ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 gennaio 2012

Quiz d’inizio anno


Per aprire il dossier dedicato alla Chiesa nel numero speciale per il 2012 con in copertina Giorgio Napolitano “italiano dell’anno”, “Famiglia Cristiana” ha dato il posto d’onore a un altro dei suoi prediletti, anche lui fresco di una “cover story” sul settimanale paolino: Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e ministro.
Ebbene, sotto il titolo “La forza di guardare avanti”, Riccardi si è prodotto in un esercizio retorico di abilità non comune. In un colonnino di 50 righe, senza mai andare a capo, ha messo in fila 27 frasi compiute. Talmente compiute che ciascuna può stare in piedi da sé e sopportare di cambiar posto senza nuocere al senso profondo del tutto.
Una prova? Eccola. Dei tre testi riportati qui sotto uno solo è quello autentico.
Gli altri due sono composti con le stesse 27 frasi dell’originale, ma smontate e rimontate ad una ad una in due sequenze completamente diverse.
Il gioco è aperto. La soluzione è a pagina 34 del numero 1 del 2012 di “Famiglia Cristiana”.

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RICCARDI I
Affermava un grande sapiente ebraico del secolo scorso, Martin Buber: “Cominciare da se stessi: ecco l’unica cosa che conta. Il punto di Archimede a partire dal quale posso, da parte mia, sollevare il mondo è la trasformazione di me stesso”. Quel sogno resta lo stesso anche in tempi difficili. È un grande compito quotidiano che riguarda i singoli credenti e la comunità cristiana nel suo complesso. Per molti, soprattutto i deboli, sarà un tempo duro. Si rischia di essere tutti più concentrati su di sé, arrabbiati, antagonisti verso gli altri. Per questo bisogna che ognuno di noi, fin da oggi, abbia il coraggio di cominciare a vivere un vero rinnovamento e una nuova responsabilità, partendo da sé. Sì, bisogna alzare gli occhi e guardare i campi della vita, come si aprono nell’anno che viene. Questi campi sono segnati dalla crisi economica e dai sacrifici, quindi anche dalla rassegnazione. Talvolta questa stessa sofferenza si ritrova tra noi cristiani e nella Chiesa. Invece, c’è bisogno di più solidarietà e attenzione agli altri nella vita quotidiana. Resto sempre colpito dalle parole di Gesù ai suoi discepoli, quando essi erano presi da piccole discussioni presso il pozzo di Giacobbe: “Alzate i vostri occhi e guardate i campi che biondeggiano per la mietitura” (Gv 4,35). Sono i campi della nostra vita e del nostro lavoro. Nel 2012 si compiono cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II da parte di Giovanni XXIII. Non è un caso che il Papa abbia voluto, a cinquant’anni dal Concilio, un sinodo sulla nuova evangelizzazione. Bisogna riprendere i testi del Concilio, che rappresentano un vero ponte tra l’oggi cristiano e la grande tradizione della Chiesa. Ma non vuol dire guardare al passato. Spesso si pensa che le stagioni del passato siano state le migliori per la Chiesa e per i credenti. No, dobbiamo amare questo nostro tempo e credere che il Vangelo si comunichi ora in mezzo a questi uomini e a queste donne. Infatti, il senso del Concilio – diceva Paolo VI – è comunicare il Vangelo alla gente del nostro tempo. Quel papa voleva una nuova primavera della Chiesa. Far fiorire la vita della Chiesa in modo eloquente e amorevole in mezzo al mondo. È per questo che Benedetto XVI ha voluto la celebrazione dell’Anno della fede. La Chiesa fiorisce dal rinnovamento della fede. È bene interrogarsi sulle sfide della Chiesa per il 2012, anche perché viviamo troppo ripiegati sui nostri problemi. Quello di cui soffre il mondo contemporaneo è proprio la mancanza di visione del futuro. Bisogna avere il coraggio di guardare avanti e di non concentrarci solo sui problemi del presente. I cristiani debbono ripopolare di amore e di solidarietà una società di troppi poveri, di tanti soli e arrabbiati.
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RICCARDI II
Nel 2012 si compiono cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II da parte di Giovanni XXIII. Bisogna riprendere i testi del Concilio, che rappresentano un vero ponte tra l’oggi cristiano e la grande tradizione della Chiesa. Infatti, il senso del Concilio – diceva Paolo VI – è comunicare il Vangelo alla gente del nostro tempo. Quel papa voleva una nuova primavera della Chiesa. Far fiorire la vita della Chiesa in modo eloquente e amorevole in mezzo al mondo. La Chiesa fiorisce dal rinnovamento della fede. È un grande compito quotidiano che riguarda i singoli credenti e la comunità cristiana nel suo complesso. È per questo che Benedetto XVI ha voluto la celebrazione dell’Anno della fede. Ma non vuol dire guardare al passato. Spesso si pensa che le stagioni del passato siano state le migliori per la Chiesa e per i credenti. No, dobbiamo amare questo nostro tempo e credere che il Vangelo si comunichi ora in mezzo a questi uomini e a queste donne. Quello di cui soffre il mondo contemporaneo è proprio la mancanza di visione del futuro. Bisogna avere il coraggio di guardare avanti e di non concentrarci solo sui problemi del presente. Sì, bisogna alzare gli occhi e guardare i campi della vita, come si aprono nell’anno che viene. Sono i campi della nostra vita e del nostro lavoro. Resto sempre colpito dalle parole di Gesù ai suoi discepoli, quando essi erano presi da piccole discussioni presso il pozzo di Giacobbe: “Alzate i vostri occhi e guardate i campi che biondeggiano per la mietitura” (Gv 4,35). Questi campi sono segnati dalla crisi economica e dai sacrifici, quindi anche dalla rassegnazione. Per molti, soprattutto i deboli, sarà un tempo duro. Si rischia di essere tutti più concentrati su di sé, arrabbiati, antagonisti verso gli altri. Talvolta questa stessa sofferenza si ritrova tra noi cristiani e nella Chiesa. Invece, c’è bisogno di più solidarietà e attenzione agli altri nella vita quotidiana. Affermava un grande sapiente ebraico del secolo scorso, Martin Buber: “Cominciare da se stessi: ecco l’unica cosa che conta. Il punto di Archimede a partire dal quale posso, da parte mia, sollevare il mondo è la trasformazione di me stesso”. Quel sogno resta lo stesso anche in tempi difficili. Per questo bisogna che ognuno di noi, fin da oggi, abbia il coraggio di cominciare a vivere un vero rinnovamento e una nuova responsabilità, partendo da sé. I cristiani debbono ripopolare di amore e di solidarietà una società di troppi poveri, di tanti soli e arrabbiati. È bene interrogarsi sulle sfide della Chiesa per il 2012, anche perché viviamo troppo ripiegati sui nostri problemi. Non è un caso che il Papa abbia voluto, a cinquant’anni dal Concilio, un sinodo sulla nuova evangelizzazione.
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RICCARDI III
È bene interrogarsi sulle sfide della Chiesa per il 2012, anche perché viviamo troppo ripiegati sui nostri problemi. Quello di cui soffre il mondo contemporaneo è proprio la mancanza di visione del futuro. Talvolta questa stessa sofferenza si ritrova tra noi cristiani e nella Chiesa. Bisogna avere il coraggio di guardare avanti e di non concentrarci solo sui problemi del presente. Resto sempre colpito dalle parole di Gesù ai suoi discepoli, quando essi erano presi da piccole discussioni presso il pozzo di Giacobbe: “Alzate i vostri occhi e guardate i campi che biondeggiano per la mietitura” (Gv 4,35). Sì, bisogna alzare gli occhi e guardare i campi della vita, come si aprono nell’anno che viene. Sono i campi della nostra vita e del nostro lavoro. Questi campi sono segnati dalla crisi economica e dai sacrifici, quindi anche dalla rassegnazione. Per molti, soprattutto i deboli, sarà un tempo duro. Si rischia di essere tutti più concentrati su di sé, arrabbiati, antagonisti verso gli altri. Invece, c’è bisogno di più solidarietà e attenzione agli altri nella vita quotidiana. I cristiani debbono ripopolare di amore e di solidarietà una società di troppi poveri, di tanti soli e arrabbiati. È un grande compito quotidiano che riguarda i singoli credenti e la comunità cristiana nel suo complesso. Nel 2012 si compiono cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II da parte di Giovanni XXIII. Quel papa voleva una nuova primavera della Chiesa. Quel sogno resta lo stesso anche in tempi difficili. Far fiorire la vita della Chiesa in modo eloquente e amorevole in mezzo al mondo. È per questo che Benedetto XVI ha voluto la celebrazione dell’Anno della fede. La Chiesa fiorisce dal rinnovamento della fede. Bisogna riprendere i testi del Concilio, che rappresentano un vero ponte tra l’oggi cristiano e la grande tradizione della Chiesa. Ma non vuol dire guardare al passato. Spesso si pensa che le stagioni del passato siano state le migliori per la Chiesa e per i credenti. No, dobbiamo amare questo nostro tempo e credere che il Vangelo si comunichi ora in mezzo a questi uomini e a queste donne. Non è un caso che il Papa abbia voluto, a cinquant’anni dal Concilio, un sinodo sulla nuova evangelizzazione. Infatti, il senso del Concilio – diceva Paolo VI – è comunicare il Vangelo alla gente del nostro tempo. Per questo bisogna che ognuno di noi, fin da oggi, abbia il coraggio di cominciare a vivere un vero rinnovamento e una nuova responsabilità, partendo da sé. Affermava un grande sapiente ebraico del secolo scorso, Martin Buber: “Cominciare da se stessi: ecco l’unica cosa che conta. Il punto di Archimede a partire dal quale posso, da parte mia, sollevare il mondo è la trasformazione di me stesso”.

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