I magistrati ispezioneranno la cripta di Sant’Apollinare dove è sepolto De Pedis, il capo della Banda della Magliana. Pietro Orlandi: “Quella indegna sepoltura è il vero snodo dell’intreccio tra Stato, Chiesa e criminalità”
GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANOIl portone sulla piazza è sbarrato. Dal cortile della Pontificia Università della Santa Croce gli studenti entrano alla spicciolata per l’adorazione eucaristica e il rettore della basilica, padre Pedro Huidobro ha appena indossato i paramenti sacri. E’ la prima volta in 29 anni che Pietro Orlandi mette piede nella chiesa che forse custodisce il segreto della scomparsa di sua sorella 14enne. Nella cripta è seppellito il boss della Banda della Magliana, Renatino De Pedis e la procura di Roma ha avuto dal Vicariato il «nulla osta» all’ispezione della tomba. E’ già stato prelevato il Dna a Pietro e agli altri familiari della cittadina vaticana svanita nel nulla proprio davanti alla basilica assegnata all’Opus Dei, a quattro passi dal Senato e da piazza Navona.
«La sepoltura del boss De Pedis in un luogo destinato a papi e cardinali ritengo sia il vero snodo dell'intreccio tra Chiesa, Stato e criminalità che 28 anni fa si è portato via mia sorella Emanuela», sostiene Pietro. Il procuratore reggente di Roma, Giancarlo Capaldo ha incontrato due volte il rettore di Sant’Apollinare ricevendone la piena disponibilità ad aprire il sepolcro al cui interno una segnalazione anonima colloca tracce di Emanuela. «Sono vicino a te e alla tua famiglia, per voi le porte di questa chiesa saranno sempre aperte», assicura padre Huidobro, che è anche medico legale, a Pietro Orlandi che oggi pomeriggio guiderà una manifestazione davanti alla basilica. «Anch’io come te desidero che la tomba venga aperta e che si faccia chiarezza sulla vicenda», aggiunge il rettore, esprimendo «rispetto e partecipazione nei confronti di persone che hanno tanto sofferto».
Sant’Apollinare è una chiesa con una storia tutta sua. Era la basilica annessa al Pontificio Istituto di studi giuridici, quattro secoli di storia gloriosa, uno dei principali centri di formazione del clero della città eterna: ne sono stati alunni di recente ben tre papi (Pacelli, Roncalli e Montini), anche il modernista Bonaiuti e un prete intellettuale di grande fama come De Luca. Tra gli anni 50 e 60 aveva sede lì anche una scuola cattolica, Sant'Apollinare, dove insegnarono docenti illustri come il latinista Giovanni D’Anna. La scuola poi si trasferì in via Palestro e poi nella sede del Seminario Romano Minore a viale Vaticano. Pare che nell'edificio un ufficio fosse per anni riservato ad Oscar Luigi Scalfaro. Negli anni '70, durante le battaglie del referendum sul divorzio il Pontificio Istituto, che ospitava preti studenti e professori di varie università ecclesiastiche fu per caso sede di incontri con Adriana Zarri e Raniero La Valle, e per intervento del sostituto della Segreteria di Stato Benelli, fu in pratica chiuso con l'accusa di essere diventato un «covo di comunisti, e l'edificio divenne Sede del Circolo di San Pietro, dedito all'assistenza dei poveri. Stessa sorte per il sottostante Pontificio istituto di studi arabi che dovette traslocare a viale Trastevere. In seguito l'edificio fu, ed è fino ad oggi, gestito dall'Opus Dei.
Dopo la chiusura dell'istituto, nuovo rettore della Basilica fu per incarico del cardinale Poletti don Piero Vergari, pragmatico e abile, che nel suo apostolato nelle carceri era entrato in contatto anche con esponenti di spicco della mala romana. Tra i benefattori di don Vergari proprio De Pedis, e, quando egli finì vittima di un regolamento di conti, il rettore ottenne dal Vicariato per lui la sepoltura tra cardinali e principi nella cripta della basilica. Oggi don Vergari è tornato a Sigillo, nella natia Umbra. Una telefonata anonima alla trasmissione televisiva «Chi l'ha visto» aveva messo gli investigatori sulla pista di Sant’Apollinare: «Se volete sapere di più su Emanuela Orlandi guardate nella tomba di De Pedis». Tutto intorno voci mai confermate di pedofilia e omertà contro le quali la famiglia Orlandi non ha mai smesso di lottare.
«A Sant’Apollinare hanno dato indegna sepoltura al boss della banda della Magliana: il vero snodo dell’intreccio tra Stato italiano, Vaticano e criminalità è in quella tomba. Cosa aspettano ad aprirla?», chiede Pietro Orlandi, che ha incontrato il segretario papale, don Georg Gaenswein.Una petizione da 60mila firme è stata consegnata a Benedetto XVI e venti parlamentari invocano chiarezza su uno dei misteri della Repubblica. «Vogliamo sapere cosa è successo a Emanuela e non ci arrenderemo mai alla rassegnazione», ribadisce Pietro Orlandi al rettore Huidobro. L’abbraccio finale è una promessa: «La verità è un dovere».
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