Ricevo e pubblico, con condivisione piena, un articolo apparso su La voce di Romagna, a firma di Giovanni Lugaresi, giornalista e scrittore, allievo di Prezzolini.
“Credo… et unam sanctam catholicam et apostolicam Ecclesiam…”
Catholica: quindi se in questo “Credo” ci riconosciamo, cattolici
dobbiamo essere, e non protestanti. E, nell’essere cattolici, si
presuppone siamo in comunione con il Papa. Il che significa che dobbiamo
ascoltarlo, seguirlo, applicarne le direttive, e non soltanto quando
parla “ex cathedra”, sia chiaro.
Che cosa accade invece? Che, a incominciare dai vescovi (da certi
vescovi), per finire ai (troppi) sacerdoti, questa comunione non esista.
Il Papa dice una cosa? Loro ne fanno un’altra, addirittura l’opposto -
spesso. Ma noi non siamo protestanti, con tante sette e… disunità.
L’essere cattolici presuppone unità attorno al Vicario di Cristo, il
successore di Pietro.
Che poi, se ognuno va per proprio conto, se ogni vescovo (o sacerdote)
pensa di avere un’autorità come quella (se non superiore) del Romano
Pontefice, si creerà la babele, la confusione, la dispersione, il caos,
con rischio di incamminarsi sulla strada dell’eresia – le eresie
esistono ancora, ancorché poco o punto se ne parli.
Pare che la disobbedienza sia entrata (non da oggi purtroppo) a vele
spiegate, per così dire, nella Catholica, e che ognuno pensi sia giusto,
opportuno, fare come più gli aggrada. Senso dell’umiltà, dubbi sui
propri convincimenti, sulle proprie valutazioni? Zero.
Dall’abito ai comportamenti dei sacerdoti, che ormai (in tanti) non
insegnano più e consentono ai fedeli di fare, a loro volta, ugualmente,
quel che loro più aggrada, pare non esistano più regole, norme,
indirizzi, ammonizioni.
Viene da chiedersi se esista ancora una “educazione cattolica”, che un
tempo nasceva in famiglia, si sviluppava poi in parrocchia, per maturare
quindi nell’associazionismo giovanile e adulto – non è un lodare i bei
tempi che furono, bensì una semplice constatazione!
Quella che si chiamava formazione, in virtù della quale il credente era
pronto ad affrontare i sacrifici della vita, disgrazie, difficoltà,
privazioni, dove è finita?
Spesso non la si vede: all’ombra dei campanili, né altrove.
Genitori ignoranti delle cose della religione, o di poca fede, preti permissivi, lassisti, che celebrano la liturgia quasi per abitudine, inconsapevoli, pare, che sull’altare (oggi ridotto a tavolo magari per un buffet freddo!) non si celebra tanto la “cena del Signore”, quanto, e prima di tutto, si rinnova il sacrificio (incruento) della Croce. Questo è primieramente la messa; poi sarà anche “cena del Signore” e/o altro ancora, come un ritrovarsi del popolo di Dio.
Genitori ignoranti delle cose della religione, o di poca fede, preti permissivi, lassisti, che celebrano la liturgia quasi per abitudine, inconsapevoli, pare, che sull’altare (oggi ridotto a tavolo magari per un buffet freddo!) non si celebra tanto la “cena del Signore”, quanto, e prima di tutto, si rinnova il sacrificio (incruento) della Croce. Questo è primieramente la messa; poi sarà anche “cena del Signore” e/o altro ancora, come un ritrovarsi del popolo di Dio.
Ma non siamo protestanti, siamo cattolici, ergo…
Perché allora, durante le messe cui partecipiamo ogni domenica e nei
giorni festivi, il popolo di Dio sta quasi mai inginocchiato? A parte il
momento della Consacrazione, spesso si sta seduti o in piedi.
Manca il senso dell’adorazione, manca la consapevolezza di quel che,
appunto, si celebra nelle chiese cattoliche, da Roma all’ultimo piccolo
paese sperduto delle pampas argentine. Per poi, una volta uscitine
(dalle chiese), passare ad altri tipi di adorazione.
Non si adora un Dio che si è fatto carne, cibo, bevanda per il nostro
nutrimento spirituale, ma si adorano i nuovi idola che a seconda delle
mode il mondo ci presenta.
Ecco allora che il discorso, dalla liturgia domenicale e festiva si
sposta alla quotidianità, per esempio alle sagre paesane che si
riferiscono quasi sempre a una festa liturgica - il santo patrono
soprattutto. Ebbene, chiunque prenda in mano un pieghevole con il
programma della “Sagra dell’Assunta”, per esempio, vedrà che tranne nel
giorno convenuto, cioè il 15 agosto, non c’è stata ombra di
celebrazione, appuntamento, convegno, preparazione, di natura religiosa.
E’ tutto un canto (profano ovviamente), un ballo, un mangiare e bere
sotto enormi tendoni e il senso della fede (nella fattispecie, l’aspetto
mariano) limitato a una giornata… su due settimane – naturalmente,
scriviamo con cognizione di causa!
Fosse l’iniziativa profana di un qualsiasi sodalizio laico, di un
partito, di un sindacato, di una polisportiva, nulla da eccepire; ma
quando di mezzo ci sono parrocchie, associazioni cattoliche, eccetera,
beh, un po’ di amaro in bocca ci viene.
Ancora. Non si vede perché con tutta la retorica dilagante
sull’ecumenismo, i fratelli separati, eccetera eccetera, non si debba,
da parte di noi cattolici, guardare agli ortodossi piuttosto che ai
protestanti, in fatto di liturgia. Gli ortodossi e i cattolici di rito
orientale, che per loro fortuna non hanno avuto riforme della
celebrazione eucaristica, pongono al centro della liturgia Nostro
Signore e non il celebrante a volte con manie da primadonna,
protagonismi dettati da una sconfinata vanità, da uno smisurato ego,
come si vede da noi, con sacerdoti che aggiungono, tolgono, inseriscono
quel che passa loro per la testa, durante la messa, ignorando regole ben
precise che escludono la cosiddetta creatività.
Il rito diventa qualcosa di socializzante come quando si va alla sagra,
appunto, o ad un incontro sportivo, o ad una gita. Ma la messa, tornando
a noi, e ripetendoci, è qualcosa di più di un rito “socializzante”.
Guardiamo, appunto, agli ortodossi.
Invece, quel che di buono a nostro avviso c’è nel mondo (e nella
mentalità) protestante, noi tendiamo a penderlo ben poco in
considerazione. Ci riferiamo a quell’etica della responsabilità
personale, in virtù della quale ciascuno di noi è responsabile delle
proprie azioni, e deve rispondere di quel che fa. E se sbaglia, e se
commette una colpa, e se pecca, non tiri in ballo la società, o qualcun
altro su cui scaricare errori e peccati, appunto.
Qui da noi si finisce invece in un deleterio e (forse) incosciente buonismo… Massì, alla fine ci è concesso tutto; così come non adoriamo più Nostro Signore in chiesa, e piegare le ginocchia di fronte al tabernacolo non usa più (del resto anche certi sacerdoti fanno fatica a compiere questo gesto), fuori possiamo fare benissimo i comodacci nostri…
Qui da noi si finisce invece in un deleterio e (forse) incosciente buonismo… Massì, alla fine ci è concesso tutto; così come non adoriamo più Nostro Signore in chiesa, e piegare le ginocchia di fronte al tabernacolo non usa più (del resto anche certi sacerdoti fanno fatica a compiere questo gesto), fuori possiamo fare benissimo i comodacci nostri…
Una volta un monaco che teneva una lezione a un corso di aggiornamento
per insegnanti di religione della diocesi di Treviso sottolineò le
eccessive proibizioni della Chiesa. Aveva ragione: perché non metterle
in discussione, a incominciare dai Dieci Comandamenti? Che sono (anche)
proibizioni, no? Il tono, il lettore, lo avverte, è sull’ironico, ma ne
piange il cuore, ne piange la fede, che pure resiste, grazie a Dio…
Da laici credenti che la Chiesa sta in piedi perché lo vuole Nostro
Signore, vorremmo però alcune certezze: non che i preti siano santi, ma
che cerchino di esserlo, e che ci indichino la strada della santità; non
che la Chiesa conceda tutto quello che il mondo dà, ma che dia alle
anime ben altro. Parli di preghiera, di penitenza, di conversione dei
peccatori, e quindi di peccato e di grazia. Esorti al silenzio contro il
caotico rumore del mondo, bandisca le canzonette dalle liturgie, perché
queste le dà già il mondo… e tante cose “profane” i preti le lascino ad
altri. Sono infatti in grado di farle benissimo qualsiasi assistente
sociale, nonché i tanti demagoghi di partito e di sindacato.
E per concludere, i vescovi propongano (come del resto aveva fatto
Benedetto XVI) quale figura sacerdotale di riferimento, di esempio,
Giovanni Maria Vianney (il santo curato d’Arts), e non don Gallo!!!
Giovanni Lugaresi
commenti:
Con tratti rapidi e vivaci descrive la situazione della Chiesa come ormai da molti decennti s'è venuta configurando, all'esterno e, ahimé, anche all'interno: non solo nelle disobbedienze visibili, ma anche in quelle invisibili, interiori, che sono ancor più gravi in sé e provocan quelle visibili generanti scandalo e devastazioni.
Punti fondamentali mi sembran proprio quelli più apertamente insistiti: la mancanza di obbedienza ed unità del clero alto e basso intorno al Papa, la cialtroneria di una Messa che tutto è ormai fuori che il rinnovamento sacramentale del Sacrificio salvifico, l'assenza di formazazione seria dei sacerdoti che a sua volta si riflette sulla famiglia, per cui non esiste più
una sia pur piccola societas christiana.
Centrale, naturalmente è l'unità intorno al Papa. Esser cattolici significa esser col Papa. Ma qui il discorso diventa più complicato e delicato e si dev'affrontar con cautela filiale.
Si dev'esser necessariamente sottomessi al papa, alla sua guida, ai suoi moniti, non solo quando parla ex-cathedra, ma anche quando si esprime nel magistero ordinario infallibile, ed anche in quello autentico. In quest'ultimo caso, tuttavia, l'obbedienza non può esser pronta, cieca ed assoluta. Poteva esserlo, salvo qualche rarissimo caso, in tutta la storia della Chiesa, al di là delle carenze umane dei Papi, ma oggi, dopo il concilio Vaticano II, assistiamo ad esternazioni, anche del dottore privato che si confonde col Sommo Pontefice nello svolgimento delle sue funzioni, fumose, contraddittorie, che ci appaion contrastanti col Magistero precedente il quale ci trasmetteva integra la Rivelazione scritta ed orale senza mutamenti di sostanza: i mutamenti eran solo apparenti, perché diversi eran i problemi che si presentavano nelle varie epoche, ma i Papi e la Gerarchia nella perenne dottrina via via approfondita eodem sensu eademque sententia sapevano interpretarli.
Ora non più.
Vorremmo tanto poterci dire: i nostri dubbi son tentazioni, la nostra lettura critica di certi documenti è faziosa e conseguenza di superbia, in certa prassi non vediamo il fine intimo perché troppo nascosto ainostri occhi miopi. Vorremmo imporci: obbediamo sempre e comunque.
Ed invece non possiamo farlo, perché i nostri dubbi, le nostre incertezze, il nosto sguardo critico non si distacca da ciò che ci è stato insegnato come verità. L'unità col passato molto spesso è di fatto spezzata. I pontefici stessi han parlato di fumo di Satana e di pensiero non cattolico penetrati nella Chiesa. Quali antidoti vi hann'inoculato, quali difese ci hann'approntato?
La nostra difesa è nella Verità immutabile.
Fermi restando nella nostra indefettibile e piena disponibilità a seguire il Papa a costo della vita sulla via che ci traccia sulla scia di tutti i predecessori, non posiamo lo seguirlo ad. es. quando c'invita ad Assisi o a creder che tutte le religioni son via di salvezza.
In queste strade contorte zeppe di buche e costeggiate da dirupi, noi rimaniamo fedeli alla strada luminosa che ci ha visto proceder fino ad oggi. Le nostre cadute le dobbiamo soltanto alla nostra cattiva volontà, alla nostra tiepidezza, alla nostra debolezza. Ma sul trono di Pietro c'era Chi ci chiamava con le sue parole di vita eterna, le stesse che Pietro riconosceva in Cristo.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2012/08/cattolici-senza-papa.html