ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 10 settembre 2021

Pani e pietre

Traditionis Custodes. Lettera di fedeli legati alla Messa tradizionale ai cattolici di tutto il mondo, che dal Papa regnante attendono del pane anziché delle pietre

Riceviamo e ben volentieri riportiamo – nella traduzione italiana e inglese, seguita dalla versione originale in francese – la seguente lettera aperta ai cattolici di tutto il mondo (e al Sommo Pontefice regnante, affinché voglia revocare le sue decisioni relative alla Santa Messa Vetus Ordo, promulgate con la sua Lettera apostolica a forma di Motu proprio Traditionis Custodes del 16 luglio 2021 – che ha contribuito a rovinare le ferie estive di tantissimi cattolici romani – abrogandola). Ai primi firmatari della lettera aperta si stanno aggiungendo moltissimi altri in tutto il mondo (anche quella di chi scrive).



Lettera di fedeli legati alla Messa tradizionale ai cattolici

Chi di voi, se suo figlio gli chiede del pane, gli darà una pietra? (Mt 7, 9)

Cari fratelli e sorelle in Cristo,
È con grande tristezza che abbiamo appreso della decisione di Papa Francesco di abrogare le principali disposizioni del Motu proprio Summorum Pontificum promulgato da Papa Benedetto XVI il 7 luglio 2007. Dopo decenni di divisioni e litigi, questo Motu proprio è stato per tutti i fedeli cattolici un’opera di pace e riconciliazione.
Roma viola la parola data da Papa Benedetto XVI, con brutalità e intransigenza, ben lungi dall’accoglienza fraterna di cui tanto si parla.
La volontà espressa nel Motu proprio Traditionis Custodes del 16 luglio 2021 è quella di far scomparire dalla Chiesa la celebrazione della Messa di San Pio V. Questa decisione ci provoca profonda costernazione. Come comprendere questa rottura con il Messale tradizionale, realizzazione “venerabile e antica” della “legge della fede”, che ha santificato tanti popoli, tanti missionari e ha contribuito a fare tanti santi? Che male fanno i fedeli che semplicemente desiderano pregare come hanno fatto per secoli i loro genitori e i loro avi? Come ignorare che la Messa tridentina oggi converte moltissime anime, attira assemblee giovani e ferventi, suscita tantissime vocazioni, ha dato origine a seminari, comunità religiose, monasteri, e che è la spina dorsale di innumerevoli scuole, opere giovanili, catechesi, ritiri spirituali, pellegrinaggi?
Molti di voi, fratelli cattolici, sacerdoti, vescovi, avete condiviso con noi la vostra incomprensione e il vostro profondo dolore: grazie per le vostre numerose testimonianze di sostegno.
Promuovere la pace della Chiesa per costruire l’unità nella carità, ma anche portare i cattolici a riconnettersi con un’eredità che è loro propria, facendo scoprire al maggior numero possibile di persone le ricchezze della tradizione liturgica, tesoro della Chiesa, tali sono stati gli obiettivi perseguiti da Summorum Pontificum. Il Papa emerito Benedetto XVI vede ora la sua opera di riconciliazione essere rovinata durante la sua vita.
In un’epoca scevra di materialismo e lacerata dalle divisioni sociali e culturali, la pace liturgica ci appare come una necessità assoluta per preservare la fede e la vita spirituale dei cattolici in un mondo che muore di sete. La drastica restrizione dell’autorizzazione a celebrare la messa nella sua forma tradizionale riaccende la diffidenza, il dubbio, l’incomprensione, e preannuncia il ritorno di una disputa liturgica che è straziante per il popolo cristiano.
Qui lo affermiamo solennemente, davanti a Dio e agli uomini: non permetteremo a nessuno di privare i fedeli di questo tesoro, che è anzitutto un tesoro della Chiesa. Non rimarremo inattivi di fronte al soffocamento spirituale delle vocazioni nei seminari tradizionali, ora preparato dal Motu proprio Traditionis Custodes. Non priveremo i nostri figli di questo mezzo privilegiato di trasmissione della fede che è la fedeltà alla liturgia tradizionale.
Chiediamo dunque a Papa Francesco, quali figli al loro padre, di revocare la sua decisione e di voler abrogare Traditionis Custodes, ripristinando in tale modo la piena libertà di celebrare la Messa tridentina, per la gloria di Dio e il bene dei fedeli. Del pane anziché delle pietre.
L’8 settembre 2021, nella festa della Natività della Beata Vergine Maria.

Letter of faithful attached to the traditional Mass to the Catholics

What father, if his son asks him for bread, will give him a stone? (Mt 7, 9)

Dear Brothers and Sisters in Christ,
It is with great sadness that we learned of Pope Francis’ decision to abrogate the main provisions of the Motu Proprio Summorum Pontificum, promulgated by Pope Benedict XVI on July 7, 2007. After decades of divisions and quarrels, that Motu Proprio was, for all the Catholic faithful, a work of peace and reconciliation.
Rome violates the word given by Pope Benedict XVI with brutality and intransigence, far from the much vaunted fraternal welcoming.
The explicit will of Pope Francis, stated in the Motu Proprio Traditionis Custodes, of July 16, 2021, is to see the celebration of the Mass of the Tradition of the Church disappear. This decision drives us to great dismay. How can we understand this rupture with the traditional Missal, a “venerable and ancient” actualization of the “law of faith,” which has bore fruit through so many nations, so many missionaries, and so many saints? What harm is done by the faithful who simply want to pray as their ancestors had done for centuries? Can we be unaware that the Tridentine Mass converts many souls, that it attracts young and fervent assemblies, that it arouses many vocations, that it has given rise to seminaries, religious communities, monasteries, that it is the backbone of many schools, youth groups, catechism activities, spiritual retreats, and pilgrimages?
Many of you, Catholic brothers and sisters, priests, and bishops, have shared with us your failure to understand this and your deep sorrow: thank you for your many testimonies of support.
To promote peace within the Church, in order to build unity in charity, and also to lead Catholics to reconnect with their own heritage by making as many people as possible discover the riches of liturgical tradition, the treasure of the Church: those were the goals pursued by Summorum Pontificum. Pope Emeritus Benedict XVI witnesses his work for reconciliation destroyed during his own lifetime.
In a time steeped in materialism and torn by social and cultural divisions, liturgical peace appears to us as an absolute necessity for the Faith and for the spiritual life of Catholics in a world that is dying of thirst. The drastic restriction of the authorization to celebrate Mass in its traditional form will bring back mistrust, doubt, and it heralds the return of an agonizing liturgical war for the Christian people.
We solemnly affirm, before God and before men: we will not let anyone deprive the faithful of this treasure which is first of all that of the Church. We will not remain inactive in the face of the spiritual suffocation of vocations laid forth in the Motu proprio Traditionis Custodes. We will not deprive our children of this privileged means of transmitting the faith which is faithfulness to the traditional liturgy.
As children to their father, we request Pope Francis to reverse his decision, by abrogating Traditionis Custodes and restoring full freedom to celebrate the Tridentine Mass, for the glory of God and the good of the faithful. Bread rather than stones.
September 8, 2021, on the feast of the Nativity of the Blessed Virgin Mary

Lettre de fidèles attachés à la messe traditionnelle aux catholiques

Quel père, si son fils lui demande du pain, lui donnera une pierre ? (Mt 7, 9)

Chers Frères et Sœurs dans le Christ,
C’est avec une immense tristesse que nous avons appris la décision du pape François d’abroger les principales dispositions du Motu Proprio Summorum Pontificum promulgué par le pape Benoît XVI, le 7 juillet 2007.
Après des décennies de divisions et de querelles, ce Motu Proprio fut, pour tous les fidèles catholiques, une œuvre de paix et de réconciliation.
Rome viole la parole donnée par le pape Benoît XVI, avec brutalité et intransigeance, bien loin de l’accueil fraternel tant vanté.
La volonté affirmée du pape François, dans le Motu Proprio Traditionis Custodes du 16 juillet 2021 est de voir disparaître la célébration de la messe de la Tradition de l’Eglise. Cette décision nous plonge dans la consternation. Comment comprendre cette rupture avec le Missel traditionnel, réalisation «vénérable et antique» de la «loi de la foi», qui a fécondé tant de peuples, tant de missionnaires et tant de saints? Quel mal font les fidèles qui souhaitent, simplement, prier comme le firent leurs pèresdepuis des siècles? Peut-on ignorer que la messe tridentine convertit de nombreuses âmes, qu’elle attire des assemblées jeunes et ferventes, qu’elle suscite de nombreuses vocations, qu’elle a fait surgir des séminaires, des communautés religieuses, des monastères, qu’elle est la colonne vertébrale de nombreuses écoles, œuvres de jeunesse, catéchismes, retraites spirituelles et pèlerinages?
Beaucoup d’entre vous, frères catholiques, prêtres, évêques, nous avez fait part de votre incompréhension et de votre profonde douleur : merci pour vos nombreux témoignages de soutien.
Favoriser la paix de l’Église afin de construire l’unité dans la charité, mais aussi amener les catholiques à renouer avec leur propre héritage en faisant découvrir au plus grand nombre les richesses de la tradition liturgique, trésor de l’Église, tels étaient les buts poursuivis par Summorum Pontificum. Le pape émérite Benoît XVI voit son œuvre de réconciliation détruite de son vivant.
Dans une époque imprégnée de matérialisme et déchirée par les divisions sociales et culturelles, la paix liturgique nous apparaît comme une nécessité absolue pour la foi et la vie spirituelle des catholiques dans un monde qui meurt de soif. La restriction drastique de l’autorisation de célébrer la Messe selon sa forme traditionnelle fera resurgir la méfiance, le doute et annonce le retour d’une querelle liturgique déchirante pour le peuple chrétien.
Nous l’affirmons solennellement, devant Dieu et devant les hommes: nous ne laisserons personne priver les fidèles de ce trésor qui est d’abord celui de l’Église. Nous ne resterons pas inactifs devant l’étouffement spirituel des vocations que prépare le Motu proprio Traditionis Custodes. Nous ne priverons pas nos enfants de ce moyen privilégié de transmission de la foi qu’est la fidélité à la liturgie traditionnelle.
Comme des fils à leur père, nous demandons au pape François de revenir sur sa décision, en abrogeant Traditionis Custodes et en rétablissant la pleine liberté de célébration de la messe tridentine, pour la gloire de Dieu et le bien des fidèles. Du pain plutôt que des pierres.
Le 8 septembre 2021, en la fête de la Nativité de la Très sainte Vierge Marie

Bernard Antony, Président de l’AGRIF
Xavier Arnaud, Forum catholique
Victor Aubert, Président d’Academia Christiana
Moh-Christophe Bilek, Notre Dame de Kabylie
François Billot de Lochner, Président Fondation de Service politique
Benjamin Blanchard, Délégué général de SOS Chrétiens d’Orient
Anne Brassié, Journaliste et écrivain
Jacques Charles-Gaffiot, Historien d’art
Thibaud Collin, Professeur agrégé de philosophie
Laurent Dandrieu, Journaliste
Yves Daoudal, Journaliste – Directeur de Blog
Marie-Pauline Deswarte, Docteur en Droit
Stéphane Deswarte, Docteur en Chimie
Cyrille Dounot, Docteur en droit, licencié en droit canonique
Alvino-Mario Fantini, The European Conservative
Claude Goyard, Professeur des universités
Max Guazzini, Avocat
Michael Hageböck, Summorum Pontificum Freiburg
Maike Hickson, Docteur en Littérature, écrivain
Robert Hickson, Professeur, écrivain
Michel De Jaeghere, Journaliste et essayiste
Marek Jurek, Ancien pdt de la Diète de Pologne
Peter Kwasnieswki Ecrivain
Philippe Lauvaux, ULB Paris Assas
Pierre de Lauzun, Haut fonctionnaire Ecrivain
Massimo de Leonardis, President International Commission of Military History
Anne le Pape, Journaliste
Christian Marquant, Président de Paix Liturgique
Michael Matt, The Remnant
Roberto de Mattei, Ancien président du CNR (CNRS italien)
Jean-Pierre Maugendre, Renaissance Catholique
Philippe Maxence, Rédacteur en Chef de L’Homme Nouveau
Charles de Meyer, Président de SOS Chrétiens d’Orient
Paweł Milcarek, Christianitas
Jean-Marie Molitor, Journaliste
Martin Mosebach, Ecrivain
Hugues Petit, Docteur en Droit
Philippe Pichot-Bravard, Docteur en Droit
Jean-Baptiste Pierchon, Docteur en Droit
Hervé Rolland, Vice-Président de ND de Chrétienté
Reynald Secher, Historien
Jean Sévillia, Journaliste, Historien, Ecrivain
Henri Sire, Ecrivain, compositeur, chercheur
Jeanne Smits, Journaliste – Directrice de Blog
Jean de Tauriers, Président de Notre Dame de Chrétienté
Guillaume de Thieulloy, Editeur de presse
Jérôme Triomphe, Avocat
Philippe de Villiers, Ancien ministre, écrivain


10 Settembre 2021
   Blog dell'Editore

di Vik van Brantegem

http://www.korazym.org/64977/traditionis-custodes-lettera-di-fedeli-legati-alla-messa-tradizionale-ai-cattolici-di-tutto-il-mondo-che-dal-papa-regnante-attendono-del-pane-anziche-delle-pietre/

CRISI DI FEDE

La formazione dei sacerdoti e i danni del progressismo

In un articolo sulla rivista Presbyteri, il professor Sergio Tanzanella sottolinea la decadenza dell’insegnamento nei seminari e offre suggerimenti nell’ottica di una “rivoluzione culturale”. Peccato che le soluzioni indicate sono già parte integrante del cattolicesimo progressista, che va avanti da decenni e che è all’origine della suddetta decadenza, deformando la missione del prete.

   Rinnovo Patto catacombe_2019

È uscito un interessante articolo sulla rivista di spiritualità pastorale Presbyteri (6/2021) dal titolo Tra la Bibbia e la storia: riformare la formazione teologica con una “coraggiosa rivoluzione culturale”. L’articolo è stato scritto da Sergio Tanzanella, professore di storia della Chiesa in varie istituzioni, tra cui l’Università Gregoriana, attento studioso del cattolicesimo progressista e con un’esperienza politica come deputato.

Tanzanella offre la sua valutazione sulla situazione attuale degli studi per i nuovi sacerdoti, partendo da un testo di Rosmini e passando per la sistemazione degli stessi studi fatta sotto san Pio X, una sistemazione che secondo lo studioso oggi mostrerebbe il fiato corto: “Un impianto ricco, direi quasi infinito, di materie e di esami, ma rigido nella loro suddivisione, frutto di una teologia deduttiva tesa a sistemare e spiegare ogni cosa e ad affermare il primato di una razionalità teologica rassicurante in grado di collocare ogni idea in una casella precisa, di offrire risposte anche senza domande”.

In realtà, dai tempi di papa Sarto gli studi seminaristici hanno conosciuto una rivoluzione interna che ne ha stravolto i contenuti, specialmente dopo i cambiamenti paradigmatici (nel senso di Thomas Kuhn) che sicuramente il professor Tanzanella conosce molto bene. Il professore poi critica la metodologia di insegnamento, ritenuta come unidirezionale e che poco tiene conto del modo di apprendere degli studenti. Qui si può essere anche d’accordo, sapendo che gli ultimi decenni hanno conosciuto una tale rivoluzione tecnologica che, se ben usata, può essere messa al servizio di nuovi modi di apprendere anche per i futuri sacerdoti.

Poi, ecco un’altra parte dell’articolo che lascia perplessi: “Il fondamento dell’impianto degli studi resta legato e ispirato all’universo del pensiero greco-ellenistico con una dovizia di corsi di ogni genere dalla filosofia dell’essere a quella della natura, dalla epistemologia alla antropologia filosofica e poi tutta la storia della filosofia dai presocratici al Novecento. Aristotele ed Hegel restano i pilastri di tutto. Nulla di male evidentemente. Resta però da dimostrare se tutto ciò sia veramente necessario e indispensabile per la teologia del presente e se contribuisca davvero alla formazione teologica e umana dei futuri presbiteri passare a memoria le prove dell’esistenza di Dio o trovar fondamento sulle elucubrazioni di un razzista come Hegel. A fronte di questa indigestione, preludio per un triennio teologico affidato ai trattati occorrono alcune considerazioni dirimenti. Innanzitutto, gli studenti di questi ultimi anni sono vittime di un analfabetismo storico, non funzionale ma totale, non vuoti di memoria ma assenza di elementari conoscenze storiche a cui si sovrappone una quantità di false notizie, fake news, ampiamente divulgate e rese verosimili, vieti luoghi comuni e artificiose leggende. La maggioranza degli insegnanti di teologia sembra ignorare questa condizione di completa assenza di storia e anche di coordinate geografiche degli studenti (assenza non certo diversa da quella della maggioranza dei loro coetanei universitari). Anche circoscrivendo cronologicamente una indagine al solo XX secolo il vuoto è totale”.

Qui certamente torniamo a considerare temi cari al modernismo, come quello delle modalità di incontro della religione con il pensiero moderno, un incontro che secondo i modernisti doveva essere molto più fiducioso rispetto a quello che suggeriva la prudenza e la saggezza della Chiesa di un tempo. Leone XIII insegnava che “la fede difficilmente può ripromettersi dalla ragione aiuti maggiori e più potenti di quelli che ormai ha ottenuto grazie a San Tommaso” (Aeterni Patris). È vero che l’insegnamento nei seminari mostra una forte decadenza, ma ciò succede perché si è abbandonata la retta via della dottrina cattolica e non perché, come afferma Tanzanella, “nulla invece si sa di Mazzolari, Dossetti, La Pira, Lazzati, Milani, Turoldo, Balducci, Bachelet”. A me sembra che molti - non tutti - di questi autori e alfieri di un certo cattolicesimo progressista sono stati spinti a più non posso a scapito di altri che secondo alcuni rappresentano la tanto esecrata “Chiesa preconciliare”.

Poi il professore lamenta l’ignoranza della storia, ma la sua critica manca il bersaglio: “Allora mancheranno gli strumenti per decifrare il presente, per comprendere i processi che sono in corso, per intendere la geopolitica mondiale, per organizzare una pastorale che usi un alfabeto comprensibile (…). La generazione che visse il Vaticano II e il post Concilio si impegnò a ripensarsi rispetto alla formazione ricevuta e ne venne fuori, pur dentro crisi profonde, molto spesso migliore. I seminaristi del presente che dovrebbero raccoglierne l’eredità non sono messi in grado, in questo vuoto di memoria e di formazione, di comprendere la priorità e la centralità dell’evangelizzazione e scivolano rapidamente nell’organizzazione devozionale, nella cura ossessiva della talare fino ad arrivare alla mozzetta e all’uso dei gemelli d’oro e all’acquisto di auto potenti. Preferiscono interessarsi allo studio degli angeli rispetto al contratto degli interinali o alla piaga endemica e purulenta del lavoro nero o alla tratta degli esseri umani. Il problema è che da lì a pochi anni non troveranno angeli nel territorio della parrocchia ma schiavi (sottopagati, senza previdenza, senza assistenza, senza permesso di soggiorno) ai quali annunciare la liberazione del Vangelo”.

Ecco che dalla storia si scivola come spesso accade nello storicismo. In realtà, se parliamo di ignoranza storica, bisognerebbe indicare i tanti che si fanno alfieri di una certa idea della riforma liturgica che non tiene conto dello sviluppo organico delle forme della celebrazione, difendendo un rito cangiante che esiste soltanto nelle loro fantasie inebriate proprio da quel pensiero progressista che Tanzanella sembra proporre come soluzione. E, poi, un prete non deve essere un animatore di comunità, un sociologo o un attivista politico, ed è bene che continui a studiare gli angeli e tutto il resto, perché tutto questo informerà la sua azione pastorale e non il contrario.

Poi, arrivano altri suggerimenti da parte di Tanzanella, nell’ottica di una “rivoluzione culturale”. Da storico navigato, avrà usato questa definizione con piena consapevolezza. Io, che ho tra i miei interessi la Cina, non posso certo ignorare i testi letti su quel periodo della storia cinese in cui Mao Zedong cercò, con l’aiuto della zelante moglie, di mantenere il potere scatenando la baraonda. In definitiva, quello che l’illustre docente propone è istituzionalizzare il cattolicesimo progressista e renderlo come l’unico modo attraverso cui vivere la fede, un esperimento che in ogni caso già va avanti da vari decenni con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Aurelio Porfiri

https://lanuovabq.it/it/la-formazione-dei-sacerdoti-e-i-danni-del-progressismo

Messe deserte e liturgia sciatta, a partire dal Duomo di Torino

La cattedrale di San Giovanni in quanto sede del vescovo e del suo capitolo, nonché luogo dove è custodita la Sindone, dovrebbe costituire modello ed esempio per tutte le chiese. E infatti lo è, in negativo. Inizia il nostro viaggio nelle parrocchie piemontesi

 Nel 2015 il papa emerito Benedetto XVI, prefando l’edizione russa del volume XI della sua Opera Omnia, edita dal Patriarcato di Mosca, ebbe a dire che la causa più profonda della crisi che attraversa oggi la Chiesa risiede nella decadenza della liturgia. Quanto questa affermazione corrisponda al vero, lo si può constatare dalle celebrazioni che si svolgono nel duomo di Torino, quella cattedrale metropolitana di San Giovanni Battista che, per essere la sede del vescovo e del suo capitolo, nonché luogo dove è custodita la Sindone e riposa il corpo del beato Piergiorgio  Frassati, dovrebbe costituire il modello e l’esempio per tutte le parrocchie di come i riti debbano splendere per  solennità e  bellezza e, come dice il Concilio, per  «nobile semplicità». Chi oggi in duomo partecipi alla Messa – termine da abbandonare in quanto sospetto di tradizionalismo a favore del più indicato «assemblea celebrante» – viene colto da un senso di malinconia, se non di angoscia. Al di là di quella feriale – spicciata su di un tavolino di fronte al magnifico altare del SS. Sacramento, oggi indicato come «riserva eucaristica» – l’ignaro fedele non può non notare come dominino la sciatteria rituale, la dozzinalità dei gesti e dei simboli e la banalità dei canti in cui sovrasta la chitarra. La partecipazione dei fedeli è sempre più rada e ormai quasi inesistente, persino nelle solennità dell’anno liturgico. Ultimamente poi, nelle ricorrenze in cui partecipano le autorità civili, si vedono soltanto più quelle, schierate in prima fila, nel deserto dei banchi vuoti. Ove un tempo pontificavano gli arcivescovi attorniati dal capitolo dei canonici regna la desolazione.

Nonostante la veste paonazza dell’onnipresente cerimoniere, monsignor Giacomo Maria Martinacci, viene da rimpiangere il camicione svolazzante della buonanima di don Mario Vaudagnotto, il suo gesticolare, le sue pause solenni e le reprimende ai fedeli che osavano intonare spontaneamente l’inno eucaristico del Tantum Ergo di fronte al SS.mo Sacramento esposto, canto sconsigliato dal progressismo liturgico. Eppure, il parroco della cattedrale, don Carlo Franco, classe 1958, ordinato nel 1987, è uno dei più autorevoli e rinomati liturgisti della diocesi, direttore dell’Istituto diocesano di musica – si fa per dire – sacra, nonché progressista della nouvelle vague, meglio conosciuto come il “desaparecido” per la difficoltà con la quale risulta spesso impossibile conferire con lui, anche da parte dei superiori. Le sue idee sono esposte, sotto lo pseudonimo di Paolo, nell’aureo libretto di Giuseppe BonazziLa fede dei preti. Un’indagine etnografica, testo pubblicato nel 2016 da Rosemberg e Sellier. Interessante, a conferma del soprannome affibbiatogli, l’incipit dell’incontro: «L’appuntamento è per le 10 ma alle 10.20 di lui non c’è traccia. Arriva sempre con mezz’ora di ritardo, mi dice nell’atrio l’addetta alla vendita di immagine e statuine. Se non fosse per una ventina di fedeli inginocchiati intorno alla statua della Madonna, direi che mi trovo in un non-luogo, come Marc Augé chiama gli edifici di puro transito». «Alle 11 può iniziare la conversazione, ma alle 12 deve scappare».

Per don Carlo, la cattedrale «è di fatto solo per i turisti», la carenza di sacerdoti non è un problema, «di preti, noi, siamo ancora troppi!», la diminuzione del clero non è un fatto negativo ma una bella occasione e poi sulla questione del sacerdozio femminile: «Perché gli uomini sì e le donne no?». Perciò, «grave e pesante» è stato il pronunciamento di Giovanni Paolo II contro le donne prete, ma si spera che Francesco riveda la decisione. La Chiesa poi è ancora troppo clericale e ciò che più lo inquieta «è la comparsa delle nuove leve di giovani sacerdoti conservatori che spingono non a dialogare con il mondo ma a riportarlo al passato» perciò egli, «insieme al direttore dell’Ufficio liturgico svolge un discreto controllo di tutte le attività cerimoniali che si svolgono nelle varie chiese», una specie, insomma di spionaggio liturgico. Da quando dirige l’istituto diocesano di musica sacra esso ha esteso il campo degli insegnamenti: «Abbiamo aggiunto l’arte floreale, addobbare con i fiori, dipingere un cero pasquale, fare il cerimoniere, tutto ciò che riguarda la regia celebrativa. Cerchiamo di far comprendere la liturgia, che è stata congelata per quattro secoli e riscoperta dal concilio tornando alle origini, senza orpelli, in un’ottica antropologica e simbolica». Sulla questione dei Messali, il parroco, da perfetto teorico della rottura, sostiene che il latino è solo un pretesto: «La questione non è solo liturgica, è ecclesiologica perché dietro a un Messale ci sta una Chiesa. La loro – dei tradizionalisti – è una Chiesa clericale, la nostra è di partecipazione e di comunione». Per la verità, osservando la partecipazione in duomo, non si direbbe, ma non preoccupiamoci, lo stesso don Carlo dice infatti che «occorrono settantacinque anni – chissà perché non settanta o ottanta? – prima che le indicazioni di un concilio siano comprese!». Coraggio allora, per arrivare al 2040 mancano soltanto diciannove anni.   

Circola su di lui una leggenda metropolitana, forse non del tutto inverosimile. Appena nominato parroco fu chiamato da una associazione che cura l’attiguo Palazzo reale a celebrare, come era in uso tutti gli anni, nella piccola cappella regia disegnata da Juvarra. Accortosi che nell’angusto presbiterio non vi era il consueto tavolino – che anche molti preti dicono voluto dal Concilio (dove?) – piuttosto che celebrare sull’antico altare rivolto ad Dominum, si dispose a farlo sulla balaustra o, dicono alcuni, sul leggio. A tale proposito, restaurata la cappella del Guarini a vent’anni dall’incendio che la distrusse, l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha promesso che nominerà un cappellano come vi era un tempo e che sull’altare barocco del Bertola si tornerà a celebrare. Vedremo se si avrà il coraggio di sistemare su tanto splendore il solito squallido tavolino. Noi diciamo di sì.

Circa il capitolo metropolitano, che un tempo, oltre all’Ufficio divino, faceva corona al vescovo e lo assisteva nelle funzioni, esso è diventato del tutto residuale e oggetto di puro sarcasmo. La nomina a canonico, che veniva conferita ai sacerdoti più meritevoli e di prestigio, non è più ambita da nessuno e sbeffeggiata nel suo ruolo persino da chi ne fa parte. Indossare l’abito corale con la mozzetta violacea viene ritenuta una carnevalata e sono note in proposito le battute ironiche di un ex vescovo ausiliare che, quando doveva vestire l’abito corale, faceva sapere che andava «in sala trucco». I risultati di tale disfacimento, comunque, si vedono tutti e, per chi non abbia la mente e gli occhi obnubilati dall’ideologia, sono desolanti. Non pochi si chiedono se il nuovo vescovo, che il Papa indica come «moderatore, promotore e custode della vita liturgica della Chiesa», vorrà porre rimedio alla situazione oppure assisterà inerte all’agonia della sua cattedrale.

Intanto però ai convegni estivi sulla liturgia i nostri intellettuali torinesi hanno dispensato dottissime lezioni, mettendosi in luce come le avanguardie del rinnovamento e cogliendo meritati successi. Alla 71ma settimana liturgica svoltasi a Cremona dal 23 al 26 agosto, don Paolo Tomatis e Morena Baldacci hanno svolto le relazioni centrali. Si sono poi trasferiti ambedue a Gazzada (Va) dove, dal 30 agosto al 2 settembre, ha avuto luogo l’annuale convegno dell’Associazione dei professori di liturgia di cui Tomatis è presidente. Ad essi si è aggiunto don Roberto Repole, direttore della facoltà teologica, che ha trattato della «sacramentalità dell’assemblea». Torino possiede dunque delle vere menti nel campo della liturgia e alcuni si augurano che almeno un raggio del loro sapere venga trasmesso alle sempre più esauste assemblee della diocesi connotate, come ha rilevato Baldacci, da tristezza celebrativa, autoreferenzialità e da laici che si sentono padroni sull’altare e litigano fra di loro mentre le comunità si spengono lentamente. Per ovviare a tale perfetta descrizione della realtà, la soluzione – incredibile! – è quella di non diminuire la creatività e far diventare le nostre assemblee il «luogo dell’artigianato», valorizzando la bellezza del nuovo messale che, come è noto, moltissimi preti criticano apertamente per la sua inutilità e bruttezza. Le prime relazioni del convegno si ponevano la domanda su «dove e come» siano le assemblee liturgiche a 50 anni dal Messale di Paolo VI. Una delle risposte potrebbe essere quella che, a forza di creatività dopo mezzo secolo di riforma, esse stiano evaporando in una ondata di scipitezza e di banalizzazione.

Il Papa ha nominato monsignor Guido Marini vescovo di Tortona, rendendo così vacante il ruolo di maestro delle cerimonie pontificie. Quasi tutti hanno visto in tale provvista la messa in atto da Bergoglio, per una volta, della tipica prassi del promoveatur ut amoveatur, in quanto voci romane riferiscono che l’ufficio di monsignor Marini, considerato «tradizionalizzante», dovrebbe essere smantellato e assorbito dalla Congregazione del Culto divino al fine di «ammodernare» le liturgie papali e ridare vigore alla riforma di Paolo VI. A Torino, durante la visita di Benedetto XVI nel 2010, la scelta del cerimoniere papale di usare il consueto latino durante il canone della Messa in piazza San Carlo, fu assai criticata dai liturgisti torinesi. Si   rifecero però durante la visita di papa Francesco nel 2015 quando, all’allibito ma remissivo monsignor Marini, riuscirono ad imporre le chierichette sull’altare papale allestito in piazza Vittorio Veneto. 

https://www.lospiffero.com/ls_article.php?id=60780

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