Perché un mini concistoro di soli stranieri per la creazione di nuovi cardinali?
L’avevo scritto il 29 maggio scorso.
Troppi italiani in conclave. “Perché disturbare il Papa con queste cose di italiani?”, avrebbe detto Benedetto XVI ai suoi intimi. E infatti prepara un nuovo concistoro per rendere più internazionale la chiesa e chiudere le guerre di curia
“I cardinali statunitensi lottano tutti i giorni contro Barack
Obama sui temi della libertà religiosa, del diritto alla vita e su
altre tematiche capitali, mentre in Vaticano gli italiani si fanno la
guerra tra di loro. E questa guerra fa male a tutta la chiesa”.
Un porporato di lungo corso della curia romana spiega al Foglio che è questo il giudizio impietoso che lo stesso Benedetto XVI ha sul tempestoso momento che la Santa Sede è costretta a vivere. Tanto che, una settimana fa, pranzando coi cardinali per festeggiare il suo ottantacinquesimo compleanno, egli avrebbe detto: “Gli italiani, conosciamo gli italiani. Perché disturbare il Papa con queste cose di italiani?”. Come a dire: basta italiani. Basta con la guerra tra fazioni italiane.
Del resto è opinione comune che Vatileaks sia una vicenda attinente dissidi tra porporati italiani: Tarcisio Bertone, il segretario “più Vangelo meno diplomazia” e i suoi fedelissimi da una parte, la vecchia scuola diplomatica dei cardinali Angelo Sodano, Attilio Nicora, Giovanni Battista Re e Agostino Cacciavillan dall’altra.
Il dissenso contro Bertone ha avuto un suo culmine dopo gli ultimi due concistori, quello del 18 febbraio scorso e il penultimo del 20 novembre 2010. “S’avanza il partito italiano”, titolarono diversi quotidiani sottolineando il fatto che fu soprattutto agli italiani, molti di questi curiali vicini a Bertone, che venne concessa la berretta rossa.
E ora? Si rincorrono voci sul fatto che il Papa avrebbe una soluzione in tasca: sparigliare le carte indicendo un nuovo concistoro a fine anno (o a inizio 2013) nel quale portare all’interno del collegio cardinalizio principalmente berrette straniere. Anche per dare un segnale chiaro per la sua successione: il conclave non dovrà essere una guerra tra italiani.
E non è un caso che tra i pochi cardinali che in queste ore hanno parlato vi sia Robert Sarah, 66 anni, nativo della Guinea, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum. “Se il prossimo Papa fosse un africano, potrebbe essere lui” ha recentemente scritto il vaticanista americano John Allen. Sarah che in queste ore ha detto: “Nessuno a priori può escludere scenari di complotti e manovre pilotate ad arte”. Come a suggerire che dietro i crimini (ancora da verificare) imputati all’aiutante di camera Paolo Gabriele ci potrebbe essere una regia nascosta, figlia di uno scontro giocato più in alto. Anche se, ieri, il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha smentito che vi sia un cardinale indagato o una misteriosa donna.
Prima dell’ultimo concistoro erano appena diciannove i cardinali italiani che avrebbero partecipato a un eventuale conclave. Dopo l’assise il loro numero è sostanzialmente raddoppiato. Un dato non da poco. Su circa 120 cardinali elettori, averne una trentina di un solo paese significa creare un blocco notevole capace di influenzare tutta la votazione. Ha detto ancora John Allen sull’ultimo conscistoro: “La metà dei nuovi cardinali sono ‘funzionari del Vaticano’. Non solo: un terzo dei cardinali elettori del prossimo Papa sono uomini di curia”. Un dato che aveva confermato, più di un anno fa, anche Giancarlo Zizola su Repubblica: “Non si ricordava dagli ultimi decenni del Novecento una affermazione così impetuosa del partito romano”.
Gerard O’Connell, irlandese, vaticanista per il mondo anglofono, sostiene che “Vatileaks avrà un impatto notevole sul prossimo conclave. Anche se non c’è proporzione tra il numero dei cardinali europei e il numero degli extra europei”. Dice: “Sebbene la maggior parte dei cattolici del mondo ora viva nell’emisfero sud, il collegio dei cardinali elettori non riflette questa realtà in termini proporzionali e nemmeno c’è un’indicazione che la rifletterà in futuro o che dovrebbe rifletterla. Con le sue ultime nomine cardinalizie si è fatto pendere l’equilibrio in favore dell’Europa, e in particolare in favore dell’Italia, rispetto al collegio cardinalizio che ha eletto Ratzinger nell’aprile del 2005. Questo piccolo ma non poco significativo spostamento ha portato alcuni analisti a concludere che Benedetto ha aumentato la probabilità che il suo successore sia un altro europeo e molto probabilmente un italiano. D’altra parte, dato che ci sono già ‘papabili’ extra europei nel collegio dei cardinali, e dato che Benedetto XVI ne ha aggiunti di più con le sue ultime nomination, i cardinali elettori potrebbero ancora votare per un non-europeo al prossimo conclave, ma per eleggerlo molti europei dovrebbero votare per lui”.
Massimo Introvigne, direttore del Centro studi sulle nuove religioni, sostiene che i cattolici all’estero guardano “stupefatti” le attuali vicende vaticane. “Ai cardinali stranieri, ai vescovi, ma anche alla base interessano altri temi: su tutti la libertà religiosa, poi la pedofilia nella chiesa. Le vicende dello Ior o della fuga di documenti riservati interessa molto relativamente. Prendiamo Ettore Gotti Tedeschi – dice –: all’estero era visto più che altro come un analista che ha lavorato all’enciclica ‘Caritas in veritate’ e che andava in giro a parlare della crisi demografica. La sua capacità di management era ritenuta secondaria. Insomma, le chiese nel mondo sono scosse da altri problemi, dai mille cristiani uccisi a settimana nell’Africa subsahariana, dai temi della libertà religiosa negata o della vita, e non capiscono perché in Vaticano, principalmente gli italiani, si accapiglino su queste cose”.
Un porporato di lungo corso della curia romana spiega al Foglio che è questo il giudizio impietoso che lo stesso Benedetto XVI ha sul tempestoso momento che la Santa Sede è costretta a vivere. Tanto che, una settimana fa, pranzando coi cardinali per festeggiare il suo ottantacinquesimo compleanno, egli avrebbe detto: “Gli italiani, conosciamo gli italiani. Perché disturbare il Papa con queste cose di italiani?”. Come a dire: basta italiani. Basta con la guerra tra fazioni italiane.
Del resto è opinione comune che Vatileaks sia una vicenda attinente dissidi tra porporati italiani: Tarcisio Bertone, il segretario “più Vangelo meno diplomazia” e i suoi fedelissimi da una parte, la vecchia scuola diplomatica dei cardinali Angelo Sodano, Attilio Nicora, Giovanni Battista Re e Agostino Cacciavillan dall’altra.
Il dissenso contro Bertone ha avuto un suo culmine dopo gli ultimi due concistori, quello del 18 febbraio scorso e il penultimo del 20 novembre 2010. “S’avanza il partito italiano”, titolarono diversi quotidiani sottolineando il fatto che fu soprattutto agli italiani, molti di questi curiali vicini a Bertone, che venne concessa la berretta rossa.
E ora? Si rincorrono voci sul fatto che il Papa avrebbe una soluzione in tasca: sparigliare le carte indicendo un nuovo concistoro a fine anno (o a inizio 2013) nel quale portare all’interno del collegio cardinalizio principalmente berrette straniere. Anche per dare un segnale chiaro per la sua successione: il conclave non dovrà essere una guerra tra italiani.
E non è un caso che tra i pochi cardinali che in queste ore hanno parlato vi sia Robert Sarah, 66 anni, nativo della Guinea, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum. “Se il prossimo Papa fosse un africano, potrebbe essere lui” ha recentemente scritto il vaticanista americano John Allen. Sarah che in queste ore ha detto: “Nessuno a priori può escludere scenari di complotti e manovre pilotate ad arte”. Come a suggerire che dietro i crimini (ancora da verificare) imputati all’aiutante di camera Paolo Gabriele ci potrebbe essere una regia nascosta, figlia di uno scontro giocato più in alto. Anche se, ieri, il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha smentito che vi sia un cardinale indagato o una misteriosa donna.
Prima dell’ultimo concistoro erano appena diciannove i cardinali italiani che avrebbero partecipato a un eventuale conclave. Dopo l’assise il loro numero è sostanzialmente raddoppiato. Un dato non da poco. Su circa 120 cardinali elettori, averne una trentina di un solo paese significa creare un blocco notevole capace di influenzare tutta la votazione. Ha detto ancora John Allen sull’ultimo conscistoro: “La metà dei nuovi cardinali sono ‘funzionari del Vaticano’. Non solo: un terzo dei cardinali elettori del prossimo Papa sono uomini di curia”. Un dato che aveva confermato, più di un anno fa, anche Giancarlo Zizola su Repubblica: “Non si ricordava dagli ultimi decenni del Novecento una affermazione così impetuosa del partito romano”.
Gerard O’Connell, irlandese, vaticanista per il mondo anglofono, sostiene che “Vatileaks avrà un impatto notevole sul prossimo conclave. Anche se non c’è proporzione tra il numero dei cardinali europei e il numero degli extra europei”. Dice: “Sebbene la maggior parte dei cattolici del mondo ora viva nell’emisfero sud, il collegio dei cardinali elettori non riflette questa realtà in termini proporzionali e nemmeno c’è un’indicazione che la rifletterà in futuro o che dovrebbe rifletterla. Con le sue ultime nomine cardinalizie si è fatto pendere l’equilibrio in favore dell’Europa, e in particolare in favore dell’Italia, rispetto al collegio cardinalizio che ha eletto Ratzinger nell’aprile del 2005. Questo piccolo ma non poco significativo spostamento ha portato alcuni analisti a concludere che Benedetto ha aumentato la probabilità che il suo successore sia un altro europeo e molto probabilmente un italiano. D’altra parte, dato che ci sono già ‘papabili’ extra europei nel collegio dei cardinali, e dato che Benedetto XVI ne ha aggiunti di più con le sue ultime nomination, i cardinali elettori potrebbero ancora votare per un non-europeo al prossimo conclave, ma per eleggerlo molti europei dovrebbero votare per lui”.
Massimo Introvigne, direttore del Centro studi sulle nuove religioni, sostiene che i cattolici all’estero guardano “stupefatti” le attuali vicende vaticane. “Ai cardinali stranieri, ai vescovi, ma anche alla base interessano altri temi: su tutti la libertà religiosa, poi la pedofilia nella chiesa. Le vicende dello Ior o della fuga di documenti riservati interessa molto relativamente. Prendiamo Ettore Gotti Tedeschi – dice –: all’estero era visto più che altro come un analista che ha lavorato all’enciclica ‘Caritas in veritate’ e che andava in giro a parlare della crisi demografica. La sua capacità di management era ritenuta secondaria. Insomma, le chiese nel mondo sono scosse da altri problemi, dai mille cristiani uccisi a settimana nell’Africa subsahariana, dai temi della libertà religiosa negata o della vita, e non capiscono perché in Vaticano, principalmente gli italiani, si accapiglino su queste cose”.
Pubblicato sul Foglio martedì 29 maggio 2012
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