ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 aprile 2012

"Aprite quella tomba"

I dubbi della famiglia Orlandi sull'inchiesta della procura di Roma
VATICANISTA DE LA STAMPA
A questo punto non esistono più alibi.  Sant'Appollinare non è Vaticano, ha chiarito il ministro dell'Interno. E allora perché la procura di Roma non apre il sepolcro del boss della Magliana, Renatino De Pedis? Forse è utile a questo proposito rileggere l'intervista concessa lo scorso luglio alla Stampa da Pietro Orlandi intitolata "In Vaticano le verità nascoste su Emanuela".
Pietro Orlandi, cosa pensa della pista del rapimento da parte di Enrico De Pedis detto «Renatino», ipotizzata ora dall’ex boss della banda della Magliana, Antonio Mancini? «E’ lo stesso scenario di cui ha parlato l'ex amante di De Pedis, Sabrina Minardi: una pista che da almeno tre anni stanno seguendo i magistrati Capaldo e Maisto. Credo che la banda della Magliana abbia avuto un ruolo di manovalanza. I mandanti erano altri».Mancini parla di un rapimento per ricattare il Vaticano a causa della mancata restituzione di almeno 20 miliardi di lire. E’ possibile?«La risposta la può dare solo la Santa Sede. A quanto pare siamo in presenza di un ricatto con un movente economico, ma la cosa incredibile è che si guarda solo in una direzione, si parla solo del ricattatore. Perché non si va a sentire il ricattato, cioè le alte gerarchie vaticane?».Cosa si aspetta dai magistrati?«Gli attuali inquirenti credono in questa pista? Mi pare di sì, lo ha anche dichiarato recentemente il procuratore aggiunto Capaldo. Quindi si faccia una rogatoria in Vaticano, pretendendo una risposta. La Santa Sede deve rispondere. Tanto più che sono ancora in vita alcuni dei cardinali che all’epoca collaboravano con Casaroli, chiamato ora direttamente in causa dal pentito Mancini: penso al cardinal Silvestrini, al cardinal Giovan Battista Re e ad altre figure di primo piano all'epoca della scomparsa di mia sorella».Come mai nessuno ha chiesto conto al Vaticano di un possibile ricatto per motivi finanziari?«Temo ci sia stata una sudditanza psicologica da parte della magistratura. Certo, a me che sono cresciuto nello Stato pontificio, e che ho sempre considerato il Vaticano la mia seconda famiglia, dispiace moltissimo constatare questa mancata collaborazione Pensi che ai funerali di mio padre Ercole, qualche anno fa, non si è fatto vedere nessuna delle alte eminenze che lui ha servito tutta la vita».Oggi Mancini sostiene che i personaggi di spicco della banda, oltre a Flavio Carboni, avevano contatti con le alte gerarchie ecclesiastiche. A lei, che ha lavorato come impiegato allo Ior, risulta?«Riferisco ciò che ho visto di persona. Lo stesso Mancini, incontrato tempo fa in uno studio tv, mi ha parlato della conoscenza tra De Pedis e monsignor Donato de Bonis, alto prelato dello Ior. E in varie occasioni ho sentito parlare de Bonis al telefono, con grande cordialità, con una persona che lui chiamava Renatino».Quando fu mostrato in questura l’identikit dell'uomo visto con Emanuela vicino al Senato il 22 giugno 1983 dal vigile Sambuco, alti funzionari esclamarono: «E’ De Pedis».Perché non si è indagato in quella direzione"«Lo vorrei sapere. Alcuni dissero che non era possibile che fosse De Pedis perché in quei giorni era all’estero. Però, come mi fu confermato dagli investigatori, ci furono anche pressioni dall’alto, grazie all'influenza del Vaticano perché le indagini fossero rallentate».Lei ha appena pubblicato con Fabrizio Peronaci il libro-denuncia «Mia sorella Emanuela» (edizioniAnordest). Il terrorismo internazionale potrebbe essersi servito della criminalità romana come manovalanza? «Il mandante, chi ha ideato e deciso il sequestro, si è servito con molta probabilità dei servizi segreti italiani e forse anche stranieri, che a loro volta hanno utilizzato la criminalità romana. Che ci fossero elementi della nostra intelligence deviati e legati alla banda della Magliana è noto».L'inchiesta su Emanuela è stata riaperta. Si aspetta che Mancini venga sentito, visto che rivela di non essere mai stato interrogato sul rapimento"«Se non è stato ancora sentito, certo, e al più presto. Noi familiari non ci rassegneremo mai, continueremo a chiedere giustizia e ci appelliamo a Benedetto XVI affinché con un atto di coraggio apra gli archivi e contribuisca ad abbattere quel muro di silenzio che dura da 28 anni».
 

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