L'antinomismo post-conciliare rifiuta la metafisica e impedisce la riforma della Chiesa
Riportiamo l’intervento scritto di S. Em. R. Card. Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, alla quinta Sessione dei Circoli Minori del Sinodo dei Vescovi (23 ottobre 2012).
«L’Instrumentum
laboris ci ricorda che la testimonianza della fede cristiana è una
risposta sommamente adeguata ai problemi esistenziali, specialmente
perché tale testimonianza supera la falsa frattura esistente tra il
Vangelo e la vita (cfr. n° 118). Ma, perché abbia luogo la testimonianza
della fede, di cui il mondo oggi ha urgente bisogno, all’interno della
Chiesa si richiede la coerenza tra la vita e la fede.
Tra
le più gravi ferite della società di oggi si rileva nella cultura
giuridica il distacco dalla sua radice obiettiva ovvero metafisica, che è
la legge morale. In questi ultimi tempi questo distacco si è di molto
accentuato, manifestandosi come un vero antinomismo, che pretende di
rendere legali azioni intrinsecamente cattive, come l’aborto procurato,
il concepimento artificiale della vita umana allo scopo di procedere a
sperimentazioni sulla vita dell’embrione umano, la cosiddetta eutanasia
di coloro che godono del diritto preferenziale alla nostra assistenza,
il riconoscimento legale delle unioni di persone dello stesso sesso
equiparate al matrimonio, e la negazione del diritto fondamentale della
coscienza e della libertà religiosa.
L’antinomismo
affermatosi nella società civile purtroppo ha contagiato nel
post-Concilio anche la vita ecclesiale, associandosi malauguratamente
alle cosiddette novità culturali. L’euforia postconciliare, tesa
all’instaurazione di una Chiesa nuova all’insegna di libertà e amore, ha
favorito fortemente un’attitudine di indifferenza verso la disciplina
della Chiesa, se non addirittura una ostilità.
Pertanto
la riforma della vita ecclesiale auspicata dai Padri Conciliari è stata
in certo senso impedita, se non tradita. Dediti alla odierna nuova
evangelizzazione, abbiamo il compito di porre a fondamento la conoscenza
della tradizione disciplinare della Chiesa e il rispetto del diritto
nella Chiesa. La cura della disciplina della Chiesa non equivale ad una
concezione contraria alla missione della Chiesa nel mondo, ma è una
giusta attenzione per poter testimoniare coerentemente la fede nel
mondo.
Il
servizio, umile certamente, del Diritto Canonico nella Chiesa è anche
del tutto necessario. Come potremmo infatti testimoniare la fede nel
mondo qualora ignorassimo o trascurassimo le esigenze della giustizia
nella Chiesa? La salvezza delle anime, fine principale della nuova
evangelizzazione, deve anche essere sempre nella Chiesa “la legge
suprema”» (can. 1752).
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