Diario Vaticano /Il nuovo patriarca è stato scelto personalmente da Benedetto XVI. Viene da Genova ed è discepolo del cardinale Siri. È un sicuro ratzingeriano, sia in teologia che in liturgia
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CITTÀ DEL VATICANO, 31 gennaio 2012 – La nomina di monsignor Francesco Moraglia a nuovo patriarca di Venezia è tra le più personali che Benedetto XVI ha compiuto durante il suo pontificato.
Non risulta che la provvista sia stata discussa in una delle riunioni che si tengono ogni giovedì nella congregazione vaticana per i vescovi guidata dal porporato canadese Marc Ouellet – riunione alla quale partecipano i cardinali e vescovi membri della congregazione –, come è avvenuto per la nomina di Angelo Scola a Milano.
Non risulta che la provvista sia stata discussa in una delle riunioni che si tengono ogni giovedì nella congregazione vaticana per i vescovi guidata dal porporato canadese Marc Ouellet – riunione alla quale partecipano i cardinali e vescovi membri della congregazione –, come è avvenuto per la nomina di Angelo Scola a Milano.
Né risulta che ci sia stata una riunione ristretta a pochi ecclesiastici di alto rango – ad esempio i vertici della segreteria di Stato, della congregazione per i vescovi, della conferenza episcopale italiana –, come è avvenuto per la scelta degli ultimi titolari di altre diocesi cardinalizie italiane quali Torino e Firenze.
Sembra invece che la decisione sia maturata personalmente in papa Joseph Ratzinger semplicemente sulla base della relazione scritta fornita dalla nunziatura in Italia e, forse, di qualche colloquio personale con l'uno o l'altro cardinale.
L’inchiesta della nunziatura italiana sui candidati a Venezia è stata compiuta quando questa sede diplomatica, in assenza del nunzio, era retta da un incaricato d’affari, il quale ha fornito un resoconto quasi notarile delle consultazioni che sono state fatte dopo l’estate scorsa. Nel resoconto si riportano le indicazioni dei vescovi del Triveneto, di altri ecclesiastici e di alcuni laici di Venezia, dei cardinali residenziali italiani compresi alcuni emeriti, degli arcivescovi di diocesi cardinalizie.
Alla fine i suffragi più numerosi sono confluiti sull’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzoccato (63 anni, già vescovo ad Adria-Rovigo e a Treviso, dal 2009 alla guida della diocesi friulana) e su Moraglia. Ma mentre sul primo, che è veneto, non c’è stato un plebiscito da parte dei confratelli della sua stessa regione ecclesiastica, il secondo, che proviene dalla Liguria, ha raccolto le preferenze di quasi tutti i cardinali consultati.
Monsignor Moraglia è diventato noto al grande pubblico dopo l’alluvione che ha colpito duramente la sua diocesi di La Spezia lo scorso ottobre, quando dispose subito che i seminaristi della diocesi (cresciuti di numero con lui) si recassero sui luoghi del disastro per aiutare la popolazione. Ma da tempo è stimato da importanti ecclesiastici che lo hanno conosciuto da vicino.
Nato a Genova il 25 maggio di 59 anni fa, è ordinato sacerdote il 29 giugno 1977 dal cardinale Giuseppe Siri, con il quale diventa viceparroco e nel 1986 docente di teologia all’Istituto superiore di scienze religiose della Liguria. Con il successore di Siri, il cardinale Giovanni Canestri, diventa nel 1989 docente alla sezione genovese della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, nel 1990 assistente diocesano del MEIC e nel 1994 preside del predetto Istituto di scienze religiose. Con il successore di Canestri, il cardinale Dionigi Tettamanzi, nel 1996 diventa direttore dell’ufficio diocesano per la cultura. Con il successore di Tettamanzi, Tarcisio Bertone, nel 2004 diventa canonico effettivo del capitolo metropolitano della cattedrale di San Lorenzo. Quando poi a fine 2007 arriva la nomina a vescovo di La Spezia, a consacrarlo vescovo a Genova il 3 febbraio 2008 sono il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della CEI, e l’arcivescovo Mauro Piacenza, oggi cardinale prefetto della congregazione per i clero, che ha sempre seguito molto da vicino il percorso ecclesiastico di Moraglia.
Bagnasco, con un suo decreto del 23 aprile 2010, ha nominato Moraglia presidente del consiglio d'amministrazione della Fondazione “Comunicazione e Cultura”, alla quale fa capo l’emittente TV 2000, di proprietà della CEI e diretta dal 18 ottobre dello stesso anno da Dino Boffo.
Su Moraglia si è insomma registrata una rara convergenza di consensi tra personalità per altri versi non sempre in sintonia tra loro, come i cardinali Bagnasco e Bertone. Nonché di altri porporati consultati come Carlo Caffarra, Camillo Ruini, Angelo Scola e Crescenzio Sepe.
Ma il nuovo patriarca di Venezia è stimato anche dall’anziano ma sempre vigile cardinale Giacomo Biffi, che pur non conoscendolo da vicino aveva speso tutta la sua rilevante autorevolezza presso papa Ratzinger per proporlo addirittura come arcivescovo di Milano – nelle vene di Moraglia scorre sangue ambrosiano per via materna – con una accorata lettera che aveva molto colpito le alte stanze del Palazzo Apostolico.
Moraglia può essere definito senza ombra di dubbio "ratzingeriano", sia in teologia che in liturgia. È uomo di cultura, ma sempre attento a far sentire la presenza della Chiesa a fianco del mondo del lavoro con un occhio di riguardo per le fasce più deboli, in questo seguendo una tradizione che discende da Siri. Così, nel gennaio 2009, è stato visto mentre in impeccabili abiti episcopali impugnava un megafono per parlare con le maestranze di una fabbrica mobilitate in difesa del posto di lavoro (vedi la foto di Claudio Pistelli per "Il Secolo XIX").
Adesso Moraglia, mediaticamente piuttosto in ombra, si trova a dover succedere a Venezia a un cardinale come Scola che invece ha sempre avuto grande visibilità, anche grazie alle molteplici iniziative che hanno caratterizzato il suo mandato: basti pensare al polo educativo del Marcianum e alla Fondazione Oasis.
Essendo poi il primo genovese a salire sulla cattedra di San Marco, Moraglia dovrà essere attento a non urtare le sensibilità campanilistiche sempre in agguato. Una prova del gradimento della sua nomina, almeno a livello ecclesiastico, si avrà quando la conferenza episcopale del Triveneto sarà chiamata ad eleggere il suo nuovo presidente (che oggi è l’arcivescovo di Gorizia, Dino De Antoni, dimissionario per età). I predecessori Scola e Marco Cè, entrambi lombardi, non ebbero difficoltà ad essere eletti. Ed è improbabile che l’episcopato veneto riservi a un nominato personalmente dal papa lo sgarbo che l'episcopato della Toscana inflisse nel 2001 al neo arcivescovo di Firenze Ennio Antonelli (in precedenza segretario generale della CEI), quando gli preferì come presidente regionale l’arcivescovo di Pisa Alessandro Plotti, grande oppositore dell’allora presidente della CEI Ruini.
Con la nomina di Moraglia – che sarà creato cardinale nel primo concistoro successivo a quello che si celebra a febbraio – cresce il peso degli ecclesiastici discepoli di Siri, sia pure con sensibilità diverse. Oltre a Moraglia, infatti, sono stati ordinati sacerdoti da Siri i cardinali Bagnasco e Piacenza e il neoporporato Domenico Calcagno, presidente dell'APSA. Senza contare il nunzio apostolico Antonio Guido Filipazzi e il vescovo francese Marc Aillet. L’attuale maestro delle cerimonie pontificie monsignor Guido Marini fu l’ultimo diacono “caudatario” del cardinal Siri, mentre il viceministro degli esteri vaticano, monsignor Ettore Balestrero, pur essendo incardinato nella diocesi di Roma, è nato e cresciuto anche lui nella Genova “siriana”.
Raccontano i vecchi curiali che una volta il cardinale Sebastiano Baggio, potente prefetto della congregazione per i vescovi nell’ultima fase del pontificato di Paolo VI e all'inizio di quello di Giovanni Paolo II, abbia rimproverato il cardinale Siri di far crescere i suoi seminaristi e preti come in un'isola separata dal corpo della Chiesa italiana. E per questo non venivano presi in considerazione per essere fatti vescovi.
“Sì, è vero – avrebbe risposto Siri –, noi siamo in un'isola, ma ai miei ho insegnato a nuotare”. E a nuotare bene, si potrebbe aggiungere oggi.
__________http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350156
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