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lunedì 30 gennaio 2012

Le accuse di Viganò e le verifiche del Vaticano

Città del Vaticano

La polemica aperta con la puntata de «Gli intoccabili» su La7: ecco come la Santa Sede indagò sugli episodi citati dall’attuale nunzio negli Stati Uniti



C’è un episodio non detto nella polemica che da giorni riguarda le accuse rivolte dall’allora segretario del Governatorato, il vescovo Carlo Maria Viganò, nominato nunzio negli Stati Uniti dopo aver scritto drammatiche lettere al Papa e al Segretario di Stato Tarcisio Bertone, nelle quali si parla di episodi di «corruzione» in Vaticano. Le lettere riservate del prelato – la cui vicenda venne rivelata da Vatican Insider lo scorso 26 giugno – indirizzate a Benedetto XVI e al suo principale collaboratore, sono state esibite dal giornalista Gianluigi Nuzzi durante la puntata della trasmissione d’inchiesta di La7 «Gli intoccabili».

In quelle lettere, Viganò al quale era stato ormai comunicata la decisione del Papa di nominarlo nunzio negli Stati Uniti che lo allontanava (promuovendolo) dal Governatorato dopo neanche due anni e dopo innegabili risultati di moralizzazione e di tagli alle spese, si diceva vittima di un complotto, che era passato anche attraverso alcuni articoli anonimi pubblicati su «Il Giornale», e indicava nomi e cognomi degli ispiratori, citando come ispiratore ultimo monsignor Paolo Nicolini, delegato per i settori amministrativo-gestionali dei Musei Vaticani. 


In una lettera inviata l’8 maggio 2011 al cardinale Bertone, Viganò attribuisce alla responsabilità di Nicolini «contraffazioni di fatture» e  ammanchi,  una «partecipazione di interessi» in società inadempienti verso il Governatorato  «per almeno due milioni duecentomila euro e che, antecedentemente aveva già defraudato “L’Osservatore Romano”, per oltre novantasettemila Euro e l’Apsa, per altri ottantacinquemila». Inoltre Viganò accusava Nicolini di «arroganza e prepotenza nei confronti dei collaboratori che non mostrano servilismo assoluto nei suoi confronti, preferenze, promozioni e assunzioni arbitrarie fatte a fini personali».

Nella replica alla trasmissione di La7 che il giorno successivo padre Federico Lombardi ha reso nota su mandato della Segreteria di Stato, sono state fornite indicazioni dalle quali risulta che l’innegabile opera moralizzatrice e risanatrice della gestione Viganò sui bilanci – il presepe in piazza San Pietro, ad esempio, è passato da un costo di 550.000 euro a 300.000 –  è stata un merito non attribuibile soltanto al suo impegno, ma anche a quello del suo superiore diretto, il cardinale Giovanni Lajolo, come pure alla gestione più oculata dei Musei Vaticani: tutto ciò ha permesso ai conti di tornare in attivo di qualche milione di euro, mentre in precedenza di registrava un pesante deficit.

Quello che non è stato rivelato dal comunicato della Santa Sede, è che sulle accuse di Viganò a Nicolini è stata svolta un’inchiesta interna, affidata a una commissione disciplinare, presieduta da un ex uditore della Rota Romana,monsignor Egidio Turnaturi. La commissione ha ascoltato i testimoni citati nelle drammatiche lettere del prelato. Per quanto riguarda gli articoli anonimi su «Il Giornale», si è concluso con l’«indimostrabilità» delle attribuzioni messe nero su bianco da Viganò, mentre dopo le indagini si sono rivelate non fondate altre accuse relative a monsignor Nicolini, anche se la commissione ha ritenuto riscontrati i rilievi riguardanti il suo carattere e ha suggerito di prendere provvedimenti.

Questo tassello è importante per ricostruire la vicenda, perché altrimenti si potrebbe essere indotti a pensare che le segnalazioni di irregolarità o di reati rimangano senza seguito Oltretevere. «Ovviamente – spiega a Vatican Insider un’autorevole fonte vaticana – monsignor Viganò ha fatto il suo dovere denunciando riservatamente ai superiori ciò che riteneva necessario denunciare. Ma non si deve immaginare che le sue denunce siano state considerate carta straccia o prontamente archiviate».

La decisione del Papa, messo a conoscenza degli esiti dell’inchiesta e  consultati Bertone e Lajolo, è stata di nominare l’arcivescovo nunzio apostolico negli Stati Uniti: innegabilmente un «promoveatur ut amoveatur», se è vero che al prelato era stata in qualche modo «promessa» la successione ai vertici del Governatorato con annessa porpora cardinalizia. La decisione è stata presa a motivo del clima di tensione che si è venuto a creare nello Stato della Città del Vaticano. E le parole di Lombardi sulla piena fiducia nutrita dal Pontefice verso Viganò, sta a indicare il riconoscimento dei suoi meriti nel processo di risanamento. Certo, ci si potrebbe anche domandare per quale motivo, se si sono considerate tutte infondate le accuse rivolte dal prelato nelle lettere, lo si è considerato poi degno di ricoprire un incarico delicato e di prestigio qual è quello di capo dell’ufficio diplomatico di Washington, responsabile dei rapporti con la Casa Bianca e stretto collaboratore del Papa nella scelta della classe dirigente della Chiesa statunitense. Un incarico che richiede equilibrio, riservatezza e ottime capacità diplomatiche.


Un’altra domanda riguarda la continuazione o l’eventuale rallentamento, del processo di risanamento operato da Viganò. E su questo dovrebbe rimanere alta l’attenzione, fuori e dentro le mura, per evitare che si ripetano o continuino episodi oggettivamente scandalosi, tanto più un periodo di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo. È stato scioccante apprendere che un presepe composto di una stalla o di una grotta ricostruita in Piazza San Pietro costava tanto quanto una bifamiliare nella campagna romana. Quest’anno, il primo dopo la «cura Viganò», il presepe è costato come l’anno precedente, 300.000 euro, e secondo alcune indiscrezioni si starebbe lavorando per dimezzarne il costo nel 2012.



ANDREA TORNIELLICITTA' DEL VATICANO


http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/vaticano-bertone-vigano-12088/

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