E mò scopriamo che la Chiesa fu dall’inizio (la sola) maestra di Tolleranza
Il problema non è il dialogo. Ma la mancanza di apologetica
Una riflessione documentata e anche storiografica sulla libertà religiosa, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso. Su quando nel dialogo la Verità smette di essere la protagonista e protagonisti diventiamo noi, le comparse. Un’analisi di Nostra Aetate e Gaudium et spes, le rubiconde mele “avvelenate” (da qualcuno) della Chiesa contemporanea.
PARAGRAFI
I documenti del Concilio che dovevano unire… dovevano! Concilio, dialogo e libertà religiosa: nulla di nuovo sul fronte tradizionale. Il macello nasce dal definire “chiese” le comunità protestanti. Ma quando mai i Padri della Chiesa sono stati “antisemiti”?! Perfido e’ chi dà del perfido al “perfido”. A proposito di “perfidi giudei”. Il “dialogo” e’ con tutti, ma l’ecumenismo e’ fra soli cristiani… E poi si pensi a Gesù e la prostituta. Manco aveva fatto in tempo a morire Cristo, che comparve il primo Melloni del cristianesimo: quel disgraziato di Marcione. Lo schifo e la vergogna viene da noi cristiani, non dalle “altre religioni”. E Gregorio Magno insegna la tolleranza religiosa. Lutero: se si convertono, bene; altrimenti, vadano a morì ammazzati! Lutero, il maestro dell’intolleranza religiosa. La Chiesa dai tempi apostolici era stata maestra di tolleranza… peccato che Lutero e progressisti se ne erano scordati. Quel “volemose bbene a tutti i costi” che fa male all’ecumenismo. La Chiesa: debitrice di tutti, salda il debito evangelizzando. Il dialogo e’ ok quando si intende “disputa”; non relazione fine a se stessa con l’altro. La missione della correzione fraterna
RITAGLIE allora, cosa c’è di sbagliato in Nostra Aetate o Gaudium et spes? Nulla, almeno a riguardo delle intenzioni. Se il dialogo non funziona e la gente non si converte, non è colpa di questo, ma di come viene impostato; dipende da noi aver abbandonato la dottrina cristiana: l’aborto, il divorzio, l’orgoglio gay, l’eutanasia, la genetica incontrollata, ecc… non l’hanno mica pretesi come legge “le altre religioni” ma noi, noi che ci dicevamo cristiani! Questo è lo scandalo e l’infruttuosità del dialogo.Ciò che ci interessa è il Magistero ufficiale della Chiesa e ciò che ha insegnato fin dal primo secolo: la tolleranza della libertà religiosa. Senza dubbio sollecitava ad un impegno costante per la predicazione del Divin Verbo affinché queste “genti” potessero alla fine conoscere Gesù, Verità Incarnata.Ciò che accadde dopo il Concilio Vaticano II è ben diverso: si presentò la tolleranza e la libertà per le altrui convinzioni religiose come un insegnamento “nuovo” e, con questa interpretazione, si giunse al sincretismo religioso, dimenticando la sollecitazione ad essere cristiani, a testimoniarlo e a predicarlo. In una parola, si staccò questa tolleranza religiosa dal dovere di predicare e testimoniare Cristo; si tenne esclusivamente il dialogo, dimenticando i doveri del battezzato. Questo, però, non fu mai chiesto dal Concilio, né è richiesto dai suoi documenti!Il vero dramma del nostro tempo non è il “dialogo” in sé ma l’assenza dell’apologetica, l’assenza della conoscenza della fede che diciamo di professare e l’avanzare delle proprie opinioni, delle proprie interpretazioni, del proprio individualismo.
di Tea Lancellotti
I DOCUMENTI DEL CONCILIO CHE DOVEVANO UNIRE. DOVEVANO…
Giovanni Paolo II, nel discorso al Sacro Collegio del 23 dicembre 1982, in occasione della VI Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese disse: «Celebrando la Redenzione andiamo al di là delle incomprensioni e delle controversie contingenti per ritrovarci nel fondo comune al nostro essere cristiani». Questo, in sintesi, è uno dei pilastri dei nuovi cambiamenti voluti dal Concilio Vaticano II: guardando al Cristo che diciamo di credere e predicare è indispensabile, in questo tempo, andare oltre le incomprensioni e le controversie e ritrovarci, ripartire, da quel fondo comune al nostro essere cristiani, ossia di Cristo. Non si tratta di perseguire “esclusivamente” quelquid che ci unisce, quanto piuttosto, superate le diffidenze maturate nel corso della storia soprattutto per questioni politiche, perseguire anche altre strade fra le quali quella del “ciò che ci unisce”, una strada effettivamente mai percorsa prima dalla Chiesa, ma non per questo illegittima. Questa è l’unica novità autentica del Concilio! L’errore fondamentale che è stato fatto è quello di aver pensato o addirittura pensato di insegnare una “nuova dottrina” e dunque una “nuova Chiesa”.
CONCILIO, DIALOGO E LIBERTÀ RELIGIOSA: NULLA DI NUOVO SUL FRONTE TRADIZIONALE
Con questo piccolo lavoro dimostreremo che non è così. Non c’è nessuna “nuova” dottrina: piuttosto la novità del percorrere una strada che la Chiesa avrebbe già dovuto intraprendere ma che, per motivi storici ed altro, non poté perseguire.
Questo aspetto legittimo della Chiesa ha tuttavia dato origine anche alle false interpretazioni, fino a giungere spesso a dei pericolosi sincretismi o a porre la Chiesa sullo stesso piano delle altre comunità non cattoliche o, persino, sullo stesso piano delle altre religioni.
Per rispondere adeguatamente alle tante domande sull’argomento, è fondamentale partire da questa affermazione ufficiale: il 29.6.2007 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha espresso per volere del santo padre Benedetto XVI una Dichiarazione che chiarisse, una volta per tutte, la situazione dottrinale e magisteriale della Chiesa e per una corretta applicazione del Concilio Vaticano II. Cinque risposte a cinque quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina cattolica sulla Chiesa. Rileggiamo quello che maggiormente interessa noi riguardo all’argomento trattato.
Primo quesito: “Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa?
Risposta: Il Concilio Ecumenico Vaticano II né ha voluto cambiare né di fatto ha cambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente.
Proprio questo affermò con estrema chiarezza Giovanni XXIII all’inizio del Concilio. Paolo VI lo ribadì e così si espresse nell’atto di promulgazione della Costituzione Lumen Gentium: “E migliore commento sembra non potersi fare che dicendo che questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era meditato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione”. I Vescovi ripetutamente manifestarono e vollero attuare questa intenzione”
IL CASINO NASCE DAL DEFINIRE “CHIESE” LE COMUNITÀ PROTESTANTI
Se molti che vogliono percorrere il cammino ecumenico si ostinano nel definire “chiese” quelle che non lo sono, ossia tutte le comunità protestanti, non è colpa del Concilio. Anche in questo caso, infatti, il documento fa luce:
Quinto quesito: Perché i testi del Concilio e del Magistero successivo non attribuiscono il titolo di “Chiesa” alle Comunità cristiane nate dalla Riforma del 16° secolo ?
Risposta:
Perché, secondo la dottrina cattolica, queste Comunità non hanno la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo
essenziale dell’essere Chiesa. Le suddette Comunità ecclesiali, che, specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico, non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate “Chiese” in senso proprio”
Eppure dobbiamo tristemente costatare che non pochi Pastori definiscono “chiese” queste comunità, ma, ripetiamo, la colpa non è del Concilio: è di chi si ostina ancora ad imporre le proprie opinioni, anche sottoforma a volte di messaggi pastorali nei quali si usa il termine “chiesa” senza tenere a mente queste precisazioni. E quel che è più triste è che molti sostengono l’errore che fanno volontariamente in nome “del Concilio”.
MA QUANDO MAI I PADRI DELLA CHIESA SONO STATI “ANTISEMITI”!
Vogliamo specificare che “noi”, che qui tentiamo di sviscerare l’argomento senza pretendere di dare risposte definitive, ci riteniamo un pò nel mezzo, con il Papa, in un difficile equilibrio fra i due estremi, catalogati oramai come progressisti da una parte e fondamentalisti (tradizionalisti) dall’altra: una posizione anch’essa scomoda perché facilmente attaccabile da entrambi gli estremi. Ma che è anche l’unica postazione che riteniamo plausibile, ossia “con il Papa”, fiduciosi nelle scelte che compie anche quando non le comprendiamo pienamente. Questo non esclude una serie di analisi e continui approfondimenti degli argomenti che, al di là di chi ha torto o ragione, ci coinvolgono tutti, perché interessano tutta la Chiesa e hanno ripercussioni sul mondo intero. Dunque, a certi gruppi troppo “tradizionalisti” (leggasi fondamentalisti) così come a chi soffia sul falso “spirito del Concilio” (leggasi progressisti) per alimentarlo, vogliamo ricordare in breve il pensiero della Chiesa in duemila anni di storia.
I Padri della Chiesa, memori di questo passo: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17), i Padri, dicevo, sono sempre stati consapevoli che compito della Chiesa non è mai stato quello di vietare (a parte il peccato) agli altri di professare il proprio credo, quanto quello di portare al mondo la conoscenza di questo compimento e della venuta del Messia. Così come è assurdo attribuire, oggi, ai Padri della Chiesa l’accusa di antisemitismo, quando essi non intervenivano mai sulla razza in quanto tale ma sul rifiuto di accogliere il Messia. C’è, pertanto, una bella differenza!
PERFIDO E’ CHI DÀ DEL PERFIDO AL “PERFIDO”. A PROPOSITO DI “PERFIDI GIUDEI”
Un esempio concreto è il termine “perfidi”… a proposito di “perfidi giudei”. Leggiamo questo passo:
598. La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che ” ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle [...] sofferenze ” del divino Redentore. (434) Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, (435) la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:” È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno condotto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell’iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti – afferma san Paolo – se lo avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria (1 Cor 2,8). Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici “.
Qualcuno potrebbe pensare che si tratta del Concilio o del Catechismo. In effetti è così: ma non appartengono al Vaticano II o all’ultimo Catechismo della Chiesa Cattolica. Queste parole sono del Concilio di Trento, in particolar modo arrivano dal Catechismo Tridentino. Sorprendente vero? Dov’è l’accusa di “deicidio”? Al contrario, già in quel concilio, la Chiesa aveva chiarito la situazione. Rimaneva solo da spiegare il termine “perfidi”: cosa volevano intendere i Padri con questo vocabolo?
Per comprenderlo, occorre far presente che il significato dei termini è cambiato da quando vennero usati con la loro etimologia originaria. Così, un autentico apologeta, oggi, si sforza di ricercare il significato delle parole e, in base a questo, prova a comprendere cosa intendessero dire i Padri ai loro tempi.
Nel suo libro su Pio XII del 2001 Andrea Tornielli chiarisce il qui pro quo con una limpidezza che è saggio riportare:
Come tutti i filologi sanno, il termine perfidi in latino ha soltanto il significato di “miscredenti”, riferito a coloro che non vogliono accettare la fede cristiana. Nessuno ha mai detto “perfido” ad un giudeo, nel termine che si traduce oggi. Gli dicevano “perfidus”, cioè “che non crede” nella seconda Persona della Santissima Trinità. Infatti i giudei non credono nella seconda Persona della Santissima Trinità. Ma con l’introduzione dei messalini in lingua volgare e le traduzioni, quel perfidilatino si era trasformato nell’inglese perfidious, nel francese perfide, nel tedesco treulos, nell’olandese trouweloos, nell’italiano perfidi…
Da una constatazione si era cioè passati a una condanna morale.
Eugenio Zolli (il Rabbino di Roma, amico di Pio XII che poi si convertì alla Chiesa richiedendo egli stesso come dono il nome di Eugenio) chiese a Pio XII di cancellare l’espressione. Il Papa rispose che il significato della parola latina non conteneva un giudizio morale, ma soltanto la constatazione che i giudei rifiutano la fede cristiana ed erano dunque infedeli. Ma fece fare una precisazione sull’argomento dalla Sacra Congregazione dei Riti, pubblicata il 10 giugno 1948. Dunque i perfidiJudaei erano soltanto i giudei infedeli e non perfidi.
L’espressione sarà definitivamente abolita da Giovanni XXIII. Oggi nella liturgia del Venerdì Santo i cristiani pregano soltanto “per gli Ebrei”, senza l’aggiunta di aggettivi”.
IL “DIALOGO” E’ CON TUTTI. MA L’ECUMENISMO E’ FRA SOLI CRISTIANI. E POI SI PENSI A GESÙ E LA PROSTITUTA…
Questo viene detto riguardo all’Ebraismo. E riguardo alle altre Religioni? Differenze sostanziali non ce ne sono. Si parla, infatti, di dialogo “interreligioso” nei confronti di tutte le “religioni” non cristiane, mentre si parla di “ecumenismo” per il dialogo fra cristiani separati, ossia solo fra coloro che credono in qualche modo nella Santissima Trinità, nell’Incarnazione di Dio e nella Sua Morte e Risurrezione, ma che tuttavia non sono nella Chiesa.Infine, si parla oggi anche di “cortile dei gentili”, con attenzione all’insegnamento paolino, per intrattenere un dialogo franco e sincero nei riguardi di chi cerca ancora un “Dio”, oseremo dire “gli atei aperti, devoti”.
Nostra Aetate parte da un incrocio irrinunciabile: la Chiesa, Nuovo Testamento, e Israele, l’Antico Testamento, sono inseparabili. Nel bene o nel male i nostri destini sono legati. Gesù è ebreo; Maria, sua Madre, è ebrea; la genealogia descritta da Matteo lega Giuseppe alla discendenza del re Davide al quale è unita indissolubilmente tutta la storia della Salvezza. Perciò non possiamo essere antisemiti: sarebbe una contraddizione in termini ed una contraddizione teologica. Al tempo stesso, non temiamo alcun confronto, non temiamo alcun dialogo, non temiamo alcuna religione. Di conseguenza, il rispetto e il dialogo non possono fare altro che aumentare la stima verso la Verità, verso Gesù Signore se coloro che si dicono cattolici sanno essere veri testimoni.
Gesù assume su di sé il sacerdozio regale; mantiene il sacrificio diventando Egli stesso il Sacrificio “unico e perfetto” a Dio gradito; Gesù così completa la Legge, rompe ogni schiavitù e la Legge diventa dono e regola di salvezza, non già di terrore. Un esempio concreto è il passo evangelico sulla donna adultera che stava per essere lapidata: Gesù non abolisce la Legge, ma la supera facendo leva sulla dignità della vita umana, richiamando i suoi giudici alle coscienze e al perdono, quando questi vengono chiamati a lanciare la loro pietra se si fossero ritenuti, in coscienza, senza peccato. Alla donna, dopo averle confermato il perdono, Gesù rivolge il suo paterno monito: “và e non peccare più!”. Dunque, in un breve dialogo, il Signore non mette da parte la legge o la dottrina, ma la vive, la mette al confronto con le coscienze di tutti i presenti, lascia decidere a loro; alla donna fa vedere il volto misericordioso di Dio, senza rinunciare ad ammonirla per evitare che cada di nuovo nel peccato.
Questa è la vera base per ogni autentico dialogo con i non cattolici o con gli atei.
Nostra Aetate e la Gaudium et spes, partendo dal Concilio, si irradiano nel mondo con queste intenzioni, ma senza dubbio tra il dire e il fare qualcosa è andato storto ed oggi, questi due testi sono quelli che maggiormente dividono all’interno della Chiesa.
MANCO AVEVA FATTO IN TEMPO A MORIRE CRISTO, CHE COMPARVE IL PRIMO MELLONI DEL CRISTIANESIMO: QUEL DISGRAZIATO DI MARCIONE
Riguardo agli Ebrei, occorre dire che la famosa Diaspora non comincia con l’avvento del Cristo né per colpa dei cristiani: essa era già iniziata secoli prima dell’Incarnazione di Dio. La stessa distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. non è attribuibile ai Cristiani: il Tempio subì la distruzione qualche decennio dopo la morte in croce del “Sacerdote regale ed unico”. Dalla morte di Gesù cambia tutto: da qui inizia il cammino della Chiesa con Gesù quale Sacerdote attraverso i “suoi”, attraverso coloro che lo accoglieranno senza più distinzione fra razza, popolo, lingua o nazione; da qui crollano tutte le frontiere; da qui si avvia il nuovo popolo redento; da qui nascono anche molte incomprensioni, ma nasce e si sviluppa l’apologetica, gli scritti dei Padri della Chiesa, ecc.; da qui nasce e si sviluppa l’insegnamento della dignità umana e della sua libertà che ha in Cristo la massima espressione.
I Padri della Chiesa hanno sempre sostenuto strenuamente che è lo stesso Dio vivente che parla a tutti noi nell’Antico come nel Nuovo Testamento, cominciando a condannareMarcione quando nell’anno 100 voleva separare l’Antico dal Nuovo Testamento vedendo nei due testi due divinità contrapposte…
Ricordando che il precetto fondamentale del cristianesimo è quello dell’amore di Dio verso il prossimo, promulgato già nell’Antico Testamento e confermato da Gesù, è del tutto normale e legittimo che questo obbliga cristiani ed ebrei, o persone di altre religioni, in ogni relazione umana senza eccezione alcuna. Dice Nostra Aetate: “I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra, hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce. (..) La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose. (NOTA DELL’AUTRICE: basti pensare che l’Incarnazione di Dio, l’avvento del Messia, non avvenne solo per gli ebrei o solo per i cristiani, ma per tutto il genere umano e fin anche per la natura stessa che, come ci rammenta san Paolo “soffre a causa del Peccato e attende la redenzione”).
Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.”
LO SCHIFO E LA VERGOGNA VIENE DA NOI CRISTIANI, NON DALLE “ALTRE RELIGIONI”. E GREGORIO MAGNO INSEGNA LA TOLLERANZA RELIGIOSA
E allora, cosa c’è di sbagliato in Nostra Aetate o Gaudium et spes? Nulla, almeno a riguardo delle intenzioni. Se il dialogo non funziona e la gente non si converte, non è colpa di questo, ma di come viene impostato; dipende da noi aver abbandonato la dottrina cristiana: l’aborto, il divorzio, l’orgoglio gay, l’eutanasia, la genetica incontrollata, ecc… non l’hanno mica pretesi come legge “le altre religioni” ma noi, noi che ci dicevamo cristiani! Questo è lo scandalo e l’infruttuosità del dialogo.
Leggiamo san Gregorio Magno, che fu anche papa (590 – 604), cosa scrisse nella lettera “Qui sincera” al vescovo Pascasio di Napoli, nov. 602: “Tolleranza dell’altrui convinzione religiosa. Coloro che con sincera intenzione desiderano portare alla retta fede quanti sono lontani dalla religione cristiana, debbono provvedere con (parole) attraenti, e non aspre, che un sentire ostile non allontani coloro la cui mente avrebbe potuto essere stimolata dall’adduzione di una chiara motivazione. Infatti chiunque agisca diversamente e li voglia con questo pretesto allontanare dal culto consueto del loro rito, dimostra di impegnarsi maggiormente per i propri interessi che per quelli di Dio.
“Alcuni giudei appunto, che abitano a Napoli, si sono lamentati presso di Noi, asserendo che qualcuno si sforza irrazionalmente di impedire loro la celebrazione di alcune loro feste, che ad essi (cioè) non sia permesso di celebrare le loro feste come finora a loro e in tempo lontano addietro ai loro antenati era lecito osservare e celebrare. Se la verità sta in questo modo, evidentemente prestano opera per una causa totalmente inutile. Infatti che cosa porta di utilità impedire un’antica usanza, se ciò a loro non giova nulla per la fede e la conversione? O perché stabilire per i giudei regole come debbano celebrare le loro festività, se con ciò non possiamo guadagnarli (alla fede)? Si deve perciò piuttosto agire in modo che, provocati dalla ragione e dalla mansuetudine, vogliano seguirci, non fuggire, affinché, mostrando loro dai loro Scritti ciò che noi affermiamo, li possiamo con l’aiuto di Dio convertire (portandoli) nel grembo della madre chiesa.
“Perciò la tua fraternità, per quanto con l’aiuto di Dio potrà, li sproni con moniti alla conversione e non permetta che vengano di nuovo disturbati per via delle loro festività, ma abbiano la libera concessione di osservare e di celebrare tutte le loro ricorrenze e feste, come finora hanno fatto.”
La lettera ci racconta un episodio grave dal quale emerge che i giudei confidavano nell’aiuto del Pontefice e conoscevano i loro diritti a tal punto da andare dal Papa per lamentarsi del fatto che tali diritti non erano rispettati, e il Papa li difende: difende la libertà religiosa! Ed è bene ricordare che, in Spagna, i Mori, dopo le svariate lotte, andavano d’accordo con gli ebrei e i cristiani e che la prima traduzione della Bibbia in arabo avviene in Spagna”.
Esiste anche un’altro documento antico che appoggia e sostiene Nostra Aetate ed è di papaAlessandro II (1061 – 1073), la lettera “Licet ex” al principe Landolfo di Benevento, scritta nel 1065, e che richiama la lettera di san Gregorio Magno:
“Quantunque noi non dubitiamo affatto che proceda dal fervore della pietà il tuo nobile proposito di condurre i giudei al culto della cristianità, tuttavia poiché sembra che tu lo faccia con disordinato fervore, abbiamo ritenuto necessario indirizzarti la nostra lettera a modo di ammonizione.
“Si legge, infatti, che il Signore nostro Gesù Cristo non ha ridotto con la violenza nessuno al suo servizio, ma con l’umile esortazione, avendo lasciato a ciascuno la libertà del proprio arbitrio, non giudicando ma effondendo il proprio sangue, ha distolto dall’errore tutti coloro che ha predestinato alla vita eterna. Così pure il beato Gregorio in una sua lettera proibisce che questo stesso popolo sia condotto alla fede con la violenza”.
(Se volete approfondire, alla Redazione Papalepapale potete chiedere anche la versione originale, scritta in latino).
LUTERO: SE SI CONVERTONO, BENE; ALTRIMENTI, VADANO A MORÌ AMMAZZATI! IL MAESTRO DELL’INTOLLERANZA RELIGIOSA
Che cosa è accaduto dunque, perché l’ultimo Concilio presentasse questo progetto della Chiesa come se fosse “nuovo”, alimentando, di conseguenza, quella rottura con la tradizione vera della Chiesa?
I veri persecutori erano i protestanti: non è una cattiveria ma una constatazione. Purtroppo, venne a crearsi una forte chiusura anche da parte della Chiesa dopo il disastro della Riforma. Leggiamo un passo della Lettera di Martin Lutero, una citazione lunga e dolorosa, ma necessaria:
Ammonimento ai Giudei (15 febbraio 1546): “(..) Per di più nella vostra regione avete ancora Giudei, che fanno gravi danni. Ora vogliamo comportarci con loro cristianamente e offrire la fede cristiana, perché vogliano accettare il Messia, che è pur sempre loro consanguineo: nato dalla loro carne, dal loro sangue e vera stirpe di Abramo, di cui si vantano, anche se io temo che il sangue giudeo sia ormai diventato acquoso e inquinato. Questo dovete offrire loro e cioè che si vogliano convertire al Messia e si facciano battezzare, dimostrando così la loro serietà: se non si comportano così non dobbiamo tollerarli. E’ Cristo che ci ordina di farci battezzare e di credere in Lui. E se ora non riusciamo a credere con fermezza come dovremmo, Dio avrà tuttavia pazienza con noi.
“Ora invece con i Giudei accade che essi bestemmiano e oltraggiano ogni giorno il nostro Signore Gesù. Intanto lo fanno e noi sappiamo che non possiamo sopportare ciò. Infatti se tollero chi oltraggia, bestemmia e maledice il mio Signore Cristo, mi rendo partecipe di peccati altrui, mentre ne ho a sufficienza dei miei. Quindi, o miei Signori, non dovreste tollerarli, ma espellerli. Se però i Giudei si convertono, lasciano la loro usura e accettano Cristo, dobbiamo considerarli nostri fratelli.
(..) In altra maniera non andrà, poiché la fanno troppo grossa.
“Sono i nostri pubblici nemici, non la smettono di bestemmiare il nostro Signore Gesù Cristo, chiamano puttana la Vergine Maria e Cristo figlio di puttana e li chiamano mostri, bastardi. E se potessero ucciderci tutti, lo farebbero volentieri, anzi lo fanno spesso, specialmente quelli che si spacciano per medici – anche se ogni tanto aiutano – poiché alla fine il diavolo aiuta a mettere il sigillo. Così i Giudei conoscono anche la medicina che viene praticata nella terra di Roma; i Welschen, gl’italiani, sanno bene come si produce un veleno che fa morire in un’ora, un mese, un anno: l’arte la conoscono. Siate dunque decisi con loro, poiché non sanno fare altro che bestemmiare il nostro amato Signore Gesù Cristo in modo mostruoso e vogliono privarci del nostro corpo, della nostra vita, del nostro onore e dei nostri beni.
Ciò nonostante vogliamo esprimere loro l’amore cristiano e pregare per loro, che si convertano, accettino il Signore, che dovrebbero onorare davanti a noi.
Chi non vuole fare questo, è indubbiamente un malvagio giudeo, che non smetterà di bestemmiare Cristo, di approfittare di te e, dove può, di uccidere. “
LA CHIESA DAI TEMPI APOSTOLICI ERA STATA MAESTRA DI TOLLERANZA. PECCATO CHE LUTERO E PROGRESSISTI SE NE ERANO SCORDATI…
Tolto qualche termine forte che suona quasi come una bestemmia e per il quale ci scusiamo, ma questa è la realtà, ci sembra di leggere una lettera “fondamentalista”. Come possiamo ben verificare, il Magistero ufficiale della Chiesa aveva già insegnato “Nostra Aetate” con san Gregorio Magno, mentre il protestantesimo di Lutero insegnava l’intolleranza religiosa. Vi abbiamo portato come esempio due lettere, due modi diversi di intendere il cristianesimo e il rapporto con i non cattolici: il primo è quello autentico ed insegna la tolleranza religiosa e il rispetto dei non cattolici; il secondo, senza dubbio, è falso! Altra cosa poi sono stati i comportamenti dei singoli nella Chiesa ma per questi non spetta a noi giudicare. Inoltre solo la Chiesa Cattolica ha fatto un mea culpa per i comportamenti “dei suoi figli”, mentre ancora nulla è arrivato dalle altre comunità non cattoliche, in primis i luterani!
Ciò che ci interessa è il Magistero ufficiale della Chiesa e ciò che ha insegnato fin dal primo secolo: la tolleranza della libertà religiosa. Senza dubbio sollecitava ad un impegno costante per la predicazione del Divin Verbo affinché queste “genti” – che di fatto avevano un animo sensibile, rivolto al soprannaturale, tollerate nel rispetto delle proprie usanze religiose e della propria cultura, a meno che non fosse offensiva ed irriguardosa nei confronti di Dio – affinchè queste genti, dicevo, potessero alla fine conoscere Gesù, Verità Incarnata.
Ciò che accadde dopo il Concilio Vaticano II è ben diverso: si presentò la tolleranza e la libertà per le altrui convinzioni religiose come un insegnamento “nuovo” e, con questa interpretazione, si giunse al sincretismo religioso, dimenticando la sollecitazione ad essere cristiani, a testimoniarlo e a predicarlo. In una parola, si staccò questa tolleranza religiosa dal dovere di predicare e testimoniare Cristo; si tenne esclusivamente il dialogo, dimenticando i doveri del battezzato. Questo, però, non fu mai chiesto dal Concilio, né è richiesto dai suoi documenti!
QUEL “VOLEMOSE BBENE A TUTTI I COSTI” CHE FA MALE ALL’ECUMENISMO
Va sottolineato che una certa spinta ecumenica è falsa ed è quella che si fonda sul “volemose bene a tutti i costi” e sul sincretismo religioso; è quella, tanto per intenderci, che nel suo nome fece arrivare “li boni frati” a prestare l’altare di santa Chiara per far sgozzare un pollo per un rito religioso, ma – lo ribadisco – non è questo che voleva Nostra Aetate, né è quello che si proponeva di insegnare. La vera difficoltà nel comprendere correttamente certe aperture avvenute nel Concilio sta nel fatto che queste sono avvenute attraverso delle applicazioni abusive, in nome della “nuova” pastorale imposta nelle parrocchie. Imposta, pertanto, ai fedeli che di colpo si sono ritrovati, senza preparazione alcuna, ad una svolta tutta nuova quando, in verità, di nuovo non c’era nulla in sé, ma tutto andava precisato, andava ripreso spiegando più approfonditamente il Concilio di Trento (questo, per esempio, nella Nostra Aetate non viene mai citato, mentre lo stesso Concilio viene citato 5 volte nel documento Sacrosanctum Concilium in difesa della Liturgia e della lingua latina: eppure come ben sappiamo, anche queste citazioni non furono sufficienti per proteggere la Messa dalle derive che abbiamo vissuto e che ancora oggi devastano le anime dei fedeli).
E, allora, come si esercita l’ecumenismo attraverso i documenti del Concilio?
L’ecumenismo cattolico avviene tramite l’insegnamento. Non si scappa: la Chiesa è Mater et Magistra come dice l’enciclica, dimenticata, del beato Giovanni XXIII.
Il primo compito della Chiesa è di insegnare la fede: la Chiesa è in possesso della fede che è la Verità assoluta ed immutabile e deve insegnarla agli altri per la loro salvezza. Così rammenta uno dei quesiti riportati sopra dalla CdF: “… Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito…”.
Dunque, per essere salvati, tutti gli uomini, nessuno escluso, devono conoscere Dio con la fede e amarlo con la carità (di per Se Stesso e tramite il prossimo), per glorificarlo quaggiù e in cielo, e per salvare le loro anime.
Non c’è altra via d’uscita, non ci sono “altre religioni” che possono salvare gli uomini, ma esistono le “vie straordinarie”. In un testo catechetico del 1886, con imprimatur, si spiega quanto segue: “Quando la Chiesa insegna questa Salvezza non intese mai dire che tutti gli altri che non appartengono alla Chiesa siano come eternamente dannati o perduti… ma solamente dice che la sola Chiesa di Gesù Cristo ha la potenza di condurre gli uomini alla certezza della salvezza. I mezzi per conseguire l’eterna salute sono quelli ordinari, ma anche quelli straordinari: i mezzi ordinari sono nelle mani della Chiesa e sono i suoi Divini Sacramenti, quelli straordinari sono nelle mani di Dio e sono quelli che la Chiesa definisce “strade misteriose che conducono a Dio”, tuttavia anche i mezzi straordinari si muovono in modo ordinato che ha nella Divina Eucaristia, la Santa Messa, il suo principio motore, e poi le Preghiere della Chiesa e dei fedeli, specialmente il santo Rosario. E scrive Sant’Agostino: “L’uomo non può aver salute se non nella Chiesa Cattolica. Fuori della Chiesa può trovare tutto, tranne la salute: può avere autorità, può anche possedere il Vangelo, può tenere e predicare la fede col nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, ma in nessun luogo, se non nella Chiesa potrà trovare salvezza” (Sermone ad Caesariens. Eccl. prebem. n.6).
LA CHIESA: DEBITRICE DI TUTTI, SALDA IL DEBITO EVANGELIZZANDO
Sempre da questo testo catechetico, per nulla superato, trattandosi di insegnamento di dommatica, leggiamo:
In cosa consiste la Missione della Chiesa?
La Bibbia e la Tradizione abbisognano d’essere interpretate, sì, anche la Tradizione ha bisogno di essere interpretata nel corso dei secoli, capita ed esposta sempre più chiaramente come la Sacra Scrittura: la prima missione di farlo spetta esclusivamente alla Chiesa docente la quale, per l’indeficiente assistenza dello Spirito Santo possiede in seno la Parola viva di Dio rivelante Sé Stesso, e che definiamo Tradizione viva della Chiesa, e derivando il Vero rivelato dalla Scrittura e dai Padri, ne determina il senso, l’unico vero senso, spiegato e sviluppato, e così nel tempo lo spiega e lo sviluppa, lo soddisfa ai bisogni intellettuali del tempo.
Ma se il Divin Redentore sottrasse la fede al giudizio dei dotti, non è perciò che la scienza non concorda anch’essa come fonte ausiliare allo sviluppo delle discipline teologiche. Il pontefice Gregorio XVI, infatti, come condannò gli Ermesiani che troppo concedevano all’umana ragione, così condannò del pari il sistema dell’Abbé Bautin (1836) secondo il quale, la umana ragione, sarebbe incapace di conoscere alcuna verità religiosa che a lei dalla Tradizione non sia derivata, ossia, la pretesa del “tradizionalismo”.
E’ bene insegnare soprattutto ai giovani e a quanti si dedicano all’insegnamento di materia religiosa, che la Chiesa Cattolica, fondata per tutti i tempi e per tutte le Nazioni, sa di essere “debitrice” ai popoli civili ed anche ai barbari, alle persone dotte, quanto a quelle ignoranti, come insegna l’Apostolo Paolo ai Romani 1,14-15 “Graecis ac barbaris, sapientibus et insipientibus debitor sum. Itaque, quod in me est, promptus sum et vobis, qui Romae estis, evangelizare. / Poiché sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i dotti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto, per quanto sta in me, a predicare il vangelo anche a voi di Roma”.
E’ pertanto la Chiesa stessa a favorire lo studio delle discipline teologiche, nella Sua Missione c’è la predicazione del santo Vangelo per sollecitare la Fede, quanto la sollecitazione ad impegnar la ragione rispettando l’evolversi delle dispute, tollerando le diversità delle opinioni altrui, favorendo un clima di libertà intellettuale, Essa non interviene che allora, quando vede compromessa la purità della fede, quando vede che i Dogmi sono minacciati, quando si vede costretta a farlo per proteggere il Depositum Fidei.
Quindi la missione della Chiesa è evangelizzare ai popoli tutti l’annuncio del santo Vangelo, nel quale rientra tutta la Dottrina dei Sacramenti e la Legge della Chiesa, e al tempo stesso guidare e condurre i popoli non solo con la fede ma anche con la ragione, ossia, sviluppando e favorendo le dispute. Si ammonisce solo che entrambe le missioni della Chiesa, siano contestualizzate in una sola grande Missione e del suo unico scopo e fine: conoscere il Sommo Bene e il Cristo Signore affinché tutti i popoli Lo accolgano e si lascino Battezzare, perseguendo la via del bene e il suo fine ultimo: “Fur non venit, nisi ut furetur et mactet et perdat; ego veni, ut vitam habeant et abundantius habeant. / Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. ” (Gv.10,10)
IL DIALOGO E’ OK QUANDO SI INTENDE “DISPUTA”. NON RELAZIONE FINE A SE STESSA CON L’ALTRO. LA VERITÀ DEVE ESSERE PROTAGONISTA NON NOI
Possiamo dire che fonte autentica di un sano ecumenismo non è tanto il “dialogo” quanto “le dispute” che, condotte con rispetto reciproco, non possono che dare spazio alla Verità (che nel nostro caso non è una religione culturale o una filosofia ma è la Persona, Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo) la quale, essendo appunto Dio, si farà strada facendosi conoscere.
Oggi invece, il concetto di dialogo viene inteso come una specie di relazione reciproca con l’altro, dove, in un tipo di processo senza fine, ognuno rimane nelle sue convinzioni, in ricerca di una verità elusiva o mutabile, magari raggiungibile con dei compromessi, di recente condannati espressamente da Benedetto XVI. Una ricerca che penalizza, però, quella sola Verità, considerata come meno importante del dialogo stesso o dell’amore che lo costituisce. Per valutare questo concetto di dialogo, bisogna spiegare che la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto la verità da Dio stesso che è la Verità tutta intera. Nostro Signore Gesù Cristo disse: “Io vi manderò lo Spirito della verità, che vi condurrà alla verità intera”. Questa verità è la Verità sovrannaturale, il contenuto della fede, la Verità assoluta e immutabile: più stabile della terra, delle stelle, della luna, e persino del sole, perché “il cielo e la terra passeranno ma – dice il Signore – le mie parole non passeranno”.
Le parole del Signore, le verità della fede, sono immutabili e non cambieranno: neanche uno jota cambierà, e nessun uomo di Chiesa, nessun Concilio ha il potere di cambiare il minimo dettaglio della fede e di fatto questo non è avvenuto nei documenti nel Concilio.
L’unico autentico dialogo è quel parlarsi rispettosamente che Gesù ci ha insegnato nel Vangelo, predicando la conversione: “convertitevi e credete al Vangelo“.
Non mi sembra che Nostra Aetate o la Gaudium et spes dicano il contrario. Certo, il non aver citato nessun documento bimillenario della Chiesa, per approfondire uno sviluppo naturale e legittimo del rapporto con il prossimo non cattolico, ha causato inevitabilmente un fraintendimento nella loro interpretazione, una rottura con il passato forse per alcuni anche voluta, ma non certo magisteriale, non certo papale.
Facciamo un esempio concreto: papa Alessandro VIII, con il Decreto del S. Uffizio del 7 dicembre 1690, condannava alcuni errori dei giansenisti fra i quali questi: “Pagani, Giudei, eretici e altri di questo genere non ricevono assolutamente nessun influsso da Gesù Cristo: si deduce quindi rettamente da questo che in loro c’è la nuda e inerme volontà, senza nessuna grazia sufficiente” (Denz/36a ed., n. 2305).
“Il non credente in ogni azione pecca necessariamente” (Denz/36a ed., n. 2308).
“Tutto ciò che non proviene dalla fede cristiana soprannaturale che opera per l’amore, è peccato” (Denz/36a ed., n. 2311).
Se papa Alessandro VIII nel 1600 sosteneva che pagani, giudei, eretici ed altri potrebbero ricevere l’influsso da Gesù Cristo, perché non citarlo in Nostra Aetate o nella Gaudium et spes e mettere così a tacere ogni conflitto? Quanti cattolici oggi conoscono questi testi antichi che abbiamo riportato nell’articolo? Mi chiedo, e Dio mi perdoni, se il clero e certi vescovi li conoscono.
Il vero dramma del nostro tempo non è il “dialogo” in sé ma l’assenza dell’apologetica, l’assenza della conoscenza della fede che diciamo di professare e l’avanzare delle proprie opinioni, delle proprie interpretazioni, del proprio individualismo!
CONCLUSIONE. LA MISSIONE DELLA CORREZIONE FRATERNA
Ascoltiamo le parole di Papa Benedetto XVI per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, pronunciate a Lorenzago il 20 luglio 2007:
“… cari amici, siate santi, siate missionari, poiché non si può mai separare la santità dalla missione. Non abbiate paura di diventare santi missionari come san Francesco Saverio, che ha percorso l’Estremo Oriente annunciando la Buona Novella fino allo stremo delle forze, o come santa Teresa del Bambino Gesù, che fu missionaria pur non avendo lasciato il Carmelo: sia l’uno che l’altra sono “Patroni delle Missioni”. Siate pronti a porre in gioco la vostra vita per illuminare il mondo con la verità di Cristo; per rispondere con amore all’odio e al disprezzo della vita; per proclamare la speranza di Cristo risorto in ogni angolo della terra”.
Concludiamo con le parole dal Messaggio per la Quaresima 2012, sempre del nostro amato pontefice:
“Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo.
(..)La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. (..) Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi…”.
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