ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 28 luglio 2012

Cerchi e botti?

Diario Vaticano / A chi andrà il Nobel della teologia
Il "Premio Ratzinger" sarà assegnato quest'anno a un filosofo francese e a un gesuita degli Stati Uniti. Ecco chi sono. E perché sono stati prescelti

di ***

 CITTÀ DEL VATICANO, 27 luglio 2012 – C'è grande attesa sulle assegnazioni della seconda edizione del “Premio Ratzinger”, promosso dalla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI.

Il premio verrà conferito da Benedetto XVI il prossimo 20 ottobre, durante il sinodo dei vescovi sulla "nuova evangelizzazione".

I nomi dei vincitori – che anticipiamo più sotto – sono stati selezionati da un comitato scientifico presieduto dal cardinale Camillo Ruini (vicario generale emerito di Roma e già presidente della conferenza episcopale italiana) e di cui fanno parte i cardinali italiani Tarcisio Bertone (salesiano, segretario di Stato) e Angelo Amato (salesiano, prefetto della congregazione delle cause dei santi), nonché gli arcivescovi Jean-Louis Bruguès (domenicano francese, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa) e Francisco Ladaria Ferrer (gesuita spagnolo, segretario della congregazione per la dottrina della fede).

Quest’ultimo, intervistato dalla Radio Vaticana, ha spiegato che il "Premio Ratzinger" è stato istituito dalla Fondazione "per stimolare la riflessione teologica soprattutto nei campi più coltivati da Joseph Ratzinger come teologo, cardinale e ora papa: il campo della teologia fondamentale, della storia della teologia, specialmente teologia patristica, il campo dell’esegesi biblica, ma anche la teologica dogmatica".

L’arcivescovo Ladaria ha inoltre enunciato i criteri adottati nel selezionare i candidati: "Il comitato scientifico cerca di tener presente diversi fattori: prima di tutto, il rigore teologico e la profondità scientifica dei possibili candidati". In più, "si cerca di avere anche una varietà di lingue, di culture, cosicché non tutti i premi vadano per esempio a teologi di lingua inglese, o che tutti siano di lingua italiana", affinché "ci sia un equilibrio fra le grandi lingue del mondo, fra i grandi gruppi cattolici del mondo, in modo che – nella misura del possibile, anche se non è sempre facile questo – tutti si possano sentire rappresentati".

Infatti – ha ricordato Ladaria – "l’anno scorso ci furono un italiano, uno spagnolo e un tedesco", e cioè il professor Manlio Simonetti, don Olegario Gonzalez de Cardedal e il padre cistercense Maximilian Heim.

Mentre quest’anno – ha aggiunto – "saranno un francese e un nordamericano".

Il segretario della congregazione per la dottrina della fede non ha fatto i nomi dei premiandi, sui quali vige tuttora un ufficiale riserbo.

Ma il francese a cui sarà dato in premio quello che è stato definito – con esagerazione – il “Nobel della teologia” è il filosofo Rémi Brague.

Mentre il nordamericano è il patrologo Brian E. Daley.

Brague è professore di filosofia greca, romana e araba alla Sorbona di Parigi e alla Ludwig-Maximilian Universität di Monaco.

È uno studioso poliglotta dalla sterminata produzione scientifica. Ma è anche molto combattivo nelle polemiche d'attualità, contro gli assiomi del "politicamente corretto", sia progressisti che "teocon". Ad esempio in questa intervista del 2004 a "30 Giorni":


Daley, gesuita, è invece specializzato nei Padri della Chiesa. Insegna alla Notre Dame University nell'Indiana ed è consulting editor dell'edizione in inglese della rivista di teologia "Communio", di cui Ratzinger fu cofondatore.

Nel 2003 pubblicò sul settimanale progressista "America" dei gesuiti di New York un articolo controcorrente, nel quale valorizzava la pratica dell'adorazione eucaristica:

> Adoration and the Blessed Sacrament

Un'adorazione allora caduta largamente in disuso ma che Ratzinger, da papa, sta facendo di tutto per riportare in auge.

Una curiosità. Nel profilo di p. Daley che appare nel sito della Notre Dame University è data evidenza allo sport da lui praticato "per tenersi in forma", il pugilato:

> When patristic scholarship packs a punch

Come già nella precedente edizione del "Premio Ratzinger", anche questa volta uno dei premiati terrà una "lectio" alla presenza del papa, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.

Ma si prevede che lo stesso Benedetto XVI prenderà la parola.

Come fece il 30 giugno del 2011 con questa memorabile lezione, tutta inconfondibilmente scritta di suo pugno.
__________

CHE COS'È "TEOLOGIA"

di Benedetto XVI


[...] La consegna del premio può offrire l’occasione di dedicarci per un momento alla questione fondamentale di che cosa sia veramente “teologia”. La teologia è scienza della fede, ci dice la tradizione. Ma qui sorge subito la domanda: è davvero possibile questo? O non è in sé una contraddizione? Scienza non è forse il contrario di fede? Non cessa la fede di essere fede, quando diventa scienza? E non cessa la scienza di essere scienza quando è ordinata o addirittura subordinata alla fede?

Tali questioni, che già per la teologia medievale rappresentavano un serio problema, con il moderno concetto di scienza sono diventate ancora più impellenti, a prima vista addirittura senza soluzione. Si comprende così perché, nell’età moderna, la teologia in vasti ambiti si sia ritirata primariamente nel campo della storia, al fine di dimostrare qui la sua seria scientificità. Bisogna riconoscere, con gratitudine, che con ciò sono state realizzate opere grandiose, e il messaggio cristiano ha ricevuto nuova luce, capace di renderne visibile l’intima ricchezza.

Tuttavia, se la teologia si ritira totalmente nel passato, lascia oggi la fede nel buio.
In una seconda fase ci si è poi concentrati sulla prassi, per mostrare come la teologia, in collegamento con la psicologia e la sociologia, sia una scienza utile che dona indicazioni concrete per la vita. Anche questo è importante, ma se il fondamento della teologia, la fede, non diviene contemporaneamente oggetto del pensiero, se la prassi sarebbe riferita solo a se stessa, oppure vive unicamente dei prestiti delle scienze umane, allora la prassi diventa vuota e priva di fondamento.

Queste vie, quindi, non sono sufficienti. Per quanto siano utili ed importanti, esse diventerebbero sotterfugi, se restasse senza risposta la vera domanda. Essa suona: è vero ciò in cui crediamo oppure no? Nella teologia è in gioco la questione circa la verità; essa è il suo fondamento ultimo ed essenziale.

Un’espressione di Tertulliano può qui farci fare un passo avanti; egli scrive che Cristo non ha detto: “Io sono la consuetudine, ma: Io sono la verità – Non consuetudo sed veritas” (Virg. 1,1). Christian Gnilka ha mostrato che il concetto “consuetudo” può significare le religioni pagane che, secondo la loro natura, non erano fede, ma erano “consuetudine”: si fa ciò che si è fatto sempre; si osservano le tradizionali forme cultuali e si spera di rimanere così nel giusto rapporto con l’ambito misterioso del divino. L’aspetto rivoluzionario del cristianesimo nell’antichità fu proprio la rottura con la “consuetudine” per amore della verità.

Tertulliano parla qui soprattutto in base al Vangelo di san Giovanni, in cui si trova anche l’altra interpretazione fondamentale della fede cristiana, che s’esprime nella designazione di Cristo come Logos. Se Cristo è il Logos, la verità, l’uomo deve corrispondere a lui con il suo proprio logos, con la sua ragione. Per arrivare fino a Cristo, egli deve essere sulla via della verità. Deve aprirsi al Logos, alla Ragione creatrice, da cui deriva la sua stessa ragione e a cui essa lo rimanda. Da qui si capisce che la fede cristiana, per la sua stessa natura, deve suscitare la teologia, doveva interrogarsi sulla ragionevolezza della fede, anche se naturalmente il concetto di ragione e quello di scienza abbracciano molte dimensioni, e così la natura concreta del nesso tra fede e ragione doveva e deve sempre nuovamente essere scandagliata.

Per quanto si presenti dunque chiaro nel cristianesimo il nesso fondamentale tra Logos, verità e fede, la forma concreta di tale nesso ha suscitato e suscita sempre nuove domande. È chiaro che in questo momento tale domanda, che ha occupato e occuperà tutte le generazioni, non può essere trattata in dettaglio, e neppure a grandi linee. Vorrei tentare soltanto di proporre una piccolissima nota.

San Bonaventura, nel prologo al suo “Commento alle Sentenze” ha parlato di un duplice uso della ragione, di un uso che è inconciliabile con la natura della fede e di uno che invece appartiene proprio alla natura della fede. Esiste, così si dice, la “violentia rationis”, il dispotismo della ragione, che si fa giudice supremo e ultimo di tutto. Questo genere di uso della ragione è certamente impossibile nell’ambito della fede. Cosa intende Bonaventura con ciò? Un’espressione dal Salmo 95, 9 può mostrarci di che cosa si tratta. Qui Dio dice al suo popolo: “Nel deserto… mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere”. Qui si accenna ad un duplice incontro con Dio: essi hanno “visto”. Questo però a loro non basta. Essi mettono Dio “alla prova”. Vogliono sottoporlo all’esperimento. Egli viene, per così dire, sottoposto ad un interrogatorio e deve sottomettersi ad un procedimento di prova sperimentale.

Questa modalità di uso della ragione, nell’età moderna, ha raggiunto il culmine del suo sviluppo nell’ambito delle scienze naturali. La ragione sperimentale appare oggi ampiamente come l’unica forma di razionalità dichiarata scientifica. Ciò che non può essere scientificamente verificato o falsificato cade fuori dell’ambito scientifico. Con questa impostazione sono state realizzate opere grandiose, come sappiamo; che essa sia giusta e necessaria nell’ambito della conoscenza della natura e delle sue leggi nessuno vorrà seriamente porlo in dubbio. Esiste tuttavia un limite a tale uso della ragione: Dio non è un oggetto della sperimentazione umana. Egli è Soggetto e si manifesta soltanto nel rapporto da persona a persona: ciò fa parte dell’essenza della persona.

In questa prospettiva Bonaventura fa cenno ad un secondo uso della ragione, che vale per l’ambito del “personale”, per le grandi questioni dello stesso essere uomini. L’amore vuole conoscere meglio colui che ama. L’amore, l’amore vero, non rende ciechi, ma vedenti. Di esso fa parte proprio la sete di conoscenza, di una vera conoscenza dell’altro. Per questo, i Padri della Chiesa hanno trovato i precursori e gli antesignani del cristianesimo – al di fuori del mondo della rivelazione di Israele – non nell’ambito della religione consuetudinaria, bensì negli uomini in ricerca di Dio, in cerca della verità, nei “filosofi”: in persone che erano assetate di verità ed erano quindi sulla strada verso Dio. Quando non c’è questo uso della ragione, allora le grandi questioni dell’umanità cadono fuori dell’ambito della ragione e vengono lasciate all’irrazionalità.

Per questo un’autentica teologia è così importante. La fede retta orienta la ragione ad aprirsi al divino, affinché essa, guidata dall’amore per la verità, possa conoscere Dio più da vicino. L’iniziativa per questo cammino sta presso Dio, che ha posto nel cuore dell’uomo la ricerca del suo Volto. Fa quindi parte della teologia, da un lato l’umiltà che si lascia “toccare” da Dio, dall’altro la disciplina che si lega all’ordine della ragione, che preserva l’amore dalla cecità e che aiuta a sviluppare la sua forza visiva.

Sono ben consapevole che con tutto ciò non è stata data una risposta alla questione circa la possibilità e il compito della retta teologia, ma è soltanto stata messa in luce la grandezza della sfida insita nella natura della teologia. Tuttavia è proprio di questa sfida che l’uomo ha bisogno, perché essa ci spinge ad aprire la nostra ragione interrogandoci circa la verità stessa, circa il volto di Dio. [...] La ragione, camminando sulla pista tracciata dalla fede, non è una ragione alienata, ma è la ragione che risponde alla sua altissima vocazione.
__________

Il sito in cinque lingue della Fondazione che conferisce il "Premio Ratzinger":

> Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350296

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.