – o diritti – degli italiani non vaccinati da parte del premier italiano non eletto Mario Draghi è così enormemente popolare».

Nell’articolo i non vaccinati vengono equiparati a dei “paria”, in quanto le uniche attività che potranno ancora svolgere «fuori dalle loro case sono lo shopping e la messa».

Per quanto riguarda il panorama politico, Farrell sottolinea che

«L’unico partito che si oppone alla trasformazione dei non vaccinati in paria è il post-fascista Fratelli d’Italia che nella maggior parte dei sondaggi degli ultimi mesi ha un po’ più di consensi (circa il 20 per cento) dei suoi due rivali più prossimi».

L’articolo di Farrell si dimostra una lezione di libertà al popolo italiano che, citando Gustave Le Bon, sembra aver rimosso qualunque sentimento di indipendenza, presente invece nel popolo anglosassone.

Le Bon in Piscologia delle folle, aveva fatto una distinzione particolare tra il popolo anglosassone e quello latino, spiegando che è soprattutto che l’autoritarismo e l’intolleranza si trovano sviluppati in particolare nelle folle latine:

«Tra le razze latine, la parola democrazia significa soprattutto l’annullamento della volontà e dell’iniziativa individuale in favore dello Stato. A quest’ultimo viene sempre più concesso il potere di gestire, centralizzare, monopolizzare e produrre. […] Tra le razze anglosassoni, specialmente in America, la stessa parola democrazia significa, al contrario, l’intenso sviluppo della volontà individuale e la restrizione dei poteri dello Stato».

Nella chiusa dell’articolo, Farrell ricorda tragicamente gli eventi del passato, facendo un paragone con l’insorgere del fascismo e l’attuale deriva tecnosanitaria:

«Gli italiani volevano che il fascismo fermasse il comunismo. Non è stato imposto. Così come ora vogliono che questa nuova forma di dittatura fermi il Covid».

Insomma, per contrastare una minaccia, quella della pandemia, il popolo italiano sembra aver abdicato alla propria indipendenza e libertà. Ritrovandosi, per l’ennesima volta, in una nuova forma dittatura.

ENRICA PERUCCHIETTI

https://visionetv.it/in-italia-ce-una-dittatura-una-lezione-di-liberta-dallo-spectator-contro-il-green-pass/

1 commento:

  1. È il momento di essere guerrieri!a porta dell'inferno è arrivata;il sigillo sta per aprirsi...amen.

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