Il
Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione lavora a porte chiuse: in
programma c’è lo studio degli emendamenti alle proposizioni finali, che
verranno messe ai voti sabato ma che saranno rese pubbliche soltanto più
avanti.
Oggi,
invece, viene votato il testo del messaggio conclusivo che, di fatto, è una
sintesi dei lavori e, dunque, anche delle proposizioni. Al testo ha lavorato
una commissione di esperti il cuipresidente e vice presidente sono due astri
nascenti del collegio cardinalizio, il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo
di Firenze, e monsignor Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, cardinale il
prossimo 24 novembre, colui che secondo un commentatore filippino ha tutto per
essere un buon successore di Pietro perché ha “la mente di un teologo, l’anima
di un musicista e il cuore di un pastore”.
Il
messaggio avrà un passaggio sui divorziarti risposati. Ma chi sia aspetta
novità o aperture dirompenti resterà deluso. Per la chiesa l’appartenenza non è
data semplicemente dalla possibilità o meno di ricevere l’eucaristia, cosa che
ai divorziati risposati non è concessa. Ci sono altre strade che il Sinodo
intende indicare anche per abbattere le distanze, i muri d’incomprensione. Sono
molteplici i modi attraverso i quali “gli irregolari”, e cioè coloro che vivono
questa particolare condizione, si possono sentire parte inegrante del corpo
ecclesiale. Una strada è il protagonismo nel servizio alla carità.
Il
testo del messaggio dovrebbe aprirsi con l’immagine dell’anfora, “un’anfora
vuota che attende di essere riempita da un’acqua pura che dà la vita”.
Un’immagine che richiama la sete e la nostalgia di Dio racchiuse nel cuore
dell’uomo contemporaneo, ma anche la missione evangelizzatrice della chiesa e
il suo compito di andare incontro all’umanità, proprio come ha fatto Cristo nel
passaggio del Vangelo che lo vide incontrare la samaritana al pozzo. Nel
rapporto sempre in divenire fra chiesa e mondo, i padri sinodali chiedono il
ritorno di una chiesa “umile”, che non significa ritiro nelle sagrestie ma
consapevolezza che è la croce di Cristo che la chiesa porta nel mondo.
Ma
quanto è efficace il Sinodo? Quanto le sue conclusioni aiutano la chiesa ad
andare incontro al mondo. Qualche dubbio lo esterna il cosiddetto “Papa nero”,
ovvero padre Adolfo Nicolàs, superiore dei gesuiti che a margine del Sinodo si
domanda “quanto sia efficace” e “quanto sia in grado di aiutare il Papa” una
riunione di oltre 250 persone riunita su un tema così ampio e in un lasso di
tempo insufficiente. Non è l’unico padre, in effetti, a dirsi non del tutto
convinto dell’utilità di un consesso consultivo ma in fondo non deliberativo.
Un consesso dove sio parla molto ma dove non sempre i bisogni reale della base
emergono come dovrebbero.
Dice:
“Steve Jobs diceva di essere più interessato alle domande dei consumatori che a
quelle dei produttori”. Ma “al Sinodo siamo principalmente produttori. Spero –
ma forse non è il Sinodo il luogo adatto – che la voce del laicato trovi
espressione per affrontare in termini reali la questione della
evangelizzazione”.
A detta di Nicolàs, il Sinodo “si è concentrato più sui fondamentali della nuova evangelizzazione che su questioni di frontiera”. In questo senso, non è stato molto approfondito il tema del dialogo con altre religioni. Al proposito, però, il successore di Sant’Ignazio alla guida della Compagnia di Gesù ha rilevato nei colloqui con altri padri sinodali durante le pause dei lavori una grande disponibilità al “dialogo” di coloro che vivono nei paesi a maggioranza musulmana, sostenuto dal fatto che “tra la maggioranza degli stessi musulmani c’è un grande desiderio di vivere in pace e di prendere le distanze dall’immagine dell’islam diffuso dai gruppi radicali, che sono molto minoritari ma parlano a voce alta, immagine che fa male anche all’islam”. Per il sacerdote spagnolo, “il fondamentalismo non è sostenibile perché gli stessi musulmani non lo sostengono”.
Nel passato, i cristiani e la chiesa hanno cercato troppo le “manifestazioni occidentali della dede e della santità”, trascurando invece “in che maniera Dio ha operato presso altri popoli”.
A detta di Nicolàs, il Sinodo “si è concentrato più sui fondamentali della nuova evangelizzazione che su questioni di frontiera”. In questo senso, non è stato molto approfondito il tema del dialogo con altre religioni. Al proposito, però, il successore di Sant’Ignazio alla guida della Compagnia di Gesù ha rilevato nei colloqui con altri padri sinodali durante le pause dei lavori una grande disponibilità al “dialogo” di coloro che vivono nei paesi a maggioranza musulmana, sostenuto dal fatto che “tra la maggioranza degli stessi musulmani c’è un grande desiderio di vivere in pace e di prendere le distanze dall’immagine dell’islam diffuso dai gruppi radicali, che sono molto minoritari ma parlano a voce alta, immagine che fa male anche all’islam”. Per il sacerdote spagnolo, “il fondamentalismo non è sostenibile perché gli stessi musulmani non lo sostengono”.
Nel passato, i cristiani e la chiesa hanno cercato troppo le “manifestazioni occidentali della dede e della santità”, trascurando invece “in che maniera Dio ha operato presso altri popoli”.
E
ancora: “’Mi sembra che noi missionari non l’abbiamo fatto con la profondità
richiesta e quindi non abbiamo arricchito la chiesa universale nella misura in
cui la chiesa era in diritto di attendersi da noi. Abbiamo cercato le
manifestazioni occidentali della fede e della santità e non abbiamo scoperto in
che maniera Dio ha operato presso altri popoli. E tutti ne siamo impoveriti.
Abbiamo perso di vista indizi, prospettive e scoperte importanti”
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