ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 31 agosto 2012

Non c'è limite al peggio!


Dallo Schülerkreis di quest’anno nascerà qualche sorpresa ecumenica?

“L’aspirazione all’unità dei cristiani è prima è in primo luogo una realtà spirituale e per questo il suo cuore è l’ecumenismo spirituale”. Era il 2009, e Walter Kasper era ancora il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. L’ “ecumenismo spirituale” era ormai diventato la sua parola d’ordine. Più che guardare ai documenti, ai grandi incontri ecumenici, aveva preso a guardare a quello che succedeva nel basso, alle reti ecumeniche che si creavano grazie a comunità e movimenti, qualcosa che assomigliava un po’ come un ritorno alle origini dell’ecumenismo, che consisteva soprattutto in piccoli gruppi di dialogo, di preghiera, di studio biblico. “Emergono così, accanto ai dialoghi ufficiali diventati sempre più difficili, nuove forme di dialogo promettenti”. Si parla anche di questo, al Ratzinger Schülerkreis di quest’anno. L’incontro degli ex allievi di Joseph Ratzinger (il trentaseiesimo), che inizia oggi e termina domenica, sarà proprio dedicato ai  “Risultati e domande ecumenici nel dialogo con il luteranesimo e l’anglicanismo”. E la base di discussione sarà il libro “Raccogliere i frutti”, curato da Walter Kasper prima di andare in pensione da presidente del dicastero dell’ecumenismo.


Che anche Benedetto XVI pensi che l’ecumenismo debba partire dal basso e dalla Parola, fu subito noto a Colonia, quando vi andò nel 2005 per la Giornata Mondiale della Gioventù. Nell’incontro del 19 agosto con i rappresentanti delle Chiese protestanti e ortodosse, il Papa espresse il suo pensiero integrando il testo scritto con lunghi passaggi a braccio. E in uno di questi, affermò che “si dice che ora, dopo il chiarimento relativo alla dottrina della giustificazione, l'elaborazione delle questioni ecclesiologiche e delle questioni relative al ministero sia l'ostacolo principale che rimane da superare. Ciò in definitiva è vero, ma devo anche dire che non amo questa terminologia e da un certo punto di vista questa delimitazione del problema, poiché sembra che ora dovremmo dibattere delle istituzioni invece che della Parola di Dio, come se dovessimo porre al centro le nostre istituzioni e fare per esse una guerra. Penso che in questo modo il problema ecclesiologico così come quello del ‘ministerium’ non vengano affrontati correttamente.  La questione vera è la presenza della Parola nel mondo”.
Concetti che Benedetto XVI ha poi ripreso nell’ultimo viaggio in Germania. Ad Erfurt, dove Martin Lutero studiò da cattolico e dove decise di diventare monaco agostiniano, di fronte a quanti si aspettavano un “dono” come la revoca della scomunica a Lutero, il Papa rispose con un discorso in cui spiegava che fa parte proprio di un idea errata di Chiesa l’idea dei “doni ecumenici”. “Questo – disse il Papa - costituisce un fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo". Perché "la fede dei cristiani non si basa su una ponderazione dei nostri vantaggi e svantaggi. La fede non è una cosa che noi escogitiamo o concordiamo. È il fondamento su cui viviamo”. Alla fine, Il dono che il Papa portò ad Erfurt stava nel partire proprio dalla domanda più intensa del monaco agostiniano che ha creato lo scisma: "Come posso avere un Dio misericordioso?". E ricorda che le cose che ci uniscono sono più di quelle che dividono, che il periodo “confessionale” è finito, che i cristiani devono saper essere missionari, che non bisogna mai dimenticare che il male c’è, esiste e minimizzarlo “non è un’inezia”: porta l’uomo inevitabilmente alla perdita di se stesso e della sua vita.
E forse è proprio se si parte da questi concetti che cristiani e luterani appaiono più vicini di quanto non sembrino, vicini quanto gli 80 scalini che dividono la Cattedrale dalla Chiesa di San Severo ad Erfurt. In Germania il problema dell’ecumenismo è particolarmente sentito, e dunque non deve sorprendere se – tra i relatori scelti per lo Schulerkreis – solo uno non viene direttamente dalla Germania, anche se vi ha particolarmente a che fare.
Il relatore “occulto” di questo incontro è ovviamente il cardinal Walter Kasper. All’inizio del 2007 il card.Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani discusse con gli officiali del dicastero il progetto di raccogliere e presentare i risultati dei dialoghi ufficiali tra la Chiesa cattolica e le Chiese storiche protestanti: luterani e riformati, anglicani e metodisti, con l’intento di far conoscere a una nuova generazione i frutti di 40 anni di dialogo, mostrando in forma comparata quanto era stato sin qui realizzato. Ne è nato il volume  Raccogliere i frutti. Aspetti fondamentali della fede cristiana nel dialogo ecumenico. Consensi, convergenze e differenze, testo di riferimento per questo Schulerkreis. Un testo che proponeva uno sguardo al passato, perché vengano riconosciuti i grandi risultati e obiettivi che sono stati raggiunti con il dialogo ecumenico e perché la nuova generazione di ecumenisti non debba partire da zero; e uno sguardo al futuro, perché se è vero che oggi si è diffusa “stanchezza e delusione” dopo gli entusiasmi del dopo Concilio, è anche vero che molte cose non sono cambiate. Scriveva Kasper: “Talvolta i nostri partner non sono più gli stessi, sono molto diversi da quelli incontrati durante e dopo il Concilio. Ci sono frammentazioni interne, nuovi problemi nel campo dell’etica, problemi sconosciuti nel passato. Anche nella Chiesa cattolica sono avvenuti cambiamenti; talvolta i nostri documenti sono difficili da digerire per i nostri partner”.
Del punto di vista dei partner, sicuramente parlerà Theodor Dieter, dal 1997 dell’Istituto di Ricerca Ecumenica di Strasburgo. “Sono diventato in senso stretto un ecumenista – racconta – quando sono stato chiamato ad insegnare all’Istituto di Ricerca Ecumenica”. Ma il suo è un percorso che parte da lontano: educato come un solido luterano, ha subito cercato un nuovo modo di raccontare la teologia, e lo ha trovato partendo dalle fonti, andando a leggere i padri della Chiesa e i teologi medievali. Un percorso, in fondo, simile a quello di Joseph Ratzinger dalla prospettiva cattolica. Un percorso che gli ha permesso di sviluppare una metodologia dialogica.
Ma ci sono anche da considerare gli studi sul Nuovo Testamento. Nel suo libro Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme alla Resurrezione (Libreria Editrice Vaticana), Benedetto XVI ha spesso citato il vescovo protestante Ulrich Wilckens e segnalato la sua Teologia del Nuovo Testamento come “opera di riferimento”. Presenterà allo Schulerkreis i suoi studi sul Nuovo Testamento, importantissimi per il dialogo ecumenico.
Un dialogo di cui si è occupato a lungo Charles Morerod, vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, che è stato anche parte di diversi tavoli ecumenico In una intervista a 30 Giorni spiegava che il problema dell’infallibilità del Papa – messo in luce specialmente nel mondo ortodosso – viene dal fatto che “la fede non è mai l’esito di un sondaggio d’opinioni per far prevalere la maggioranza” e che “espressioni molto chiare e comprensibili su questo punto sono state scritte nel documento sul dono dell’autorità, elaborato dalla Commissione di dialogo fra cattolici e anglicani nel 1998. In quel documento c’è scritto che «ogni definizione solenne pronunciata dalla cattedra di Pietro nella Chiesa di Pietro e Paolo può esprimere solo la fede della Chiesa». Si riconosce che «il vescovo di Roma in determinate circostanze ha il dovere di discernere e di rendere esplicita la fede di tutti i battezzati in comunione, e questa soltanto», e che questo suo specifico ministero di primate universale è un «dono» che andrebbe «recepito da tutte le Chiese»”.
Si discuterà anche dell’ “ecumenismo pratico” di cui è considerato uno dei maggiori fautori il Patriarca ortodosso Kirill, ovvero una alleanza delle religioni di fronte alle nuove sfide di fronte ai cambiamenti sociali e politici di questo secolo, permeato dall’indifferenza religiosa e dalla progressiva secolarizzazione, senza necessariamente passare in prima istanza dalle diatribe dottrinali. È uno dei motivi per cui il patriarca, appena eletto, ha chiesto al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace una copia del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Ed è stato anche uno dei temi della recente storica visita di Kyrill in Polonia, dove ha firmato un documento di riconciliazione con la Chiesa cattolica polacca.
Sono questi i temi sul tavolo di questi quattro giorni di incontro con gli ex studenti cui Benedetto XVI non ha mai voluto rinunciare. È dal 1977 che il Papa dà luogo a questi incontri. Quando fu eletto Papa, gli fu fatto notare che, dal momento che era pontefice, gli incontri sarebbero giocoforza terminati. Ratzinger rispose che invece avrebbe avuto piacere di continuarli. E così è stato. Arriva appositamente dalla Tanzania l'unico italiano dello Schulerkreis, padre Cornelio del Zotto (qui in una foto con Ratzinger professore nel 1975, a Roana). Ha studiato con Ratzinger in Germania, con il quale ha scritto una tesi sulla teologia dell'immagine in San Bonaventura, oggetto di studio anche da parte del Ratzinger studente. Pubblicato nel 1977, il libro di del Zotto meritato la prestigiosa prefazione del card. Ratzinger. Tra gli ex allievi del Papa, prende posto anche Cristoph Schoenborn, cardinale arcivescovo di Vienna. Definito sempre tra gli ex allievi di Ratzinger, proprio in ragione della sua partecipazione alla Schulerkreis, in realtà Schoenborn viene invitato agli incontri di ex allievi da quando ha fatto parte per la commissione della stesura del Catechismo. E sono presenti anche il vescovo ausiliare di Amburgo, Hans-Jochen Jaschke, il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor Barthélémy Adoukonou, insieme con docenti, parroci, religiosi, religiose e laici. E poi, fanno parte del circolo di allievi monsignori passati per la Curia romana, come Helmut Moll (curatore del martirologio tedesco del XX secolo) e ecumenisti come Vinzenz  Pfnür; parroci tedeschi come Martin Trimpe e religiosi come il passionista Martin Bialas. E poi – scorrendo nella lista di oltre cinquanta nomi – troviamo anche il redentorista Rèal Tremblay - docente di teologia morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana –, il teologo moralista Vincent Twomey – che fece la proposta di azzerare i settori di episcopato irlandese generazionalmente coinvolti negli scandali di abusi sessuali del clero -  e la coreana Jung-Hi Victoria Kim, che negli anni di studio a Regensburg realizzò sotto la guida di Ratzinger una tesi più che originale sul confronto tra la caritas in Tommaso d’Aquino e lo jen, concetto centrale del confucianesimo.
Ed è ovviamente presente anche il cardinal Kurt Koch, oggi presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Fu lui, due anni fa, il relatore principale dello Schulerkreis dedicato all’ “Ermeneutica del Concilio Vaticano II”. E così Concilio Vaticano II e unità dei cristiani sono temi che si intrecciano ancora una volta. Chissà che dopo questo incontro, l’Anno della Fede e del Cinquantenario dell'apertura del Concilio non ci riservi qualche sorpresa ecumenica.

Andrea Gagliarducci   
http://www.korazym.org/index.php/attivita-del-papa/2-il-papa/2937-dallo-schulerkreis-di-questanno-verra-linput-per-qualche-sorpresa-ecumenica.html

Il cardinale
Il cardinale con i ragazzi di Milano

La morte del cardinale sta suscitando grande emozione nella chiesa e nel mondo laico con il quale infaticabile il vescovo biblista cercò sempre il confronto

Andrea Tornielli Città del Vaticano

Con la morte del cardinale Carlo Maria Martini, scompare un grande protagonista della vita della Chiesa degli ultimi trent’anni. Arcivescovo di Milano per 22 anni, Carlo Maria Martini è stato spesso considerato quasi l’antagonista di Giovanni Paolo II, il Papa che lo aveva scelto e inviato appena cinquantaduenne alla guida della diocesi più grande d’Europa, tra le più importanti del mondo.


Quello di Martini è stato sempre considerato un cristianesimo aperto, sofferto, dialogante. Basti ricordare ciò che ha significato la «Cattedra dei non credenti» attraverso la quale il cardinale voleva interloquire con chi non crede, con chi è in ricerca, con chi è macerato dai dubbi. Ma non bisogna dimenticare che il cardinale emerito di Milano scomparso oggi dopo una lunga malattia è stato l’arcivescovo della «Parola di Dio», della meditazione, della preghiera, dell’eucaristia. E dunque sarebbe fargli torto il volerlo schiacciare soltanto sul cliché del «vescovo liberal», pronto a fare il controcanto al Papa e alla dottrina ufficiale.


È vero che più volte, negli anni del pontificato di Wojtyla – che hanno coinciso quasi interamente con quelli del suo episcopato – Martini ha espresso aperture o si è mostrato possibilista su certe materie quasi volendo marcare una differenza con la linea romana. Ma è vero anche che spesso sue frasi o dichiarazioni sono state enfatizzate per contrapporlo a Giovanni Paolo II, presentandolo per almeno dieci anni come il più «papabile», candidato di punta dell’ala liberal.

Mentre altre affermazioni – basti pensare alle parole dette in difesa della vita e contro l’aborto, in favore della parità scolastica o per proporre una integrazione attenta e intelligente dei musulmani presenti in città che nulla aveva a che spartire con certo «buonismo» - sono passate quasi inosservate.


Anche nei confronti di Benedetto XVI, suo coetaneo, professore come lui, Martini non ha mancato di marcare qualche differenza. E non soltanto per aver avanzato, come ha fatto, obiezioni al libro «Gesù di Nazaret» (sicuramente apprezzate da Ratzinger più di tanti indistinti encomi). Il cardinale gesuita, in tema di divorziati risposati, riconoscimento delle unioni gay, e bioetica ha infatti espresso posizioni che hanno fatto discutere anche negli ultimi anni, ed è sembrato possibilista, al di là della stessa dottrina morale cattolica.


Eppure oggi a colpire di più, più ancora della «Cattedra dei non credenti» o della «Scuola della parola», dei suoi innumerevoli libri – che confidava di non aver mai scritto, essendo quasi sempre sbobinature dei suoi interventi – è stato forse il modo con cui ha affrontato la sua malattia, il morbo di Parkinson, lo stesso male che aveva reso difficili gli ultimi anni di Papa Wojtyla. Martini, sempre più impedito nella parola e nei movimenti, si è consumato lentamente, apparendo ancora più essenziale. Era sempre stato capace di parole profonde e mai banali, parole di speranza anche per chi era lontano dalla fede. Ma la sofferenza dell’ultimo periodo lo ha reso vicino e compagno di strada a tantissimi ammalati.

Sarebbe sbagliato, nel ricordalo il giorno in cui è morto, parlare del suo rifiuto dell’accanimento terapeutico da lui manifestato negli ultimi tempi come se ciò rappresentasse l’ultimo controcanto di Martini di fronte alla dottrina «ufficiale». Vale la pena ricordare che la Chiesa non è favorevole all’accanimento terapeutico, e che anche Papa Wojtyla non volle tornare al Policlinico Gemelli dopo l’ultima crisi.

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/martini-17789/

Il cardinale Scola: Martini, pioniere del dialogo con i non credenti


Grande commozione per la scomparsa del cardinale Martini nella diocesi di Milano. Ieri sera, dopo l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, aveva invitato tutti i fedeli della Diocesi a pregare per il porporato in segno di affetto e di vicinanza. Ma ascoltiamo il cardinale Scola al microfono di Luca Collodi:

R. - Abbiamo appreso la notizia mentre eravamo riuniti come Consiglio episcopale, e insieme, ci siamo raccolti in preghiera. Adesso, abbiamo invitato tutta la diocesi, le famiglie, le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni e i movimenti, ad intensificare la preghiera di gratitudine per la grande personalità del cardinal Martini e per il suo lungo ministero a Milano. Mi auguro che tutti noi possiamo vivere con fede questo momento di passaggio del cardinal Martini, testimone di una vita offerta e donata a Dio secondo una varietà di forme: intellettuale, grande biblista, rettore di università e pastore. Personalmente, ho avuto la possibilità di un ultimo lungo colloquio con lui sabato scorso, da cui ho ricavato sostegno e aiuto per questo delicato ministero. Sono certo che ora il cardinal Martini accompagna dall’alto la Chiesa milanese e tutti gli abitanti di questa nostra grande arcidiocesi.

D. - Molti ricordano il cardinale Martini per la sua volontà di aprire ad un rapporto fiducioso con il mondo moderno ..

R. - Certamente. Questo è stato uno degli aspetti che ha contraddistinto il suo ministero milanese e di cui tutti gli daranno atto; tutti i mondi -milanese- e non solo gliene daranno atto.

D. - Tra l’altro è stato uno dei primi ad aprire al dialogo anche con atei ed agnostici…

R. - È vero. Perché la proposta di Gesù Cristo è sempre, di nuovo, rivolta a tutti. Il cardinale ha ripreso una grande tradizione con una sua peculiare sensibilità.


http://it.radiovaticana.va/news/2012/08/31/il_cardinale_scola:_martini,_pioniere_del_dialogo_con_i_non_credenti/it1-617346

Un maestro e una guida
Il card. Martini nel ricordo di mons. Aldo Giordano



“Mi ha sempre colpito la capacità del card. Martini di rileggere le vicende dell’Europa, le preoccupazioni dei popoli e delle singole persone con la Parola di Dio. Era il suo carisma più importante: con la Scrittura portava luce. L’Europa ha ora un nuovo intercessore che la custodisce dall’alto”. È il ricordo che mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, serba del card. Carlo Maria Martini. Maria Chiara Biagioni, per il Sir, ha chiesto a mons. Giordano di tracciare la “dimensione europea” ed ecumenica dell’arcivescovo che dal 1986 al 1993 è stato presidente del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee).

Quali avvenimenti dei vescovi europei hanno visto il card. Martini come protagonista?
“L’agenda del card. Martini presidente del Ccee è stata molto ricca. Sono gli anni della grande svolta europea legata alla caduta del muro di Berlino del 1989. Il 30 aprile-2 maggio 1990 il cardinale presiede un primo incontro dei vescovi dell’Europa centrale e orientale, a Vienna, con il tema: ‘Il Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi’. È un momento storico. Si tratta di approfondire la conoscenza, di superare sospetti, di trovare strade di comunione e collaborazione tra Chiese e comunità prima costrette a vivere separate. Arriverà la tragedia dei Balcani e il card. Martini sarà attivo per cercare strade di riconciliazione e di pace, soprattutto a livello ecumenico. I temi pastorali che toccano in profondità l’esistere delle persona gli stavano a cuore. Egli ha presieduto nel 1989 un Simposio di vescovi europei su un tema di particolare attualità: ‘L’atteggiamento odierno di fronte la nascita e la morte’. Ma sono innumerevoli gli incontri europei che lo hanno visto guida e maestro sui diversi temi pastorali: catechesi, mezzi di comunicazione, vocazioni, migrazioni, dialogo tra le religioni, ruolo dei laici nella Chiesa... Egli ha anche sempre cercato la collaborazione con gli episcopati degli altri continenti, convinto dell’importanza della ‘cattolicità’ della Chiesa”.

Quali sono le idee portanti del card. Martini sulla costruzione della nuova Europa?
“Come risposta desidero citare alcune affermazioni del card. Martini riguardo ai tratti del volto della ‘nuova Europa’, espresse il 28 gennaio 2002, intervenendo a un convegno sull’Europa dell’Università Bocconi di Milano. ‘La meta da raggiungere in questo vasto e articolato processo è quella di un’Europa intera, che torni pienamente a respirare con i suoi ‘due polmoni’, quello della cultura, tradizione e spiritualità orientale e quello della cultura, tradizione e spiritualità occidentale… Quella da edificare per l’oggi e per il futuro è, inoltre, un’Europa che sappia presentarsi, interpretarsi e realizzarsi come una ‘famiglia di nazioni’ aperta agli altri Continenti e coinvolta nell’attuale processo di globalizzazione mondiale’. Il Cardinale parlava poi di una ‘Europa dello spirito’, nella quale vengano riscoperti e riproposti per l’oggi i valori che l’hanno modellata lungo tutta la sua storia: la dignità della persona umana; il carattere sacro della vita; il ruolo centrale della famiglia; l’importanza dell’istruzione; la libertà di pensiero, di parola e di professione delle proprie convinzioni o della propria religione; la tutela legale degli individui e dei gruppi; la collaborazione di tutti per il bene comune; il lavoro come bene personale e sociale; l’autorità dello Stato, sottoposta alla legge e alla ragione e ‘limitata’ dai diritti della persona e dei popoli. Ribadiva pertanto la necessità di ‘ritornare, con fedeltà creativa, a quelle radici cristiane che hanno positivamente segnato la storia europea’. ‘Un nuovo serio confronto dell’Europa con il Vangelo e con i valori da esso proposti – diceva - è la carta da giocare con fiducia’”.

Il card. Martini ha anche avuto particolarmente a cuore il cammino ecumenico in Europa. Quali avvenimenti e contenuti ricorda?
“Insieme al metropolita Alexi II - poi patriarca della Chiesa ortodossa di Mosca e di tutte le Russie - il card. Martini ha presieduto la prima Assemblea ecumenica europea che si è tenuta dal 15 al 21 maggio 1989 a Basilea col titolo: ‘Pace nella giustizia’, organizzata dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e dalla Conferenza delle Chiese europee (Kek), l’organismo europeo che riunisce più di 120 Chiese e comunità nate dalla Riforma e ortodosse. L’Assemblea di Basilea, con 700 delegati ufficiali di ogni Paese e ogni tradizione cristiana, è stata un segno profetico nel cammino delle Chiese e dell’Europa: dopo secoli, è stato il primo appuntamento in cui le Chiese di tutta Europa si sono riunite con fiducia per comprendere la propria comune vocazione di fronte agli scenari del mondo contemporaneo. Seguiranno due altre Assemblee ecumeniche europee: a Graz (Austria) nel 1997 e a Sibiu (Romania) nel 2007. Anche a Graz il patriarca Alexei II e il card. Martini erano presenti, testimoniando la loro amicizia anche personale. Per l’ecumenismo il card. Martini ha creduto nei rapporti personali e nel ritornare alla base comune della Sacra Scrittura per ritrovare l’unità”. 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.