ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 24 ottobre 2012

In attesa di polveroni...


   Polvani in aula
Al processo a carico di Claudio Sciarpelletti, l'informatico della Segreteria di Stato imputato per "favoreggiamento" nell'ambito della cosidetta inchiesta Vatileaks, il prossimo 5 novembre, siedera' tra i testimoni anche monsignor Carlo Maria Polvani, il responsabile dell'ufficio Informazione della Segreteria di Stato nonche' nipote dell'attuale nunzio a Washington, monsignor Carlo Maria Vigano', che con le sue lettere di protesta per il trasferimento in America e' stato forse l'involontario detonatore di tutta la vicenda Secondo quanto trapelato, monsignor Polvani sarebbe stato chiamato pero' come testimone (dalla difesa) in quanto capo dell'ufficio dove lavorava Sciarpelletti e non per un suo possibile coinvolgimento. Come e' noto, all'informatico era stata trovata una busta indirizzata a Paolo Gabriele, sulla quale, nel corso dell'interrogatorio seguito all'arresto del 24 maggio, il tecnico (peraltro rilasciato dopo meno di 24 ore di fermo) aveva dato versioni discordanti, affermando prima di averla ricevuta dallo stesso Gabriele e poi da un monsignore della Segreteria di Stato, il cui nome negli atti e' stato mantenuto fino ad oggi coperto. Gli altri testimoni citati dalla difesa di Sciarpelletti sono il maggiordomo infedele del Papa, Paolo Gabriele, che negli interrogatori ha dichiarato di essere solo un conoscente dell'informatico e di non considerarlo un suo amico e confidente, l'ufficiale della Guardia Svizzera William Kloter, il comandante della Gendarmeria, generale Domenico Giani, e il gendarme Gianluca Gauzzi Broccoletti. Questi ultimi due sono citati e fortemente criticati nel capitolo "Napoleone in Vaticano" pubblicato da Gianluigi Nuzzi nel libro "Sua Santita'" insieme ai documenti sottratti al Papa da Gabriele. E - circostanza che fa riflettere - proprio una copia di quel testo anti-Gendarmeria era contenuta nella busta sequestrata a Sciarpelletti lo scroso maggio. Il caso Vatileaks, insomma, resta molto intricato e infatti la sentenza pubblicata oggi assicura che "del resto ulteriori indagini sono in corso circa la sussistenza di altre eventuali responsabilita' nella fuga di documenti riservati".La grazia è possibile ma non è dietro l'angolo, «modi e tempi» li deciderà il Papa, se e quando vorrà. E anche il futuro immediato di Paolo Gabriele, il maggiordomo condannato per furto di documenti riservati dall'appartamento papale, non è ancora deciso: se il promotore di giustizia vaticano non presenterà la appello la condanna diventerà esecutiva, non si applica la condizionale, e la pena dovrà essere scontata. In questo caso Gabriele, attualmente agli arresti domiciliari, tornerà in una cella della caserma della gendarmeria vaticana, dove già ha trascorso oltre 50 giorni di detenzione prima del processo. Questa la situazione dell'ex membro della famiglia pontificia a casa del quale sono state trovate 85 casse di documenti sottratti dallo studio di Benedetto XVI, cioè un numero molto maggiore di quelli pubblicati nel libro di Gianluigi Nuzzi «Sua Santità», sulla base dei quali i collaboratori del Papa hanno cominciato a sospettare dell'aiutante di camera. Questo il quadro della prima branca giudiziaria di Vatileaks - l'altra, il processo al tecnico informatico Claudio Sciarpelletti comincerà il 5 novembre - dopo la pubblicazione della sentenza che condannava il maggiordomo a 3 anni di carcere, ridotti a un anno e mezzo grazie alle attenuanti. La grazia, ha spiegato il portavoce vaticano Federico Lombardi, «è possibile e probabile, ma non è possibile prevederne né i tempi né i modi»: sarebbe un «atto del Papa, quando lo farà, se lo farà, - ha aggiunto - ce lo dirà». Inoltre «risulta aperta la possibilità» che il promotore di giustizia vaticano «si riservi di continuare l'istruttoria» per «altri possibili capi di imputazione» che risultassero contro il maggiordomo Paolo Gabriele. E la magistratura vaticana mantiene aperto il fascicolo sulle condizioni detentive in cui è stato tenuto il maggiordomo, perché vuole far chiarezza sulle accuse di maltrattamenti formulate dalla difesa del condannato nei confronti della gendarmeria vaticana, e da questa respinte. Quando la condanna di Paolo Gabriele diventerà definitiva, bisognerà definire le questioni amministrative: niente stipendio, ma, ha spiegato padre Lombardi, occorrerà trovare una formula che tenga conto delle condizioni della moglie e dei tre figli. Modifiche probabili anche per quanto riguarda la cittadinanza, in Vaticano solitamente collegata alla funzione e alla residenza. Il caso dunque non è affatto chiuso. Non lo è rispetto a Paolo Gabriele, che con grazia immediata sarebbe libero di rivelare segreti e informazioni private collegati sia ai documenti che ha sottratto che alla vita quotidiana del Papa e della sua «famiglia»; ed è dunque meglio che sconti almeno un po' della pena, e lo faccia all'interno del Vaticano. Non lo è rispetto alle indagini su Vatileaks in generale: condannato solo per furto, il maggiordomo è sfiorato dal reato di rivelazione di segreti di Stato; nella sentenza compaiono i nomi di due cardinali, Ivan Dias e Georges Cottier che la difesa di Gabriele avrebbe voluto convocati dalla commissione cardinalizia che indaga su Vatileaks; nuovi elementi potranno scaturire dal dibattimento contro Sciarpelletti; c'è infine tutto il dossier che la commissione cardinalizia ha consegnato al Papa l'estate scorsa, e del quale non è stato pubblicato ancora niente, né lo sarà, probabilmente, prima della conclusione del processo al tecnico informatico.  

Giacomo Galeazzi VATICANISTA DE LA STAMPA

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