Formigoni: “Non me ne vado. Neanche se arriva un avviso di garanzia”
Il governatore della Lombardia è sotto pressione per i suoi rapporti con Daccò, a cui la Procura contesta di avere incassato oltre 70 milioni di euro dalla Fondazione Maugeri. Il faccendiere avrebbe “ringraziato” il presidente con vacanze ai Caraibi e yacht a disposizione
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Più s’avvicina la resa dei conti e più Roberto Formigoni s’allontana da ciò che egli stesso aveva promesso: “Se qualcuno dimostrasse che Daccò ha avuto un vantaggio dai rapporti con me, mi assumerò le mie responsabilità e mi dimetterò”, aveva detto. Ieri ha fatto marcia indietro, mettendo le mani avanti: “Non vedo perché dovrei dimettermi, anche se ricevessi un avviso di garanzia.
Ci sono presidenti di Regione e sindaci che hanno più di un avviso di garanzia e giustamente non si dimettono, perché è un atto a tutela dell’indagato, per vedere se ha commesso o no un reato. Poi sarà la magistratura giudicante a decidere”. Il presidente della Regione Lombardia è sempre più sotto pressione per i suoi rapporti con il faccendiere Pierangelo Daccò, in carcere dal 15 novembre 2011. La Procura di Milano gli contesta di aver incassato all’estero oltre 70 milioni di euro dalla Fondazione Maugeri, che così lo “ringraziava” per i suoi interventi presso la Regione, capaci di “aprire porte”, “sbloccare pagamenti” e ottenere finanziamenti. Tutto merito della sua amicizia con Formigoni, “ringraziato” a sua volta con viaggi a Parigi, vacanze ai Caraibi, cene in ristoranti dal conto choc e yacht a disposizione per vacanze da sogno. Ha avuto a disposizione, per esempio, la barca “Ojala” per quattro mesi dell’estate 2007: con contratto d’affitto di 36 mila euro al mese, totale 144 euro. Mai pagati, dunque regalati a Formigoni e al suo convivente Alberto Perego. Nessun problema, per il presidentissimo: “Mi concedo due settimane di vacanza in estate e una a Natale, le passo sempre in Italia”, anche se “due volte mi sono concesso un’eccezione passandole alle Antille e pagandole con il mio reddito”.Ma il diavolo sta nei particolari. Così ha fatto molta impressione il racconto del comandante di uno degli yacht di Daccò usati da Formigoni, “Ad Majora”, il quale ha rivelato che a bordo c’erano anche “un altarino” e un “gigantesco rosario”, che rendevano l’imbarcazione proprio su misura per il presidente. Comunque, altro che tre settimane di vacanze l’anno: il comandante garantisce che il presidente era ospite fisso, ogni fine settimana: “Si iniziava a giugno e si andava avanti fino a settembre. E lui non mancava praticamente mai”. Il costo di una barca di quel tipo è di circa 50 mila euro al mese. Dunque anche “Ad Majora” è stata un regalo di almeno 200 mila euro ogni estate. Dalle carte dell’inchiesta, risulterebbe anche che il presidente avrebbe versato 1 milione e 100 mila euro a Perego, che li avrebbe usati per comprare nel 2011 da Daccò, a un prezzo di favore, una super-villa in Costa Smeralda. “In decenni di lavoro”, reagisce Formigoni a L’aria che tira (La7), “ho potuto accumulare risparmi per un milione di euro, che ho prestato a un amico per acquistare una casetta, non una villa faraonica, in Sardegna”. Questa la versione di Roberto. Un prestito in amicizia, “a un amico caro che ha problemi di salute” e che da solo “non avrebbe potuto permetterselo”. Poi sferra l’attacco: “Il penale non c’è, in questa storia, ed è questo che fa tanta rabbia ai miei oppositori”. A chi gli fa osservare che per molto meno, in Germania , Christian Wulffsi è dimesso da presidente della Repubblica, Formigoni risponde: “Wulff ha riconosciuto di aver avuto vantaggi: io non ho avuto alcun vantaggio, né Daccò ha avuto vantaggi da me e, quindi, non sono colpevole di nulla. Ripeto la frase che fa arrabbiare i miei oppositori: sono limpido come acqua di fonte, perchè dovrei dimettermi?”.
Pronte le contromosse: “Confermo che ho dato incarico ai miei legali di procedere con querele e richieste di danni per numerose radio, tv e altri organi di stampa che in queste settimane hanno leso la reputazione mia e di Regione Lombardia”. E, infine, il carico: “C’è una ripetuta violazione del segreto istruttorio e ora c’è anche una violazione del segreto bancario mio e di altre persone. Sono tutti reati gravi , che dovranno essere sanzionati”. Vittima, dunque, Formigoni. “Non intendo inseguire i particolari inverosimili o del tutto falsi che stanno uscendo, anche perché stanno uscendo illegalmente. Risponderò quando avrò anch’io a disposizione queste carte”. Le “carte” sono gli interrogatori dell’amico Daccò e la documentazione bancaria e contabile regolarmente acquisita dai pm. Intanto anche il suo partito sta preparando una exit strategy. C’è chi, come il leader dei “formattatori del Pdl”, Alessandro Cattaneo, lo proclama apertamente: “La vicenda Formigoni dimostra che al quarto mandato qualcosa s’inceppa. Berlusconi ha avuto l’intelligenza di fare un passo indietro. Il centrodestra ha bisogno di credibilità e bisogna cambiare qualche volto”. Gli altri, anche molti di quelli che nel Pdl stanno zitti o dettano comunicati di sostegno al presidente lombardo, nelle retrovie stanno lavorando per trovare un’alternativa. Per evitare il disastro, in caso di elezioni regionali anticipate, c’è chi vorrebbe lanciare la candidatura dell’ex sindaco di MilanoGabriele Albertini.
da Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2012
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