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mercoledì 24 ottobre 2012

Suggestioni

La sentenza contro l’ex maggiordomo. Ma non è finita qui
vaticano
“Ulteriori indagini sono in corso circa la sussistenza di altre eventuali responsabilità nella fuga di documenti riservati”. Questo si legge nelle 15 pagine della sentenza di condanna dell’ex maggiordomo del papa Paolo Gabriele, pubblicata il 23 ottobre:
> Sentenza del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano…
La conferma del proseguimento delle indagini arriva al termine dei paragrafi che spiegano l’assenza di prove di correità e complicità nel furto di documenti compiuto da Gabriele.
Ecco qui di seguito riprodotti questi paragrafi.
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UNA “SUGGESTIONE” TUTTA SOGGETTIVA
[...] È comprensibile che il Gabriele avesse contatti con molte persone, per intuibili ragioni di ufficio; né si deve sottovalutare il fatto che, proprio per la sua prossimità al Santo Padre, fosse un interlocutore ricercato. Lo conferma lui stesso nell’interrogatorio del 2 ottobre 2012 in udienza dibattimentale: “Il tragitto a piedi dall’ufficio all’abitazione era di 3-4 minuti, ma a volte usavo l’automobile per urgenza, anche perché spesso capitava che persone conosciute mi intrattenessero”; ed aggiunge: “Per i miei sentimenti religiosi sono aperto ad ascoltare. Questo significa che ascoltavo chi mi voleva parlare, ma che ero anche disponibile a comprendere chi avesse bisogno di parlarmi”.

Da quanto sopra risulta chiaramente che il termine “suggestione”, usato dall’imputato in sede istruttoria, non ha una valenza oggettiva, con riferimento cioè ad una forza esterna che l’ha indotto all’azione criminosa. Quel termine ha invece una valenza tutta soggettiva, nel senso che dalla molteplicità di persone che aveva l’occasione di incontrare o che determinavano l’incontro con lui veniva ad avere una serie di informazioni sugli ambienti di riferimento, che avrebbero alla fine condotto al convincimento soggettivo, ma erroneo, di dover fare qualcosa di dirompente a difesa del Santo Padre e della Chiesa. “Ero sicuro – ha dichiarato in istruttoria nell’interrogatorio del 5 giugno 2012 – che uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa sul giusto binario”; e la soggettività del convincimento è chiaramente confermata nella dichiarazione, resa in pari data, secondo cui “In qualche modo pensavo che nella Chiesa questo ruolo [dell’intelligence] fosse proprio dello Spirito Santo, di cui mi sentivo in certa maniera un infiltrato”.
In sostanza usando il termine “suggestione” l’imputato intendeva fare riferimento all’influsso che l’ambiente avrebbe esercitato su di lui: ma da questo – come giustamente osservato dal Promotore di Giustizia nella sua requisitoria – non risultano prove della correità e della complicità. Del resto ulteriori indagini sono in corso circa la sussistenza di altre eventuali responsabilità nella fuga di documenti riservati. [...]
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Un altro paragrafo della sentenza fa riferimento al comportamento di don Giovanni Luzi, il direttore spirituale dell’ex maggiordomo.
Tale comportamento non è stato oggetto di iniziative giudiziarie. Ma i giudici lo definiscono “censurabile”.
Ecco il paragrafo.
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LA CENSURA DEL PADRE SPIRITUALE
[...] Qui appare censurabile l’indicazione che, secondo le dichiarazioni fatte dal Gabriele in istruttoria (interrogatorio del 21 luglio 2012), egli avrebbe avuto dal suo padre spirituale di negare le proprie responsabilità in ordine alla fuga di documenti riservati e di ”attendere le circostanze e salvo che fosse stato il Santo Padre a chiedermelo di persona di non affermare ancora questa mia responsabilità”. Questa indicazione sarebbe stata all’origine del suo atteggiamento reticente nella famosa riunione della Famiglia Pontificia del 21 maggio 2012, nel corso della quale Mons. Gänswein avrebbe esplicitamente contestato all’imputato di essere il responsabile della fuga di documenti. [...]
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Il servizio di www.chiesa sul caso:
> Dopo la condan

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/10/23/la-sentenza-contro-lex-maggiordomo-ma-non-e-finita-qui/

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