ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 11 giugno 2012

Caccia ai complici del corvo


Caccia ai complici del "corvo". Nei Sacri Palazzi si parla di almeno due cardinali con cui di tanto in tanto Gabriele parlava e si confidava. Poi anche alcuni laici, almeno quattro o cinque, tra cui sicuramente un giornalista, vedevano il maggiordomo del Papa, a volte anche nei bar fuori della Città leonina, avendo da lui racconti, spigolature, informazioni.
I magistrati potrebbero sentire le persone che avevano contatti col maggiordomo «infedele», e nel caso non si presentassero spontaneamente, procedere alle rogatorie con le autorità italiane. Altrettanto potrebbe succedere allo stesso Gianluigi Nuzzi, autore del bestseller «Sua Santità», vero 'corpus' dei documenti filtrati all'esterno delle mura vaticane. Intanto, a sgombrare il campo dalle ipotesi di intrighi, «veleni», scontri di potere e lotte tra fazioni contrapposte, dalla Curia vaticana non cessano i proclami sulla concordia e l'assenza di divisioni. Oggi Benedetto XVI, che domani pomeriggio aprirà in Laterano il congresso diocesano, parlando all'Angelus della festività del Corpus Domini e delle attuali sofferenze nelle parrocchie dell'Emilia terremotata, non ha mancato di sottolineare «l'importanza di essere uniti nel nome del Signore». Si passano al setaccio, una ad una, le carte sequestrate nell'appartamento di Paolo Gabriele, l'aiutante di camera di Benedetto XVI arrestato come il presunto «corvo» nella vicenda dei documenti riservati finiti sulle pagine di libri e giornali. Si vagliano i risultati dei primi due interrogatori «formali» cui l'uomo è stato sottoposto nei giorni scorsi, peraltro con sua ampia «collaborazione», anche per valutare quale direzione imprimere alle successive fasi dell'inchiesta. Si studiano poi - indica un'autorevole fonte vaticana - altri «elementi probatori» emersi finora. Per quanto gli interrogatori del maggiordomo del Papa conoscano ora una pausa e non riprenderanno nè domani nè prima di alcuni giorni, l'indagine sul ciclone 'Vatileaks' non si ferma e - dicono in Vaticano - conosce una «fase di approfondimento» a livello documentale, sia sulle carte detenute illecitamente da Gabriele, provenienti direttamente dall'Appartamento, sia sui verbali delle deposizioni. Un momento decisivo, questo, per il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet e per il promotore di giustizia Nicola Picardi, per decidere quali accertamenti svolgere negli ulteriori faccia a faccia con l'indagato, anche per capirne con certezza il movente, ed eventualmente per ampliare l'inchiesta ad altre persone che possono aver avuto un ruolo nella diffusione dei documenti segreti. Gabriele, oggi al suo 19° giorno di detenzione nella cella di quattro metri per quattro nel Palazzo della Gendarmeria, accusato di furto aggravato (reato per cui in Vaticano rischia da uno a sei anni di carcere, fatta salva la possibilità di essere graziato dal Pontefice), resta formalmente l'unico indagato. Su sua richiesta, oggi è stato accompagnato dai gendarmi - non ammanettato - ad assistere alla messa in una cappella in Vaticano. E se restano ancora dubbi sulle motivazioni che l'abbiano spinto ad accumulare una quantità di documenti e di corrispondenza del Papa, sicuramente sotto l'occhio attento degli inquirenti ci sono i contati e le amicizie che che l'uomo intratteneva assiduamente fuori e dentro il Vaticano. I magistrati vogliono capire se è in questo contesto che è maturata l'idea di Gabriele di cominciare ad appropriarsi e fare fotocopie di documenti cui aveva facile accesso nell'appartamento del Pontefice o magari sul tavolo del segretario don Georg. Il quale, due giorni prima dell'arresto del maggiordomo, ebbe con lui un acceso colloquio, essendosi reso conto che proprio Gabriele potesse essere una pedina del caso "Vatileaks".

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