Giacomo Galeazzi per La Stampa
Il "corvo" è stato condannato a una pena "mite" di un anno e sei mesi e sarà graziato, però si continua a indagare sui suoi possibili corvi. Quindi Vatileaks non finisce oggi: troppe zone d'ombra restano in una vicenda che svela una Curia in profonda crisi di governance, indebolita da guerre di opposte cordate per il controllo del potere.
Maggiorenti curiali si oppongono ancora ad un Pontefice che sta portando avanti un'intransigente linea di purificazione ai danni di un'inveterata omertà di settori della gerarchia ecclesiastica coinvolti negli scandali finanziari.
PAPA E PAOLO GABRIELEMaggiorenti curiali si oppongono ancora ad un Pontefice che sta portando avanti un'intransigente linea di purificazione ai danni di un'inveterata omertà di settori della gerarchia ecclesiastica coinvolti negli scandali finanziari.
Nel frattempo nel "tritacarne" di Vatileaks finiscono come confidenti del maggiordomo esponenti della Curia quali il vicario papale Angelo Comastri che in realtà nulla hanno a che vedere con la vicenda. "Sono stato pesantemente tirato in mezzo senza avere nulla a che fare con questi fatti", si è lamentato il cardinale Comastri a margine della festa di venerdì della Gendarmeria.
PAOLO GABRIELE IN AULA
E nella stessa occasione Salvatore De Giorgi, uno dei tre porporati che hanno redatto per il Pontefice la relazione sulla fuga di documenti, si è rammaricato per il clima sensazionalistico sollevato attorno all'accertamento della verità. Oggi a sentenza appena pronunciata, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi ha dichiarato che: «La possibilità della grazia è molto concreta e molto verosimile».
PAOLO GABRIELE E BENEDETTO XVI
Intanto l'ex maggiordomo Paolo Gabriele, condannato oggi a un anno e sei mesi di reclusione per il furto di documenti riservati ed è tornato agli arresti domiciliari. «Il Papa pensa alla grazia- afferma padre Lombardi-. Adesso che ci sono anche gli atti del processo completato ci sono anche più elementi in base ai quali il Pontefice potrà valutare la sua decisione. L'eventualità della grazia è molto concreta e verosimile, anche se non possono dire tempi e modi».
Il portavoce vaticano ha anche spiegato che «il Papa può concedere la grazia di sua iniziativa, anche se non c'è richiesta dell'imputato né una sua domanda formale». Il maggiordomo infedele del Papa è stato condannato a tre anni di reclusione ma la pena è stata «diminuita» a un anno e sei mesi per via delle attenuanti riconosciute.
La sentenza è stata letta dal presidente del Tribunale, Giuseppe Dalla Torre, alle 12,20 cioè dopo poco più di due ore trascorse dai giudici in camera di consiglio. Visti gli articoli 402, 403 numero 1, 404 primo comma numero 1 - ha detto il presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre, leggendo il dispositivo della sentenza - dichiara l'imputato colpevole del delitto previsto dall'art 404 primo comma numero 1 del codice penale per avere operato con abuso della fiducia derivante dalla funzione da lui svolta alla sottrazione delle cose che erano lasciate o deposte alla fede dello stesso.
PAOLO GABRIELE SOSIA DI GALEAZZO CIANO
Lo condanna pertanto alla pena di anni tre di reclusione. In considerazione dell'assenza di precedenti penali, delle risultanze dello stato di servizio in epoca antecedente ai fatti contestati, e del convincimento soggettivo, sia pur erroneo, del movente della sua condotta, nonché della dichiarazione circa la sopravvenuta consapevolezza di aver tradito il Papa, diminuisce la pena a un anno e sei mesi di reclusione. Condanna il medesimo al rifacimento delle spese processuali».
ANGELO COMASTRI
Il pm vaticano, il "promotore di giustizia" Nicola Picardi, ha disposto per l'ex aiutante di camera gli arresti domiciliari. Da oggi la difesa di Gabriele ha tre giorni di tempo per decidere se fare richiesta di appello, e eventualmente altri giorni per presentare le motivazioni. Solo dopo, dunque, la magistratura vaticana deciderà come far scontare la pena all'ex assistente di camera del Pontefice, se in un carcere italiano o se scatta una sospensiva a causa delle attenuanti.
Padre Lombardi, ha ribadito durante un briefing seguito alla lettura della sentenza di condanna dell'ex-maggiordomo papale la ''piena e totale indipendenza della magistratura vaticana rispetto alle altre autorita' dello Stato Città del Vaticano e il grandissimo rispetto mostrato dalle autorita' della Segreteria di Stato che non hanno fatto alcun tipo di intervento o pressione che potessero condizionare andamento processo''.
PAOLO GABRIELE
La sentenza, ha aggiunto, puo' essere considerata ''mite, segno di umanita' e di attenzione alle persone, applicando questa legge di Paolo VI che prevede possibilita' riduzione di pena''. Paolo Gabriele è rimasto impassibile, senza esternare alcun sentimento, alla lettura della sentenza che lo ha condannato a 18 anni di reclusione per il ''furto'' delle carte segrete del pontefice.
L'unica reazione alla pronuncia della parola ''colpevole'' da parte del presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre, e' stato un impercettibile battito di palpebre. La lettura della sentenza e' stata trasmessa in diretta nella Sala Stampa vaticana.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/processo-farsa-18-mesi-e-grazia-sicura-al-maggiordomo-al-servizio-di-chi-e-44973.htm
La sentenza di condanna nei confronti di Paolo Gabriele, l’ex aiutante di camera di Benedetto XVI reo confesso di aver trafugato dalla segreteria papale carte e documenti riservati finiti nel libro «Sua Santità» di Gianluigi Nuzzi, è attesa per la fine mattinata di oggi. Ratzinger ha già deciso di concedere la grazia papale al maggiordomo, che dunque non dovrà scontare alcuna pena per il reato di furto aggravato, anche se non è ancora detto che il provvedimento di clemenza venga annunciato alla fine del rapidissimo processo conclusosi Oltretevere in appena quattro udienze.
Gabriele, oltre a dover ancora testimoniare al processo per favoreggiamento contro il tecnico informatico della Segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti (processo che sembra avere un fondamento piuttosto labile), rimane formalmente indagato dalla magistratura vaticana per reati ben più gravi del furto, come ad esempio la violazione di segreti di Stato e l’attentato alla sicurezza dello Stato. Se la grazia papale arriverà immediatamente, appare alquanto difficile ipotizzare un ulteriore processo che veda «Paoletto» di nuovo alla sbarra e a favore delle telecamere. È possibile dunque che il Vaticano sia intenzionato a chiudere la vicenda vatileaks con la sentenza odierna, senza ulteriori seguiti, se non il rapido stralcio del processo a Sciarpelletti.
Ma la sentenza e anche la grazia papale, di per sé non bastano per chiudere la partita. Che ne sarà, infatti, di Paolo Gabriele? In teoria il maggiordomo, se riconosciuto colpevole – e questo viene dato per scontato, vista la sua ammissione e i documenti ritrovati nella sua abitazione – dovrebbe essere dimesso dal Vaticano e dunque non avere più un lavoro al di là del Tevere. È facile però immaginare, in questo caso, quanta e quale sarebbe la pressione mediatica su di lui, quanti inviti riceverebbe nei talk show, quante le richieste di interviste per raccontare la sua verità sui vatileaks, quante le offerte degli editori per pubblicare le sue memorie sugli anni vissuti accanto al Papa. Un’altra possibilità è che Gabriele rimanga cittadino vaticano, e gli sia offerto un modesto impiego Oltretevere, in cambio del suo impegno a mantenere un profilo basso e a non accettare interviste. Anche in questo caso, però, non mancherebbero i problemi, dato che l’ex aiutante di camera rimarrebbe di fatto nell’ambiente dove vatileaks è nato.
Sembrano per il momento destinate a rimanere senza un’esauriente e definitiva risposta alcune domande relative all’intera vicenda: quale ruolo abbiano avuto alcune delle alte personalità con cui Gabriele era in contatto, perché l’ex maggiordomo abbia deciso di svolgere attività di intelligence denunciando situazioni poco trasparenti delle quali era venuto a conoscenza, come abbia potuto fotocopiare così tanti documenti in orario d’ufficio all’interno dell’appartamento pontificio. Irrisolte rimangono anche le tensioni nell’entourage tedesco di Benedetto XVI, denunciate dal quotidiano «Die Welt», come pure qualche malumore interno sulla Gendarmeria vaticana.
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/vatileaks-vaticano-vatican-18695/
18 mesi a Gabriele, arriva la grazia
Paolo Gabriele, l’ex aiutante di camera di Papa nedetto XVI è stato riconosciuto colpevole di furto aggravato e condannato dal Tribunale vaticano a tre anni di reclusione, diminuiti, a motivo delle attenuanti, a un anno e mezzo.
«Visti gli articoli 402, 403 numero 1, 404 primo comma numero 1 – ha detto il presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre, leggendo il dispositivo della sentenza – dichiara l’imputato colpevole del delitto previsto dall’art 404 primo comma numero 1 del codice penale per avere operato con abuso della fiducia derivante dalla funzione da lui svolta alla sottrazione delle cose che erano lasciate o deposte alla fede dello stesso. Lo condanna pertanto alla pena di anni tre di reclusione. In considerazione dell’assenza di precedenti penali, delle risultanze dello stato di servizio in epoca antecedente ai fatti contestati, e del convincimento soggettivo, sia pur erroneo, del movente della sua condotta, nonché della dichiarazione circa la sopravvenuta consapevolezza di aver tradito il Papa, diminuisce la pena a un anno e sei mesi di reclusione. Condanna il medesimo al rifacimento delle spese processuali».
Nella breve dichiarazione che ha preceduto la rapida camera di consiglio e la sentenza, Paolo Gabriele ha dichiarato: «La cosa che sento forte dentro di me è la convinzione di aver agito per l’esclusivo e viscerale amore per la Chiesa di Cristo e per il suo capo visibile, e se lo devo ripetere, non mi sento un ladro».
Nel corso della requisitoria finale il promotore di giustizia Nicola Picardi ha fatto il nome del padre spirituale di Gabriele, don Giovanni Luzi. E ha citato anche l’ex governante del Papa, la professoressa Ingrid Stampa, affermando: «Tra i testimoni è stata sentita in istruttoria anche la professoressa Ingrid Stampa, che con l’imputato ha avuto grandi rapporti. Ma ha negato il suo coinvolgimento e anzi ha preso le distanze». Picardi ha anche precisato che «dall’indagine istruttoria manca la prova di qualsiasi correità o complicità con Paolo Gabriele».
Paolo Gabriele non tornerà in carcere: il Papa ha già deciso di concedergli la grazia e lo stesso portavoce vaticano, padre Federico Lombardi ha definito «molto concreta» la possibilità della clemenza papale.
http://2.andreatornielli.it/?p=4990
Vatileaks, un bivio dopo il verdetto
Con la sentenza nei confronti del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, si è concluso il processo. Restano aperti molti interrogativi
Andrea Tornielli Città del VaticanoLa sentenza di condanna nei confronti di Paolo Gabriele, l’ex aiutante di camera di Benedetto XVI reo confesso di aver trafugato dalla segreteria papale carte e documenti riservati finiti nel libro «Sua Santità» di Gianluigi Nuzzi, è attesa per la fine mattinata di oggi. Ratzinger ha già deciso di concedere la grazia papale al maggiordomo, che dunque non dovrà scontare alcuna pena per il reato di furto aggravato, anche se non è ancora detto che il provvedimento di clemenza venga annunciato alla fine del rapidissimo processo conclusosi Oltretevere in appena quattro udienze.
Gabriele, oltre a dover ancora testimoniare al processo per favoreggiamento contro il tecnico informatico della Segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti (processo che sembra avere un fondamento piuttosto labile), rimane formalmente indagato dalla magistratura vaticana per reati ben più gravi del furto, come ad esempio la violazione di segreti di Stato e l’attentato alla sicurezza dello Stato. Se la grazia papale arriverà immediatamente, appare alquanto difficile ipotizzare un ulteriore processo che veda «Paoletto» di nuovo alla sbarra e a favore delle telecamere. È possibile dunque che il Vaticano sia intenzionato a chiudere la vicenda vatileaks con la sentenza odierna, senza ulteriori seguiti, se non il rapido stralcio del processo a Sciarpelletti.
Ma la sentenza e anche la grazia papale, di per sé non bastano per chiudere la partita. Che ne sarà, infatti, di Paolo Gabriele? In teoria il maggiordomo, se riconosciuto colpevole – e questo viene dato per scontato, vista la sua ammissione e i documenti ritrovati nella sua abitazione – dovrebbe essere dimesso dal Vaticano e dunque non avere più un lavoro al di là del Tevere. È facile però immaginare, in questo caso, quanta e quale sarebbe la pressione mediatica su di lui, quanti inviti riceverebbe nei talk show, quante le richieste di interviste per raccontare la sua verità sui vatileaks, quante le offerte degli editori per pubblicare le sue memorie sugli anni vissuti accanto al Papa. Un’altra possibilità è che Gabriele rimanga cittadino vaticano, e gli sia offerto un modesto impiego Oltretevere, in cambio del suo impegno a mantenere un profilo basso e a non accettare interviste. Anche in questo caso, però, non mancherebbero i problemi, dato che l’ex aiutante di camera rimarrebbe di fatto nell’ambiente dove vatileaks è nato.
Sembrano per il momento destinate a rimanere senza un’esauriente e definitiva risposta alcune domande relative all’intera vicenda: quale ruolo abbiano avuto alcune delle alte personalità con cui Gabriele era in contatto, perché l’ex maggiordomo abbia deciso di svolgere attività di intelligence denunciando situazioni poco trasparenti delle quali era venuto a conoscenza, come abbia potuto fotocopiare così tanti documenti in orario d’ufficio all’interno dell’appartamento pontificio. Irrisolte rimangono anche le tensioni nell’entourage tedesco di Benedetto XVI, denunciate dal quotidiano «Die Welt», come pure qualche malumore interno sulla Gendarmeria vaticana.
Paolo Gabriele, l’ex aiutante di camera di Papa nedetto XVI è stato riconosciuto colpevole di furto aggravato e condannato dal Tribunale vaticano a tre anni di reclusione, diminuiti, a motivo delle attenuanti, a un anno e mezzo.
«Visti gli articoli 402, 403 numero 1, 404 primo comma numero 1 – ha detto il presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre, leggendo il dispositivo della sentenza – dichiara l’imputato colpevole del delitto previsto dall’art 404 primo comma numero 1 del codice penale per avere operato con abuso della fiducia derivante dalla funzione da lui svolta alla sottrazione delle cose che erano lasciate o deposte alla fede dello stesso. Lo condanna pertanto alla pena di anni tre di reclusione. In considerazione dell’assenza di precedenti penali, delle risultanze dello stato di servizio in epoca antecedente ai fatti contestati, e del convincimento soggettivo, sia pur erroneo, del movente della sua condotta, nonché della dichiarazione circa la sopravvenuta consapevolezza di aver tradito il Papa, diminuisce la pena a un anno e sei mesi di reclusione. Condanna il medesimo al rifacimento delle spese processuali».
Nella breve dichiarazione che ha preceduto la rapida camera di consiglio e la sentenza, Paolo Gabriele ha dichiarato: «La cosa che sento forte dentro di me è la convinzione di aver agito per l’esclusivo e viscerale amore per la Chiesa di Cristo e per il suo capo visibile, e se lo devo ripetere, non mi sento un ladro».
Nel corso della requisitoria finale il promotore di giustizia Nicola Picardi ha fatto il nome del padre spirituale di Gabriele, don Giovanni Luzi. E ha citato anche l’ex governante del Papa, la professoressa Ingrid Stampa, affermando: «Tra i testimoni è stata sentita in istruttoria anche la professoressa Ingrid Stampa, che con l’imputato ha avuto grandi rapporti. Ma ha negato il suo coinvolgimento e anzi ha preso le distanze». Picardi ha anche precisato che «dall’indagine istruttoria manca la prova di qualsiasi correità o complicità con Paolo Gabriele».
Paolo Gabriele non tornerà in carcere: il Papa ha già deciso di concedergli la grazia e lo stesso portavoce vaticano, padre Federico Lombardi ha definito «molto concreta» la possibilità della clemenza papale.
http://2.andreatornielli.it/?p=4990
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